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Thursday 03 February 2005

Stranieri. Chi chiede la cittadinanza ha l’ onere di provare il raggiungimento di un reddito idoneo al sostentamento proprio e della famiglia Tar Friuli Venezia Giulia – sentenza 17 dicembre 2004-22 gennaio 2005, n .4

Stranieri. Chi chiede la cittadinanza ha lonere di provare il raggiungimento di un reddito idoneo al sostentamento proprio e della famiglia

Tar Friuli Venezia Giulia – sentenza 17 dicembre 2004-22 gennaio 2005, n .4

Presidente Borea – Relatore Farina – Ricorrente Tadic Nedeljko

Fatto e diritto

Con ricorso notificato in data 12 novembre 2003 e depositato il 27 successivo, il ricorrente impugna, chiedendone l’annullamento, il provvedimento indicato in epigrafe, con cui l’amministrazione resistente ha negato allo stesso la concessione della cittadinanza italiana in ragione della sua situazione economica, insufficiente a garantirne il sostentamento.

Infatti, il richiedente, con il coniuge a carico, ha autocertificato, per l’anno 2000, redditi per un importo di £. 15.000.000, mentre ai sensi del Dl 382/89, convertito, con modificazioni, dalla legge 8/1990, confermato dall’articolo 2, comma 15 della legge 549/95 (normativa sui redditi esentati dalla partecipazione alla spesa sanitaria) , egli doveva possedere un reddito di £. 22.000.000 (risultando dalla autocertificazione il coniuge a carico).

A sostegno del ricorso deduce violazione di legge ed eccesso di potere sotto vari profili.

Il nucleo argomentativo centrale dell’istante ruota intorno alla asserzione che egli era in possesso di un reddito sufficiente (£. 19.550.000, come risulta dal Modello Unico 2001), essendo il suo nucleo famigliare composto dalla moglie non a carico e da due figli.

Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata, con memoria scritta, chiedendo il rigetto nel merito del ricorso, in quanto infondato, vinte le spese.

All’udienza del 17 dicembre 2004 il ricorso è stato spedito in decisione.

Le prospettazioni non meritano ingresso.

L’articolo 9 della legge 91/1992 stabilisce che la cittadinanza può essere concessa con Dpr, su proposta del ministro competente, allo straniero che risiede, legalmente, da almeno dieci anni nel territorio dello Stato.

Come si è detto, il ricorrente impugna, chiedendone l’annullamento, il provvedimento indicato in epigrafe, con cui l’amministrazione resistente ha negato allo stesso la concessione della cittadinanza italiana in ragione della sua situazione economica, insufficiente a garantirne il sostentamento.

Infatti, il richiedente, con il coniuge a carico, ha autocertificato, per l’anno 2000, redditi per un importo di £. 15.000.000, mentre ai sensi del Dl 382/89, convertito, con modificazioni, dalla legge 8/1990, confermato dall’articolo 2, comma 15 della legge 549/95 (normativa sui redditi esentati dalla partecipazione alla spesa sanitaria) , egli doveva possedere un reddito di £. 22.000.000 (avendo, per l’appunto, il coniuge a carico).

Va premesso che sulla questione dei mezzi di sostentamento la giurisprudenza si è espressa, con orientamento ormai consolidato, affermando che i criteri di valutazione per la concessione della cittadinanza italiana possono legittimamente comprendere la verifica di congruità dei redditi dell’aspirante, i quali devono essere tali garantire in ogni caso l’autosufficienza economica, consentendogli di mantenere adeguatamente e continuativamente sé e la famiglia senza gravare (in negativo) sulla comunità nazionale e concorrendo anzi (in positivo) all’adempimento dei doveri di solidarietà economica e sociale connessi al rapporto di cittadinanza (cfr. tra tante, CdS, quarta 3958/00; CdS, quarta, 1474/99; CdS, quarta, 6063/02).

