Penale

Tuesday 23 September 2003

Nel reato di inondazione il pericolo è sempre astratto. Cassazione – Sezione prima penale (cc) – sentenza 31 gennaio-17 settembre 2003, n. 35686

Nel reato di inondazione il pericolo è sempre astratto.

Cassazione Sezione prima penale (cc) sentenza 31 gennaio-17 settembre 2003, n. 35686

Presidente Sossi relatore Bardovagni

Pm Palombarini ricorrente Mincato ed altri

Osserva

Il Pm di Rovigo chiedeva al Gip in sede il sequestro preventivo di una piattaforma metanifera

dellEni al largo della costa e di tre pozzi attivi, pertinenti al giacimento denominato Naomi Pandora, nonché del giacimento Irma Carola e del gasdotto sottomarino con terminale a Casalborsetti. Le ipotesi di reato prospettate ‑ per quanto qui interessa erano il disastro doloso (articolo 434 Cp), il tentativo di inondazione (articoli 56 e 426 Cp), il tentativo di danneggiamento pluriaggravato, la violazione di vincoli paesaggistici sanzionata ex articolo 163 decreto legislativo 490/99, lalterazione di bellezze naturali (articolo 734 Cp). In sostanza, secondo il Pm richiedente, le operazioni estrattive già in atto e quelle per cui lAgip Petroli ‑ controllata dallEni aveva ottenuto concessione avrebbero provocato labbassamento del fondo sottomarino soprastante i giacimenti e di quello circostante, con effetti rilevanti ed irreversibili irradiati per diecine di chilometri, tanto da incidere sui litorale, accelerandone larretramento e ponendo in pericolo lintegrità degli argini. La richiesta veniva respinta con provvedimento 9 aprile 2002 del Gip.

Su appello ex articolo 322bis Cpp del Pm il Tribunale di Rovigo, con lordinanza in epigrafe, disponeva il sequestro. Respingeva preliminarmente leccezione di incompetenza per territorio sollevata dalla difesa, ritenendola preclusa dai limiti devolutivi del mezzo di impugnazione. Osservava in linea di fatto che il fumus del temuto pericolo per la pubblica incolumità era ragionevolmente ravvisabile sulla scorta di concordi relazioni tecniche di elevato valore scientifico, che avevano affermato la probabilità di inondazioni, alluvioni e forti mareggiate, non potendosi estendere la cognizione del giudice della cautela reale alla verifica della gravità indiziaria e quindi, nella fattispecie, alla esaustiva disamina e confronto con le opposte conclusioni tecniche proposte dalla difesa. Tanto premesso, era in astratto ravvisabile reato contro la pubblica incolumità, se non con riguardo alle fattispecie dolose, quanto meno a quella colposa ex articolo 450 Cp. Concretezza ed attualità del pericolo sono del pari desunte dalle relazioni peritali, che indicano come conseguenza inevitabile della coltivazione dei giacimenti sottomarini il danno allequilibrio idrogeologico della fascia costiera, per effetto di fenomeni di subsidenza irreversibili che non cessano con linterruzione del pompaggio; al proposito si rileva che le attività estrattive sono già iniziate nel giacimento Naomi Pandora e sono verosimilmente imminenti in quello denominato Irma Carola.

Ha proposto ricorso per cassazione la difesa degli indagati, denunciando con i primi due motivi lerronea valutazione del fumus del reato di cui allarticolo 450 Cp. Quanto al giacimento Irma Carola, nessun pericolo poteva ravvisarsi, non essendo in atto la coltivazione, né predisposte le opere occorrenti. I pozzi Naomi Pandora sono situati ad oltre 30 km dalla costa e quindi non possono dar luogo a fenomeni di subsidenza su di essa incidenti; daltra parte, larticolo 450 citato contempla soltanto ipotesi tassativamente previste, fra le quali non rientrano quelle prese in considerazione dallordinanza impugnata, che comunque aveva operato una modifica potenzialmente incidente non solo sulla qualificazione, ma anche sulla materialità del fatto contestato.

