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Friday 17 December 2004

Questione di costituzionalità inammissibile: il crocifisso resta al suo posto in aula ORDINANZA della Corte costituzionale N.389 dell’ ANNO 2004

Questione di costituzionalità inammissibile: il crocifisso
resta al suo posto in aula

ORDINANZA della Corte costituzionale
N.389 dell’ANNO 2004

LA CORTE
COSTITUZIONALE

composta dai signori:

– Valerio ONIDA Presidente

– Carlo MEZZANOTTE Giudice

– Fernanda CONTRI "

– Guido NEPPI MODONA "

– Piero Alberto CAPOTOSTI "

– Annibale MARINI "

– Franco BILE "

– Giovanni Maria FLICK "

– Francesco AMIRANTE "

– Ugo DE SIERVO "

– Romano VACCARELLA "

– Paolo MADDALENA "

– Alfio FINOCCHIARO "

– Alfonso QUARANTA
"

– Franco GALLO "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità
costituzionale degli artt. 159 e 190 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n.
297 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia
di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e
grado), come specificati, rispettivamente, dall’art. 119 (e allegata tabella C)
del regio decreto 26 aprile 1928, n. 1297 (Approvazione del regolamento
generale sui servizi dell’istruzione elementare), e dall’art. 118 del regio
decreto 30 aprile 1924, n. 965 (Ordinamento interno delle Giunte e dei Regi
istituti di istruzione media), e dell’art. 676 del predetto decreto legislativo
n. 297 del 1994, promosso con ordinanza del 14 gennaio 2004 dal TAR per il
Veneto sul ricorso proposto da Soile Lautsi in proprio e nella qualità di esercente la potestà genitoriale contro il Ministero dell’istruzione,
dell’università e della ricerca, iscritta al n. 433 del registro ordinanze 2004
e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, edizione straordinaria,
del 3 giugno 2004.

Visti l’atto di costituzione di Soile Lautsi nonché
gli atti di intervento di Paolo Bonato ed altro e del
Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 26 ottobre
2004 il Giudice relatore Valerio Onida;

uditi l’avvocato Massimo Luciani per Soile Lautsi, l’avvocato Franco Gaetano Scoca
per Paolo Bonato ed altro e l’avvocato dello Stato
Antonio Palatiello per il Presidente del Consiglio
dei ministri.

Ritenuto che, con ordinanza emessa il
14 gennaio 2004, pervenuta a questa Corte il 20 aprile 2004, il Tribunale
amministrativo regionale per il Veneto, nel corso di un giudizio per
l’impugnazione di una deliberazione del consiglio di istituto
di una scuola, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in
riferimento al principio di laicità dello Stato, e, "comunque", agli
artt. 2, 3, 7, 8, 19 e 20 della Costituzione, degli artt. 159 e 190 del decreto
legislativo 16 aprile 1994, n. 297 (Approvazione del testo unico delle
disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione,
relative alle scuole di ogni ordine e grado), "come specificati",
rispettivamente, dall’art. 119 (e tabella C allegata) del regio decreto 26
aprile 1928, n. 1297 (Approvazione del regolamento generale sui servizi
dell’istruzione elementare), e dall’art. 118 del r.d. 30 aprile 1924, n. 965
(Ordinamento interno delle Giunte e dei Regi istituti di istruzione media),
"nella parte in cui includono il Crocifisso tra gli arredi delle aule scolastiche",
nonché dell’art. 676 del medesimo d.lgs. n. 297 del
1994 "nella parte in cui conferma la vigenza delle disposizioni" di
cui ai predetti art. 119 (e tabella C allegata) del r.d. n. 1297
del 1928 e art. 118 del r.d. n. 965 del 1924;

che l’impugnato art. 159 del d.lgs. n. 297 del 1994 stabilisce fra l’altro, al comma 1,
che "spetta ai Comuni provvedere (…) alle spese necessarie per l’acquisto,
la manutenzione, il rinnovamento (…) degli arredi scolastici" nelle scuole
elementari, mentre l’art. 119 del r.d. n. 1297 del 1928 stabilisce che
"gli arredi, il materiale didattico delle varie classi e la dotazione
della scuola sono indicati nella tabella C allegata", la quale,
nell’elencare gli arredi e il materiale occorrente nelle varie classi, include
al n. 1, per ogni classe, il Crocifisso;

