Penale

Monday 27 October 2003

Riparazione per ingiusta detenzione. Cassazione – ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 giugno 2003 N. 817

Riparazione per ingiusta detenzione. La Cassazione solleva questione di costituzionalità per lipotesi in cui il procedimento sia archiviato per morte di un reo ma si possa comunque giungere a dichiarazione che il fatto non sussiste nei confronti dei coimputati

N.   817   ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 giugno 2003.

  Ordinanza emessa il 5 giugno 2003 dalla Corte di cassazione sul ricorso proposto da Bottari Cinzia ed altra Processo penale – Riparazione per ingiusta detenzione – Riconoscimento del diritto ad una equa riparazione in caso di archiviazione del procedimento per morte del reo, qualora nello stesso procedimento, o comunque sulla base dello stesso materiale probatorio, si accerti nei confronti dei coimputati che il fatto non sussiste – Mancata previsione – Irragionevole disparita’ di trattamento – Lesione dei principi di solidarieta’ e di inviolabilita’ della liberta’ personale – Violazione del principio della riparazione per ingiusta detenzione. – Cod. proc. pen., art. 314, comma 3. – Costituzione artt. 2, 3, 13 e 24, comma terzo (recte: comma quarto). (GU n. 42 del 22-10-2003) 

LA CORTE DI CASSAZIONE

    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul ricorso proposto da

Bottari  Cinzia  e  Bottari  Cristina  avverso  l’ordinanza  in  data

20 marzo  2002  della Corte d’appello di Messina, che ha rigettato la

domanda   di  riparazione  per  ingiusta  detenzione  proposta  nella

qualita’ di discendenti di Bottari Giuseppe;

    Sentita la relazione fatta dal consigliere Chiliberti Alfonso;

    Lette  le  conclusioni  del  procuratore  generale in persona del

dott.  F.  Hinna  Danesi,  che  ha  chiesto  sollevarsi  questione di

legittimita’ costituzionale;

                           Fatto e diritto

    Con  atto  del  29 aprile  2002 Bottari Cinzia e Bottari Cristina

hanno  proposto  ricorso  avverso  l’ordinanza  in data 20 marzo 2002

della  Corte  d’appello  di  Messina,  che ha rigettato la domanda di

riparazione per ingiusta detenzione proposta nella qualita’ di figlie

di   Bottari   Giuseppe,  sottoposto  agli  arresti  domiciliari  dal

21 febbraio  al 15 maggio 1992, la cui posizione era stata archiviata

per  la  morte,  avvenuta  il  6 dicembre 1992, sul presupposto che i

coimputati  erano  poi  stati  assolti  dal  Tribunale di Messina con

sentenza  5 luglio  2000  perche’  il fatto non sussiste, formula che

sarebbe stata applicata anche al genitore qualora non fosse premorto.

La corte distrettuale ha rigettato l’istanza non rientrando l’ipotesi

di  archiviazione per morte del reo tra le formule di proscioglimento

che consentono l’equo indennizzo.

    Lamentano  le  ricorrenti  la  violazione  di legge per non esser

stato  applicato  l’art. 12  delle disposizioni preliminari al codice

civile,  che  opera  quando  la  controversia non possa essere decisa

sulla  scorta  di una precisa disposizione, imponendo il ricorso alle

disposizioni che regolano casi simili o analoghi.

    Osserva  questa  Corte  che  –  pur sussistendo la legittimazione

delle  istanti,  in virtu’ dell’art. 644, comma 1, c.p.p., richiamato

dall’art. 315,  comma  3,  c.p.p.  –  il  ricorso  allo  stato  della

legislazione  e’  infondato,  in quanto la Corte d’appello non poteva

estendere   i   casi  normativamente  previsti  di  riparazione,  che

costituiscono ius singulare, stante la loro natura indennitaria e non

risarcitoria,  cosa  che  ne esclude la ricomprensione in una norma a

carattere  generale qual e’ quella dell’art. 2043 c.c.; in un sistema

improntato   alla   casistica,   le   ipotesi   indennitarie  debbono

necessariamente essere testuali e non virtuali.

    Deve infatti rilevarsi che l’art. 314, comma 3, c.p.p., regola le

ipotesi  in  cui  la riparazione compete per il caso di archiviazione

con  un  rinvio  alle  disposizioni  dei  commi  l  e  2 dello stesso

articolo,  e  dunque, qualora non si lamenti l’ingiustizia formale di

cui  al  comma  2, la riparazione compete laddove l’archiviazione sia

stata  disposta  perche’ il fatto non sussiste, per non aver commesso

il  fatto,  perche’ il fatto non costituisce reato o perche’ il fatto

non e’ previsto come reato. Non e’ dunque ricompresa l’ipotesi in cui

l’archiviazione  sia  disposta  per  morte  del  reo,  il  che in via

generale  e’  conforme  alla  logica  del  sistema,  che  prevede  un

accertamento  giudiziale   della  mancanza  di causa della detenzione,

discendente  dall’adozione  di  una  delle formule di proscioglimento

anzidette.

