Lavoro e Previdenza

Tuesday 27 March 2007

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI – DIPARTIMENTO DELLA FUNZIONE PUBBLICA – CIRCOLARE 21 dicembre 2006, n. 5 (in G.U. n. 70 del 24 marzo 2007) – Linee di indirizzo in materia di affidamento di incarichi esterni e di collaborazioni coordinate e continua

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI
MINISTRI – DIPARTIMENTO DELLA FUNZIONE PUBBLICA – CIRCOLARE 21 dicembre 2006,
n. 5 (in G.U. n. 70 del 24 marzo 2007) – Linee di indirizzo in materia di
affidamento di incarichi esterni e di collaborazioni coordinate e continuative.

Alla Presidenza del Consiglio dei
Ministri – Segretariato generale

Alle Amministrazioni dello Stato
anche ad ordinamento autonomo

Al Consiglio di Stato – Ufficio
del Segretario generale

Alla Corte dei Conti – Ufficio
del Segretario generale

All’Avvocatura generale dello
Stato – Ufficio del Segretario generale

Alle Agenzie

All’ARAN

Alla Scuola Superiore della
Pubblica Amministrazione

Agli Enti pubblici non economici
(tramite i Ministeri vigilanti)

Agli Enti pubblici (ex art. 70
del decreto legislativo n. 165/2001)

Agli Enti di ricerca (tramite il
Ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca)

Alle Istituzioni universitarie –
(tramite il Ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca)

Ai Nuclei di valutazione

Agli Organi di controllo interno

Alle sezioni regionali della
Corte dei conti

e, p.c.

Alla Conferenza dei presidenti
delle regioni

All’ANCI

All’UPI

Alla CRUI

1. Premessa: il contenimento
delle spese relative all’affidamento di collaborazioni.

Le spese relative all’affidamento
di incarichi esterni sostenute dalle pubbliche amministrazioni sono state negli ultimi anni oggetto di forte restrizioni da parte del
legislatore. Quest’ultimo non è intervenuto solo ponendo dei tetti di spesa ma
anche circoscrivendo i casi e le esigenze che possono giustificare il ricorso a
collaborazioni di carattere autonomo, le quali non rientrano nell’ambito delle
dotazioni organiche determinate in base alla programmazione triennale dei
fabbisogni di personale.

La recente direttiva del
Presidente del Consiglio dei Ministri del 6 giugno 2006, recante «Definizione
dei criteri di carattere generale per il coordinamento dell’azione
amministrativa del Governo, intesi all’efficace controllo e monitoraggio degli
andamenti di finanza pubblica per l’anno 2006», pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale del 15 giugno 2006, richiama le amministrazioni al contenimento della
spesa, con particolare riguardo a quella relativa ad incarichi di studi e di
consulenza, prevedendo, a tal fine, anche la rinegoziazione dei contratti in
essere.

La direttiva citata ribadisce la
responsabilità prioritaria nella realizzazione degli obiettivi intestata a
ciascun Dicastero, invitando ogni Ministro ad attivare sistemi semplici di
misurazione delle attività svolte, attraverso indicatori di risultato. Al
Ministero dell’economia e finanze è affidato il compito di analizzare gli
effetti delle disposizioni relative al contenimento delle spese.

Anche in ragione di tale ultimo
provvedimento, l’azione amministrativa dovrà essere improntata al più rigoroso
contenimento della spesa nel rispetto delle disposizioni di cui alla legge n.
266 del 2005, legge finanziaria per l’anno 2006. Quest’ultima, per quanto di
interesse in questa sede, ai commi 9, 173 e 187, dell’art. 1, pone dei limiti
specifici alle spese per incarichi di studio e di consulenza, nonchè ai
contratti di collaborazione coordinata e continuativa, il cui mancato rispetto
determina illecito disciplinare e responsabilità erariale.

