Penale
Processo. Per la Corte Costituzionale non è irragionevole, data la sua particolare natura, che il rito abbreviato non possa essere richiesto dal difensore dell’ imputato irreperibile. ORDINANZA 13 Gennaio 2005 – 28 Gennaio 2005, n. 57
Processo. Per la
Corte Costituzionale non è irragionevole, data la sua particolare
natura, che il rito abbreviato non possa essere
richiesto dal difensore dell’imputato irreperibile.
ORDINANZA 13 Gennaio
2005 – 28 Gennaio 2005, n. 57
Giudizio di legittimita’
costituzionale in via incidentale. Processo penale – Giudizio
abbreviato – Richiesta da parte del difensore dell’imputato irreperibile non
munito di procura speciale – Mancata previsione – Denunciata discriminazione
tra imputato irreperibile e imputato non irreperibile, compressione della
difesa tecnica – Questione sollevata da rimettente che ha gia’
fatto applicazione della disposizione censurata – Manifesta inammissibilita’. – Cod. proc. pen.,
art. 438, commi 3 e 5. – Costituzione, artt. 3 e 24. Processo penale – Giudizio
abbreviato – Richiesta da parte del difensore dell’imputato irreperibile non
munito di procura speciale – Mancata previsione – Denunciata disparita’ di trattamento tra l’imputato presente o che ha
rilasciato procura speciale e quello irreperibile,
violazione del diritto di difesa dell’imputato irreperibile, lesione del
principio del giusto processo con riferimento alla preparazione della difesa –
Manifesta infondatezza della questione. – Cod. proc. pen.,
art. 438, comma 3. – Costituzione, artt. 3, 24 e 111. (GU n. 5 del 2-2-2005 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Valerio ONIDA;
Giudici: Fernanda CONTRI,
Guido NEPPI MODONA,
Piero Alberto
CAPOTOSTI, Annibale MARINI,
Franco BILE, Giovanni
Maria FLICK,
Francesco AMIRANTE, Ugo
DE SIERVO, Romano
VACCARELLA, Paolo
MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso
QUARANTA, Franco GALLO;
ha pronunciato la seguente
Ordinanza
nei
giudizi di legittimita’
costituzionale dell’art. 438, commi 3 e
5, del
codice di procedura penale, promossi, nell’ambito di diversi
procedimenti
penali, dal giudice
dell’udienza preliminare del
Tribunale di
Milano con ordinanza del 21 marzo 2003 e dal Tribunale
di
Pistoia con cinque ordinanze del
26 maggio 2003, rispettivamente
iscritte
ai numeri 487 e da 668 a 672 del
registro ordinanze 2003 e
pubblicate
nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 32 e n. 36,
1ª serie speciale, dell’anno 2003.
Visti gli atti
di intervento del Presidente del
Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 15 dicembre 2004 il
giudice
relatore Guido Neppi
Modona.
Ritenuto che il giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di
Milano ha
sollevato su eccezione della
difesa, in riferimento agli
artt. 3, 24
e 111 della
Costituzione, questione di legittimita’
costituzionale
dell’art. 438, comma 3,
del codice di
procedura
penale,
nella parte in cui non prevede che la facolta’
di richiedere
il giudizio
abbreviato possa essere
esercitata anche dal difensore
dell’imputato irreperibile non munito di
procura speciale;
che, quanto
alla rilevanza della questione, il rimettente
afferma
che l’avere escluso la facolta’ del difensore non munito di
procura
speciale di chiedere
il giudizio abbreviato
impedisce
all’imputato, in
caso di condanna, di beneficiare della diminuzione
di pena di cui all’art. 442, comma 2,
cod. proc. pen.;
che, in ordine alla non manifesta infondatezza, il
giudice a
quo
conduce un esame
preliminare dell’istituto del
giudizio
abbreviato
e delle modifiche
introdotte, anche a
seguito delle
sentenze
della Corte costituzionale, dalla legge 16 dicembre 1999,
n. 479, che a suo avviso avrebbero
accentuato sia «le caratteristiche
di
giudizio di cognizione
piena» sia le
differenze rispetto al
patteggiamento,
che richiede anch’esso che l’imputato manifesti la
propria volonta’
personalmente, ovvero tramite il difensore munito di
procura speciale;
che, in
particolare, originariamente il rito abbreviato era
concepito
come giudizio allo
stato degli atti, instaurabile
solo
previo consenso del pubblico ministero e
senza alcuna possibilita’ di
integrazione
della prova, e la
scelta del rito comportava quindi
rinuncia del diritto alla prova e al
contraddittorio;
che pertanto,
investendo tale scelta diritti personalissimi e
indisponibili,
era piu’ che giustificato che la volonta’ di accedere
al rito speciale fosse espressa
personalmente dall’imputato o a mezzo
di procuratore speciale;
che, ad
avviso del rimettente,
la situazione sarebbe
profondamente
mutata a seguito della legge n. 479 del 1999, atteso
che
l’odierna disciplina del
giudizio abbreviato da un lato non
