Imprese ed Aziende

Thursday 22 May 2003

Per la Cassazione è illegittima la tassa governativa per l’ iscrizione nel registro delle imprese. Cassazione – Sezione tributaria – sentenza 4 dicembre 2002-12 maggio 2003, n. 7207

Per la Cassazione è illegittima la tassa governativa per liscrizione nel registro delle imprese

Cassazione Sezione tributaria sentenza 4 dicembre 2002-12 maggio 2003, n. 7207

Presidente Riggio relatore Marziale

Pm Gambardella parzialmente conforme ricorrente Amministrazione delle finanze dello Stato

controricorrente Piacca Srl ed altri

Svolgimento del processo

1. Con atto tempestivamente notificato, lAmministrazione delle finanze dello Stato conveniva in giudizio, innanzi alla Corte di Appello di Brescia, la srl Piacca e le altre società indicate in epigrafe proponendo appello avverso la sentenza con la quale, il 16 febbraio 1996, il Tribunale di quella città laveva condannata al rimborso delle somme da esse versate per liscrizione annuale nel registro delle imprese, in applicazione di disposizioni contrastanti con la direttiva Cee 335/69 che, in quanto tali, avrebbero dovuto essere disapplicate.

Lamministrazione censurava la sentenza impugnata, tra laltro, per non aver rilevato che la domanda di rimborso era stata proposta dalla società dopo linutile decorso del termine triennale stabilito a pena di decadenza dallarticolo 13, secondo comma, Dpr 641/72.

Il gravame era parzialmente accolto dalla Corte con sentenza depositata il 19 agosto 1998.

1.1. Lamministrazione finanziaria chiede la cassazione di questultima decisione con un unico motivo di ricorso. La società intimata resiste. Delle 49 società intimate resistevano e proponevano, a loro volta, ricorso incidentale articolato in tre motivi le società Piacca srl, Di.al Distribuzione Alimentari srl, Sifond srl, Pace srl, Farmer srl, Officine meccaniche ing. A. Feraboli spa, Eurocommerciale srl, Sogis Industria chimica spa, Impresa Remo Donati spa, Autostrade Centro Padane spa, Molino Seragni spa, Arti Grafiche Persico spa, Suinicola Valbassa srl, Lameri spa, Vipac srl, Laterizi Sereni spa, Wonder Costruzioni Specializzate automatiche spa, Co.ge.me Compagnia Generali Metalli spa, Siderimpex spa, Soteco spa. Le altre non svolgevano alcuna attività difensiva.

Motivi della decisione

2. Deve essere preliminarmente disposta la riunione dei due ricorsi ai sensi dellarticolo 335 Cpc.

2.1. Le resistenti, pur riconoscendo la rilevanza, ai fini della decisione, dei mutamenti normativi relativi alle &di natura sostanziale intervenuti nel corso del giudizio, assumono che il ricorso principale, proposto dallamministrazione finanziaria, sarebbe inammissibile:

– perché privo di censure alla sentenza impugnata;

– perché, comunque, verterebbe unicamente su questioni di fatto, essendo diretto ad una diversa determinazione degli importi dovuti in restituzione.

È agevole però replicare:

– che la diversa determinazione dellammontare delle somme da restituire è stata chiesta dalla ricorrente sulla base di nuove disposizioni di legge che la Corte territoriale non ha preso m considerazione, né avrebbe potuto, essendo la loro entrata in vigore avvenuta in epoca successiva alla pubblicazione della sentenza impugnata;

– che il sopravvenire di nuove disposizioni di legge, dopo la pubblicazione della sentenza e prima della notifica del ricorso, determina uningiustizia oggettiva della decisione, sufficiente a giustificarne la cassazione quando, come nel caso di specie, sia specificamente dedotta come motivo di impugnazione e il mutamento normativo attenga a questioni già dibattute nelle fasi di merito la cui soluzione non sia coperta da giudicato (Cassazione 398/95; 9872/94).

Il gravame è, quindi, ammissibile.