È da sottolineare, inoltre, che
il quadro normativo relativo al ricorso alle collaborazioni è stato
recentemente modificato dal decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, come
convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, il quale,
all’art. 27, ha
ulteriormente ristretto i limiti di spesa previsti dalla legge finanziaria del
2006, all’art. 32, ha
ridefinito i presupposti giuridici necessari all’affidamento di incarichi
esterni e, all’art. 34, ha
reso più incisivo l’obbligo per le pubbliche amministrazioni di
pubblicizzare gli elenchi delle collaborazioni dalle stesse conferite.

Per quanto sopra illustrato, e
soprattutto alla luce delle novità introdotte dal legislatore, si ritiene
opportuno fornire apposite linee di indirizzo alle pubbliche amministrazioni
ed, in particolare, ai dirigenti che rivestono responsabilità in materia di
affidamento di incarichi di collaborazione, sia di tipo occasionale che
coordinata e continuativa, con l’obiettivo di informare l’attività
amministrativa ai principi di sana gestione, da perseguire anche attraverso il
corretto utilizzo di tali forme contrattuali.

2. I presupposti per il
conferimento di incarichi di collaborazione

Tra le forme di lavoro autonomo
cui la pubblica amministrazione può ricorrere vi sono le collaborazioni. La
disciplina in ambito pubblico è contenuta nell’art. 7, commi 6, 6-bis e 6-ter
del decreto legislativo n. 165 del 2001, e nell’art. 110,
comma 6, del decreto legislativo n. 267 del 2000.

Dalle fonti normative citate
trova fondamento la possibilità per le pubbliche amministrazioni di affidare
qualsiasi incarico di collaborazione, sia che si qualifichi
come incarico di studio, di ricerca o di consulenza, ovvero di tipo occasionale
o coordinato e continuativo. L’elemento fondamentale da considerare è quello
individuabile in tutte le collaborazioni, e cioè il carattere autonomo della
prestazione. Ciò sia per gli elementi caratteristici delle diverse forme
contrattuali adottate per conferire detti incarichi, che sono estranei alla
subordinazione, sia perchè, diversamente, sarebbero violate le norme
sull’accesso alla pubblica amministrazione tramite concorso pubblico, nonché i
principi di buon andamento e imparzialità sanciti dall’art. 97 della
Costituzione.

Alcune recenti disposizioni
normative sono intervenute ad affrontare il tema della legittimità dei
presupposti per il ricorso alle collaborazioni con la finalità di arginarne
l’utilizzo improprio che, peraltro, ha determinato un aumento eccessivo della
spesa pubblica.

È il caso dell’art.
1, comma 9 del decreto-legge 12 luglio 2004, n. 168 recante interventi
urgenti per il contenimento della spesa pubblica, convertito, con
modificazioni, dalla legge 30 luglio 2004, n. 191 (cosiddetto decreto
tagliaspese), dichiarato illegittimo dalla Corte costituzionale con la sentenza
n. 417 del 2005 per aver fissato dei limiti puntuali a singole voci di spesa
dei bilanci delle regioni e degli enti locali ledendo, pertanto, l’autonomia
finanziaria di spesa di tali soggetti garantita dall’art. 119 della
Costituzione.

Disposizioni ordinamentali che
rispondono alla medesima finalità perseguita dalla norma dichiarata
incostituzionale sono state successivamente previste dalla legge n. 311 del 2004. In particolare il
comma 11 dell’articolo unico dispone che «l’affidamento di incarichi di studio
o di ricerca, ovvero di consulenze a soggetti estranei all’amministrazione in
materie e per oggetti rientranti nelle competenze della struttura burocratica
dell’ente, deve essere adeguatamente motivato ed è possibile soltanto nei casi
previsti dalla legge ovvero nell’ipotesi di eventi straordinari.» Analogamente, il comma 42 ha disposto che
«l’affidamento da parte degli enti locali di incarichi di studio o di ricerca,
ovvero di consulenze a soggetti estranei all’amministrazione, deve essere
adeguatamente motivato con specifico riferimento all’assenza di strutture
organizzative o professionalità interne all’ente in grado di assicurare i
medesimi servizi, ad esclusione degli incarichi conferiti ai sensi della legge
11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni».