Con un terzo motivo si denuncia lesercizio di poteri discrezionali riservati allAmministrazione e lomessa motivazione circa la legittimità dei decreti ministeriali con cui venne accordata la concessione per lo sfruttamento dei giacimenti. La relativa istruttoria aveva verificato la compatibilità ambientale del progetto di coltivazione, onde la disapplicazione degli atti concessivi era consentita solo per vizi di legittimità, e non per una diversa valutazione tecnica del merito.

Con il quarto motivo si torna sul fumus del pericolo per la pubblica incolumità, non ravvisabile in caso di attività meramente preparatorie come quelle menzionate dal giudice a quo e comunque affermato sulla base di pareri tecnici non univoci o addirittura in netto contrasto tra loro e di conclusioni congetturali e non verificate sulla scorta di modelli matematici, senza tener conto di specifiche controdeduzioni difensive.

Quanto al periculum in mora, oggetto del quinto motivo, si rileva anzitutto che nella zona Irma Carola, non essendo iniziata lattività estrattiva, non esiste alcuna attuale potenzialità lesiva che giustifichi ladozione della cautela. Quanto allaltro giacimento, le precauzioni prescritte dal decreto concessivo sono tali da tenere sotto costante controllo gli sviluppi prevedibili, anticipandone le conseguenze.

Con il sesto motivo si censura lutilizzazione, da parte del Tribunale del riesame, di una relazione del prof. Sandro Nosengo, depositata dopo la presentazione dellappello del Pm, comunque, oltre il quinto giorno precedente ludienza camerale.

Da ultimo, viene censurato il rigetto delleccezione di incompetenza territoriale. La positiva verifica della competenza costituisce, per consolidata giurisprudenza, presupposto per lapplicazione delle misure cautelari, e non può quindi essere omessa quando, accogliendo lappello del Pm, il Tribunale disponga la misura richiesta. Tanto premesso, e rilevato che il reato più grave è quello di tentata inondazione, per avere gli indagati, secondo loriginaria contestazione, richiesto ed ottenuto la concessione per la coltivazione dei giacimenti, lultimo atto diretto a commettere il delitto che individua la competenza ex articolo 8, comma 4, Cpp doveva intendersi realizzato in Roma, ove era stato emanato il provvedimento concessivo.

Con motivi nuovi depositati in termini la difesa deduce che loggetto del provvedimento impugnato era venuto a mancare, quanto al giacimento Irma Carola, a seguito di rinuncia alla concessione da parte dellEni con dichiarazione del 16 luglio 2002. Ne segue che il paventato pericolo era venuto meno in radice, poiché laltra area estrattiva, sita a distanza quasi doppia dalla costa, non era in grado di influire, da sola, sulla stabilità del litorale in maniera apprezzabile.

Resiste con memoria tempestivamente depositata il Procuratore della Repubblica di Rovigo, deducendo linammissibilità delle censure sulla motivazione del provvedimento impugnato ‑ poiché il ricorso per cassazione ex articolo 325 Cpp è consentito soltanto per violazione di legge ‑ e precisando che il reato colposo di cui allarticolo 450 Cp è contestato agli indagati in alternativa a quello di tentata inondazione dolosa; ripercorre la vicenda processuale illustrando le ragioni poste a fondamento della domanda cautelare.

Replica la difesa con memoria del 20 dicembre 2002.

Con altra memoria in data 16 gennaio 2003 il Pm espone ulteriori sviluppi dellindagine, indicativi di una possibile manomissione di dati relativi ai reali profili, posizioni e livelli dei giacimenti e dei

pozzi.

Vanno preliminarmente esaminate le questioni concernenti la qualificazione del fatto e la competenza. In ordine alla prima va ricordato che, per consolidata giurisprudenza, al giudice che procede allapplicazione di una misura cautelare ed al tribunale, in sede di riesame o di appello, è sempre consentito, in applicazione del principio di legalità, attribuire la corretta qualificazione al fatto descritto nellimputazione, senza che ciò incida sullautonomo potere di iniziativa del Pm, che rileva esclusivamente sotto il diverso profilo dellimmutabilità della formulazione del fatto, inteso come accadimento materiale, al momento dellesercizio dellazione penale (cfr. Cassazione, Sezioni unite, 19 giugno- 22 ottobre 1996, Di Francesco). Non vi è quindi alcun ostacolo, in linea di principio, alla diversa qualificazione operata nel caso di specie, tanto più trattandosi di procedimento nella fase delle indagini preliminari, durante la quale la contestazione in fatto è ancora fluida e suscettibile di modifica secondo gli sviluppi delle investigazioni, restando solo

