Lavoro e Previdenza

Wednesday 23 February 2005

Statuto dei Lavoratori. Il diritto di indire assemblee spetta non solo alle RSU ma anche al singolo rappresentante sindacale Cassazione – Sezione lavoro – sentenza 3 dicembre 2004 – 1 febbraio 2005, n. 1892

Statuto dei Lavoratori. Il diritto di indire assemblee spetta non solo
alle RSU ma anche al singolo rappresentante sindacale

Cassazione – Sezione lavoro – sentenza 3 dicembre 2004 – 1 febbraio 2005, n. 1892

Presidente Mattoni – relatore Amoroso

Pm Fuzio –
conforme – ricorrente Tetra Pax Latina SpA

Svolgimento del processo

1. Con ricorso depositato il 31 marzo
2000 la Flaica Uniti-Cub,
Federazione provinciale di Latina, proponeva appello avverso la sentenza emessa
in data 26 marzo 1999, con cui il Pretore di Latina, in funzione dì giudice del
lavoro, aveva respinto l’opposizione al decreto ex articolo 29 Statuto
lavoratori di rigetto del ricorso per la dichiarazione di antiìsindacalità dei comportamento della società
Cartotecnica Pontina Spa,
consistente nel rifiuto di consentire al lavoratori di riunirsi nell’assemblea
indetta dal Rsu Angelo Vona
eletto nella lista della Flaica.

Rìbadiva la proprìa
legittimazione attiva, implicitamente riconosciuta dal primo giudice, e
rilevava che la rnateria del contendere non
riguardava il referendum modificativo dell’articolo 19
Statuto lavoratori, bensi il potere di indire
le assemblee da parte di ciascun membro della RSU oppure congiuntamente da
tutti i membri deducendo che l’accordo interconfoderale
del 20 dicembre 1993 doveva interterpretarsi nel
primo senso e che una diversa interpretazione sarebbe stata in contrasto con
l’articolo 20 dello Statuto.

Chiedeva quindi la rifoma della sentenza con l’accoglimento della domanda
diretta alla dichiarazione dell’antisindacalità del
comportamento della socìctà convenuta consistito nel
rifiuto di consentire ai lavoratori di riunirsi nell’assemblea indetta dal RSU, Angelo Vona
eletto nella lista della FLAICA, con l’adozione dei provvedimenti, opportuni
per rimuovere gli effetti e in particolare ordinare alla società di consentire
l’assemblea e di non reiterare il comportamento, con affissíone
e pubblicazione del provvedimento.

L’appellata si costituiva,
contestando l’appello e chiedendone il rigetto con la conferma della sentenza
impugnata.

Con sentenza 1595/01 la Corte d’appello di Roma, in
riforma dell’impugnata sentenza, ha accolto la proposta opposizione al decreto
ex articolo 28 Statuto lavoratori di rigetto, pronuncianto
dal pretore di Latina, e per l’effetto dichiarava l’antisindacalità
del comportamento della società appellata consistito nel rifiuto di consentire
l’assemblea indetta dal RSU del sindacato appellante, con conseguente obbligo
della società di rimuovere gli effetti, consentendo lo svolgimento
dell’assemblea.

2. Per la Cassazione di questa
pronuncia ricorre la società Tetrapack Latina Spa, già cartotecnica Pontina Spa con un unico motivo illustrato anche da successiva
memoria.

La Federazione sindacale intimata non
si è costituita.

Motivi della decisione

l. Con l’unico motivo di ricorso,
articolato in due profili, la socìetà ricorrente
censura la sentenza impugnata per “violazione di norme di diritto” in relazione
all’articolo 4 dell’accordo interconfederale per la costituzione della RSU del
20 dicembre 1993.

Si duole in particolare
dell’affermazione della
sentenza della Corte d’appello di Roma secondo cui sarebbe
tardiva la tesi datoriale tesa a sostenere che il
diritto di assemblea sarebbe stato conferito alle Rsa
come organismo e quindi non rìentrerebbe tra i
diritti attribuiti dall’accordo intercofederale
suddetto ai componenti dì Rsu.

Si duole inoltre dell’erronea
interpretazione ed applicazione dell’articolo 4
dell’accordo interconfederaledel 20 dicembre 1993
sulle Rsu.

