Penale

Tuesday 16 December 2003

Procedimento di concessione della libertà anticipata e diritto di difesa. La Consulta promuove l’ ordinamento penitenziario. N. 352 ORDINANZA 24 novembre – 5 dicembre 2003.

Procedimento di concessione della libertà anticipata e diritto di difesa. La Consulta promuove lordinamento penitenziario

N.  352 ORDINANZA 24 novembre – 5 dicembre 2003.

  Giudizio di legittimita’ costituzionale in via incidentale. Liberazione anticipata – Concessione – Disciplina – Procedura camerale e assenza di contraddittorio tra le parti – Prospettato contrasto con il diritto di difesa – Manifesta infondatezza della questione. – Legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 69-bis. – Costituzione, art. 24, secondo comma. (GU n. 49 del 10-12-2003) 

ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di legittimita’ costituzionale dell’art. 69-bis, della

legge  26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e

sull’esecuzione  delle  misure privative e limitative della liberta),

introdotto dalla legge 19 dicembre 2002, n. 277 (Modifiche alla legge

26 luglio  1975,  n. 354,  in  materia  di  liberazione  anticipata),

promosso   con  ordinanza  del  30 gennaio  2003   dal  Magistrato  di

sorveglianza  di  Vercelli sull’istanza proposta da C.G., iscritta al

n. 246  del  registro  ordinanze  2003  e  pubblicata  nella Gazzetta

Ufficiale della Repubblica n. 19, 1ª serie speciale, dell’anno 2003.

    Visto  l’atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei

ministri;

    Udito  nella  camera  di consiglio del 15 ottobre 2003 il giudice

relatore Giovanni Maria Flick.

    Ritenuto  che  con  l’ordinanza  in  epigrafe  il  Magistrato  di

sorveglianza  di  Vercelli  ha sollevato, in riferimento all’art. 24,

secondo   comma,   della   Costituzione,  questione  di  legittimita’

costituzionale  dell’art. 69-bis  della  legge 26 luglio 1975, n. 354

(Norme  sull’ordinamento penitenziario e sull’esecuzione delle misure

privative e limitative della liberta), nella parte in cui non prevede

che  al  procedimento  di  liberazione  anticipata  si  applichino le

disposizioni regolative del procedimento di sorveglianza, di cui agli

artt. 666 e 678 del codice di procedura penale;

         che  il  giudice  a  quo  premette  di essere investito della

richiesta  di concessione della liberazione anticipata avanzata da un

detenuto  e  di dover fare quindi applicazione della nuova disciplina

dettata  al  riguardo  dal  citato art. 69-bis – aggiunto dalla legge

19 dicembre  2002,  n. 277  (Modifiche  alla  legge  26 luglio  1975,

n. 354,  in materia di liberazione anticipata) – in forza della quale

il  magistrato  di sorveglianza provvede sull’istanza «con ordinanza,

adottata in camera di consiglio senza la presenza delle parti»;

        che  ad  avviso  del  rimettente,  la  norma  impugnata – nel

prevedere  una  procedura  camerale caratterizzata dall’assenza di un

effettivo contraddittorio fra le parti – si porrebbe in contrasto con

il  principio  di  inviolabilita’  del  diritto  di  difesa,  sancito

dall’art. 24, secondo comma, Cost;

        che  la  nuova disciplina non si presterebbe, infatti, ad una

lettura  «costituzionalmente orientata», atta a ricondurla nell’alveo

delle  procedure  garantite dal contraddittorio, non essendo prevista

ne’  quella forma «minimale» di partecipazione al procedimento che in

altri  casi  si  attua  tramite  l’audizione dell’interessato; ne’ la

facolta’  di  quest’ultimo di produrre memorie difensive, contemplata

viceversa   in  via  generale  per  i  procedimenti  di  sorveglianza

dall’art. 666  cod. proc. pen. (per il richiamo fattone dall’art. 678

cod.  proc.  pen.):  omissione  che non potrebbe essere d’altra parte

emendata  in via di interpretazione estensiva, apparendo l’operazione

in contrasto con la ratio legis;

        che,   inoltre,   il  previsto  obbligo  di  comunicazione  o

notificazione  del  provvedimento  del magistrato di sorveglianza «ai

soggetti  indicati  nell’art. 127 del codice di procedura penale» non

varrebbe   ad   assicurare   all’interessato   una   difesa  tecnica,

trattandosi   di  obbligo  finalizzato  unicamente  a  consentire  la

proposizione  dell’eventuale  reclamo  al  tribunale  di sorveglianza

(sede  nella  quale  soltanto sarebbe garantita dagli artt. 666 e 678

cod. proc. pen. la difesa tecnica);

        che  ad  escludere  la  lesione  del parametro costituzionale

evocato  non varrebbe neppure il «tradizionale argomento» per cui, in

un  procedimento  scandito per fasi, il principio del contraddittorio

non  imporrebbe  che  il  diritto  di  difesa  sia assicurato in ogni

singola  fase,  essendo  sufficiente che esso sia garantito nel corso

della procedura complessivamente considerata;

        che il procedimento in esame non potrebbe essere considerato,

infatti,   ne’  un  sub-procedimento  nell’ambito  di  una  scansione

procedimentale  piu’  ampia  (essendo la fase successiva, del reclamo

davanti  al  tribunale di sorveglianza, meramente eventuale); ne’ una

fase  di tipo cautelare, in rapporto alla quale possa giustificarsi –

come  per altri istituti propriamente cautelari previsti dallo stesso

ordinamento  penitenziario – il differimento delle garanzie difensive

ad  una  fase successiva, rispetto a quella nella quale il giudice di

prima istanza decide sul provvisorio assetto del diritto azionato;

        che,  al  contrario,  il  procedimento di cui all’art. 69-bis

dell’ordinamento   penitenziario   sarebbe   «esso  stesso»  la  fase

processuale  a carattere giurisdizionale in cui si decide del diritto

azionato dall’interessato a vedersi riconosciuta la riduzione di pena

a  titolo  di  liberazione  anticipata; senza che, tuttavia, venga in

esso  assicurata  la  garanzia  defensionale  contemplata dalla Carta

costituzionale;

         che  nel  giudizio  di  costituzionalita’  e’  intervenuto il

Presidente   del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso

dall’Avvocatura  generale  dello  Stato,  il  quale ha chiesto che la

questione sia dichiarata inammissibile o infondata.