prevede
piu’,
come condizione necessaria per
l’accesso al rito, il
consenso
del pubblico ministero e, dall’altro, consente all’imputato
di
subordinare la richiesta a una integrazione probatoria necessaria
ai
fini della decisione e al giudice di assumere, anche
d’ufficio,
gli
elementi necessari quando
ritiene di non poter decidere allo
stato degli atti;
che in
questo mutato quadro normativo, e alla luce dei piu’
ampi
margini assegnati alla difesa, come risulta dal titolo VI-bis
del
libro V del codice di procedura penale, inserito
dalla legge 7
dicembre
2000, n. 397, non sarebbe piu’ giustificata una disciplina
che riserva solo all’imputato,
personalmente o a mezzo di procuratore
speciale, la scelta di accedere al rito
abbreviato;
che, ad avviso del giudice a quo, la norma
censurata si pone
in
contrasto con l’art. 3 Cost., per
disparita’ di trattamento tra
l’imputato presente
ovvero che ha
rilasciato procura speciale e
l’imputato contumace, irreperibile o latitante; con
l’art. 24 Cost.,
per
violazione del diritto
di difesa dell’imputato
irreperibile,
contumace
o latitante; con
l’art. 111 Cost., per violazione del
principio del contraddittorio;
che, sotto quest’ultimo
profilo, il rimettente sostiene in
particolare
che l’art. 111, terzo comma, Cost. non e’ altro che «una
specificazione
del piu’ generale diritto di difesa» e che
precludere
l’accesso al
rito ad iniziativa del difensore non munito di procura
speciale «equivarrebbe
a frustrare proprio
la preparazione della
difesa
nel senso precisato
dal disposto di
cui al comma terzo
dell’art. 111 Cost.»;
che il
giudice a quo sottolinea che tutte le considerazioni
che
precedono riguardano indistintamente l’imputato
contumace,
irreperibile
o latitante, ma
«accentuano la loro
rilevanza nei
confronti dell’imputato irreperibile» in
quanto la irreperibilita’ e’
«una situazione di
fatto che puo’ anche
essere involontaria e
incolpevole»,
mentre «sia la situazione di latitanza che quella di
contumacia
in qualche modo
presuppongono la volonta’ e comunque
l’inerzia difensiva dell’imputato»;
che nel
giudizio e’ intervenuto il Presidente del Consiglio
dei
ministri, rappresentato e difeso
dall’Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo che la questione sia
dichiarata infondata;
che ad
avviso dell’Avvocatura la scelta del rito abbreviato
comporta
l’esercizio di diritti
personalissimi che non
possono
rientrare
nei limiti dell’ordinario mandato
difensivo in quanto
determinano l’utilizzabilita’,
ai fini della decisione, del materiale
probatorio
acquisito nel corso
delle indagini e
la rinuncia
all’assunzione delle prove e al
contraddittorio;
che con
cinque ordinanze di identico tenore il Tribunale di
Pistoia ha
sollevato su eccezione della difesa, in riferimento agli
artt. 3 e 24 Cost., analoghe questioni di legittimita’
costituzionale
dell’art. 438, commi
3 e 5, cod. proc. pen., nella parte in cui non
prevede
che la facolta’ di
richiedere il giudizio abbreviato possa
essere
esercitata anche dal difensore dell’imputato irreperibile non
munito di procura speciale;
che il rimettente premette che la richiesta del
difensore di
procedere
con il rito
abbreviato era stata rigettata «in quanto
l’imputato, dichiarato irreperibile, non
poteva esprimere
personalmente tale volonta’
e il difensore era privo della necessaria
procura speciale»;
che nel merito il giudice a quo sostiene che la
richiesta di
procedere con il rito abbreviato deve
considerarsi «espressione della
difesa
tecnica anziche’ di
un diritto personale dell’imputato»,
soprattutto alla luce delle profonde modifiche
apportate all’istituto
dalla
legge n. 479 del
1999, con particolare
riferimento alla
eliminazione
del consenso del
pubblico ministero, e al definitivo
superamento
del modello di giudizio allo stato degli atti, essendo
ora possibile un’integrazione
probatoria;
che ad avviso del rimettente la disciplina
censurata si pone
pertanto
in contrasto con l’art. 3 Cost. per la «discriminazione che
si
determina tra l’imputato irreperibile (che non ha la possibilita’
di
chiedere personalmente il rito
abbreviato o di conferire procura
speciale
al difensore) e
la posizione dell’imputato non
irreperibile»,
nonche’ con l’art. 24 Cost. per la
compressione della
difesa tecnica;
che nei
giudizi e’ intervenuto il
Presidente del Consiglio
dei
ministri, rappresentato e difeso
dall’Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo che la
questione sia dichiarata infondata essendo
analoga
a quella sollevata dal giudice
dell’udienza preliminare del
Tribunale di Milano, recante il
numero 487 del registro ordinanze del
2003, al cui atto di
intervento si riporta.
