Penale

Tuesday 29 July 2003

Mano pesante della Cassazione sui chiropratici. Esercizio abusivo di professione, anche se la professione non è ancora regolamentata. Cassazione – Sezione sesta penale (cc) – sentenza 10 aprile-21 luglio 2003, n. 30590

Mano pesante della Cassazione sui chiropratici. Esercizio abusivo di professione, anche se la professione non è ancora regolamentata

Cassazione Sezione sesta penale (cc) sentenza 10 aprile-21 luglio 2003, n. 30590

Presidente Trojano relatore De Roberto

Ricorrente Pg in proc. Bennati ed altri

Fatto e diritto

1. Con sentenza 28 marzo 2002, pronunciata in camera di consiglio a norma dellarticolo 129 Cpp a seguito di richiesta di emissione del decreto penale di condanna, il Gip del Tribunale di Verona dichiarava non luogo a procedere perché il fatto non sussiste nei confronti degli esercenti la chiropratica Bennati Luca e Spangaro Michele, relativamente al reato di cui agli articoli 110 e 348 Cp contestato agli imputati perché, anche in concorso tra loro, senza essere in possesso dei necessari titoli abilitativi, esercitavano abusivamente la professione del medico, visitando numerosi pazienti, predisponendo anamnesi, formulando diagnosi mediche, suggerendo esami clinici e radiologici, prescrivendo cure mediche o trattamenti terapeutici, operando direttamente sui pazienti con opportune manipolazioni senza la preventiva prescrizione del medico.

Osservava il Gip che, in presenza di una radicale incertezza coinvolgente anche gli organi amministrativi preposti al controllo (dal Ministero della salute, alla Regione, alla Usl 20 di Verona) e che già dovrebbe comportare il proscioglimento degli imputati ex articolo 5 Cp, lunica linea interpretativa cui occorre attestarsi è quella tracciata dallordinanza costituzionale 149/88, la quale ha statuito che larticolo 348 Cp punisce soltanto chi eserciti abusivamente una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato e che, dunque, labuso consiste proprio nellesercizio di una professione per la quale lo Stato richiede una speciale abilitazione, da parte di chi non labbia conseguita. Di qui la conclusione che, poiché lo Stato non richiede alcuna abilitazione per lesercizio della professione di chiropratico e poiché soltanto la legge potrebbe, in forza dellarticolo 2229 Cc, imporre liscrizione in appositi albi o elenchi per svolgere una professione intellettuale, lesercizio di ogni prestazione professionale riceve tutela dallarticolo 35, comma 1, della Costituzione e, parallelamente, qualsiasi iniziativa privata è libera, a norma dellarticolo 41 della Costituzione stessa.

In ogni caso, se è pur vero che nellesercizio dellattività di chiropratico possano essere compiute attività assimilabili a quelle proprie della professione medica, quali lelaborazione di anamnesi e di diagnosi, la lettura di radiografie o la prescrizione di cicli di terapie, tutto ciò non muta la natura della professione, perché sarebbe irragionevolmente precluso ad un soggetto legittimato a esercitare la chiropratica di farlo a ragion veduta; ponendosi le valutazioni preliminari come necessarie al fine di raccordare lintervento di supporto alle reali esigenze di chi vi si sottopone. Infine, quanto alla prescrizione di cicli di terapia, si tratterebbe di unattività intrinsecamente collegata allesercizio della professione di chiropratico.

2. Ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Verona deducendo violazione dellarticolo 348 Cp nonché manifesta illogicità della motivazione.

Sotto entrambi i profili si contesta che limputazione addebitasse agli imputati lesercizio della chiropratica, come specifico intervento manuale su un determinato distretto articolare soprattutto vertebrale con lintento di correggere alterazioni funzionali o limitate modificazioni dei rapporti articolari, secondo quanto prescritto dalla circolare del Ministero della sanità 79/1982. Leffettivo addebito era da individuare nel fatto che sia il Bennati sia lo Spangaro avevano svolto operazioni proprie della professione medica; tanto che lelenco delle condotte incriminate ‑ basata su precise prove testimoniali ‑ costituisce lapplicazione di una costante giurisprudenza di legittimità, nel senso che chi non è abilitato allesercizio della professione medica non può porre in essere né lattività diagnostica né quella prescrittiva dei rimedi suggeriti e della loro modalità di assunzione.