3. Esso si ricollega allemanazione della legge 448/98, il cui articolo 11, già richiamato, ha rideterminato lammontare della tassa di concessione governativa dovuta per le iscrizioni nel registro delle imprese ed è stata dettata una specifica disciplina per il rimborso delle somme eventualmente versate in eccesso dalle imprese. Con tale mezzo si deduce che, in base alla nuova disciplina:

– alle somme versate per liscrizione nel registro delle imprese e per il successivo mantenimento di detta iscrizione secondo le disposizioni previgenti, che lamministrazione è tenuta a rimborsare perché indebite, debbono essere detratte quelle dovute secondo quanto stabilito dal citato articolo 11, legge 448/98;

– la misura degli interessi sulle somme che lamministrazione finanziaria è tenuta a rimborsare viene stabilita secondo criteri diversi da quelli fissati, in via generale, dagli articoli 1 e 5, legge 29/1961.

Di qui la richiesta di cassazione, sotto tale duplice profilo, della sentenza impugnata, che non ha tenuto conto della nuova disciplina, essendo stata depositata nel vigore dalla normativa previdente.

3.1. Il mezzo è infondato sotto entrambi i profili prospettati. Ed, anzi tutto, per quello che attiene alla determinazione degli interessi sulle somme da restituire perché versate in eccesso rispetto a quelle dovute.

Invero, il tasso dinteresse stabilito dalla norma denunziata (2,5% annuo) è (sensibilmente) inferiore a quella fissata, in via generale, dallarticolo 5, legge 29/1961 per la restituzione delle somme pagate «per tasse e imposte indirette sugli affari … non dovute» che alla data del 1° gennaio 1999, presa in considerazione dallarticolo 11 della citata legge 448/98, era del 2,5% per ogni semestre compiuto.

È stata così prevista, per la restituzione di somme versate in pagamento di tributi incompatibili con il diritto comunitario (e, quindi, non dovute) una disciplina meno favorevole di quella stabilita, in via generale, per la ripetizione dei pagamenti non dovuti da parte del contribuente. Ma, così disponendo, il nostro legislatore si è posto, per altro verso, in contrasto con il diritto comunitario, il quale, come è stato di recente chiarito dalla Corte di giustizia Ce, proprio in relazione a questa specifica questione, «osta a che uno Stato membro adotti norme che subordinano la restituzione di un tributo dichiarato incompatibile con il diritto comunitario … a condizioni meno favorevoli di quelle che si applicherebbero, in mancanza di tali norme, alla restituzione del tributo di cui trattasi» (sentenza 10 settembre 2002, C-216199 e C-222/99).

Non vi è quindi dubbio che il citato articolo 11 sia, per tale parte, inapplicabile, posto che le sentenze con le quali la Corte di giustizia si pronunci in via pregiudiziale sullinterpretazione del Trattato o di un atto adottato da unistituzione della Comunità hanno valore vincolante per il giudice nazionale (Corte di giustizia 2 febbraio 1998, C-309/85; 6 luglio 1995, C-62/93).

4. Un più lungo discorso richiede lesame dellaltro profilo, riguardante la detraibilità, dallammontare complessivo delle somme che lamministrazione finanziaria è tenuta a rimborsare alla società ricorrente in base alle disposizioni previgenti, secondo gli accertamenti effettuati dalla Corte di merito, degli importi dovuti per liscrizione nel registro delle imprese dal 1988 al 1992 alla stregua della nuova disciplina. Ma le conclusioni non mutano.

4.1. Larticolo 4 della tariffa allegata al Dpr 641/72, relativo alla disciplina delle tasse sulle concessioni governative, prevedeva, in origine, il versamento della somma di lire 81.000 per liscrizione degli imprenditori nel registro delle imprese.

Successivamente larticolo 3 del decreto legge 853/84 (convertito, con modificazioni, nella legge 17/1985) elevò notevolmente limporto del tributo, fissandolo in lire 5.000.000 per le società per azioni e in accomandita per azioni, in lire 1.000.000 per quelle a responsabilità limitata e in lire 100.000 per quelle di altro tipo. Con la stessa disposizione si stabilì che la tassa era dovuta, oltre che per liscrizione iniziale dellatto costitutivo, anche per ciascun anno solare successivo e, quindi, per il mantenimento di detta iscrizione.

La previsione di un tributo annuale, dovuto in ragione delliscrizione nel registro delle imprese, apparve però in contrasto con larticolo 10 della direttiva Cee 17 luglio 1969 n. 69/335, secondo cui «oltre allimposta sui conferimenti, gli Stati membri non applicano, per quanto riguarda le società imposizione, sotto qualsiasi forma per limmatricolazione o per qualsiasi altra formalità preliminare allesercizio di unattività, alla quale una società … può essere sottoposta in ragione della sua forma giuridica».