    Si  evidenzia  pero’  l’esistenza  di  una  carenza di previsione

normativa  per le fattispecie del tipo di quella portata all’esame di

questa   Corte,  in  cui  la  formula  con  la  quale  viene  escluso

l’esercizio  dell’azione  penale ostativa all’indennizzo per ingiusta

detenzione:  se  in linea di principio la mancanza di un accertamento

definitivo  (che  e’  altresi’  irrevocabile, pur se il provvedimento

consiste  in  un’archiviazione  o  in  una  sentenza  di  non luogo a

procedere,  in  caso di morte, mancando i presupposti – salvo il caso

che la morte sia erroneamente ritenuta – per la revoca del decreto di

archiviazione  o  della  sentenza) in ordine all’illegittimita’ della

detenzione  osta  alla  riparazione,  non  appare  ragionevole che la

riparazione  sia  negata  laddove,  proseguendo  il  procedimento nei

confronti  dei  coindagati, si accerti con provvedimento irrevocabile

che   il   fatto  non  sussiste,  essendo  di  palmare  evidenza  che

l’insussistenza  del  fatto,  per la sua essenza ontologica, non puo’

non  riguardare  anche colui la cui posizione sia stata gia’ definita

con  una  pronuncia  di  estinzione del reato per morte del reo. Cio’

vale  sia  per  l’ipotesi  di  archiviazione,  sia  per  l’ipotesi di

sentenza  di  non  luogo  a  procedere,  sia  ancora per l’ipotesi di

sentenza  predibattimentale o dibattimentale, ovviamente a condizione

che  l’accertamento dell’insussistenza del fatto avvenga nello stesso

procedimento,  o  in altro procedimento, ma comunque sulla scorta del

medesimo materiale probatorio.

    La  ritenuta  mancanza  di  ragionevolezza  dell’omissione di una

siffatta  previsione, che fa apparire non manifestamente infondata la

questione  di  legittimita’  costituzionale, appare rilevante ai fini

del  decidere,  ed  impone  di  sollevare  la  questione innanzi alla

Consulta: laddove infatti il giudice delle leggi ritenesse fondata la

questione, spetterebbe la riparazione nel caso portato all’attenzione

di questa Corte.

    Nessun  problema  si  pone, infatti, in ordine alla tempestivita’

del  ricorso,  in  quanto  il  termine  iniziale  di decadenza per la

proposizione dell’istanza riparatoria decorre dalla notificazione del

provvedimento  di  archiviazione,  notificazione che in caso di morte

non e’ prevista.

    Plurimi  sono  i  profili di incostituzionalita’ rilevabili, e da

ritenersi  non  manifestamente infondati, anche perche’ gia’ valutati

dalla Consulta nel senso della loro sussistenza in altre fattispecie:

gia’  la  Corte costituzionale con sentenza 25 luglio 1996, n. 310 ha

dichiarato   l’illegittimita’   costituzionale  dell’art. 314  c.p.p.

laddove  non  prevede la riparazione per ingiusta detenzione patita a

causa  di  erroneo  ordine  di esecuzione, e con la sentenza 2 aprile

1999,  n. 109,  ha  dichiarato  l’illegittimita’ costituzionale della

mancata  previsione  della riparazione in caso di arresto o fermo non

convalidato dal giudice con decisione irrevocabile o la cui convalida

sia stata annullata dalla Corte di cassazione sul ricorso promosso ai

sensi  dell’art. 391,  comma  4,  del  codice  di  procedura  penale,

evidentemente in linea con il principio per cui l’ingiusta detenzione

va comunque ristorata.

    Puo’  escludersi l’incostituzionalita’ in riferimento all’art. 76

Cost.,  in  quanto  la  non completa attuazione, da parte del Governo

delegato,   della   delega   legislativa   non  e’  violatrice  della

Costituzione,  cosa che invece ha luogo quando si sia in presenza non

gia’  di  un’incompleta  esecuzione della delega, ma del caso inverso

dell’eccesso.

    Ne’ e’ ravvisabile contrasto con l’art. 10 Cost., in relazione al

fatto   che  l’obbligo  di  riparazione  e’  sancito  in  convenzioni

internazionali cui l’Italia ha aderito, e segnatamente la Convenzione

per   la   salvaguardia   dei  diritti  dell’uomo  e  delle  liberta’

fondamentali,  ratificata  dall’Italia  con  la  legge 4 agosto 1955,

n. 848,  che  prevede  espressamente,  all’art. 5,  il  diritto  alla

riparazione  a  favore  della  vittima  di  arresto  o  di detenzioni

ingiuste  senza  distinzione  di sorta, in quanto le norme di diritto

internazionale  generalmente riconosciute, cui l’Italia si obbliga ad

attenersi   con   la   norma   costituzionale   detta,   sono  quelle

consuetudinarie e non quelle pattizie.