Il giudice a quo sarebbe incorso, dunque, in una serie molteplice di errori di diritto, affermando che la complementarità dellattività dispiegata dal chiropratico giustificherebbe condotte assimilabili a quelle della professione medica; così trascurando che ogni lintervento inteso a comprendere leziologia di una sofferenza o unalterazione fisica o psichica dellindividuo ed ogni intervento preordinato a realizzare la ‑guarigione o un miglioramento delle condizioni del paziente‑ deve necessariamente implicare lintervento di un medico.

3. In prossimità dellodierna udienza in camera di consiglio il Bennati e lo Spangaro hanno depositato memorie a sostegno delle argomentazioni della sentenza impugnata.

4. Il ricorso è fondato.

Occorre, anzi tutto, rammentare come il giudice a quo abbia impropriamente richiamato lordinanza costituzionale 149/88, quale statuizione legittimante lesercizio dellattività di chiropratico da parte di soggetti non abilitati ad esercitare la professione medica, così macroscopicamente equivocando circa leffettiva statuizione contenuta in tale pronuncia.

Nelloccasione la Corte era stata investita, in riferimento agli articoli 10 e 25 della Costituzione, della questione di legittimità dellarticolo 348 Cp, sollevata nel corso di un processo a carico di tre cittadini statunitensi che avevano esercitato in Italia la professione di chiropratici senza essere in possesso della prescritta abilitazione dello Stato, sotto il profilo che la norma denunciata (che è norma penale in bianco) manca dei necessari riferimenti integrativi, in quanto, da un lato, gli atti abilitativi rilasciati negli Stati Uniti dAmerica non sono riconosciuti nella nostra Repubblica e, dallaltro lato, non esiste nel nostro Stato né un corso di laurea in chiropratica né, conseguentemente, lomologa abilitazione professionale, per cui non potrebbe applicarsi la norma penale senza violare larticolo 25 Costituzione (larticolo 10 della Costituzione risultava, peraltro, indicato nel solo dispositivo dellordinanza di rimessione, donde limpossibilità di procedere al vaglio del vulnus ad esso arrecato).

La Corte, dopo aver osservato che la fattispecie denunciata punisce soltanto chiunque eserciti abusivamente una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato e che, dunque, labuso punito dallarticolo 348 Cp consiste proprio nellesercizio di una professione, per la quale lo Stato richieda una speciale abilitazione, da parte di chi non labbia conseguita, ritenne la questione manifestamente inammissibile perché irrilevante; lo stesso giudice rimettente aveva, infatti, riconosciuto che lo Stato italiano non richiede alcuna abilitazione per la professione di chiropratico che la nostra legge ignora, mentre larticolo 2229 Cc affida, appunto, alla legge la determinazione delle professioni intellettuali per le quali è necessaria liscrizione in appositi albi o elenchi.

Stante, dunque, il disinteresse della legge ordinaria, la Corte ne ha inferito che non ha alcuna rilevanza che la chiropratica possa essere inquadrata nello schema delle professioni, giacché, fino a quando lo Stato non riterrà di disciplinarla e di richiedere per il suo esercizio una speciale abilitazione, si tratta evidentemente di un lavoro professionale tutelato, ex articolo 35, comma 1, della Costituzione, in tutte le sue forme ed applicazioni, e di una iniziativa privata libera ex articolo 41 della Costituzione, con la conseguenza che larticolo 348 Cp risulta assolutamente inapplicabile perché il fatto non e preveduto dalla legge come reato.

Da ciò pare chiaramente emergere che il ricordato disinteresse dellordinamento italiano per la professione di chiropratico vale se e sempreché lattività concretamente esercitata non implichi il compimento di operazioni che solo chi è abilitato allesercizio della professione medica può lecitamente eseguire.