Si spiega così perché limposta annuale, dopo essere stata aumentata fino a lire 15.000.000 per le società per azioni e lire 3.500.000 per quelle a responsabilità limitata (articolo 8, decreto legge 173/88) sia stata progressivamente ridotta (da ultimo, articolo 10, quarto comma, decreto legge 333/92, che determinò il relativo importo per le società sopraindicate, rispettivamente, in lire 4.000.000 e in lire 2.500.000) e, infine, soppressa (articolo 61, primo comma, decreto legge 331/93, convertito con modificazioni nella legge 427/93).

Limporto della tassa di iscrizione dellatto costitutivo nel registro delle imprese venne fissato da questultima norma nella stessa misura (lire 500.000) per tutte le società.

Con la stessa disposizione si previde il del pagamento di una tassa di concessione governativa (lire 250.000) per liscrizione, nello stesso registro, degli altri atti sociali.

Questultima previsione costituiva una novità, poiché, secondo le disposizioni fino a quel momento in vigore, liscrizione di tali atti nel registro delle imprese non comportava alcun ulteriore pagamento del medesimo tributo (da ultimo, articolo 4, nota 1, Tariffa approvata con decreto ministeriale 20 agosto 1992).

4.2. Nel frattempo la Corte di giustizia Ce aveva dichiarato incompatibile con larticolo 10 della direttiva 69/335 limposizione di un tributo annuale dovuto in ragione delliscrizione della società nel registro il cui ammontare sia privo di qualunque nesso con il costo del servizio concretamente reso, «anche qualora il gettito di tale tributo contribuisca al finanziamento del servizio incaricato della tenuta del registro in cui sono iscritte le società» (sentenza 20 aprile 1993, cause riunite C, 71/91 e C, 178/91).

A sostegno della legittimità, dal punto di vista del diritto comunitario, della istituzione del tributo in esame, si era fatto riferimento allarticolo 12 della direttiva 69/335, il quale prevede che gli Stati membri possano istituire, in deroga allarticolo 10, diritti di carattere remunerativo. La Corte aveva però replicato che «la

distinzione tra i tributi vietati ai sensi dellarticolo 10 … e i diritti d carattere remunerativo, implica che questi ultimi comprendano soltanto le remunerazioni, riscosse allatto della remunerazione o annualmente, la cui entità sia calcolata in base al costo del servizio reso», sia pure forfettariamente, ma pur sempre in termini di ragionevolezza, «prendendo in considerazione … il numero e la qualifica delle persone addette, il tempo da queste impiegato nonché i diversi costi materiali per il compimento delloperazione». Di qui la conclusione che una remunerazione priva di qualunque nesso con il costo del servizio reso, ovvero calcolata in funzione «non del costo delloperazione di cui … costituisce il corrispettivo, bensì dellinsieme dei costi di gestione e di investimento del servizio incaricato della detta operazione» cade sotto il divieto sancito dallarticolo 10 della direttiva (Corte di giustizia 20 aprile 1993, in cause riunite C-71/91 e C-178/91, §§ 41-43; 2 dicembre 1997, C-188/95, §§ 27-30).

4.3. A sua volta, con sentenza 3458/96, emessa a Sezioni unite, questa Corte ha riconosciuto lincompatibilità con gli articoli 10 e 12 della direttiva comunitaria della «tassa annuale …. richiesta in misura pari a quella dovuta per la prima iscrizione», ponendo in evidenza, in particolare:

– da un lato, «linsussistenza dei costi affrontati in sede di … rinnovo, allorché nessun altro atto societario deve essere depositato allufficio competente»;

– dallaltro, che il pagamento del tributo veniva ad aggiungersi a quello dei diritti di cancelleria dovuti allatto del deposito dei singoli atti e di ogni ispezione del registro.

E tale orientamento si è successivamente consolidato (Cassazione 5464/97; 11181/97; 5742/98; 7176/99).

4.4. La validità di queste conclusioni – contrariamente a quel che mostra di ritenere lamministrazione ricorrente ‑ non è venuta meno a seguito dellentrata in vigore dellarticolo 11 della legge 448/98.

