Tributario e Fiscale

Friday 06 June 2003

Tributi il cui pagamento è stato sospeso in conseguenza di calamità pubbliche – Circolare n. 42/E del 14 maggio 2002 – Risposta a quesito. Agenzia delle Entrate RISOLUZIONE N. 124 del 05.06.2003

Tributi il cui pagamento è stato sospeso in conseguenza di calamità pubbliche – Circolare n. 42/E del 14 maggio 2002 – Risposta a quesito

Agenzia delle Entrate RISOLUZIONE N. 124 del 05.06.2003

     Con nota prot. n. 124926 del 6 novembre 2002, la Direzione regionale …., tenuto conto delle istruzioni di cui alla circolare n. 42/E del 14 maggio 2002, ha formulato un quesito sul trattamento fiscale dei tributi il cui pagamento è stato sospeso in conseguenza di calamità pubbliche ai sensi dell’art. 3, comma 2-bis del decreto-legge 30 dicembre 1985, n. 791, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1986, n. 46.

     In particolare, la Direzione… ha chiesto chiarimenti sul trattamento da riservare alle imposte sospese nel momento dell’effettivo pagamento, esprimendo l’avviso che “le somme in sospensione d’imposta per i contribuenti delle regioni colpite dagli eventi sismici non rientrano nella base imponibile relativa agli anni cui si riferiscono” e che la predetta circolare n. 42/E del 14 maggio 2002 “sembra invece propendere per la deduzione dalla base imponibile delle imposte e tributi sospesi con riferimento al criterio di cassa e non secondo il criterio succitato”.

     Al riguardo si osserva quanto segue.

     Con la circolare n. 42/E del 14 maggio 2002 è stato recepito integralmente il consolidato orientamento della Corte di Cassazione, secondo cui il citato art. 3, comma 2-bis, del DL n. 791 del 1985, introdurrebbe, oltre al differimento del termine stabilito per il pagamento delle imposte,  un’ulteriore agevolazione, consistente nella facoltà di scomputare dal reddito imponibile un importo pari a quello delle imposte sospese. Come esemplificato dalla stessa Corte, “le somme del versamento diretto delle imposte dovute nel 1984 per l’anno d’imposta 1983 dovevano dedursi dall’imponibile 1984 unitamente alle ritenute dirette non operate nel 1984; e l’eventuale versamento diretto dell’imposta dovuta nel 1985 sull’imponibile 1984, così calcolato, unitamente alle ritenute non eseguite nel 1985, sarebbe stato escluso dall’imponibile 1985” (cfr. Cass., sentenza n. 8659 del 5 aprile-25 giugno 2001).

     I giudici di legittimità hanno altresì evidenziato che “la duplicità del problema del trattamento fiscale delle imposte temporaneamente sospese (con riguardo sia alla determinazione del reddito imponibile nel periodo di competenza della sospensione e sia della loro deducibilità dal reddito nel successivo periodo del pagamento) era chiaramente presente alla mente del legislatore”, richiamando al riguardo una specifica norma introdotta in occasione di alcune avversità atmosferiche del 1987 (l’art. 2, comma 4, del decreto-legge 29 maggio 1989 n. 202, convertito, con modificazioni dalla legge 28 luglio 1989 n. 263), con la quale il legislatore aveva ammesso espressamente la validità alternativa delle due soluzioni.

     Nell’art. 3, comma 2-bis, del decreto-legge n. 791 del 1985, non vi è invece alcun riferimento espresso alla possibilità – alternativa o concorrente – di dedurre dal reddito imponibile, al momento dell’effettivo pagamento, l’importo corrispondente alle imposte sospese. L’aspettativa di tale ulteriore beneficio risultava tuttavia alimentata – secondo i giudici di legittimità – dalla circostanza che, stante l’inadeguatezza del modello di dichiarazione dei redditi (privo di un apposito spazio destinato ad evidenziare le somme non computabili nella determinazione del reddito complessivo), il dichiarante era indotto ad indicare le imposte sospese nello spazio riservato agli oneri deducibili. Tale inesatta allocazione avrebbe potuto suggerire che le somme in questione, con riferimento al successivo periodo d’imposta in cui sarebbero state pagate, costituissero un onere deducibile per il solo fatto che nei precedenti periodi d’imposta erano state escluse dalla base imponibile.

     Al riguardo la Corte di Cassazione è però pervenuta alla conclusione che non è configurabile questo ulteriore beneficio, sia per  l’assenza di un’espressa previsione in tal senso nel citato art. 3, comma 2-bis, del DL n. 791 del 1986 (nonchè nella norma di carattere generale di cui all’art. 13, comma 1, della legge n. 449 del 1997), sia per il contenuto delle successive norme intervenute in materia (l’art. 11 della legge 18 febbraio 1999, n. 28 e l’art. 28 della legge 13 maggio 1999, n. 133), che ne escludono la spettanza, ribadendo l’autonomia della disciplina degli oneri deducibili e la tassatività della loro indicazione nella legge.

     Pertanto, alla luce di quanto già affermato nella predetta circolare n. 42/E del 2002 e mutuando il costante indirizzo della Suprema Corte, si deve ritenere che “nel caso di provvedimenti a favore di popolazioni colpite da calamità pubbliche, la sospensione o il differimento del pagamento delle imposte dirette non costituiscono autonomo titolo per la deduzione delle imposte medesime dal reddito del periodo d’imposta nel quale sono state pagate”, in quanto “l’esclusione dal concorso alla formazione della base imponibile in un periodo d’imposta non autorizza altresì la deduzione dell’imposta, già sospesa, nel successivo periodo in cui sia pagata” (cfr. Cass., sentenza n. 8659 del 5 aprile-25 giugno 2001).

     Resta comunque applicabile l’ordinaria disciplina degli oneri deducibili, per cui “laddove una norma di legge preveda specificamente la deducibilità con criterio di cassa dell’imposta pagata, questa non viene meno per il solo fatto che nel precedente periodo in cui il pagamento era stato sospeso il contribuente aveva altresì beneficiato della sua esclusione dal concorso alla formazione dell’imponibile” (cfr. Cass., sentenza già citata n. 8659 del 2001).