5. Questa Corte è, del resto, costante nella linea interpretativa in base alla quale larticolo 348 Cp è norma penale in bianco ‑ una proposizione, peraltro, in parte da rimeditare alla stregua della sentenza costituzionale 199/93, senza che ciò possa comportare decisivi riverberi sui tracciati ermeneutici in esame, incentrandosi la detta sentenza proprio sullosservanza del principio di stretta legalità nella previsione dei fatti di reato che presuppone lesistenza di norme giuridiche diverse, qualificanti una determinata attività professionale, le quali prescrivono una speciale abilitazione dello Stato ed impongono liscrizione in uno specifico albo, in tal modo configurando le cosiddette professioni protette; così da trarne la conseguenza che leventuale lacuna normativa non può essere colmata dal giudice con la prescrizione di regole generali o astratte. La norma in esame tutela, quindi, non certo interessi di tipo corporativo, ma linteresse della collettività al regolare svolgimento delle professioni per le quali sono richieste una speciale abilitazione e la iscrizione nellalbo (cfr. la già richiamata sentenza costituzionale 199/93); con la conseguenza che la condotta costitutiva dellabusivo esercizio, deve consistere nel compimento di uno o più atti riservati in modo esclusivo alla attività professionale (sezione sesta, 29 novembre 1983, Rosellini). Tanto da far emergere che non sia il nomem della professione esercitata a designare il tipo di attività come corrispondente a quella esclusiva del medico ma la concrete operazioni eseguite, a meno che lattività (ci si riferisce a modelli di confine con lesercizio della professione medica) sia di per sé qualificabile come esercizio di competenze riservate al medico; pure se, quando la professione è regolamentata dalla legge, il superamento dei limiti da essa tracciati comporta esercizio abusivo della professione medica. In un quadro in cui fa da decisivo punto di riferimento il principio espresso dallarticolo 32 della Costituzione in base al quale La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dellindividuo e interesse della collettività, attraverso una verifica della norma ordinaria (anche incriminitrace) in chiave costituzionale, secondo una linea ermeneutica consolidata nella giurisprudenza del giudice della legittimità delle leggi (cfr., ex plurimis, la sentenza costituzionale 184/86).

6. In relazione alla prima tipologia in cui si manifesta la fattispecie di cui allarticolo 348 Cp, e sempre con riferimento allattività esclusiva del medico, questa Corte ha affermato, ad esempio, che lattività professionale di optometrista (singolarmente accostata ‑ va detto per inciso ‑ alla professione di chiropratico dal profilo professionale redatto dallAssociazione Italiana Chiropratici, un documento sul quale si avrà occasione di soffermare brevemente lattenzione più avanti) che non poteva essere prevista in occasione della regolamentazione della professione di ottico, non implica necessariamente esercizio della professione medica; demandando al giudice del merito il compito di verificare se le pratiche professionali corrispondano ad una mera attività di rilevazione e misurazione strumentale, e ad una semplice attività di ginnastica oculare ‑ nel qual caso gli optometristi devono considerarsi ausiliari del medico e spiegare unopera funzionale allespletamento della professione medica, con conseguente insussistenza del reato – oppure se esse necessariamente comportano, nella loro essenziale esecuzione, scelte e valutazioni di carattere diagnostico, tipiche dellatto medico (sezione sesta, 3 aprile 1995, Schirone). Sulla stessa linea si è affermato, in relazione alla professione medica, che si estrinseca nella capacità di individuare e

diagnosticare le malattie, nel prescriverne la cura, nel somministrare i rimedi anche se diversi da quelli ordinariamente praticati, che commette il reato di esercizio abusivo della professione medica la statuizione, peraltro, va opportunamente storicizzata chiunque esprima giudizi diagnostici e consigli, ed appresti le cure al malato; precisandosi che da tale condotta non è esclusa la psicoterapia, giacché la professione in parola è caratterizzata dal fine di guarire e non già dai mezzi scientifici adoperati: qualunque intervento curativo, pertanto, anche se si concreti nellimpiego di mezzi non tradizionali o non convenzionali da parte di chi non sia abilitato allesercizio, integra il reato previsto dallarticolo 348 Cp; così. da disattendere la decisione di merito aveva ritenuto la sussistenza del reato di esercizio abusivo della professione medica a carico degli operatori di un centro non abilitato ove i pazienti venivano sottoposti, tra laltro, a sedute psicoanalitiche (sezione seconda, 9 febbraio 1995, Avanzini).