4.4.1. Tale disposizione, per la parte che viene in considerazione in questo giudizio, è così formulata: «Larticolo 61, primo comma, del decreto legge 331/93 … va interpretato nel senso che la tassa sulle concessioni governative per le iscrizioni nel registro delle imprese … è dovuta per gli anni 1985, 1986, 1987, 1988, 1989, 1990, 1991 e 1992, nella misura di lire cinquecentomila per liscrizione dellatto costitutivo e nelle seguenti misure forfetarie annuali per liscrizione degli altri atti sociali per ciascuno degli anni dal 1985 al 1992:

a) per le società per azioni e in accomandita per azioni, lire 750.000;

b) per le società a responsabilità limitata, lire 400.000;

c) per le società di altro tipo, lire 90.000».

Il secondo comma dello stesso articolo stabilisce, a sua volta, che le società le quali, negli anni sopra indicati, abbiano corrisposto «la tassa sulle concessioni governative per liscrizione nel registro delle

imprese e quella annuale possono ottenere il rimborso della differenza fra le somme versate e quelle dovute a norma del precedente comma 1», sempre che abbiano presentato istanza di rimborso nei termini previsti dallarticolo 13, secondo comma del Dpr 641/72.

4.4.2. La formulazione di questa disposizione non è certo felice, come è stato sottolineato in altra occasione anche da questa Corte (Cassazione 3097/99; 7176/99).

Si è tuttavia consolidata lopinione che con il citato articolo 11 della legge 448/98, solo apparentemente di natura interpretativa, il legislatore sia intervenuto:

– per imporre retroattivamente, dal 1985 al 1992, il pagamento di una tassa di concessione governativa per liscrizione nel registro delle imprese degli atti societari diversi dallatto costitutivo, che secondo le disposizioni vigenti in detto periodo non era prescritto e che è stato imposto, a partire dal 1993, dallarticolo 61, decreto legge 331/93 (retro, § 4.1).

– per rideterminare retroattivamente, sempre in relazione allo stesso periodo, lammontare della tassa di concessione governativa dovuta per liscrizione dellatto costitutivo, fissandolo in lire 500.000, indipendentemente dalla forma giuridica della società, vale a dire in misura identica a quella stabilita, a far data dal 1993, dal citato articolo 61, decreto legge 331/93,  ma (sensibilmente) inferiore a quella dovuta, al momento delliscrizione nel registro, secondo le norme in vigore prima della emanazione di questultima disposizione (retro, § 4.1).

Lamministrazione ricorrente, richiamandosi al secondo comma del citato articolo 11 della legge 448/98, chiede che dalle somme da rimborsare siano detratte quelle dovute per liscrizione dellatto costitutivo e degli altri atti sociali, nella misura stabilita dal primo comma dello stesso articolo.

4.5. La richiesta, per la parte in cui è riferita alla tassa prevista per liscrizione dellatto costitutivo, è chiaramente inammissibile.

Invero, il secondo comma dellarticolo 11, legge 448/98 contempla distintamente sia il rimborso della tassa di iscrizione che quello della tassa annuale: della tassa, cioè, che, fino a tutto il 1992, era prevista per il mantenimento delliscrizione negli anni successivi a quello in cui era stato iscritto latto costitutivo.

Come si è già posto in evidenza, in base alle norme in vigore fino a tale data, il pagamento della tassa discrizione dellatto costitutivo e di quella annuale copriva anche liscrizione nel registro degli atti sociali posti in essere dopo la costituzione della società che, infatti, non comportava alcun ulteriore pagamento della tassa in questione (retro, § 4.1).

Ne consegue, che la richiesta di rimborso della tassa discrizione genericamente menzionata dal secondo comma del citato articolo 11, legge 448/98, può, allo stato, riguardare unicamente la tassa discrizione dellatto costitutivo, il cui pagamento, nel periodo considerato, era distintamente previsto da quella annuale e il cui ammontare è stato successivamente rideterminato da detta disposizione.

È evidente, poi, che la pretesa dellamministrazione finanziaria di portare in detrazione i nuovi importi della tassa discrizione è necessariamente correlata ad una richiesta di rimborso della medesima tassa avanzata dallimpresa interessata, essendo laltra (quella annuale) radicalmente diversa nei suoi presupposti e nei suoi contenuti. Ma una domanda siffatta non è stata formulata dalla slr Piacca nel presente giudizio.