che, a sua volta, l’impugnato art. 190
del d.lgs. n. 297 del 1994 stabilisce fra l’altro, al
comma 1, che "i Comuni sono tenuti a fornire (…) l’arredamento" dei
locali delle scuole medie, mentre l’art. 118 del r.d. n. 965 del 1924 recita
che "ogni istituto ha la bandiera nazionale; ogni aula, l’immagine del Crocifisso e il ritratto del Re";

che l’impugnato art. 676 del d.lgs. n. 297 del 1994 stabilisce che le disposizioni non inserite nel testo unico "restano ferme ad eccezione
delle disposizioni contrarie od incompatibili con il testo unico stesso, che
sono abrogate";

che il Tribunale remittente
premette che le disposizioni citate del r.d. n. 1297 del 1928 e del r.d. n. 965 del 1924 costituirebbero adeguato fondamento giuridico del
provvedimento impugnato nel giudizio a quo; sarebbero tuttora in vigore in
quanto non abrogate per incompatibilità dalle disposizioni dei Patti Lateranensi cui si è data esecuzione con la legge 27 maggio
1929, n. 810, né da quelle dell’Accordo di modifica di detti Patti reso
esecutivo con la legge 25 marzo 1985, n. 121; non sarebbero incompatibili
infine con il testo unico approvato con il d.lgs. n.
297 del 1994, né sarebbero state abrogate per nuova disciplina dell’intera
materia in quanto l’impugnato art. 676 del testo unico medesimo dispone che
restino salve le norme preesistenti non inserite in esso
e non incompatibili con le disposizioni del medesimo testo unico; che dette
disposizioni sarebbero destinate ad introdurre norme attuative di dettaglio
rispetto ad atti legislativi, e cioè, rispettivamente, il r.d. 5 febbraio 1928,
n. 577, al cui art. 55 corrisponde oggi l’art. 159, comma 1, del d.lgs. n. 297 del 1994, e il r.d. 6
maggio 1923, n. 1054, al cui art. 103 corrisponde oggi l’art. 190 del d.lgs. n. 297 del 1994;

che il giudice a quo si pone il problema
della costituzionalità delle disposizioni regolamentari citate, da cui
discenderebbe l’obbligo di esposizione del Crocifisso nelle aule scolastiche, e
ritiene che queste, pur non potendo essere oggetto diretto di controllo di
costituzionalità, dato il loro rango regolamentare, sarebbero invece
suscettibili di controllo indiretto, in quanto specificano e integrano i
disposti legislativi impugnati degli artt. 159 e 190 del d.lgs.
n. 297 del 1994, il cui art. 676
a sua volta costituirebbe una norma primaria
"attraverso la quale l’obbligo di esposizione del
Crocifisso conserva vigenza nell’ordinamento positivo";

che, in punto di non manifesta
infondatezza della questione, il Tribunale remittente
sostiene che il Crocifisso è essenzialmente un simbolo religioso cristiano, di
univoco significato confessionale; e che l’imposizione della sua affissione
nelle aule scolastiche non sarebbe compatibile con il principio supremo di
laicità dello Stato, desunto da questa Corte dagli artt. 2, 3, 7, 8, 19 e 20
della Costituzione, e con la conseguente posizione di equidistanza
e di imparzialità fra le diverse confessioni che lo Stato deve mantenere; e che
la presenza del Crocifisso, che verrebbe obbligatoriamente imposta ad alunni,
genitori e insegnanti, delineerebbe una disciplina di favore per la religione
cristiana rispetto alle altre confessioni, attribuendo ad essa una
ingiustificata posizione di privilegio;

che si è costituita la parte privata ricorrente
nel giudizio a quo, concludendo per l’accoglimento della questione;

che, secondo la parte, l’obbligatoria
esposizione del Crocifisso nelle aule violerebbe il dovere di equidistanza
dello Stato rispetto alle varie confessioni e contraddirebbe l’esigenza di uno
"spazio pubblico neutrale" in cui non potrebbe trovare posto un
simbolo religioso; non si potrebbe attribuire al Crocifisso il carattere di un
simbolo genericamente civile e culturale, essendo innegabile la sua valenza
religiosa, e mancando del resto ogni base costituzionale per poter fare del
Crocifisso un simbolo dell’unità della nazione al pari della bandiera; non
sarebbe praticabile, infine, nemmeno una soluzione che postuli la permanenza
dell’esposizione del Crocifisso salvo che qualcuno degli alunni ritenga di
esserne leso nella propria libertà religiosa, poiché sarebbe violato comunque
il principio oggettivo di laicità, né si potrebbe costringere il singolo a
opporsi apertamente alla eventuale volontà maggioritaria del gruppo sociale di
appartenenza;