Più di recente, ribadendo una giurisprudenza risalente a più di venti anni or sono (sezione sesta, 6 aprile 1982, De Carolis), si è ritenuto che lagopuntura, in quanto terapia invasiva che, oltre a provocare un tipico effetto ipnotico ed anestetico sul paziente, è esposta a tutti i rischi collegati ad interventi di tale natura, quali quelli di lesioni gravi causate da invasioni in parti non appropriate del corpo umano, senza contare il rischio di infezioni per luso di utensili non sterilizzati nel rispetto degli standards attualmente previsti e periodicamente verificati dai servizi sanitari, costituisce esercizio della professione medica (sezione sesta, 27 marzo 2003, Carrabba). Ed è interessante notare come mentre, allepoca in cui fu pronunciata la prima decisione, lagopuntura non costituiva materia oggetto di insegnamento nelle università italiane, allorché è stata pronunciata la seconda, la facoltà di medicina e chirurgia della facoltà di Roma La Sapienza ha inserito il bando di attivazione dei master di II livello in agopuntura per lanno 2003, il cui titolo di ammissione è il diploma di laurea in medicina e chirurgia ovvero in odontoiatria. Così da far concludere alla

sentenza di questa stessa sezione per ultimo rammentata che ha affrontato davvero organicamente e con puntuali richiami a singole attività invasive e no, la problematica dellesercizio della cosiddetta medicina alternativa, donde i decisivi riverberi anche con riferimento alla fattispecie di reato adesso al vaglio di questa Corte ‑ che «lagopuntura si esplica mediante atti propri della professione medica, oltre che per la scelta terapeutica della malattia da curare, anche per i suoi intrinseci metodi applicativi che possono definirsi clinici» (così, ancora, lampia disamina di sezione sesta, 27 marzo 2003/Carrabba).

Tale decisione ha avuto, ancora, cura di ricordare come la giurisprudenza di questa Corte sia orientata nel senso che integra il reato di esercizio della professione medica la condotta di chi effettua diagnosi e rilascia prescrizioni e ricette sanitarie per prodotti omeopatici perché tali attività rientrano nellesercizio di un, attività sanitaria che presuppone, per il legittimo espletamento, il possesso di un valido ed idoneo titolo; rimarcando che se i rimedi omeopatici non sono riconosciuti dallo Stato, certamente non sono vietati ma sono rimessi alla libera scelta dellinteressato daccordo con il suo medico curante dal quale le ricette devono essere redatte; sempre applicando larticolo 348 Cp, si ritenne, perciò, realizzato il reato in questione quando lattività non venga svolta da unesercente la professione medica e si sostanzi nella diagnosi e nella prescrizione dei rimedi suggeriti e delle modalità della loro assunzione (sezione sesta, 25 febbraio 1999, Cattaneo).

Correttamente la decisione di questa Corte più volte ricordata ha evidenziato come la giurisprudenza di legittimità abbia recepito la costruzione ermeneutica inaugurata dalla sentenza costituzionale 199/93, che ha ravvisato nellarticolo 348 Cp, una norma che, lungi dalloperare un meccanico rinvio ad altre fonti dellordinamento quali elementi strutturali del precetto, delinea esaurientemente la fattispecie in tutte le sue componenti essenziali. E ciò perché il fatto costitutivo del reato assume i connotati della antigiuridicità attraverso la realizzazione dellatto o degli atti mediante i quali abusivamente viene esercitata una determinata professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato. Con il che il provvedimento abilitativo non integra, in sé e per sé, un elemento che positivamente si iscrive nella struttura della fattispecie,