Inoltre, è stata riconosciuta l’idoneità dei limiti reddituali previsti dal citato articolo 3 del Dl  382/89, convertito con modifiche nella legge 8/1990, per l’esenzione dal pagamento di tutte le quote di partecipazione alla spesa sanitaria, a fungere da parametro per identificare il possesso del requisito dei mezzi minimi di sussistenza, in quanto con un reddito inferiore si potrebbe usufruire di eventuali provvidenze previste per i cittadini in stato di indigenza, che graverebbero ulteriormente sul bilancio dello Stato (in termini, tra le tante, Tar Lazio, Sezione prima ter, 2650/02).

Il Collegio condivide il costante orientamento soprarichiamato, che configura il provvedimento  in esame come un atto di concessione, frutto di ampia discrezionalità, reso principalmente nell’interesse della collettività nazionale e solo in via indiretta nell’interesse del privato richiedente, previa valutazione favorevole di alcuni essenziali elementi quali: l’integrazione dello straniero in Italia, le motivazioni che inducono il richiedente a scegliere la cittadinanza italiana, nonché la sua capacità reddituale, intesa come possibilità di assumere gli obblighi di carattere economico discendenti dalla sua ammissione nella comunità nazionale e ragguagliata a quella prevista dalla legislazione vigente ai fini dell’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria per il cittadino titolare della pensione di vecchiaia (cfr, tra tante, Tar Liguria, Sezione seconda, 1458/03).

Nella fattispecie in esame il ricorrente contesta l’applicazione  dei criteri di calcolo di tale reddito minimo, avendo egli posseduto nell’anno 2000, (come si è visto), un reddito sufficiente (£. 19.550.000, come risulta dal Modello Unico 2001), cui andavano aggiunte delle  proprietà immobiliari, e non essendo a suo carico né la moglie né i due figli: l’Autorità procedente – sottolinea il deducente – avrebbe dovuto svolgere ulteriori accertamenti, non limitandosi alla cennata autocertificazione.

La censura è infondata.

Il provvedimento amministrativo in esame non può che essere adottato in base alla situazione di fatto esistente al momento della sua adozione e, come avviene generalmente, nei casi di procedimenti attivati ad istanza di parte, nei termini in cui dette circostanze sono rappresentate da chi richiede in suo favore il rilascio.

L’onere di accertamento dell’eventuale  modifica di fondamentali circostanze di fatto non può essere addossato all’amministrazione  procedente, ma rimane a carico del richiedente, il quale non ha solo l’onere di indicare (e dimostrare) tutti gli elementi favorevoli al rilascio dell’ambito provvedimento, allegandoli alla domanda, ma ha altresì l’onere, ove nelle more del procedimento si verifichino fatti modificativi meritevoli di favorevole considerazione, di rappresentarli tempestivamente all’autorità chiamata a pronunciarsi sull’istanza da esso presentata.

Tale onere va posto non a carico della Autorità procedente, bensì dello stesso interessato, che ai sensi dell’articolo 1, comma 2, del Dpr 362/94 (regolamento che disciplina i procedimenti di acquisto della cittadinanza italiana), ha l’onere di indicare i presupposti in base ai quali ritiene di avere titolo all’acquisto o alla concessione della cittadinanza (in termini, tra tante, Tar Lombardia, Sezione prima,988/02).

Il provvedimento impugnato, adottato in base alle circostanze allora rappresentate dall’istante – sopra indicate –  non può pertanto ritenersi illegittimo in quanto non ha preso in considerazione le modificazioni di tali circostanze: le quali non sono state dallo stesso neppure comunicate all’amministrazione.

Per completezza espositiva può soggiungersi che, come rilevato dalla stessa Amministrazione resistente, nulla esclude che l’interessato possa documentare di aver migliorato le proprie condizioni reddituali, presentando una nuova istanza di naturalizzazione, che sarà esaminata avendo a riferimento i nuovi elementi valutativi prodotti.

Il ricorso va, in conclusione, respinto.

Sussistono, tuttavia, giusti motivi per la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

PQM

il Tardel Friuli Venezia Giulia, definitivamente pronunziando sul ricorso in premessa, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.