che sono intervenuti altresì, con unico
atto, il sig. Paolo Bonato, in proprio e quale
genitore di un’alunna della stessa scuola, e il sig. Linicio
Bano, in qualità di presidente dell’associazione
italiana genitori di Padova, concludendo per la inammissibilità e comunque per
la infondatezza della questione;

che gli intervenienti,
affermata la propria legittimazione ad essere presenti nel giudizio in quanto controinteressati nel giudizio a quo, pur se non evocati in
esso, nonché in quanto titolari di un interesse direttamente
inerente al rapporto sostanziale dedotto nel giudizio medesimo, negano che
l’esposizione del Crocifisso nelle aule leda il principio di laicità, il quale
non implicherebbe indifferenza dello Stato rispetto alle religioni, e non
impedirebbe l’esposizione di un simbolo che rappresenta una parte integrante
dell’identità culturale e storica del popolo italiano;

che è intervenuto il Presidente del
Consiglio dei ministri, concludendo per l’inammissibilità e comunque per
l’infondatezza della questione; che l’Avvocatura erariale eccepisce anzitutto
il difetto di rilevanza della questione, in quanto, alternativamente, il
giudizio davanti al TAR non sarebbe stato proponibile per difetto di
contraddittorio e di legittimazione del ricorrente, ovvero il TAR sarebbe
carente di giurisdizione;

che, nel merito, la difesa del
Presidente del Consiglio sostiene che le norme legislative impugnate e le norme
regolamentari richiamate dal remittente non
stabiliscono alcun obbligo di esposizione del Crocifisso, e che, in assenza di
un obbligo legale di esposizione, il problema sarebbe quello di verificare se
le norme costituzionali consentano l’esposizione di quel simbolo del
cattolicesimo: esposizione che non sarebbe in contrasto con la laicità dello
Stato e sarebbe coerente sia con l’art. 7 della Costituzione, sia con il
riconoscimento, contenuto nell’art. 9 dell’accordo di revisione del concordato
reso esecutivo con la legge n. 121 del 1985, secondo cui i principi del
cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano;

che nella memoria presentata in vista
dell’udienza l’Avvocatura erariale argomenta nel senso della legittimità
costituzionale della presenza del Crocifisso nelle aule, quale "evenienza
naturale" nell’ordinario svolgimento della vita scolastica: il Crocifisso
sarebbe bensì anche un simbolo religioso, ma sarebbe "il vessillo della
Chiesa cattolica, unico alleato di diritto internazionale" dello Stato
nominato dalla Costituzione all’art. 7, e dunque sarebbe da considerarsi alla
stregua di un simbolo dello Stato di cui non si potrebbe vietare l’esposizione,
al pari della bandiera e del ritratto del Capo dello Stato.

Considerato che l’intervento spiegato
nel giudizio è stato ammesso dalla Corte con ordinanza pronunciata in udienza,
in quanto la posizione sostanziale fatta valere dal sig. Paolo Bonato, in proprio e in qualità di genitore di un’alunna, è
qualificata in rapporto alla questione oggetto del giudizio di
costituzionalità, dovendosi in questa sede precisare che la legittimazione ad
intervenire non si estende all’altro firmatario dell’unico atto di intervento, sig. Linicio Bano, in quanto presidente dell’associazione italiana
genitori di Padova;

che il remittente
impugna gli articoli 159 e 190 del d.lgs. 16 aprile
1994, n. 297, sul presupposto che essi, "come specificati",
rispettivamente, dall’art. 119 (e allegata tabella C) del r.d. 26 aprile 1928,
n. 1297, e dall’art. 118 del r.d. 30 aprile 1924, n. 965, forniscano fondamento
legislativo ad un obbligo – contestato dal ricorrente per contrasto con il
principio di laicità dello Stato – di esposizione del Crocifisso in ogni aula
scolastica delle scuole elementari e medie; e impugna altresì l’art. 676 del
medesimo d.lgs. n. 297 del 1994 sul presupposto che a
tale disposizione – che sancisce l’abrogazione delle sole disposizioni non
incluse nel testo unico che risultino incompatibili
con esso – debba farsi risalire la permanente vigenza delle due norme
regolamentari citate, dopo l’emanazione dello stesso testo unico;

che tali presupposti sono però erronei;

che, infatti, gli articoli 159 e 190 del
testo unico si limitano a disporre l’obbligo a carico dei Comuni di fornire gli
arredi scolastici, rispettivamente per le scuole elementari e per quelle medie,
attenendo dunque il loro oggetto e il loro contenuto solo all’onere della spesa
per gli arredi;