la quale, dunque, non potrebbe vivere senza di esso, ma rappresenta, al contrario, il presupposto che in negativo condiziona la capacità giuridica del soggetto in ordine allesercizio di quella specifica professione, qualificandone la condotta come abusiva per perciò stesso, illecita. Labilitazione ‑ si aggiunge più che fungere da elemento scriminante che esclude lantigiuridicità di una condotta formalmente sussumibile nel modello legale delineato dalla norma incriminatrice, opera quale condizione negativa che impedisce di ricondurre il fatto, nella sua stessa materialità, alla figura astratta delineata dal legislatore. Sul piano funzionale, poi, che lo Stato prescriva, in funzione della tutela di interessi generali, una speciale abilitazione per lesercizio di determinate professioni, è fenomeno che, a ben guardare, non si discosta da quellampia gamma di situazioni in cui provvedimenti di natura abilitativa od autorizzatoria incidono su posizioni soggettive

qualificate, determinando lapplicabilità di sanzioni penali nelle ipotesi in cui i limiti propri di quelle posizioni soggettive non siano stati rispettati. Con la conseguenza che, se la condotta non abilitata o non autorizzata ben può essere ritenuta illecita in quanto tale, essendo a tal fine sufficiente il contenuto prescrittivo offerto dal precetto penale, non vi è ragione per dubitare che anche larticolo 348 del Cp descriva una fattispecie perfetta in tutti i suoi connotati tipizzanti, senza doversi necessariamente evocare, quale ulteriore elemento descrittivo del fatto, lesatta natura, il contenuto ed i limiti dello specifico provvedimento con il quale una determinata persona è abilitata ad esercitare una certa professione. La conclusione è, dunque, nel senso che la norma penale individua come elemento necessario e sufficiente per lintegrazione della fattispecie lassenza di quella speciale abilitazione che lo Stato richiede per lesercizio della professione; il contenuto ed i limiti propri di ciascuna abilitazione non rifluiscono, invece, allinterno della struttura del fatto tipico, ma costituiscono nullaltro che un presupposto di fatto che il giudice è chiamato a valutare caso per caso.

La statuizione del giudice della legittimità delle leggi adesso rammentata assume significativo rilievo ‑ non tanto in funzione della natura primaria o secondaria del precetto che, secondo la giurisprudenza un tempo dominante assumeva valore integrativo dellarticolo 348 Cp, quanto ‑ per vagliare la disciplina delle professioni cosiddette di confine confine nellindispensabile raffronto con lattività medica, perché ciò che designa lopera dellinterprete è la necessità di pervenire ad una corretta individuazione della condotta, in modo di verificare se essa abbia il contenuto dì atti tipici della professione medica che, a norma del Dpr 221/50, può essere esercitata da coloro che, oltre ad avere conseguito la laurea e superato i prescritti esami di abilitazione, risultino iscritti negli appositi albi (così, ancora sezione sesta, 27 marzo 2003, Carrabba; nonché, 9 febbraio 1995, Avanzino; 11 maggio 1990, Mancariello, nel senso che, in relazione alla professione medica che si estrinseca nellindividuare e diagnosticate malattie, nel prescriverne la cura, nel somministrare i rimedi anche se diversi da quelli ordinariamente praticati, commette il reato di esercizio abusivo di tale professione chiunque esprima giudizi diagnostici e consigli ed appresti cure al malato).