Dalle norme citate si evincono,
quindi, tre elementi fondamentali per il conferimento di incarichi di
collaborazioni.

Il primo è riferito ai possibili
destinatari di incarichi di collaborazione, tra i quali è incluso il personale
delle pubbliche amministrazioni, quest’ultimo per la fattispecie delle
prestazioni occasionali, purchè non dipendente dell’amministrazione conferente.
In tal caso, trova applicazione il regime di incompatibilità sancito dall’art.
53 del decreto legislativo n. 165 del 2001.

Il secondo, è quello relativo al
carattere straordinario del ricorso a tali forme contrattuali da parte delle
pubbliche amministrazioni in materie ed oggetti rientranti nelle competenze
delle stesse.

Il terzo, infine, è riconducibile
all’obbligo di motivazione, la quale dovrà illustrare non solo la straordinarietà
dell’esigenza, ma anche l’impossibilità di provvedervi con le professionalità
di cui già dispone l’ente.

Vi è poi da considerare il
decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 4, il quale, all’art. 13, ha integrato la
disciplina in tema di collaborazioni dettata dall’art. 7 del decreto
legislativo n. 165 del 2001. Tuttavia la legge di conversione del decreto-legge
ha soppresso il citato articolo.

La medesima disposizione è stata però recentemente riproposta con l’art. 32 del
decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge
4 agosto 2006, n. 248, che ha modificato l’art. 7 del decreto legislativo n.
165 del 2001, novellando il comma 6 ed inserendo i commi 6-bis e 6-ter.

Preliminarmente è necessario
evidenziare l’oggetto della nuova disposizione, la quale si riferisce a
«incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, di natura occasionale
o coordinata e continuativa». Il legislatore, quindi, ha chiarito che nei commi
6, 6-bis e 6-ter dell’art. 7 del decreto legislativo n. 165 del 2001 trovano
regolamentazione gli elementi relativi alla possibilità per le pubbliche
amministrazioni di conferire qualsiasi incarico di collaborazione di natura
autonoma, ivi compresa quella coordinata e continuativa. A tale ultimo riguardo,
per una trattazione generale sulla natura autonoma del rapporto di lavoro e sul
corretto utilizzo da parte delle pubbliche amministrazioni delle collaborazioni
coordinate e continuative si rinvia alla circolare n. 4 del 2004 di questo
Dipartimento. Inoltre sull’argomento si segnala la circolare del Ministero del
lavoro e della previdenza sociale n. 17 del 2006, la quale, seppur riguardante le collaborazioni coordinate e continuative a
progetto di cui all’art. 61 e seguenti del decreto legislativo n. 276 del 2003,
che, come noto, non trovano applicazione nell’ambito delle pubbliche
amministrazioni, illustra, in via generale, i requisiti essenziali per
rispettare il carattere di autonomia della prestazione propria di tali
tipologie contrattuali.

La nuova normativa elenca i
presupposti essenziali per il ricorso alle collaborazioni. In particolare,
riprendendo, sostanzialmente, quanto affermato dalla consolidata giurisprudenza
della Corte dei conti, viene specificato che:

a) l’oggetto della prestazione
deve corrispondere alle competenze attribuite dall’ordinamento
all’amministrazione conferente e, altresì, corrispondere ad obiettivi e
progetti specifici e determinati;

b) l’amministrazione deve avere
preliminarmente accertato l’impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse
umane disponibili al suo interno;

c) l’esigenza deve essere di
natura temporanea e richiedere prestazioni altamente
qualificate;

d) devono essere preventivamente
determinati durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione.

