Civile

Thursday 10 July 2008

Se le terapie mediche si rivelano scientificamente inefficaci (cura Di Bella) nessun risarcimento per averle ricevute in ritardo.

Se le terapie mediche si rivelano
scientificamente inefficaci (cura Di Bella) nessun risarcimento per averle
ricevute in ritardo.

Suprema Corte di Cassazione,Sezione Terza Civile, sentenza n.13589/2008

LA CORTE SUPREMA DI
CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi sigg.ri
Magistrati:

Dott. Roberto Preden Presidente

Dott. Fabio Mazza consigliere

Dott. Nino Fico consigliere

Dott. Alberto Talevi Rel.
Consigliere

Dott. Maria Margherita Chiarini Consigliere

Ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:

M. avv. Luigi, difeso da sé
medesimo, D.T. M. A.M. , M. V.M., tutti elettivamente
domiciliati in Roma via Flaminia 441, presso lo studio dell’avvocato L.M. , la
seconda e il terzo ricorrente difesi da detto avvocato, giusta procura speciale
del Consolato d’Italia in Maracaibo (Venezuela) rilasciata dal cancelliere capo
delegato alle funzioni notarili A. M. del 23/04/98, Rep. 050/ 98;

-ricorrenti-

Contro

«UPS» – United Parcel Service
Italia s.r.l., in persona del suo procuratore generale
H. K. , elettivamente domiciliata a Roma via Francesco
Saverio Nitti 11, presso lo studio dell’avvocato Paolo Napoletano, che la
difende unitamente all’avvocato Fabio M. Scaravilli, giusta delega in atti;

-controricorrente-

Nonché contro

IFC – International Freight Consultants
– Srl., in persona dell’amministratore e legale
rappresentante pro tempore sig. D. C. , ed Air
Transport srl, in persona dell’amministratore e legale rappresentante pro
tempore sig. G. G., entrambe elettivamente domiciliate a Roma via Parigi 11, presso
lo studio dell’avvocato Giuseppe Barreca, che le difende giusta delega in atti;

-controricorrenti-

Avverso la sentenza n. 4419/04
della Corte d’appello di Roma, seconda sezione civile, emessa il 28/09/04,
depositata il 14/10/04, R.G. 1056/02;

Udita la relazione della causa
svolta nella pubblica udienza del 28/03/08 dal consigliere dott. Alberto
Talevi;

Udito l’avvocato Luigi Mele;

Udito il P.M. in persona del
sostituto procuratore Generale dott. Giovanni Schiavon, che ha concluso per
l’inammissibilità o il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nell’impugnata decisione lo
svolgimento del processo è esposto come segue.

«Con atto di citazione notificato
l’8 maggio 1998, L.
M., A.M.D.T. e V.M.M. hanno riferito che nel dicembre
97 fosse stato diagnosticato al proprio congiunto R.M., residente nella città
venezuelana di Maracaibo, un tumore polmonare, per il quale i sanitari avevano
escluso la possibilità del trasporto, oltreché l’utilità di qualsiasi mezzo
tradizionale di cura; hanno riferito anche che il figlio L. M. aveva perciò
contattato in Italia il Professor Luigi Di Bella, ottenendo da questi una
prescrizione farmacologica idonea al caso. Attesa però l’assoluta impossibilità
di reperirli in Venezuela, il predetto L.M. si sarebbe altresì premurato di
acquistare tutti i farmaci prescritti, tranne che per l’introvabile siringa
temporizzata, provvedendo quindi tramite corriere internazionale al loro
sollecito invio in Venezuela. Il paziente, affermavano gli esponenti, avrebbe
ricavato immediato giovamento dalla terapia, eccettuati alcuni episodici cali
pressori dipesi dalla mancanza della siringa temporizzata, indispensabile per
la corretta assunzione della somatostatina per via endovenosa. Non appena
riuscito, quindi a procurarsi la detta siringa temporizzata, L. M. si sarebbe
affrettato ad inviare anche detta apparecchiatura e gli altri farmaci in
Venezuela, incaricando alla bisogna la IFC Air Transport srl.
All’atto della consegna, avvenuta alle ore 12.15 del 3 marzo 1998, hanno pure
sostenuto gli attori, il M. avrebbe fatto presente il contenuto del plico e
l’estrema urgenza del recapito, ottenendo così l’assicurazione che la consegna
sarebbe avvenuta entro tre giorni. Ciononostante, nella serata del giorno 6
successivo sarebbe prevenuta dal Venezuela la notizia che nulla era ancora pervenuto ed il paziente, privo di cure, sarebbe
dunque entrato dapprima in coma e deceduto, quindi l’8 marzo. Ciò premesso e
dopo aver lamentato che non avesse avuto esito qualsiasi richieda di danni alla
IFC srl ed al suo sub vettore UPS United Parcel Service srl, le ha entrambe
convenute in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma e ne ha chiesto la condanna
al risarcimento dei danni materiali e morali, da liquidare nella misura di lire
750.000.000, ovvero in quella maggiore o minore di giustizia.