8. Sotto il secondo ‑ meno rilevante, profilo, quello incentrato sui casi in cui lordinamento predisponga una articolata disciplina, in negativo, dellattività esercitata (una tematica che assume ora, peraltro, proprio in forza della sentenza costituzionale 199/93, valore puramente descrittivo) ‑ si è statuito che commette il reato di abusivo esercizio della professione di dentista il odontotecnico che svolga attività riservata al medico nei confronti di pazienti che si rivolgono a lui, in quanto, in virtù dellarticolo 11 del regio decreto 1334/28, è escluso ogni rapporto diretto fra paziente e odontotecnico, questultimo, essendo autorizzato unicamente a costruire apparecchi di protesi dentaria su modelli tratti dalle impronte…. fornite da medici‑chirurghi …. con le indicazioni del tipo di protesi da eseguire (articolo 11 dellora ricordato regio decreto: nella specie la Corte ha osservato che correttamente il giudice del merito aveva ritenuto che limputato dovesse rispondere del reato ascrittogli in quanto aveva. 1) esaminato il ponte di una paziente prescrivendole delle radiografie e poi esprimendo il suo giudizio al riguardo; 2) visitato un paziente che lamentava dolore ad un dente, facendolo distendere sul lettino, esaminandogli la bocca ed affermando che erano necessari altri lavori, 3) visitato un paziente, prescritto al medesimo delle radiografie, impegnandosi a stendere un preventivo; 4) esaminato la bocca di un paziente prescrivendogli radiografie nonché, allesito, lapplicazione di un apparecchio (sezione sesta, 9 novembre 1992, Cagalli; sezione prima, 12 febbraio 1997, De Luca). Si è ritenuto, ancora, che commette il reato di esercizio abusivo della professione medica (o paramedica) il biologo che, sia pure preposto a un laboratorio di analisi, effettui un prelievo di sangue venoso a fini di analisi; precisandosi che tale intervento, pur se appartenente alla ordinaria amministrazione nella pratica medica, ove non eseguito da soggetti professionalmente preparati e secondo precise tecniche e metodologie, è idoneo a ledere lintegrità fisica o addirittura a mettere a repentaglio la salute della persona su cui esso si compie, ed è di esclusiva pertinenza della professione medica o di quelle professioni paramediche, come quelle esercitate dagli infermieri professionali o dalle ostetriche, per le quali la relativa abilitazione deriva da specifiche previsioni di legge; aggiungendosi che se è vero che larticolo 3, comma 2, della legge 396/67, recante Ordinamento della professione di biologo, consente ai biologi iscritti nellalbo attività ulteriori rispetto a quelle tipicamente elencate nel comma 1 di detto articolo, tale disposizione prevede espressamente anche che simili ulteriori attività siano attribuite alla competenza dei biologi da leggi o regolamenti, e nessuna fonte normativa, primaria o regolamentare, abilita i biologi ad effettuare prelievi di sangue finalizzati allanalisi (sezione sesta, 6 dicembre 1996, Manzi).

9. Di notevole significazione appaiono, anche ai fini della definizione dellopera professionale dei chiropratici, i tentativi operati in sede legislativa di costituire uno statuto di simile attività.

Come risulta dalla relazione al disegno di legge 1605 di iniziativa del senatore Tomassini (recante il titolo Riconoscimento e disciplina giuridica della chiropratica come professione sanitaria primaria), comunicata alla Presidenza il 15 luglio 2002 (Senato della Repubblica XIV legislatura), la chiropratica nasce come professione libera negli Stati Uniti dAmerica intorno allanno 1890, una professione di fatto separata, ma non ancora alternativa, alla medicina tradizionale, caratterizzandosi per alcuni tratti comuni fondamentali, cioè per essere professione primaria (vale a dire, per laureati), comportante il diretto contatto con il paziente, per comportare il diritto e dovere di diagnosi, per essere professione con il diritto di far uso della radiologia diagnostica.

A sua volta, la Relazione al progetto di legge 1113 di iniziativa del deputato Marco Zacchera presentato il 29 giugno 2001 (Camera dei deputati XIV legislatura), nellannoverare la chiropratica tra le nuove tecniche terapeutiche, ha segnalato lurgenza della necessità di colmare una grave lacuna normativa che permette il manifestarsi di molteplici fenomeni degenerarivi quali labuso della credulità, la indubbia ciarlataneria di operatori non qualificati, la nascita sul territorio nazionale di corsi di insegnamento che non offrono alcuna garanzia di serietà e sicurezza, tutto questo approfittando dellattuale incertezza giuridica.