Ne deriva che la richiesta di deduzione di una somma corrispondente allimporto della tassa di iscrizione dellatto costitutivo stabilito dallarticolo 11, legge 448/98 non può essere presa in considerazione in questa sede, perché totalmente estranea alle domande formulate nelle fasi di merito. Il che dispensa dallosservare che, comunque, la società ricorrente ha, con ogni probabilità, già versato per liscrizione del proprio atto costitutiva una somma ben superiore a quella stabilita dalla norma da ultimo ricordata (vedi retro, § 4.1).

4.6. La pretesa dellamministrazione finanziaria non appare meritevole di accoglimento neppure sotto laltro profilo, che attiene alla detraibilità, dallimporto complessivo delle somme versate in pagamento della tassa annuale secondo le norme vigenti negli anni 1985-1992 e da rimborsare perché oggetto di unimposizione incompatibile con il diritto comunitario (retro § 4.1), delle somme dovute, in base a quanto stabilito (retroattivamente) dal citato articolo 11, legge 448/98, per liscrizione, nello stesso periodo, di atti sociali diversi dallatto costitutivo.

I presupposti di applicazione dei due tributi non coincidono. Infatti, mentre la prima era dovuta per il mero mantenimento delliscrizione della società nel registro delle imprese negli anni successivi a quello in cui era stata effettuata liscrizione dellatto costitutivo, la seconda ‑ come è stato esplicitamente riconosciuto dal Governo della Repubblica nei giudizi riuniti C-216199 e C-222/99 innanzi alla Corte di giustizia Ce ‑ trova il suo necessario presupposto nelliscrizione, nellanno considerato, di (almeno) un atto sociale diverso dallatto costitutivo (Corte di giustizia, 10 settembre 2002, citata, § 42). Essi possono essere tuttavia assimilati, essendo entrambi, sia pure nella diversità dei loro presupposti, riferiti al periodo successivo alliscrizione dellatto costitutivo nel registro delle imprese. E questo spiega perché il legislatore abbia disposto, con il secondo comma dellarticolo 11, legge 448/98, che le somme dovute in pagamento del secondo tributo debbano essere dedotte da quelle dovute in restituzione dallamministrazione finanziaria per lindebito versamento della tassa annuale.

Laccoglimento della richiesta formulata a questultimo riguardo dallamministrazione ricorrente presuppone il riconoscimento della compatibilità, con larticolo 10 della direttiva Cee 69/335, della (nuova) tassa introdotta retroattivamente, per il periodo considerato, dal citato articolo 11 (retro, § 4.1). Compatibilità, a sua volta, subordinata alla possibilità di annoverare detto tributo tra i diritti remunerativi che, a norma dellarticolo 12 della citata direttiva, gli Stati membri possono istituire in deroga allarticolo 10 della stessa direttiva.

4.7. Al riguardo, secondo la giurisprudenza della Corte, occorre distinguere, a seconda che limpresa interessata possa (o meno) ancora «esigere la restituzione delle tasse di concessione già versate tra il 1985 e il 1992» (Corte di giustizia Ce, 10 settembre 2002, citata, §§ 52-57).

Se la richiesta di rimborso non è più possibile, per linutile decorso del termine (triennale) di decadenza stabilito dallart 13 del Dpr 641/72, le somme a suo tempo riscosse dallamministrazione finanziaria a titolo di tassa annuale non dovranno essere più rimborsate. E deve pertanto escludersi, per tale assorbente ragione, che il nuovo tributo possa essere considerato, nel caso concreto, come remuneratoria, dal momento che laltro tributo, come si è già detto, era diretta a coprire (anche) i costi di iscrizione degli atti posti in essere dopo la costituzione della società (retro, § 4.1).

Negli altri casi la tassa può essere riconosciuta come remuneratoria solo se il suo ammontare è stato determinato, anche se forfettariamente «in base al costo del servizio reso» (Corte di giustizia Ce 20 aprile 1993, citata; 2 dicembre 1997, citata; 10 settembre 2002, citata). Il che non esclude che possano essere riscossi più diritti per uno stesso servizio, sempre che, tuttavia, il loro importo complessivo non superi il costo di detto servizio (Corte di giustizia Ce 10 settembre 2002, citata). In tal caso, pertanto, la determinazione dellammontare di ciascun singolo tributo dovrà essere effettuata tenendo conto degli altri tributi parallelamente riscossi per la medesima finalità.

4.7.1. Orbene, lammontare della tassa (retroattivamente) introdotta con larticolo 11, legge 448/98, per liscrizione, nel registro delle imprese, degli atti diversi dallatto costitutivo per ciascuno degli anni dal 1985 al 1992 è stato stabilito dal legislatore in modo del tutto astratto e generico.