2. Il ricorso è infondato.

3 Deve considerarsi preliminarmente
che mentre nel ricorso la difesa della ricorrente muove (correttamente) dal
presupposto che le parti sociali ben possono prevedere prerogative di carattere
sindacale al di là di quelle poste dallo Statuto dei
lavoratori (legge 300/70) ed essenzialmente critica la sentenza impugnata per
aver male interpretato l’articolo 4 del citato accordo interconfederale del 20
dicembre 1993 (che – a suo dire – non prevederebbe
affatto la possibilità per il singolo Rsu di indire
l’assemblea sindacale), nella memoria la stessa difesa sembra correggere il
tiro richiamando quell’orientamento giurisprudenziale
(Cassazione. 2955/02 e

Cassazione 5765/02) che, in riferimento alla stessa fattispecie oggetto del presente
giudizio, sembra negare ìn radice tale possibilità di
estrinsecazione dell’autonomia collettiva escludendo che una componente dì
designazione esclusivamente elettiva della Rsu sia
legittimata a convocare autonomamente l’assemblea dei lavoratori. Si legge infatti in tali pronunce che «tra le prerogative attribuíte dal cilato articolo 4
[del menzionato accordo interconfederale) a detti componenti [delle Rsu] non può però includersì il
diritto di indire asssemblee dei lavorarori
conferito dall’articolo 20Statuto lavoratori invece alle Rsa
(e non ai suoi dirigenti), cui subentrano le Rsu
quali organismi sindacali”. Ossia parrebbe ipotizzabíle
un impedimento normativo, derivante dall’articolo 20 Statuto lavoratori in
particolare ed in generale da principi inderogabili in materia di rappresentatività
sindacale, che precluderebbe un tale allargamento delle prerogative sindacali;
costruzione questa che nella sostanza viene invocata
dalla difesa della ricorrente nella sua memoria per chiedere l’accoglimento del
ricorso per una assorbente ragione (di diritto) che sta a monte di quella
sviluppata nel motivo di ricorso. Sarebbe in effetti ìnutile domandarsi se il giudice di merito abbia fatto, o
meno, corretto uso dei canoni di ermeneutica contrattuale nell’interpretare
l’articolo 4 del menzionato accordo interconfederale. se
in radice il risultato interpretativo al quale poi il medesimo giudice è
pervenuto (riconoscendo la possibilità al singolo Rsu
di indire l’assemblea sindacale) fosse in generale precluso per il fatto che
l’autonomia contrattuale collettiva non sarebbe autorizzata a prevedere ciò.

4. In realtà questa preclusione non
sussiste.

4.1. Occorre considerare da una parte
l’articolo 39, primo comma, Costituzione, che riconosce l’organizzazione
sindacale come libera, e l’articolo 14 Statuto lavoratori,
che prevede che il diritto di costituire associazioni sindacali, di aderirvi e
di svolgere attività sindacale, è garantito a tutti ì lavoratori all’interno
dei luoghi di lavoro; da queste due dìsposizìoni, che
fanno blocco, emerge un generale riconoscimento dell’autonomia sindacale che
reca con sé anche quello dell’autonomia contrattuale collettiva con il limite
delle norme imperative.

D’altra, parte l’articolo
17 Statuto lavoratori, quale appunto norma imperativa limitativa
dell’autonomia contrattuale collettiva, fa divieto ai datori di lavoro e alle
associazioni di datori di lavoro di costituire o sostenere, con mezzi
finanziari o altrimenti, associazioni sindacali di lavoratori.

L’autonomia collettiva quindi può
spaziare nell’ambito delle prerogative sindacali prevedendone di nuove o
diverse rispetto a quelle contemplate dalla normativa di
sostegno posta dal titolo 3 dello Statuto dei lavoratori, rna senza giungere a riconoscere ad un sindacato, o a
determinati sindacati, una situazione dífferenziata
di vantaggio che lo collochi ingiustificatamente quale interlocutore
privilegiato, del datore di lavoro sì da qualificarlo quale sindacato di comodo
(ex articolo 17 cit.), Contigua a questa fattispecie del sindacato di cornodo è poi quella dell’individuazione di un’associazione
sindacale del tutto sganciata dalla sua effettiva rappresentatività (Corte
costituzionale 975/88 e 492/95).