provvisoriamente cristallizzata nel momento ed al fine della domanda cautelare. Va tuttavia chiarito che, secondo loriginaria impostazione del Pm, erano qui contestate agli indagati condotte contemporaneamente lesive di distinti interessi: da un lato la pubblica incolumità, dallaltro lambiente, il paesaggio e la tutela di beni destinati a pubblico servizio. La domanda è stata respinta dal Gip sotto entrambi i profili, e il Tribunale lha riesaminata ed accolta ‑ pur con diversa qualificazione del fatto ‑ esclusivamente per gli aspetti concernenti lincolumità pubblica. Ne segue che, non essendo vi stato gravame del Pm sul punto, rimane preclusa la possibilità di rimettere in discussione gli aspetti concernenti gli interessi patrimoniali pubblici, le bellezze naturali ed i vincoli paesaggistici. Daltra parte, a prescindere da passaggi motivazionali non del tutto appropriati, non è nella sostanza censurabile la qualificazione del fatto ex articolo 450 Cp, sotto il profilo, previsto, dalla norma incriminatrice espressamente del pericolo di inondazione, una volta accolta la tesi difensiva della mancanza di fumus del dolo diretto, che avrebbe invece giustificato lipotesi di disastro innominato di cui allarticolo 434 Cp e di tentativo di inondazione.

Tanto premesso, ai fini della determinazione della competenza territoriale deve ovviamente farsi riferimento alla corretta qualificazione giuridica, onde il reato deve necessariamente ritenersi consumato nel luogo in cui si è verificato levento che vale ad integrarlo, cioè il pericolo di inondazione contemplato dallarticolo 450 Cp, e quindi nel tratto costerno prossimo ed antistante ai giacimenti in via di coltivazione; va dunque ribadita la competenza dellAutorità giudiziaria di Rovigo, mentre non è possibile adottare il criterio di collegamento proposto dai ricorrenti, secondo i quali si dovrebbe far riferimento alle ipotesi di reato doloso tentato originariamente ritenute dal Pm, individuando lultimo degli atti diretti a commetterle. Tale considerazione supera e rende irrilevante lerronea motivazione dellordinanza impugnata, che ha ritenuto in radice preclusa la questione di competenza in quanto non compresa nel tema devoluto con lappello, omettendo di considerare che il gravame investiva,, nel caso di specie, un provvedimento negativo del Gip emesso fuori del contraddittorio, sicché, attivato questo solo a seguito dellimpugnazione del Pm, gli interessati non potevano essere privati della facoltà di eccepire lincompetenza, il cui rilievo è preliminare alla decisione sulla domanda cautelare.

In ordine alle residue censure esposte dai ricorrenti va anzitutto ribadito il consolidato principio secondo il quale, in tema di sequestro preventivo, la verifica delle condizioni di legittimità della misura cautelare da parte del Tribunale del riesame o della Corte di cassazione non può tradursi in anticipata decisione della questione di merito concernente la responsabilità della persona sottoposta ad indagini in ordine al reato oggetto di investigazione, ma deve limitarsi al controllo di compatibilità tra la fattispecie concreta e quella legale, rimanendo preclusa ogni valutazione riguardo alla sussistenza degli indizi di colpevolezza ed alla gravità degli stessi (cfr., ex multis, Cassazione Sezioni unite, 23 febbraio-4 maggio 2000, Mariano). Pertanto, le questioni sollevate con il ricorso in ordine al fumus commissi delicti e limitatamente al giacimento già in corso di coltivazione sono estranee allambito del controllo giurisdizionale ed investono questioni di merito in radice precluse, una volta che, secondo gli elementi fattuali e tecnici prospettati dal Pm, non