Considerato che il giudice dell’udienza preliminare del Tribunale
di
Milano e il
Tribunale di Pistoia
(quest’ultimo
con cinque
ordinanze di identico contenuto) hanno
sollevato, in riferimento agli
artt. 3, 24 e 111 della Costituzione (parametro
quest’ultimo evocato
solo
dal giudice dell’udienza
preliminare del Tribunale di Milano),
questioni
di legittimita’ costituzionale dell’art. 438,
commi 3 e 5,
del
codice di procedura
penale (il comma 5 e’ richiamato solo dal
Tribunale di Pistoia), nella parte in
cui non prevede che la facolta’
di
richiedere il giudizio abbreviato possa essere esercitata
anche
dal
difensore dell’imputato irreperibile
non munito di
procura
speciale;
che, avendo
tutte le ordinanze
per oggetto le medesime
questioni, deve essere disposta la riunione
dei relativi giudizi;
che il
Tribunale di Pistoia precisa in tutte le ordinanze che
la
richiesta di giudizio abbreviato e’ stata respinta in
quanto il
difensore dell’imputato irreperibile era privo
della procura speciale
prevista dall’art. 438, comma 3, cod. proc. pen.;
che le
questioni devono pertanto
essere dichiarate
manifestamente
inammissibili per difetto
di rilevanza, avendo il
rimettente
gia’ fatto applicazione della disposizione
censurata (v.,
tra
le tante, ordinanze numeri 213 del 2004, 215 del 2003,
264 del
2002);
che il
giudice dell’udienza preliminare
del Tribunale di
Milano rileva
che la scelta di riservare la richiesta di giudizio
abbreviato solo all’imputato o ad un suo
procuratore speciale trovava
originariamente
giustificazione nella peculiare disciplina di questo
rito
alternativo, caratterizzato
dall’essere un giudizio allo stato
degli
atti, che comportava
la rinuncia al diritto alla prova e al
contraddittorio;
che, a seguito
delle profonde modifiche apportate dalla legge
16 dicembre 1999,
n. 479 – per
l’accesso al rito
non e’ piu’
richiesto
il consenso del
pubblico ministero, all’imputato
e’
riconosciuta
la facolta’ di
condizionare la richiesta
ad una
integrazione
probatoria, il giudice ha il
potere di assumere, anche
d’ufficio, gli
elementi necessari ai
fini della decisione – il
rimettente
ritiene che la disciplina censurata si ponga in contrasto
con
l’art. 3 Cost. per disparita’ di trattamento tra l’imputato
presente,
o che ha
rilasciato procura speciale,
e quello
irreperibile;
con l’art. 24 Cost.
per violazione del diritto di
difesa
dell’imputato irreperibile; con
l’art. 111 Cost. perche’
l’avere
escluso la facolta’ del difensore di
presentare la richiesta
«equivarrebbe a
frustrare proprio la preparazione
della difesa nel
senso
precisato dal disposto
di cui al comma terzo dell’art.