Invero, né dalla relazione del disegno di legge originario (Atto C 5267, XIII legislatura), né dagli atti parlamentari risulta che esso sia stato determinato, sia pure forfettariamente, in funzione dei costi delloperazione (Cassazione 7176/99; 15081/01). Tali elementi avrebbero dovuto, invece, essere attentamente considerati, posto:

– che in quegli anni, non essendo stato ancora concretamente istituito il registro delle imprese, venivano riscossi, per quello stesso servizio, anche i diritti di cancelleria;

– che, in quello medesimo periodo, anche la tassa discrizione dellatto costitutivo (il cui ammontare, proprio in quegli anni, era progressivamente e notevolmente elevato: v. retro, § 4. 1) era, sia pur parzialmente, destinata, anche alla copertura dei costi discrizione degli atti sociali posti in essere dopo la

  costituzione della società (retro, § 4. l);

– che le somme versate a questultimo titolo dalle società ben difficilmente avrebbero potuto essere ripetute, data la brevità del termine di decadenza stabilito dallarticolo 13, Dpr 641/72.

E tanto basta per escludere che al (nuovo) tributo introdotto, con effetto retroattivo, dallarticolo 11, legge 448/98 possa essere riconosciuto carattere remunerativo, ai sensi dellarticolo 12, lettera e), della direttiva Cee 339/65.

Non vi è quindi dubbio che la disposizione in esame debba essere, per tale parte, disapplicata perché incompatibile con il diritto comunitario.

4.8. I dubbi prospettati dalle società resistenti circa la legittimità costituzionale del citato articolo 11 sono conseguentemente assorbiti.

5. Il ricorso incidentale si articola in tre motivi.

Con il primo, che risulta proposto in nome e per conto di tutte le resistenti ‑ denunziandosi violazione e falsa applicazione dellarticolo 13, secondo comma, Dpr 641/72 ‑ la sentenza impugnata viene censurata per aver ritenuto applicabile, nella specie, il termine di decadenza stabilito da detta disposizione anziché quello ordinario di prescrizione.

La doglianza è palesemente infondata.

Secondo il consolidato orientamento di questa Corte deve ritenersi, infatti, che il termine sopra indicato si applichi ad ogni ipotesi di rimborso di pagamenti dimposta non dovuti (Cassazione Sezioni unite, 3458/96; Cassazione 11181/97; 5742/98; 11973/99; 11463/01), in coerenza con un orientamento normativo che, a tutela dellinteresse ad una sollecita definizione dei rapporti tra fisco e contribuente, è diretto ad assoggettare (in linea di massima) tal genere di richieste a brevi termini di decadenza, invece che allordinario (e più lungo) termine ordinario di prescrizione previsto per lazione di ripetizione contemplata dal diritto comune (articolo 38, Dpr 602/73; articolo 21, secondo comma, decreto legislativo 546/92; articolo 29, legge 428/90).

Ogni dubbio in proposito è stato del resto ormai eliminato dallarticolo 11, secondo comma, della legge 443/98, con il quale il legislatore ha stabilito espressamente che le società hanno il diritto di ottenere il rimborso, «sempre che abbiano presentato istanza … nei termini previsti» dal citato articolo 13, la cui decorrenza è fissata a partire dal giorno del pagamento.

La compatibilità di una disciplina siffatta con i principi dellordinamento comunitario non può essere revocata in dubbio, posto che il diritto comunitario non vieta ad uno Stato membro di opporre alle azioni di ripetizione di tributi riscossi in violazione del diritto comunitario un termine nazionale di decadenza triennale che deroga al regime ordinario dellazione di ripetizione dellindebito, tra privati, assoggettata a un termine più favorevole; sempre che, sintende, detto termine «si applichi allo stesso modo alle azioni di ripetizione di tali tributi fondate sul diritto comunitario e a quelle fondate sul diritto interno» (Corte di giustizia Ce 15 settembre 1998, in C-260/96). Né, come si è già posto in evidenza, potrebbe per altro verso dubitarsi della conformità di tale regolamentazione ai principi della nostra Carta costituzionale (Cassazione 7176/99).

5.1. A diverse conclusioni deve pervenirsi per il secondo motivo che, a differenza di quello appena considerato, è riferibile solo ad alcune delle resistenti.