Ciò comporta che le
amministrazioni, nello svolgimento delle proprie competenze, potranno conferire
incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, di natura occasionale
o coordinata e continuativa, determinando durata, luogo, oggetto e compenso
della collaborazione, quando debbano soddisfare esigenze alle quali non sia
possibile fare fronte con il personale in servizio, dal punto di vista
qualitativo e non quantitativo. Pertanto, tali esigenze dovranno essere di
natura temporanea e, al contempo, richiedere l’apporto di prestazioni
professionali altamente qualificate. Si sottolinea che i soggetti a cui è possibile conferire sono dalla norma definiti come
«esperti di provata competenza», quindi attinenti a professionalità non
reperibili in ambito interno, ad esempio verificandone la presenza attraverso
la valutazione dei curricula del personale in servizio, fermo rimanendo il
rispetto della disciplina delle mansioni prevista dall’art. 52 del decreto
legislativo n. 165 del 2001.

È evidente che la reale verifica
della presenza di tutti i presupposti sopra elencati assume particolare
rilevanza ai fini dell’adempimento dell’obbligo di motivazione per il
conferimento di un incarico di collaborazione previsto dalla legge n. 311 del
2004. Tale obbligo trova giustificazione anche dalla circostanza che l’attuale
sistema normativo prevede un complesso processo di pianificazione e
programmazione per l’individuazione dei fabbisogni di personale, nonché un
insieme di strumenti per fronteggiare esigenze sia di carattere permanente che
temporanea. L’esigenza temporanea di acquisire apporti di elevata
qualificazione potrà essere fronteggiata con il conferimento di un incarico di
collaborazione solo in via straordinaria e dopo aver attentamente valutato gli
strumenti gestionali alternativi a disposizione degli amministratori pubblici.
Per una più ampia trattazione in materia di corretta
organizzazione del lavoro e gestione delle risorse umane si rinvia alla
Circolare n. 3 del 2006 di questo Dipartimento.

In ultimo è da segnalare la
novità prevista dal comma 6-bis dell’art. 7 del decreto legislativo n. 165 del
2001, relativa alla previsione che ogni amministrazione disciplini e renda pubbliche, secondo i propri ordinamenti, le procedure
comparative per il conferimento degli incarichi di collaborazione. Da una
lettura sistematica della nuova disciplina, la preventiva regolamentazione e
pubblicità delle procedure comparative costituisce adempimento essenziale per
il legittimo conferimento di incarichi di collaborazione. Ciò anche in ossequio
ai principi di buon andamento ed imparzialità
dell’amministrazione sanciti dall’art. 97 della Costituzione, da cui
discendono i principi di trasparenza e ragionevolezza che devono ispirare ogni
procedimento amministrativo. Peraltro, proprio in ragione di tali principi
generali dell’ordinamento si ritiene che la citata previsione debba essere
rispettata da tutte le amministrazioni pubbliche, ivi
compresi gli enti locali, i quali, dovranno adeguare i regolamenti di
cui all’art. 110, comma 6, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

3. Disposizioni relative ai
limiti di spesa.

Per quanto attiene i limiti di
spesa imposti dalle leggi finanziarie è necessario sottolineare che il
legislatore, nell’ambito delle possibilità riconosciute alle pubbliche
amministrazioni di dotarsi di personale dotato di elevato contenuto
professionale instaurando rapporti di lavoro di natura autonoma, ha operato una
distinzione tra quelli relativi agli incarichi occasionali, individuandoli in
incarichi di studio, ricerca e consulenza, e quelli attinenti alle
collaborazioni coordinate e continuative.

Ciò ha determinato dei problemi
applicativi delle diverse disposizioni, generando difficoltà sia in termini
finanziari che dal punto di vista della configurazione giuridica della
fattispecie.

Tale approccio, essenzialmente
finalizzato a porre specifici limiti all’utilizzo degli incarichi occasionali e
di quelli in forma coordinata e continuativa, non deve portare a qualificare
diversamente le due tipologie contrattuali per quanto riguarda i presupposti
necessari per l’affidamento delle stesse. Come già accennato, secondo la
normativa vigente sono da considerarsi incarichi di collaborazione tutte quelle
prestazioni che richiedono delle competenze altamente
qualificate da svolgere in maniera autonoma, sia quelle di natura occasionale
che coordinata e continuativa. Pertanto, soprattutto a seguito della modifica dell’art. 7, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del
2001 operata dal decreto-legge n. 233 del 2006, come convertito, la legittimità
dell’affidamento di tali incarichi è comunque determinata in base ai parametri
illustrati nel paragrafo precedente.