111
Cost.»;
che, in via
generale, va rilevato che la richiesta del rito
abbreviato
– giudizio che
consente di definire
il procedimento
utilizzando
come prova il
risultato della attivita’ di
indagine
compiuta
unilateralmente dalle parti
– rientra tra gli atti cosi’
detti
personalissimi, che il
legislatore ha riservato
in via
esclusiva
all’imputato, in quanto determina
effetti particolarmente
incisivi
sulla sfera giuridica
del soggetto, sia
sul terreno
sostanziale che su quello processuale;
che tale
scelta e’ stata operata dal
legislatore anche con
riferimento
a situazioni affini
a quella oggetto della presente
questione
di costituzionalita’, quali l’applicazione della pena su
richiesta
(art. 446 cod. proc. pen.) e
la rinuncia all’udienza
preliminare
(art. 419, comma 5,
cod. proc. pen.), nonche’ in
relazione
ad altre iniziative processuali
che parimenti determinano
effetti particolarmente incisivi per il
richiedente (v. artt. 38, 46,
315, 589, 625-bis, 645 cod. proc. pen.);
che questa
Corte, chiamata a
pronunciarsi sull’art. 446,
comma
3, cod. proc. pen., nella
parte in cui
non consente al
difensore
dell’imputato irreperibile non
munito di procura speciale
di
presentare richiesta di
applicazione della pena, ha ritenuto
infondate
le censure di illegittimita’
costituzionale in relazione
agli
artt. 3 e 24 Cost.,
affermando che «si tratta di un istituto la
cui scelta determina una non reversibile
disposizione di fondamentali
diritti»,
e che la
concorrente attribuzione al
difensore della
richiesta
di patteggiamento potrebbe
determinare scelte tali da
compromettere irrimediabilmente la posizione
dell’imputato;
che analoghe
considerazioni valgono per la disciplina del
giudizio
abbreviato, che allo
stesso modo prevede che la volonta’
dell’imputato di richiedere il rito sia espressa
personalmente o per
mezzo
di procuratore speciale,
posto che anche in tale ipotesi la
scelta
determina una non
reversibile disposizione di
diritti
fondamentali;
che in particolare, anche dopo le modifiche
introdotte dalla
legge
n. 479 del 1999, carattere essenziale di tale rito continua ad
essere
l’utilizzazione probatoria degli atti assunti unilateralmente
nel corso delle indagini preliminari (v.
sentenza n. 115 del 2001);
che in quest’ottica
non e’ senza
rilievo che anche
all’eventuale integrazione probatoria,
chiesta dall’imputato o
disposta
d’ufficio dal giudice,
debba procedersi con
le forme
previste
dall’art. 422, commi 2, 3 e 4,
cod. proc. pen.,
e non alla
stregua
delle regole dettate per il dibattimento, sicche’
l’imputato
rinuncia
comunque alla garanzia
della formazione della prova in
contraddittorio;
che la
richiesta di giudizio
abbreviato puo’ inoltre
comportare
la rinuncia ad essere giudicato dall’organo collegiale, e
di
regola implica la
sottoposizione al giudizio
del giudice
dell’udienza preliminare;
che il
rito abbreviato continua
percio’
a costituire un
modello
alternativo al dibattimento
che, da un
lato, si fonda
sull’intero materiale
raccolto nel corso delle indagini preliminari
e,
dall’altro, consente una
limitata acquisizione di
elementi
meramente
integrativi, si da mantenere la
configurazione di rito «a
prova contratta» (v. ordinanza n. 182 del
2001);
che i
caratteri di fondo del giudizio abbreviato non sono
contraddetti
dalla maggiore incidenza
riservata alle investigazioni
difensive
dalla legge 7 dicembre 2000, n.
397, in quanto anche tali
atti
possono essere utilizzati nel
corso del giudizio abbreviato al
pari
degli atti raccolti
dal pubblico ministero nel corso delle
indagini preliminari;
che non
e’ pertanto privo
di ragionevolezza che il
legislatore, nel modificare l’istituto del
giudizio abbreviato, abbia
mantenuto
la precedente disciplina
secondo cui l’imputato
deve
manifestare personalmente, ovvero a mezzo di
procuratore speciale, la
volonta’ di accedere a tale rito.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,
e 9, comma 2, delle norme integrative per i
giudizi davanti
alla Corte costituzionale
. Per questi
motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti i giudizi,
Dichiara la manifesta
inammissibilita’ delle
questioni di
legittimita’ costituzionale dell’art. 438, commi
3 e 5, del codice di
procedura
penale, sollevate, in riferimento
agli artt. 3 e 24 della
Costituzione, dal Tribunale di
Pistoia, con le ordinanze in epigrafe;
Dichiara la manifesta
infondatezza della questione
di
legittimita’
costituzionale dell’art.
438, comma 3, del codice di
procedura
penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111
della
Costituzione, dal giudice
dell’udienza preliminare del
Tribunale di Milano, con l’ordinanza
in epigrafe.
Cosi’ deciso
in Roma, nella
sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta il 13 gennaio
2005.
Il Presidente: Onida
Il redattore: Neppi Modona
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 28 gennaio 2005.
Il direttore della cancelleria:
Di Paola