Entrambi gli atti di iniziativa parlamentare qualificano lattività dei chiropratici come ‑ almeno, allo stato – esclusiva della professione medica. Essa, infatti, rappresenta lapplicazione di quella disciplina scientifica che si fonda sul principio che la capacità innata dello organismo di tendere verso un equilibrio di salute è regolata e condizionata dal sistema nervoso; concerne la patogenesi, la diagnosi, la terapeutica nonché la profilassi di disturbi funzionali, precisandosi che si occupa altresì delle sindromi del dolore e degli effetti neurofisiologici relativi a disordini statici e dinamici del sistema muscolo scheletrico e che la corretta individuazione, diagnosi e trattamento delle sublussazioni è attività specifica di alto contenuto professionale rimessa unicamente al dottore in chiropratica, (articoli 1 e 2 disegno di legge 1605). O, ancora, premesso che la chiropratica è una disciplina scientifica olistica e unarte curativa‑ e che essa concerne la patogenesi, la diagnosi, la cura, la terapia nonché la profilassi di disturbi funzionali, si puntualizza che essa si occupa altresì delle sindromi del dolore e degli effetti neurofisiologici relativi a disordini statici e dinamici del sistema neuro-muscolo-scheletrico (articoli 1 e 2 della proposta di legge 1131).

Luno e laltro degli atti di iniziativa parlamentare prevedono un corso di laurea in chiropratica (della durata minima di sei o cinque anni) che abilita allo esercizio della libera professione di chiropratico previo superamento di apposito esame di Stato, prescrivendo listituzione del relativo albo professionale.

Circa le competenze del laureato in chiropratica si dispone che il professionista può esaminare, analizzare e diagnosticare, può curare, manipolare e trattare il corpo umano metodiche manuali, meccaniche, energetiche e nutrizionali ed è abilitato allutilizzo delle apparecchiature di radiologia diagnostica sulla base delliter formativo conseguito, restandogli comunque precluse sia la somministrazione di farmaci sia leffettuazione di interventi chirurgici (articolo 8 proposta di legge 1131 e disegno di legge 1605).

Tali atti di iniziativa, inseriti nellambito di un procedimento legislativo ancora in fieri, se, per un verso, sembrano costituire uno statuto dei chiropratici (almeno in parte) distinto da quello proprio degli esercenti la professione medica (singolare ‑ ma, forse, agevolmente comprensibile ‑ e soprattutto il divieto di somministrazione di farmaci), per un altro verso, delineano un assetto di sicura valenza interpretativa ai fini della verifica dei motivi di ricorso sottoposti ora al vaglio di questa Corte. ciò proprio sulla base dei criteri additati dalla giurisprudenza con riferimento alle fattispecie del primo tipo (quelle, cioè, designate dallassenza di una disciplina normativa abilitante), perché descrivono attività che ‑ almeno stando alla disciplina vigente ‑ sono esclusive della professione medica (cfr., ancora una volta, sezione sesta, 23 marzo 2003, Carrabba).

Del resto, il Profilo professionale della chiropratica redatto, sulla base di approcci legislativi comparati, dalla Associazione Italiana Chiropratici, incentra nella diagnostica e nella (complementare) visita dei pazienti il fondamentale dovere legale dei chiropratici. Anche qui, dunque, designando lattività in esame come riservata alla professione medica alla quale, pur con le differenziazioni sopra evidenziate, peraltro non rilevanti in assenza di una novazione legislativa, so no riferibili le pratiche proprie della professione di chiropratico. Tanto che, ad esempio, secondo la legislazione degli Stati Uniti dAmerica la chiropratica può pure costituire un corso di specializzazione successivo alla laurea in medicina.

10. La sentenza impugnata deve, dunque, essere annullata, con rinvio al Tribunale di Verona per nuova deliberazione. Il giudice del rinvio si atterrà ai principi di diritto sopra enunciati.

PQM

Annulla la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Verona per nuova deliberazione.