La distinzione presente nelle
diverse leggi finanziarie è dunque operante solo ed esclusivamente ai fini di
individuare i limiti di spesa pertinenti. Tale differenziazione, peraltro, alla
luce della normativa sopravvenuta, appare di più chiara interpretazione in
quanto comunque riconducibile alle due fondamentali tipologie di
collaborazioni, quali quelle occasionali e quelle coordinate e continuative, a
nulla rilevando il contenuto specifico della prestazione. 3.1. Limiti di spesa
per incarichi di natura occasionale.

Le leggi finanziarie degli anni
2005 e 2006 pongono dei precisi limiti di spesa agli incarichi di studio,
ricerca e consulenza, distinguendoli da quelli coordinati e continuativi.

Detta differenziazione, ad una
prima valutazione, è stata interpretata attribuendo particolare valenza al
contenuto della prestazione. Tuttavia, alla luce della nuova normativa, sembra
utile rammentare che, come anche affermato dalla Corte dei conti nell’Adunanza
delle Sezioni riunite in sede di controllo del 15 febbraio 2005, la legge
finanziaria si riferisce agli incarichi di studio, ricerca e consulenza per la
loro fondamentale caratteristica della temporaneità, ed agli incarichi di
collaborazione coordinata e continuativa per la loro fondamentale
caratteristica della continuità della prestazione e del potere di direzione
dell’amministrazione.

Da una lettura sistematica delle
norme è quindi possibile concludere che i provvedimenti finanziari, al fine di
porre specifici limiti all’utilizzo delle collaborazioni di natura autonoma, hanno operato una separazione dei limiti di spesa, non tanto
in ragione del contenuto qualitativo della prestazione, che deve comunque
rispondere, inequivocabilmente oggi, al requisito dell’alta qualificazione,
quanto piuttosto alle modalità di svolgimento della prestazione.

L’interpretazione delle norme sui
limiti di spesa si deve dunque muovere dalla fondamentale suddivisione delle
collaborazioni in occasionali e coordinate e continuative, così come
individuata dal novellato art. 7, comma 6 del decreto
legislativo n. 165 del 2001.

Per quanto premesso, giova
ricordare quali siano i limiti di spesa attualmente
vigenti per le collaborazioni occasionali, disposti dal comma 9 dell’articolo
unico della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (la legge finanziaria per il 2006),
come recentemente modificato dal decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, come
convertito.

In base alla citata normativa,
«la spesa annua per studi ed incarichi di consulenza conferiti a soggetti
estranei all’amministrazione, sostenuta dalle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001,
n. 165, e successive modificazioni, esclusi le università, gli enti di ricerca
e gli organismi equiparati, a decorrere dall’anno 2006, non potrà essere
superiore al 40 per cento di quella sostenuta nell’anno 2004».

Inoltre, i commi 56 e 57, della
medesima legge finanziaria, stabiliscono che «le somme riguardanti indennità,
compensi, retribuzioni o altre utilità comunque denominate, corrisposti per
incarichi di consulenza da parte della pubbliche
amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30
marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, sono automaticamente ridotte
del 10 per cento rispetto agli importi risultanti alla data del 30 settembre
2005» e che, per un periodo di tre anni, le medesime amministrazioni non possono
«stipulare contratti di consulenza che nel loro complesso siano di importo
superiore rispetto all’ammontare totale dei contratti in essere al 30 settembre
2005, come automaticamente ridotto.» Dette disposizioni, ai sensi dei commi 12
e 64 della medesima legge, non si applicano alle regioni, alle province
autonome, agli enti locali e agli enti del servizio sanitario nazionale. 3.2.
Limiti di spesa per incarichi di natura coordinata e continuativa

