Lavoro e Previdenza

Tuesday 29 November 2005

Nel giudizio contabile il rimborso delle spese legali è ammesso soltanto in caso di proscioglimento e non di archiviazione

Nel giudizio contabile il
rimborso delle spese legali è ammesso soltanto in caso di proscioglimento e non
di archiviazione

Corte dei conti – Sezione terza –
sentenza 18 febbraio-25 ottobre 2005, n. 625

Presidente Pellegrino – Relatore
Calamaro

Fatto

Con sentenza 676/02, la Sezione
giurisdizionale della Corte dei conti per la Puglia ha condannato i signori
Savino Cannone e Alfredo Iandolo al pagamento in favore della Gestione
liquidatoria della ex Usl BA/1, ciascuno, della metà
dell’importo di euro 5.645,10, e, in favore della Azienda Usl BA/2, ognuno
della metà di euro 17.959,92, oltre a interessi legali, rivalutazione monetaria
e spese di giudizio, per aver gli stessi, nella qualità, il primo, di
commissario liquidatore della ex Usl BA/1 e di direttore generale della Azienda
Usl BA/2, e il secondo di direttore amministrativo della Azienda Usl BA/2,
causato danno erariale consistito nella illegittima erogazione di somme in
favore di alcuni medici, a titolo di rimborso di spese legali da questi ultimi sostenute
in occasione di procedimenti di responsabilità amministrativo-contabile
promossi nei loro confronti e terminati con l’archiviazione da parte della
competente Procura regionale della Corte dei conti.

I Giudici di primo grado hanno
posto a fondamento della propria statuizione la disposizione recata
dall’articolo 3 del Dl 543/94, convertito nella legge 639/96 in forza della
quale il rimborso delle spese legali sostenute dai soggetti sottoposti al
giudizio della Corte dei conti è dovuto in caso di
“definitivo proscioglimento” e non anche in presenza di archiviazione disposta
dalla competente Procura, provvedimento sempre revocabile.

Avverso la
detta sentenza hanno interposto appello, lo Iandolo e il Cannone,
deducendo i seguenti motivi di ricorso:

– omessa pronuncia su una
domanda, in violazione dell’articolo 112 Cpc;

– nullità della sentenza
impugnata per omessa sottoscrizione.

Nelle conclusioni depositate in
data 9 maggio 2003 la Procura generale, dopo aver chiesto la
riunione in rito degli appelli ai sensi dell’articolo 335 Cpc, ne ha
sostenuto l’infondatezza.

In relazione al
primo profilo della doglianza oppone come nessuna violazione dell’articolo 112
Cpc sia ravvisabile nella sentenza appellata, atteso che la stessa non ha
mancato di decidere, neanche in parte, sulla domanda di sospensione del
giudizio in pendenza di quello amministrativo.

Infatti
il primo giudice, nel momento in cui ha accertato, sulla base degli “atti
depositati dalla difesa”, che il ricorso proposto innanzi al Tar Puglia avverso
i provvedimenti di recupero delle somme indebitamente corrisposte a titolo di
rimborso spese legali non conteneva richiesta di sospensione della esecuzione
di tali provvedimenti, avrebbe dichiarato la sostanziale irrilevanza della
causa amministrativa in corso sul presente processo teso ad ottenere il
risarcimento di un danno comunque attuale ed ancora sussistente.

In ordine al
secondo profilo dell’eccezione in discorso, parte appellata deduce che la
pendenza del giudizio amministrativo, anche se concernente fatti asseritamente
rilevanti ai fini della decisione nel giudizio contabile, non comporta
sospensione di quest’ultimo; in ogni caso nella fattispecie in questione il
danno provocato dagli illeciti rimborsi delle spese legali, pur in presenza di
una azione volta al suo recupero, peraltro non attuale per la mancanza di
possibili procedure esecutive di esazione, risulterebbe sussistente
con conseguente legittima prosecuzione dell’azione risarcitoria fino
all’integrale soddisfacimento del diritto erariale leso.

Con il secondo motivo di appello concernente la dedotta nullità della sentenza
impugnata ex articolo 132, comma 2 n. 5 e comma 3, Cpc, per omessa
sottoscrizione del Presidente del Collegio giudicante e del Giudice estensore,
parte appellata oppone che da accertamenti effettuati – i cui esiti, in uno con
le conclusioni, sono stati depositati presso la Segreteria della Sezione –
risulta come la predetta sentenza sia stata regolarmente sottoscritta in
conformità delle disposizioni di cui la surrichiamato articolo 132, comma 2 n.
5, Cpc e dell’articolo 21, comma 2 n. 7, del Rd 1038/33.

Alcuna nullità sarebbe
ravvisabile nei confronti della sentenza impugnata neanche in
relazione alla circostanza che agli appellanti è stata in effetti
notificata una copia della sentenza medesima difforme dall’originale in quanto
recante soltanto “la stampigliatura a macchina” dei nominativi del Presidente
del collegio e dell’estensore.

Ciò, in quanto non solo non è
stata invocata, la nullità della notificazione ex articolo
156, comma 2, Cpc, ma tenuto anche conto che la accennata incompletezza non ha
impedito la tempestiva proposizione delle impugnazioni.

Alla odierna
pubblica udienza l’Avvocato Ingravalle ha depositato la sentenza 369/04
depositata il 18 ottobre 2004, con la quale il giudice del lavoro presso il
Tribunale civile di Trani, ha accolto il ricorso di uno dei due medici che
risultavano aver percepito il rimborso delle spese legali.