Entrambe le due convenute hanno a loro volta entrambe contestato il fondamento della
domanda, chiedendone il rigetto. Assieme alla IFC, del resto, si è
volontariamente costituita in giudizio la Air
Transport srl avendo quest’ultima affidato alla UPS il
trasporto del plico.

Con sentenza resa il 10 marzo
2001, il Tribunale ha a sua volta respinto la domanda sull’assorbente rilievo
che la cura del dottor Di Bella si fosse rivelata
priva di qualsiasi validità terapeutica e la sua sottoposizione non avrebbe
dunque sottratto alla more il R. M. , con la conseguente mancanza del
necessario nesso causale tra il pretesto inadempimento ed il danno.

Con atto di citazione notificato
il 6, il 7 ed il 13 febbraio 2002, hanno interposto appello i tre attori….».

Con sentenza 28.9 – 14.10.2004 la
corte d’appello di Roma, definitivamente pronunziando, respingeva l’appello di
L.M. , A.M.D.T e V.M.M. e condannava gli appellanti al
rimborso delle spese di lite anticipate dalle appellate UPS srl e IFC srl,
liquidate in favore di ciascuna di queste nella misura di € 9.000 per onorari,
€ 2.900 per diritti e € 430 per spese.

Contro questa decisione ha
proposto ricorso per cassazione l’avv. Luigi Mele, A.M.D.T.M. e V.M.M..

Hanno resistito con separati
controricorso la United Parcel Service Srl. («UPS»), la
Air Transport Srl e la
IFC – Internazionale Freight Consultants – Srl.

Sia i ricorrenti che la United
Parcel Service Srl. Hanno depositato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Occorre anzitutto rilevare che
A.M.D.T.M. e V.M.M. hanno conferito la procura all’Avv. L.M. con
atto del 23 aprile 1998, e quindi molto antecedente (del resto in essa si parla
della «…casa da promuovere innanzi il Tribunale Civile di Roma…») rispetto alla
pubblicazione della sentenza impugnata (del 2004). E’ pertanto evidente la sua
invalidità. Infatti la procura per il ricorso per
cassazione deve avere necessariamente carattere speciale, dovendo riguardare
specificamente, ai sensi dell’art. 365 cod. proc. civ.,
il giudizio di cassazione, per cui è valida solo se rilasciata in data
successiva alla sentenza impugnata (cfr. tra le altre
Cass. Sentenza n. 1328 del 24/01/2006; e Cass. Sentenza n. 27012 del
07/12/2005). Di conseguenza il ricorso, per ciò che concerne dette due parti,
deve essere dichiarato inammissibile.

Si deve pertanto esaminare solo
il ricorso dell’avv. Luigi Mele.

I tre motivi di ricorso vanno
esaminati insieme in quanto connessi.