    Deve  invece ravvisarsi un primo profilo d’incostituzionalita’ in

relazione  all’art. 3  Cost.  La disposizione censurata contrasta, ad

avviso   di  questa  Corte,  con  l’art. 3  della  Costituzione,  per

irragionevole  disparita’  di  trattamento  tra  chi,  privato  della

liberta’  personale  in  forza di una misura custodiale ingiusta, non

possa   venire  prosciolto  con  una  delle  formule  che  consentono

l’indennizzo,   essendo  imposto  al  giudice  (art. 129  c.p.p.)  di

dichiarare  l’estinzione  del  reato non appena la causa estintiva si

materializzi,  se  fino  a  quel  momento non risulta evidente che il

fatto  non sussiste, che l’imputato non lo ha commesso o che il fatto

non  costituisce  reato o che non e’ previsto dalla legge come reato.

Nondimeno,   qualora   il  procedimento  prosegua  nei  confronti  di

coimputati  e  si  accerti  che  il  fatto  non  sussiste, non appare

ragionevole  che  quell’accertamento che e’ mancato nei confronti del

deceduto,  ma  che risulta a posteriori non giovi ai fini riparatori,

con  iniqua  diversificazione  di  posizioni  a  fronte  della stessa

risultanza  processuale  ed eventualmente delle stesse conseguenze in

tema  di  liberta’  personale. Diversa e’ l’ipotesi in cui l’imputato

venga  prosciolto  per  prescrizione, in quanto avrebbe avuto modo di

ottenere  l’accertamento  utile  ai  fini dell’indennizzo rinunciando

alla prescrizione.

     Ulteriore  profilo  di  incostituzionalita’  e’  ravvisabile  nel

contrasto  con  gli  artt. 2  e  13 della Costituzione: si rileva che

nella   disciplina   censurata   sono  simultaneamente  coinvolti  il

principio   di  solidarieta’  e  quello  della  inviolabilita’  della

liberta’  personale,  che se violata va comunque ristorata. Come gia’

rilevato  in  altri  casi  dalla  Consulta  (sent. n. 446/1997; sent.

n. 109/1999)   la   riparazione   per  l’ingiusta  detenzione  ha  un

fondamento squisitamente solidaristico, ed in presenza di una lesione

della   liberta’   personale   rivelatasi   comunque   ingiusta   con

accertamento  ex  post  in  ragione della qualita’ del bene offeso si

deve  avere  riguardo  unicamente  alla  oggettivita’  della  lesione

stessa.  Orbene, l’accertamento dell’ingiustizia della detenzione non

puo’   non  comportare  lo  stesso  diritto  quando,  per  cause  non

imputabili   a   chi   ha   sofferto   l’ingiusta  detenzione,  detto

accertamento  non abbia luogo direttamente in suo favore, ma si debba

necessariamente estendere a lui.

    Va   poi   rilevato   che   l’orientamento   della   Consulta  e’

significativamente   volto   a  porre  riparo  ai  vuoti  legislativi

discendenti  da  una  previsione  testuale  anziche’  virtuale  delle

ipotesi   di   equo   indennizzo:  si  ricorda  infatti  la  sentenza

n. 109/1999   della   Consulta,  che  –  a  proposito  della  mancata

previsione  del  diritto all’indennizzo per la detenzione conseguente

ad arresto in flagranza o fermo – ha evidenziato come, in una materia

che  non  tollera  franchigie temporali a favore di alcuna autorita’,

tale   ipotesi   e’  trattata  dal  legislatore,  ai  fini  dell’equa

riparazione,  come se fosse un provvedimento che non lede la liberta’

personale,   ma  un  simile  trattamento  contrasta  con  la  legge di

delegazione  n. 81  del 16 febbraio 1987, nella quale e’ ben presente

l’esigenza  che  tutte  le  offese  arrecate  alla liberta’ personale

mediante  ingiusta detenzione siano riparate, indipendentemente dalla

durata  di  questa  e  quale  che  sia  l’autorita’  dalla  quale  la

restrizione  provenga.  L’indirizzo impartito al Governo al punto 100

dell’art. 2,  comma  l,  di  tale  legge  e’  infatti  nel  senso  di

introdurre, accanto alla riparazione dell’errore giudiziario, vale, a

dire  del giudicato erroneo, gia’ oggetto della disciplina del codice

previgente,  anche  la riparazione per la «ingiusta detenzione» senza

distinguere  tra  i  fattori  genetici di essa: cio’ che rende palese

l’intento del legislatore delegante che non venissero a determinarsi,

su  questo  piano,  differenze  che sarebbero risultate difficilmente

giustificabili.

    Tale  rilievo, relativo ai fattori genetici della detenzione, non

puo’  non  ritenersi  ugualmente  valido  in relazione alle modalita’

dell’accertamento  dell’ingiustizia  della  detenzione,  potendo  non

parificarsi  all’accertamento  con  provvedimento  reso nei confronti

dell’interessato  l’ipotesi in cui l’accertamento non sia diretto, ma

derivato,  per   causa  non  imputabile  al  soggetto che ha patito la

restrizione.