Come già accennato, anche le
collaborazioni coordinate e continuative, in quanto contratti di lavoro
autonomo, devono avere ad oggetto una prestazione altamente
qualificata e rispettare i presupposti di legittimità previsti dall’art. 7,
comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001, come novellato. Pertanto, è
opportuno specificare che le attività di studio, ricerca o consulenza, possono
essere oggetto, oltre che di una prestazione occasionale, anche di un rapporto
di collaborazione coordinata e continuativa, purchè per il loro svolgimento
necessitino di un potere di coordinamento dell’amministrazione ed una
continuità della prestazione. Inoltre, si richiama l’attenzione delle
amministrazioni sul carattere autonomo della prestazione, la quale ai sensi
dell’art. 409 del codice di procedure civile si concretizza «in una prestazione
di opera continuativa e coordinata e prevalentemente personale, anche se non a
carattere subordinato».

Per una trattazione generale sul
corretto utilizzo da parte delle pubbliche amministrazioni dei contratti di
lavoro di collaborazione coordinata e continuativa, si rinvia alla circolare n.
4 del 2004 di questo Dipartimento.

Per quanto attiene ai limiti di
spesa relativi alle collaborazioni coordinate e continuative è necessario
riferirsi al comma 187 dell’art. 1 della legge 266 del
2005. In
particolare, quest’ultimo prevede che «le amministrazioni dello Stato, anche ad
ordinamento autonomo, le agenzie, incluse le Agenzie fiscali di cui agli
articoli 62, 63 e 64 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e
successive modificazioni, gli enti pubblici non economici, gli enti di ricerca,
le università e gli enti pubblici di cui all’art. 70, comma 4,
del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni,
possono avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con
contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 60 per
cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell’anno 2003».

Sono esplicitamente escluse dal
campo di applicazione di tale ultima disposizione il comparto scuola e quello
delle istituzioni di alta formazione e specializzazione artistica e musicale,
regolati dalle specifiche disposizioni di settore, e i contratti di
collaborazione coordinata e continuativa per l’attuazione di progetti di
ricerca e di innovazione tecnologica ovvero di progetti finalizzati al
miglioramento di servizi anche didattici per gli studenti, i cui oneri non
risultino a carico dei bilanci di funzionamento degli enti o del Fondo di
finanziamento degli enti o del Fondo di finanziamento ordinario delle
università, stipulati dai soggetti elencati al comma 188.

Preliminarmente, si sottolinea
come tale disposizione appaia di particolare
rilevanza, oltre che per ragioni meramente finanziarie, anche dal punto di
vista organizzativo. Infatti, considerato il perdurante blocco delle
assunzioni, il legislatore ha voluto porre dei precisi limiti di spesa alle
forme contrattuali a tempo determinato, riconoscendo invece un’importanza
fondamentale ai documenti di programmazione sul personale quali la
programmazione triennale dei fabbisogni – prevista dall’art. 39 della legge n.
449 del 1997 e dall’art. 91 del decreto legislativo n. 267 del 2000, per gli
enti locali – e le dotazioni organiche.

È necessario tener presente che
il contratto di collaborazione coordinata e continuativa è uno strumento
straordinario a disposizione delle pubbliche amministrazioni per soddisfare
esigenze qualificate di natura temporanea. Pertanto si sottolinea la necessità
di valutare attentamente la possibilità di adottare soluzioni alternative,
peraltro preferite dal legislatore, e di giustificare un eventuale ricorso a
tale soluzione in ragione delle caratteristiche proprie della tipologia
contrattuale, quali l’autonomia e la coordinazione, oltre che dei requisiti
generali di legittimità previsti per il conferimento delle collaborazioni, con
particolare riferimento alla straordinarietà dell’esigenza ed all’alta
qualificazione professionale.