che, pertanto, non sussiste fra le due
menzionate disposizioni legislative, da un lato, e le disposizioni
regolamentari richiamate dal remittente, dall’altro
lato, quel rapporto di integrazione e specificazione, ai fini dell’oggetto del
quesito di costituzionalità proposto, che avrebbe consentito, a suo giudizio,
l’impugnazione delle disposizioni legislative "come specificate"
dalle norme regolamentari;

che, a differenza di quanto rilevato da
questa Corte nelle sentenze n. 1104 del 1988 e n. 456 del 1994 (richiamate dal remittente) a proposito dell’ammissibilità di censure mosse
nei confronti di disposizioni legislative come specificate da norme
regolamentari previgenti, fatte salve dalla legge
fino all’emanazione di nuovi regolamenti, nella specie il precetto che il remittente ricava dalle norme regolamentari non si desume
nemmeno in via di principio dalle disposizioni impugnate degli artt. 159 e 190
del testo unico;

che, infatti, per quanto riguarda la
tabella C allegata al r.d. n. 1297 del 1928, e richiamata nell’art. 119 dello
stesso, essa contiene soltanto elenchi di arredi
previsti per le varie classi, elenchi peraltro in parte non attuali e superati,
come ha riconosciuto la stessa amministrazione;

che l’assenza del preteso rapporto di
specificazione è ancor più evidente per quanto riguarda l’art. 118 del r.d. n.
965 del 1924, che si riferisce bensì alla presenza nelle aule del Crocifisso e del ritratto del Re, ma non si occupa
dell’arredamento delle aule, e dunque non può trovare fondamento legislativo
nella – né costituire specificazione della – disposizione censurata dell’art.
190 del testo unico, volta anch’essa, come si è detto, a disciplinare solo
l’onere finanziario per la fornitura di tale arredamento;

che, per quanto riguarda l’art. 676 del d.lgs. n. 297 del 1994, non può ricondursi ad esso l’affermata perdurante vigenza delle norme
regolamentari richiamate, poiché la eventuale salvezza, ivi prevista, di norme
non incluse nel testo unico, e non incompatibili con esso, può concernere solo
disposizioni legislative, e non disposizioni regolamentari, essendo solo le
prime riunite e coordinate nel testo unico medesimo, in conformità alla delega
di cui all’art. 1 della legge 10 aprile 1991, n. 121, come sostituito dall’art.
1 della legge 26 aprile 1993, n. 126;

che l’impugnazione delle indicate
disposizioni del testo unico si appalesa dunque il frutto di un improprio
trasferimento su disposizioni di rango legislativo di una questione di
legittimità concernente le norme regolamentari richiamate: norme prive di forza
di legge, sulle quali non può essere invocato un sindacato di legittimità
costituzionale, né, conseguentemente, un intervento interpretativo di questa
Corte;

che, pertanto, la questione proposta è,
sotto ogni profilo, manifestamente inammissibile.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della
questione di legittimità costituzionale degli artt. 159 e 190 del d.lgs. 16 aprile 1994, n. 297 (Approvazione del testo unico
delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione,
relative alle scuole di ogni ordine e grado), come specificati,
rispettivamente, dall’art. 119 (e allegata tabella C) del r.d. 26 aprile 1928,
n. 1297 (Approvazione del regolamento generale sui servizi dell’istruzione
elementare), e dall’art. 118 del r.d. 30 aprile 1924, n. 965 (Ordinamento
interno delle Giunte e dei Regi istituti di istruzione media), e dell’art. 676
del predetto d.lgs. n. 297 del 1994, sollevata, in riferimento al principio di laicità dello Stato e,
comunque, agli artt. 2, 3, 7, 8, 19 e 20 della Costituzione,
dal Tribunale amministrativo regionale per il Veneto con l’ordinanza in
epigrafe.

Così deciso in
Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13
dicembre 2004.

F.to:

Valerio ONIDA, Presidente e Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 15
dicembre 2004.

Il Direttore della Cancelleria

F.to: DI PAOLA

Allegato

ordinanza letta all’udienza del 26 ottobre
2004

ORDINANZA

Visto l’intervento
spiegato in giudizio, in termini, dal Sig. Paolo Bonato e dal Sig. Linicio Bano;

considerato che la posizione sostanziale fatta
valere nel presente giudizio dal Sig. Paolo Bonato in proprio e quale genitore dalla minore Laura Bonato appare qualificata in rapporto alla questione
oggetto del giudizio di costituzionalità.

per questi motivi

ammette l’intervento di cui in premessa.

F.to: Valerio ONIDA, Presidente