    Considerato  che  la nuova disciplina del procedimento in materia

di  liberazione  anticipata,  che  il  giudice  rimettente  assume in

contrasto  con  l’art. 24, secondo comma, Cost. – disciplina in forza

della   quale  il  magistrato  di  sorveglianza  decide  sull’istanza

dell’interessato  de  plano,  salva una fase successiva di reclamo, a

contraddittorio  pieno,  davanti  al  tribunale  di sorveglianza – e’

stata  introdotta dalla legge 19 dicembre 2002, n. 277 in risposta ad

esigenze  di snellimento procedurale fortemente sentite nella prassi,

anche  in  correlazione  all’elevato  numero  delle istanze di cui si

discute;

        che,   in   particolare,   veniva  avvertita  come  fonte  di

ingiustificato   aggravio   la   previsione  di  un  procedimento  in

contraddittorio,  in  vista dell’adozione di un provvedimento che ben

poteva  essere  (ed in larga parte dei casi era) di segno positivo e,

dunque,   consentaneo   alla   richiesta  dello  stesso  interessato:

apparendo,  di  contro, assai piu’ ragionevole che l’instaurazione di

un contraddittorio pieno fosse contemplata solo nel caso di eventuale

insoddisfazione  del  richiedente  (o  del pubblico ministero) per la

decisione assunta;

        che,  cio’  premesso, questa Corte ha peraltro reiteratamente

riconosciuto  la  piena  compatibilita’  con  il diritto di difesa di

modelli processuali a contraddittorio eventuale e differito: i quali,

cioe’,  in  ossequio  a  criteri di economia processuale e di massima

speditezza,  adottino  lo  schema della decisione de plano seguita da

una  fase  a  contraddittorio pieno, attivata dalla parte che intenda

insorgere  rispetto  al  decisum  (cfr.,  ex  plurimis,  rispetto  al

procedimento  per  decreto, ordinanze n. 8 del 2003 e n. 432 del 1998

ed i precedenti ivi richiamati);

        che  tale  conclusione  si  innesta sul consolidato principio

secondo  cui  l’esercizio  del  diritto  di difesa e’ suscettibile di

essere regolato in modo diverso, onde adattarlo alle esigenze ed alle

specifiche  caratteristiche dei singoli procedimenti: purche’ di tale

diritto  siano  assicurati lo scopo e la funzione (cfr., ex plurimis,

ordinanze  n. 8  del  2003  e  n. 203  del  2002  ed i precedenti ivi

richiamati);

        che le affermazioni di principio ora ricordate sono a maggior

ragione  riferibili al procedimento in esame, nel quale il giudice e’

chiamato  a  decidere  su una domanda proposta dalla stessa parte del

cui  diritto  di difesa si discute: particolare che rende tra l’altro

non   persuasiva   la   tesi   –  prospettata  (peraltro  in  termini

problematici)  dal  giudice a quo – secondo cui la mancata previsione

espressa della facolta’ del richiedente di produrre memorie difensive

equivarrebbe   a   diniego   della  stessa;  potendosi  ritenere,  al

contrario,  che  se  la  legge  riconosce  al condannato il potere di

richiedere  (su  base  argomentativa e documentale) l’applicazione di

una  determinata  misura, essa lo abilita con cio’ stesso (in assenza

di un’esplicita preclusione) anche a successive produzioni a sostegno

degli argomenti addotti;

        che,  d’altra  parte,  lo stesso valore del contraddittorio –

dalla  cui  compromissione  deriverebbe,  secondo  il  rimettente, il

vulnus  all’art. 24,  secondo  comma, Cost. – presuppone un contrasto

tra parti, e non gia’ tra soggetto richiedente ed organo decidente;

        che  nell’ipotesi  in  esame, dunque, piu’ che una violazione

del principio del contraddittorio, potrebbe venire semmai in rilievo,

dal  lato  del richiedente, solo un diretto sacrificio del diritto di

difesa: evenienza che, peraltro, non puo’ dirsi realizzata, posto che

il condannato, da un lato, e’ in grado di illustrare e «difendere» la

propria  domanda  di liberazione anticipata e, dall’altro, di opporsi

ad una eventuale decisione reiettiva;

        che  la  questione  va  dichiarata,  pertanto, manifestamente

infondata.

    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,

n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi

davanti alla Corte costituzionale.

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di

legittimita’  costituzionale  dell’art. 69-bis  della legge 26 luglio

1975,  n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sull’esecuzione

delle  misure  privative  e  limitative della liberta), sollevata, in

riferimento  all’art. 24,  secondo  comma,  della  Costituzione,  dal

Magistrato  di  sorveglianza  di Vercelli con l’ordinanza indicata in

epigrafe.

     Cosi’  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,

Palazzo della Consulta, il 24 novembre 2003.

                       Il Presidente: Chieppa

                         Il redattore: Flick

                       Il cancelliere:Di Paola

    Depositata in cancelleria il 5 dicembre 2003.

               Il direttore della cancelleria:Di Paola

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