Ed allora anche il criterio di
rappresentatività sindacale ex articolo 19 Statuto
lavoratori, la cui selettività è compatibile con la pur generalizzata tutela
della libertà sindacale (Corte costituzionale 54/1974), vale ai fini della
normativa di sostegno prevista dallo Statuto dei lavoratori; ma nulla esclude,
con il limite suddetto, che altri criteri di rappresentatività (ed altre
prerogative sindacali) possano essere introdotti dalla contrattazione
collettiva, fermo restando che allo specifico fine di porre una contrattazione
collettiva di portata generale l’unico criterio idoneo di rappresentativitá
sindacale è quello di cui al quarto comma del cit,
articolo 39 Costituzione.

4.2. Vero è Corte costituzionale
30/1990 ha affermato che il criterio collettivo suddetto (quello
dell’articolo19 cit.) ha carattere inderogabile perché possibili regole pattizie in deroga a tale criterio, risolvendosi per i
destinatari in una disciplina di favore, sono suscettibili di “avvantaggiare
sindacati di scarsa consistenza e, correlativamente,
alterare la parità di tratrattamento rispetto ad
organizzazioni dotate di rappresentativítà anche maggiori presenti in azienda”. Ma l’esito del referendum
indotto con Dpr 5 aprile 1995 e svoltosi l’11 luglio 1995 ha radicalmente
modificato il quadro di riferimento (ex Dpr 312/95)
non essendo più predicabíle il livello “extra
azienda” quale “soglia minima di rappresentatività”, né il requisito dell’intercategorialità e della pluricategorialità
del sindacato (requisito questo in particolare valorizzato da Corte
costituzionale 334/89 nel fondare il giudizio di meritevolezza
del sindacato maggiormente rappresentativo) con conseguente abbassamento a
livello aziendale della soglia di verifica della rappresentatività (v. anche
Corte costituzionale 1/1994), Si ha infatti che ora il
criterio legale di rappresentatività sindacale aziendale fa riferimento, unicamente
al fatto che l’associazione sindacale sia firmataria di un contratto collettivo
di lavoro applicato nell’unità produttiva; tanto è sufficiente ed è stato altresi ritenuto rispettoso del principio di libertà
sindacale (cfr. Corte costituzionale 244/96, che ha precisato
che ormai il criterio selettivo stabilito dall’articolo 19 vale
“esclusivamente” per l’individuazione dei sindacati le cui rappresentanze nelle
unità produttive sono destinatarie dei diritti e delle tutele previsti nel
titolo 3 della legge 300/70 e quindi – può qui notarsi – non ha più quella
potenzialità di modello cogente già prefigurato da Corte costituzionale 30/1990
cit.). Il baricentro della rappresentatività sindacale di fonte legale
insiste ormai solo sulla stessa estrinsecazione dell’autonomia contrattuale
collettiva; la quale quindi in generale, se è idonea a veicolare
la rappresentatività sindacale in azienda, non può – per la contraddizione che
non lo consente – non essere anche idonea, in ragione dell’ampio riconoscimento
a livello costituzionale della libertà di organizzazione sindacale, a modulare
le prerogative sindacali in azienda secondo criteri di rappresentatitività
nuovi e diversi con il limite del sindacato di comodo (articolo 17 Statuto
lavoratori) o del tutto sganciato da un’effettiva rappresentatività, da
verificare caso per caso e non già in ragione di una sorta di presunzione
assoluta per il solo fatto di un’estensione pattizia
o di una diversa configurazione delle prerogative sindacali.

Ed allora le Rsu
– che, sulla base di un accordo interconfederale (del
20 dicembre 1993, proceduto dal protocollo di intesa del 23 luglio 1993),
rispondono ad un diverso, criterio di rappresentatività sindacale in azienda
(quello obiettivo con soglia di sbarramento, ma privo di esclusività in quanto
aperto ad ogni associazione sindacale che abbia anche solo aderito all’accordo
interconfederale: cfr. Cassazione,6821/03) – sono
pienamente legittime anche se deviano dal criterio di rappresentatività posto
dall’articolo 19 Statuo lavoratori, fondato sulla
mera sottoscrizione di un contratto collettivo applicabile nell’unità
produttiva; ed altrettanto legittime sono, in linea di massima, le prerogative
sindacali pattiziamente previste per le Rsu che non sono condizionate a monte dal previo riscontro
della sussistenza della rappresentatività sindacale ex articolo 19 Statuto
lavoratori (la mera adesione ad un contratto collettivo applicabile in azienda ‑ quale sarebbe innanzi tutto
l’adesione all’accordo interconfederale citato per partecipare all’elezione
delle Rsu ‑ non vale di per sé sola ad integrare
il presupposto dell’articolo 19 cit. nella formulazione risultante,
dall’abrogazione referendaria: Cassazione, 12584/02; anche Cassazione 6613/88
con riferimento all’originaria formulazione dell’articolo 19 cit.).