4. Controllo della spesa relativa
ad affidamento di incarichi esterni e pubblicità.

Per quanto attiene il controllo
da parte della Corte dei conti, i possibili dubbi di costituzionalità relativi
alle disposizioni della legge n. 311 del 2004 devono ritenersi superati in
considerazione delle nuove norme dettate dalla legge n. 266 del 2005 (legge
finanziaria per l’anno 2006). Quest’ultima, al comma 173,
prevede che gli «atti di spesa relativi all’affidamento di incarichi di studi e
consulenza di importo superiore a 5.000 euro devono essere trasmessi alla
competente Corte dei conti per l’esercizio del controllo successivo sulla
gestione». Al riguardo, si segnalano le «Linee guida per l’attuazione dell’art.
1, comma 173 della legge n. 266 del 2005 nei confronti delle regioni e degli
Enti locali» adottate dalla Corte dei conti, laddove si precisa che i commi 11
e 42 dell’art. 1 della legge n. 311 del 2004, per la parte relativa alla
trasmissione degli atti alla stessa, siano da ritenersi implicitamente abrogati
dalla nuova legge finanziaria, e che il nuovo obbligo di comunicazione,
nonostante le norme di esclusione dai limiti di spesa delle regioni e degli
enti locali, si applica anche a quest’ultime, ivi compresi
i comuni con popolazione inferiore ai 5000 abitanti. Inoltre, in tale atto, si
specifica che la trasmissione, da effettuarsi alla competente sezione regionale
di controllo della Corte dei conti per l’esercizio del controllo sulla
gestione, riguarda i provvedimenti di impegno o di autorizzazione e, solo
quando adottati senza un previo provvedimento, gli atti di spesa, che
singolarmente nel loro ammontare definitivo comportino una spesa eccedente ai
5000 euro.

È da segnalare inoltre che, al
fine di perseguire efficacemente il contenimento della spesa pubblica per
incarichi di studio, ricerca e consulenza, l’art. 24 della legge 30 dicembre 1991,
n. 412 ha
istituito, presso il Dipartimento della funzione pubblica, l’anagrafe delle
prestazioni. Si tratta di una anagrafe nominativa in
cui devono essere indicati tutti gli incarichi conferiti dalle amministrazioni
pubbliche. Infatti, ai sensi dell’art. 53, comma 14,
del decreto legislativo n. 165 del 2001, le amministrazioni pubbliche sono
tenute a comunicare a questo Dipartimento i compensi percepiti dai propri
dipendenti anche per incarichi relativi a compiti e doveri d’ufficio, nonchè
l’elenco dei collaboratori esterni e dei soggetti cui sono stati affidati
incarichi di consulenza, con l’indicazione della ragione dell’incarico e
dell’ammontare dei compensi corrisposti. Il mancato adempimento da parte delle
amministrazioni comporta l’impossibilità di conferire nuovi incarichi.

In questa sede si ritiene
opportuno specificare che l’obbligo di comunicazione si riferisce:

a tutti
gli incarichi di collaborazione affidati ai sensi dell’art. 7, comma 6, del
decreto legislativo n. 165 del 2001, sia occasionali che coordinate e
continuative, a prescindere dal contenuto specifico della prestazione;

a tutti
gli incarichi di collaborazione conferiti a persone fisiche, essendo la norma
inserita nell’ambito dell’art. 53 del decreto legislativo n. 165 del 2001.

Per un’illustrazione degli
adempimenti cui le pubbliche amministrazioni sono tenute ad eseguire si rinvia
al sito www.anagrafedelleprestazioni.it/ ed alle circolari di questo
Dipartimento n. 198 del 31 maggio 2001, n. 10 del 16 dicembre 1998 e n. 5 del
29 maggio 1998. In
sintesi, si evidenzia che l’attuale sistema consente la gestione in formato
digitale di tutte le comunicazioni relative agli incarichi e che quella
telematica è l’unica modalità di trasmissione ammessa.