Con il primo motivo tale parte
lamenta «Errata applicazione delle norme di diritto sulla sussistenza del nesso
di causalità, con esonero di accertamento delle responsabilità delle appellate
(artt. 40, 1° e 2° comma, 41, 1° comma,C.P. ed art. 2043 C.C. [1])» esponendo
doglianze che vanno esaminate come segue. Il vizio di fondo che si annida nella
pronuncia impugnata è dato dall’assiomatico giudizio di mancanza del nesso di
causalità tra il tardo nella consegna dei farmaci e l’evento dannoso (morte di
R.M.), individuando la causa da sola sufficiente alla produzione di
quest’ultimo nella patologia tumorale che affliggeva il M. Il Giudice è
sfuggito al rigore valutativo che imponeva dapprima un accertamento sulla colpa
prospettata e poi una verifica sull’eventuale collegamento esistente fra questa
e l’evento dannoso prodotto anche per accelerazione. Pacifico è il negligente
ritardo e persino l’arbitraria asportazione della indicazione del contenuto del
plico con falsa rappresentazione del medesimo, così come pacifico è il rifiuto
delle convenute di attivarsi nel rintracciare il plico non consegnato alla data
stabilita,nonostante la rappresentazione di estrema
urgenza. Se la IFC/Air
Transport avesse osservato i garantiti termini di consegna entro tre giorni dal
ritiro (martedì 03.03.98) e la UPS
del giorno successivo al ritiro (mercoledì 04.03.98), il plico contenente i
medicinali e l’apparecchiatura medica sarebbe dovuto arrivare in data 05.03.98,
il che avrebbe consentito la continuazione della terapia, interrotta proprio
quel giorno per esaurimento dei medicinali, scongiurando così il peggioramento
del paziente; se inoltre, le medesime si fossero almeno doverosamente attivate,
come richiesto in data 06.03.98, per il rintraccio e rapido inoltro del plico
appena constatato e comunicato il ritardo, si sarebbe potuto arginare il
decadimento evitando che il paziente entrasse in coma funesto il successivo
07.03.98. Erra la corte nel ritenere il referto prodotto non proveniente da
struttura pubblica ospedaliera, e dunque sfornito di fede privilegiata, mentre
al contrario reca intestazione la specifica struttura pubblica ospedaliera di
appartenenza del medico operante «Dr. Victor Penzola – Medico Chirurgo –
Ospedale Domingo Lucani – Servizio Chirurgia ». In particolare la corte non ha
valutato neppure l’accelerazione dell’evento. Logicamente viziato è il
convincimento espresso in merito all’assoluta inefficacia della terapia Di
Bella.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia «Omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione su punti decisivi, della seconda domanda, circa il
risarcimento del danno derivato dal deterioramento ed inutilità dei medicinali
ed apparecchiatura medica inviati, con evidente travisamento dei fatti (artt.
1176, 1218, 1228, 1686,2051,2729 C.C.)» esponendo censure che vanno riassunte
nel modo seguente. La corte d’Appello ha respinto la doglianza per carenza
probatoria nei suoi elementi costitutivi, invece totalmente travisati quando
non del tutto omessi.

Infatti: -1) è stato dimostrato
quali fossero i medicinali e le attrezzature inviate; -2) la pattuizione del
termine di tre giorni entro il quale il plico doveva
pervenire a destinazione è riscontrabile da duplice prova, deduttiva e diretta:
– dalla determinazione di privilegiare la IFC Srl come corriere rispetto al precedente
Fedex (che aveva compiuto pregressa ed analoga spedizione entro quattro giorni)
solo in virtù di una garantita anticipazione temporale di consegna, che altrimenti
non avrebbe avuto alcun senso non rivolgersi nuovamente alla comprovata Fedex;
– dalla dichiarazione a firma del sig. Bolivar, consorte di una dipendente
della IFC srl, chiaramente sintomatica sia dell’essenzialità di detto termine
sia dell’esplicita prospettazione del contenuto del plico sia delle condizioni
di salute del destinatario della consegna. Non è stata considerata la prova
documentata n. 11, da cui è dato evincere che anche alla società UPS, alla data
6 marzo 1998 veniva accoratamente rappresentato sia il
contenuto del plico che le condizioni di salute del destinatario, senza nulla
ottenere. Doppiamente infondata ed errata è la considerazione della corte
d’Appello circa il recapito alla data del 10 marzo del plico e la ritenuta
congruità, a distanza di sette giorni, del termine di consegna che fa ritenere
esente da inadempimento e da illecito aquiliano le controparti; in realtà il
plico è stato recapitato l’11 marzo ed il tempo complessivo, dalla presa di
carico, è di nove giorni, compreso quello d’invio. Quanto, infine, al difetto
di prova sugli esborsi, la Corte
d’Appello ha omesso del tutto di considerare che i prezzi delle medicine ed
apparecchiatura medica è agevolmente rilevabile dal
prontuario farmaceutico con relativo prezzario e da articoli di stampa,
prodotti come prova documentale n° 16 di parte attrice sin dall’atto
introduttivo della domanda, all’evidenza necessitando per una cura così a
distanza una scorta sufficiente per un ciclo, per complessivi € 6.042,77; per i
restanti esborsi, infine, in relazione alle telefonate intercontinentali e
spese funerarie, la quantificazione – meramente indicativa per Euro 4.906,35,
poiché effettivamente non provabile .- era stata sempre demandata al giudice di
merito in via equitativa, e comunque, il tutto ivi compreso il risarcimento per
l’eventuale accoglimento della prima domanda in misura maggiore o minore
affidata all’equo apprezzamento del giudicante.