4.3. Dalle considerazioni svolte risulta quindi che il modello dell’articolo 20 Stat. Lav.,
che prevede che ad indire l’assemblea siano, singolarmente o congiuntamente, le
Rsa nell’unità produttiva, non si pone affatto come
limite legale all’autonomia contrattuale collettiva che riconosca il diritto di
indire l’assemblea alle Rsu. Diverso è il criterio di
rappresentatività (delle Rsu ri
spetto a quello delle Rsa) e nulla esclude che una
particolare prerogativa sindacale espressamente prevista dalla contrattazione
collettiva (il sopra menzionato accordo interconfederale) possa essere
configurata diversamente; talché, quali che siano le modalità di convocazione
della rsa ex articolo 20 Stat.
lav. ed ove anche tale
disposizione fosse interpretata nel senso di escludere che l’assemblea possa
essere indetta dal singolo dirigente di una rsa se a
composizione collegiale, non può analogamente predicarsi che giammai il singolo Rsu
possa indire l’assemblea, Né viene in rilievo il limite dell’articolo 17 Stat. Lav. sul
sindacato di comodo atteso che la Rsu è formata su
base elettiva e quindi non c’è in radice alcuna prefigurazione di un sindacato
in posizione differenziata che debba essere scrutinata per verificarne la
riconducibilità o meno, alla fattíspecìe
dell’articolo 17 cìt.. Occorre quindi null’altro che
interpretare la norma contrattuale collettiva per ricostruire la prerogativa
sindacale in esame.

In conclusione la prospenazione difensiva della società ricorrente svolta
nella memoria difensiva, secondo cui dall’articolo 20 Stat,
lav. e dai principi in materia di
rappresentatività sindacale risulterebbe che l’assemblea non potrebbe giammaí essere indetta dal singolo rappresentante sindacale
unitario, è destituita di fondamento, operando il diverso principio di diritto
secondo cui l’autonomia contrattuale collettiva può prevedere organismi di
rappresentatività sindacale in azienda (quali, nella specie, le Rsu di cuí all’accordo
interconfederale del 20 dicembre 1993) diversi rispetto alle rappresentanze,
sindacali aziendali di cui all’articolo 19 della legge 300/70 e alle prime può
assegnare prerogative sindacali ‑ quale il diritto di indire
l’assemblea sindacale ‑ non necessariamente identiche a
quelle delle Rsa., con il limite, previsto dall’articolo
17 legge 300/70 cit.,
del diivieto di riconoscere ad un sindacato
un’ingiustificata posizione differenziata che lo collochi quale interlocutore
privilegiato del datore di lavoro.

5. Occorre allora considerare il
motivo di ricorso nella sua ordinaria formulazione e segnatamente nei due
profili in cui esso si articola.

Quanto al primo profilo è sufficiente
considerate che è vero che la sentenza ìmpugnata ha
ritenuto tardiva la prospettazione difensiva della società secondo cui il
diritto di assemblea è stato conferito alle Rsa (dall’articolo 20 Stat, lav.) come organismo e non già aì
singoli dirigenti,, ma poi l’ha anche ritenuta infondata affermando che il
diritto di índíre l’assemblea spetta anche a ciascuna
Rsa síngolarmente e non già
necessariamente in forma collegiale a tutte le presenti in azienda. La difesa
della società sì è lìmitata a
censurare la prima affermazione, ma non anche la seconda, talché la censura,
così limitatata al solo profilo della tempestività
della deduzione, è ínidonea ad inficiare
l’impugnata sentenza.