Con esso, le società Sogis spa, Remo Donati spa, Laterizi Sereni spa e Soteco spa assumono che la motivazione sentenza impugnata sarebbe viziata da intima contraddittorietà e sarebbe comunque inadeguata, in quanto la Corte, pur muovendo dalla (esatta) premessa che le domande di rimborso vanno considerate tempestive se indirizzate alla locale Intendenza di finanza nel termine di tre anni dalla data del versamento, ha poi dichiarato tardive alcune delle richieste di rimborso presentate da tali società, malgrado fossero state inviate entro il termine predetto.

Per la verità, nella sentenza impugnata si afferma che alle domande di rimborso riguardanti somme versate in eccesso rispetto a quelle dovute in base alle disposizioni di cui è stata chiesta la disapplicazione nel presente giudizio non può essere riconosciuta, anche se tempestivamente presentate, lidoneità ad impedire la decadenza rispetto alle pretese restitutorie avanzate in questa sede, trattandosi di richieste avanzate sulla base di un titolo diverso.

La mancanza di ogni, sia pur minima, motivazione specifica del parziale rigetto delle richieste di rimborso avanzate dalle società sopra indicate non consente peraltro di individuare con sicurezza le ragioni poste a fondamento della decisione adottata. E tanto basta a concretare gli estremi del vizio contemplato dallarticolo 360, n. 5, Cpc.

La doglianza deve essere quindi accolta.

5.2. Del pari fondato è il terzo motivo dello stesso ricorso, con il quale la società Suinicola Valbassa srl – denunziando violazione e falsa applicazione dellarticolo 13, secondo comma, Dpr 641/72 – censura la sentenza impugnata per aver dichiarato tardiva una delle istanze di rimborso da lei presentate perché pervenuta allamministrazione dopo la scadenza del termine fissato da detta disposizione, ancorché fosse stata spedita a mezzo del servizio postale quando detto termine era ancora m corso.

Invero, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, listanza di rimborso va considerata tempestiva purché spedita, a mezzo del servizio postale, entro il termine predetto, senza che rilevi la circostanza che essa sia pervenuta al destinatario dopo la sua scadenza (Cassazione 11973/99; 1691/00; 11362/01; 11463/01). Questo perché, venendo in considerazione gli atti impeditivi dei termini di decadenza per le conseguenze che determinano (non già a carico dei soggetti ai quali sono indirizzati, ma) del titolare del diritto, la loro operatività, a tali fini, non può essere subordinata alla ricezione da parte dei destinatari, anche quando siano determinati, non essendo leffetto sopra indicato correlato ad unesigenza di tutela di questi ultimi soggetti (per tutti: Cassazione 11973/99, citata).

Proprio muovendo da queste premesse il giudice delle leggi, ha dichiarato lillegittimità costituzionale del combinato disposto dellarticolo 149 Cpc e dellarticolo 4, comma terzo, nella parte in cui prevede che la notificazione [a mezzo posta] si perfeziona, per il notificante, alla data di ricezione dellatto da parte del destinatario, anziché a quella, antecedente, di consegna dellatto allufficiale giudiziario, ponendo in evidenza che da tale momento in poi lattività dellufficiale giudiziario e dei suoi ausiliari rimane «sottratta in toto al controllo e alla sfera di disponibilità del notificante» e puntualizzando che, per il destinatario, «resta fermo … il principio del perfezionamento della notificazione solo alla data della ricezione dellatto». (Corte costituzionale 477/02).

6. In conclusione, il ricorso principale deve essere rigettato. Quello incidentale va invece accolto relativamente al secondo e al terzo motivo. La sentenza impugnata deve essere pertanto entro tali limiti cassata, con conseguente rinvio della causa ad altra sezione della Corte di Appello di Brescia, che dovrà attenersi al principio di diritto puntualizzato nel punto 5.2. e dar conto, con maggiore compiutezza, delle ragioni poste a fondamento della decisione adottata in ordine ai punti specificati nel punto 5.1. Il giudice di rinvio provvederà, inoltre, anche alla liquidazione delle spese della presente fase.

PQM

La Corte di cassazione, riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso principale e accoglie, per quanto di ragione, quello incidentale. In relazione ai motivi accolti, cassa la sentenza impugnata, rinviando la causa ad altra sezione della Corte di Appello di Brescia, anche per le spese.