Con il terzo motivo il ricorrente
denuncia «Omessa insufficiente e contraddittoria motivazione sulla condanna
degli appellanti al rimborso delle spese di lite, congruamente liquidate in
favore di ciascuna delle appellate (art. 92 c.p.c.)» prospettando doglianze che
vanno riassunte come segue. Non è dato comprendere perché la corte di appello
abbia ritenuto di condannare gli appellanti alle spese di lite, senza
motivazione alcuna se non quella stringatissima ed apodittica della soccombenza
(mentre il primo Giudice aveva compensato). L’efficacia della cura Di Bella,
ritenuta dal primo giudice controversa e dal secondo giudice di assoluta
inefficacia, in realtà è ancora oggi, oggetto di discussioni, critiche e
confronti scientifici. Per senso di equità e giustizia, e per la delicatezza
della vertenza, i giudici del gravame avrebbero dovuto almeno ritenere
compensate fra le parti le spese di lite.

I tre motivi di ricorso sono
privi di pregio in quanto l’impugnata decisione è fondata su una motivazione
sufficiente, logica, non contraddittoria e rispettosa della normativa in
questione.

In particolare va rilevato quanto
segue.

-A) La base fondamentale della
decisione in esame è in effetti costituito dal
«…generale convincimento, ormai radicato nella comunità scientifica e gli
operatori sanitari, in merito all’assoluta inefficacia della terapia Di Bella….»;
a tal proposito va rilevato che tutte le doglianza fondate direttamente od
indirettamente sulla contestazione di detto «…. Generale convincimento…» sono
radicalmente inidonee a suffragare le conclusioni del ricorrente, poiché si è
di fronte ad una tipica valutazione di merito della Corte, che si sottrae al
sindacato di legittimità in quanto immune dai vizi denunciati; sono di conseguenza prive di pregio pure tutte le censure fondate
sull’asserita accelerazione della morte suddetta (ne consegue anche l’irrilevanza
di un eventuale errore della corte nell’indicare il numero esatto dei giorni in
cui la spedizione è stata portata a termine). In particolare appaiono prive di
pregio (anche a prescindere da quanto ora esposto) le
censure concernenti il referto del dott. Victor Mensola. Infatti
la corte, quando ha negato che provenisse da «una struttura ospedaliera
pubblica» ha evidentemente inteso negare che provenisse da una struttura
ospedaliera pubblica italiana; il che rende il rilievo (comunque) immune dalle censure
esposte.

-B) E’ privo di pregio anche il
rilievo del ricorrente secondo cui si imponeva dapprima un accertamento sulla
colpa prospettata e poi una verifica sull’eventuale collegamento esistente fra
questa e l’evento dannoso prodotto anche per accelerazione; al contrario deve
ritenersi corretto dal punto di vista logico-giuridico accertare innanzitutto
l’esistenza o meno del nesso eziologico (se si esclude che questo possa
sussistere è inutile stabilire se vi sia o meno colpa;
sono di conseguenza prive di rilevanza tutte le censure concernenti
quest’ultima).

-C) le doglianze concernenti la
prova circa l’entità delle spese suddette, la pattuizione del termine di tre
giorni e l’essenzialità del medesimo si esauriscono in realtà in una mera
prospettazione di una diversa interpretazione e valutazione delle risultanze
processuali (cfr. Cass. n. 15489/2007 e Cass. n. 17477/2007); inoltre non viene ritualmente riportato il contenuto delle risultanze
citate in violazione del principio di autosufficienza del ricorso (cfr. Cass.
n. 7767/2007; esse sono dunque inammissibili per ciascuna di dette due ragioni,
prima ancora che prive di pregio, essendo la motivazione della Corte comunque
immune da vizi pure sul unto.

-D) quanto alla decisione sulle
spese è palese che la Corte
ha emesso una pronuncia del tutto priva di vizi in questione («in tema di spese
processuali, la facoltà ridisporre la compensazione tra le parti rientra nel
potere discrezionale del giudice di merito, il quale non è tenuto a dare
ragione con una espressa motivazione del mancato uso
di tale sua facoltà, con la conseguenza che la pronuncia di condanna alle
spese, anche se adottata senza prendere in esame l’eventualità di una
compensazione, non può essere censurata in cassazione, neppure sotto il profilo
della mancanza di motivazione». Sez. U. n. 14989/2005;
conformi: Cass. n. 28492/2005; e Cass. n. 7607/2006).

Il ricorso va dunque respinto

Sussistono giusti motivi per
compensare le spese di giudizio di cassazione

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile
il ricorso con riferimento a A.M.T.M. e V.M.M.;
rigetta il ricorso con riferimento a L.M., compensa le spese del giudizio di
cassazione.

Così deciso a Roma il 20.3.2008.

IL CONSIGLIERE ESTENSORE IL
PRESIDENTE

DEPOSITATO IN CANCELLERIA

IL 26 MAGGIO 2008.