macroscopicamente irreali o errati seppure suscettibili di discussione ed eventuale ridimensionamento in sede scientifica, lattività estrattiva è capace di innescare un irreversibile processo di alterazione del fondo marino, che verrà prima o poi ad investire il litorale cagionando gli effetti disastrosi previsti dalla norma incriminatrice. Questa contempla un evento di pericolo («chiunque, con la propria azione od omissione colposa, fa sorgere o persistere il pericolo … di uninondazione»), a differenza della correlativa ipotesi dolosa, in cui levento è invece dì danno (chiunque cagiona uninondazione). Si sono già anticipati i riflessi di tale diversa configurazione in tema di competenza; quanto al periculum in mora, va rilevato che, una volta ritenuta lastratta configurabilità della figura criminosa di cui allarticolo 450 Cp, il pericolo è in essa automaticamente ricompreso; né, ai fini della verifica di legittimità della cautela reale adottata, vale obbiettare che il danno ‑ non attuale e ipotizzabile a lunga scadenza potrebbe essere evitato con monitoraggio ed interventi al bisogno, previsti dalla stessa concessione, o addirittura in radice escluso dalla intervenuta rinuncia alla coltivazione del giacimento Irma Carola, più prossimo alla costa. Infatti, secondo tecnica posta alla base del provvedimento impugnato, lattività estrattiva in quanto tale è suscettibile, nellarea considerata, di dar luogo immediatamente ad un processo di degrado irreversibile e tale da provocare. come effetto finale, larretramento del litorale e la sommersione di zone contigue dellentroterra, sia pure con variabili modalità ed estensione a seconda di eventuali interventi e della limitazione di concomitanti coltivazioni minerarie.

Anche sul punto la tesi difensiva si risolve quindi in censure di merito, estranee al limitato oggetto della verifica giurisdizionale sul fondamento della richiesta di cautela reale, tanto più nel giudizio di cassazione, in materia previsto soltanto per violazione di legge (articolo 325 Cpp). Né un vizio qui apprezzabile può essere prospettato sotto il profilo della disapplicazione di atti riservati alla discrezionalità tecnica della pubblica amministrazione concedente; infatti, il concessionario è soggetto al vincolo, implicito in ogni atto autorizzativo dellamministrazione, dellosservanza di norme imperative (e, in particolare, della legge penale), onde la concessione ottenuta, anche se corredata da studi di compatibilità ambientale e prescrizioni specifiche, non lo esenta dal generale obbligo di neminem laedere e dai correlativi, particolari precetti, penalmente sanzionati, posti a presidio della pubblica incolumità.

Infondata è la residua censura in rito dei ricorrenti, relativa alla valutazione ai fini dellaccertamento

del fumus ‑ di una consulenza (prof. Nosengo) depositata dal Pm dopo la proposizione dellappello.

Infatti, in considerazione della ratio sottesa allarticolo 321, comma 3, del codice di rito, volta a garantire la permanente attualità delle condizioni legittimanti la misura cautelare reale, si deve riconoscere al giudice dellappello ex articolo 322bis Cpp il potere di decidere, pur nellambito dei motivi prospettati e, quindi, nel rispetto del principio devolutivo, anche su elementi diversi e successivi rispetto a quelli prospettati a sostegno delloriginaria domanda, applicandosi anche al procedimento in esame larticolo 603, comma 2 e 3, del codice.

Tanto premesso, il ricorso va respinto per ciò che riguarda il sequestro dei beni pertinenti alle coltivazioni in atto che, di cui è stato verificato il pericolo di inondazione. Fondate sono invece le doglianze concernenti il giacimento Irma Carola, di cui non è stata mai intrapresa la coltivazione; infatti, levento di pericolo non è ad esso attualmente collegabile (anche a prescindere dalla intervenuta rinuncia) e la tutela penale non può essere anticipata fino a sanzionare il mero pericolo che venga in futuro posta in essere (o aggravata) una situazione pericolosa (cfr., in tema di reati contro la pubblica incolumità, Cassazione, sezione prima, 13 novembre 1997-19 febbraio 1998, Denaro).

Lordinanza impugnata va quindi per questa parte annullata senza rinvio.

PQM

La Corte Suprema di Cassazione, prima sezione penale, annulla lordinanza impugnata senza rinvio limitatamente al sequestro del giacimento denominato Irma Carola. Rigetta nel resto il ricorso