6. Quanto al secondo profilo del
motivo di ricorso la tesi della difesa della società
si fonda su quello che essa. ritiene essere la lettera
della norma contrattuale colletiva di cui ha fatto
applicazione la sentenza impugnata; essa infatti sostiene che il tenore
testuale dell’articolo 4 fa esclusivo riferimento ai diritti, permessi, libertà
sindacalì e tutela, attribuite dal titolo 3 dello S.D.L. non alle Rsa quale
organismi, bensì ai dirigenti delle stesse, prevedendo la loro estensione ai
componenti della Rsu.”. In sostanza quindi la difesa
della società addebita alla sentenza impugnata dì aver negletto il dato
letterale della norma contrattuale.

La censura è però
inidonea ad inficiare l’interpretazione accolta dalla Corte d’appello di Roma
che e’sorretta da motivazione sufficiente e non contraddittoria, rispettosa dei
canoni legali di interpretazione contrattuale,

La sentenza impugnata riferisce al
contenuto letterale dell’articolo 4 del citato accordo ìnterconfederale
e lo legge in combinato disposto con il successivo articolo 5, Evidenzia che
l’articolo 4 stabilisce che i
componenti delle Rsi subentrano ai
dirigenti delle Rsa, nella titolarità dei diritti,
permessi e libertà sindacali e tutele già loro spettanti per effetto delle
disposizioni di cui al titolo 3 della legge 300/70 ed il successivo articolo 5,
che la difesa della ricorrente peraltro non consìdera,
prevede che alle r.s.a, ed ai loro dirigentisubentrino le Rsu. ‑ delle quali peraltro non è predicata la natura di organismi a funzionamento
collegiale , nella titolarità dei poteri e nell’esercizìo
delle funzioni adessi spettanti per effetto di disposìzioní di legge.

Ed allora ‑ ha ritenuto la Corte d’appello ‑ le prerogative sindacali delle r.s,a, (tutte, sia quelle
riferibili alla singola Rsa, sia quelle attribuite ai
suoi dirigenti) sonopattiziamente riconosciute alle R.s.u.; e tra queste prerogative sindacali è compreso anche
il diritto di indire l’assemblea sindacale.

Questa interpretazione accolta dalla
Corte d’appello è ‑ contrariamente a quanto ritenuto
dalla difesa della società ricorrente ‑ rispettosa della lettera del
menzionato accordo interconfederale che non contiene alcun dato testuale che
faccia ritenere che il riconoscimento partízio delle
prerogative sindacali sia limitato solo a quelle attribuibili ai dirigenti
delle r.s.a. (quali quelle di cui agli articoli 22,
23 e 24 Stat. lav.)
e non si estenda

anche a quelle riconosciute alle Rsa come organismi rappresentativi (quale il diritto di
indire l’assemblea ex articolo 20 Stat, lav,). L’ampìa formulazione,della norma contrattuale(nel combinato disposto degli
articoli 4 e 5 dell’accordo interconfederale) non autorizza questa distinzione
limitativa.

La sentenza impugnata giustifica poi
anche l’ulteriore affermazione che il diritto di
indire l’assemblea è riconosciuto al singolo componente della r.s,u. e non già a quest’ultima
come organismo a funzionamento necessariamente collegiale (argomento
interpretativo che peraltro non è specificamente censurato dalla difesa della
ricorrente); ciò lo desume da un dato letterale (e segnatamente dall’articolo 5
cit. che si riferisce alle

RSU al plurale) e
da una considerazione sistematica‑ se la prerogativa prevista
dall’articolo 20 Statuto lav. in favore
delle Rsa non richiedeva che l’indizione
dell’assemblea fosse necessariamente congiunta potendo le riunioni sindacali
essere convocatesingolarmente o congiuntamente”, la
speculare prerogativa pattizìa prevista dall’art, 4 cit., che reca il riconoscìmento
del diritto dì indire “singolarmente o congiuntamente” l’assemblea dei
lavoratori; ripete null’altro che questa duplice modalità di convocazione
escludendo che questa (la convocazione) possa essere solo ed unicamente
congiunta, ossia riferìta all’intera rappresentanza
sindacale unitaria.

7. In conclusione la sentenza
impugnata si sottrae alle censuree della ricorrente e
pertanto il ricorso deve essere nel suo complesso rigettato.

Non occorre provvedere sulle spese di
questo giudizio di Cassazione non avendo la parte intimata svolto
alcuna difesa.

PQM

La
Corte rigetta il ricorso, nulla sulle spese.