Alla stregua di detta pronuncia viene chiesto l’accoglimento degli appelli, trattandosi di
provvedimento che evidenzia la correttezza degli avvenuti rimborsi.

Il Pm ha concluso
per la reiezione degli appelli, non risultando condivisibili, a suo parere, le
motivazioni poste a fondamento della sentenza del giudice del lavoro.

Considerato in diritto

1 – Gli appelli vanno riuniti, ex
articolo 335 Cpc essendo proposti contro la stessa sentenza.

2 – Fondata, e di rilievo
assorbente rispetto agli altri motivi, si appalesa la censura con la quale gli
appellanti sostengono, ancorché implicitamente, che la loro condotta è
riconducibile nell’alveo dei principi del corretto agire amministrativo.

Più in particolare assumono che
alla delibera di liquidazione dei rimborsi delle spese legali, seguì quella di annullamento di ufficio con conseguenti procedure di
recupero delle somme erogate.

Tali circostanze impedirebbero di
poter far ritenere fondata l’azione erariale anche in dipendenza del ricorso
presentato al Giudice del lavoro dai medici interessati dal recupero.

Orbene la soluzione di detta
controversia assumerebbe, sempre secondo la prospettazione degli appellanti, il
valore di una vera e propria pregiudizialità logico-giuridica rispetto al
giudizio contabile.

2.1. Le suddette argomentazioni,
pur non risultando condivisibili sotto il profilo
della sussistenza di una pregiudizialità di natura tecnica, spiegano positivo
valore nella direzione della mancanza di dolo o colpa grave nella condotta
posta in essere dai due appellanti, sotto il profilo dell’errore scusabile.

Di fatto la vicenda
amministrativa di cui è causa ha trovato il proprio esito nella sentenza del
Giudice del lavoro presso il Tribunale civile di Trani 369/04 depositata il 18
ottobre 2004, con la quale è stata accolta la domanda
di uno dei due sanitari nei cui confronti erano state avviate le procedure di
recupero, «previa disapplicazione della delibera n. 155/cl, di annullamento
della precedente delibera» e con riconoscimento del diritto al “rimborso delle
spese legali sostenute per la propria difesa” nel procedimento amministrativo
di responsabilità n. 459/4/ROM avviato dalla Procura regionale presso la
Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la regione Puglia.

Orbene detta pronuncia evidenzia
un contesto normativo di riferimento non limitato alla
disposizione contenuta nell’articolo 1, comma 2bis, della legge 20/1994,
introdotto dall’articolo 3, comma 2, della legge 20 dicembre 1996, n. 639, in
sede di conversione del Dl 543/96, ma integrato, in fattispecie, dal contratto
collettivo nazionale di categoria.

Secondo l’articolo 25 del Ccnl
all’epoca vigente, «l’azienda …. Assume a proprio carico …..
ogni onere di difesa fin dall’apertura del procedimento» per responsabilità
civile, contabile o penali nei confronti di un dirigente per fatti o atti
connessi all’espletamento del servizio e all’adempimento dei compiti di Ufficio
(vedasi sentenza del giudice del lavoro più volta citata).

Nel delineato e caratterizzato contesto, quindi, la disposizione contenuta nel citato
articolo 1, comma 2bis, della legge 20/1994 e la previsione pattizia annoverata
dal Ccnl, possono aver ingenerato la convinzione della spettanza dei rimborsi
delle spese legali.

È pur vero che la prima
disposizione ha rango di legge mentre l’altra ha
natura pattizia.

Peraltro va tenuta nella debita
considerazione la circostanza secondo cui il provvedimento di rimborso delle
spese legali, venne adottato alla stregua dell’articolo
41 del Dpr 270/87 e sulla base di alcune sentenze che, obiettivamente, potevano
indurre a ritenere legittimo il rimborso medesimo.

Tanto più che a sostengo della delibera di cui si tratta, è stata posta una
sentenza della Corte dei conti – Sezione giurisdizionale per la regione Puglia
( n. 95 del 17 dicembre 1993) secondo la quale «…. il
rimborso delle spese legali spetta nell’ipotesi in cui l’agente sia stato
prosciolto già nella fase istruttoria del giudizio stesso …. allorché
la causa di proscioglimento sia di quelle che a seguito di dibattimento
avrebbero potuto dare luogo ad una vera e propria sentenza di “assoluzione”
ovverosia con formula piena».

Sebbene
detta statuizione sia antecedente all’entrata in vigore del richiamato articolo
1, comma 2bis della legge 20/1994, e sia riferita ad un giudizio penale, non
può peraltro escludersi che abbia potuto indurre, unitamente alle disposizioni
del Ccnl, a ritenere dovuti i rimborsi per le spese legali sostenute dai due
medici.

Sicchè, in fattispecie, se sicuramente
è ravvisabile un comportamento colposo specie da parte della struttura
burocratica, tuttavia si deve ritenere che la vicenda, nel suo complesso, abbia
potuto ingenerare erronei apprezzamenti.

3. Conclusivamente gli appelli
vanno accolti previa riforma della sentenza impugnata e le spese di giudizio
interamente compensate.

PQM

La Corte dei Conti Sezione terza
giurisdizionale centrale d’appello, in riforma della sentenza impugnata accoglie gli appelli in epigrafe riuniti in rito, e, per l’effetto,
assolve Iandolo Alfredo e Cannone Savino dagli addebiti mossi nei loro
confronti con atto di citazione in data 14 gennaio 2002 della Procura regionale
presso la Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione Puglia.

Spese compensate.