I dati richiesti per ciascun
incarico concernono essenzialmente:

i dati
anagrafici del soggetto a cui si affida l’incarico di consulenza;

modalità
di acquisizione (se «di natura discrezionale» oppure «previsto da norme di
legge»);

tipo di
rapporto (se «prestazione occasionale» oppure «collaborazione coordinata e
continuativa»);

contenuto
della prestazione (da selezionare tra le alternative proposte);

se per le
modalità di selezione si è fatto riferimento ad un regolamento all’uopo
adottato dall’amministrazione («si» oppure «no»;

durata
dell’incarico (anno inizio; anno fine);

importo
dei compensi previsto e erogato.

Si rammenta che l’anagrafe delle
prestazioni è funzionale anche all’adempimento previsto dall’art. 1, comma 127,
della legge n. 662 del 1996, secondo il quale «le pubbliche amministrazioni che
si avvalgono di collaboratori esterni e che affidano incarichi di consulenza
per i quali è previsto un compenso pubblicano gli
elenchi nei quali sono indicati i soggetti percettori, la ragione dell’incarico
e l’ammontare erogato».

A ciò si aggiungono le recenti
modifiche dell’art. 53 del decreto legislativo n. 165 del 2001 operate
dall’art. 34 del decreto-legge n. 223 del 2006.

Il comma 16 dell’articolo citato,
come novellato, specifica che gli elenchi dei consulenti, comprensivi
dell’indicazione della durata, oggetto e compenso dell’incarico, devono essere
resi noti dalle amministrazioni mediante inserimento nelle proprie banche dati
accessibili al pubblico per via telematica.

Le amministrazioni, pertanto,
dovranno provvedere, oltre alla trasmissione dei dati all’anagrafe delle
prestazioni, a pubblicare autonomamente gli elenchi sui propri siti internet,
specificando gli elementi indicati nella norma.

Inoltre, il decreto-legge citato,
affida al Dipartimento della Funzione pubblica il compito di adottare in
materia misure di pubblicità e trasparenza. Pertanto, il Dipartimento
provvederà a dare la massima pubblicità ai dati raccolti, anche attraverso la
pubblicazione degli stessi sul proprio sito internet. Per questa finalità le
amministrazioni possono già da subito utilizzare la funzione «report» presente
nella sezione «dati riepilogativi» del sito, che permette di creare tabelle
Excel con gli incarichi comunicati all’Anagrafe. A breve il Dipartimento
renderà disponibile una nuova funzione con cui ciascuna amministrazione potrà
creare direttamente pagine web.

5. Considerazioni conclusive.

La possibilità di conferire
incarichi di collaborazione di natura autonoma deve essere attentamente
valutata dalle amministrazioni pubbliche sia in ragione degli specifici limiti
di spesa imposti dal legislatore, ma anche dei presupposti giuridici che ne
legittimano il ricorso. Il rispetto di quest’ultimi, in particolare,
considerato il carattere straordinario dell’esigenza, la temporaneità e l’alta
qualificazione della prestazione e l’obbligo di motivazione, impongono
all’amministrazione la conoscenza approfondita della proprie
risorse, sia in termini organizzativi che di professionalità.

Si ribadisce, quindi, la
necessità di adottare in base a principi di sana gestione i documenti di
programmazione triennale dei fabbisogni e di determinazione delle dotazioni
organiche, i quali hanno il preciso obiettivo di fronteggiare, in un’ottica di
pianificazione, le esigenze delle amministrazioni, in modo da garantire lo
svolgimento dei propri compiti istituzionali, nonchè di valutare l’opportunità
di adottare piani di formazione mirati ad aggiornare
od eventualmente a riqualificare il personale rispetto ai mutamenti
dell’assetto normativo ed istituzionale ed ai conseguenti processi di
innovazione.

Roma, 21 dicembre 2006.

Il Ministro per le riforme e le
innovazioni nella pubblica amministrazione

Nicolais

Registrata alla Corte dei conti
il 26 febbraio 2007 Presidenza del Consiglio dei Ministri, registro n. 2,
foglio n. 186.