Penale

Thursday 20 May 2004

Mancato versamento di ritenute fiscali e mancato versamento di ritenute previdenziali. Secondo la consulta, la differenza sanzionatoria non è incostituzionale. ORDINANZA 29 Aprile 2004 – 7 Maggio 2004, n. 139

Mancato versamento di ritenute fiscali e mancato versamento di ritenute previdenziali. Secondo la consulta, la differenza sanzionatoria non è incostituzionale

ORDINANZA 29 Aprile 2004 – 7 Maggio 2004, n. 139

  Giudizio di legittimita’ costituzionale in via incidentale. Reati e pene – Reato di omesso versamento di ritenute previdenziali e assistenziali – Depenalizzazione – Mancata previsione – Asserita disparita’ di trattamento rispetto all’omesso versamento delle ritenute fiscali da parte del datore di lavoro quale sostituto di imposta – Manifesta infondatezza della questione. – D.L. 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, nella legge 11 novembre 1983, n. 638, art. 2, comma 1-bis. – Costituzione, art. 3, primo comma. (GU n. 19 del 12-5-2004 )

  LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

  Presidente: Gustavo ZAGREBELSKY;

  Giudici:  Valerio  ONIDA,  Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido

NEPPI  MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE,

Giovanni  Maria  FLICK,  Francesco  AMIRANTE,  Ugo  DE SIERVO, Romano

VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfonso QUARANTA;

      ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel giudizio di legittimita’ costituzionale dell’art. 2, comma 1-bis,

del  decreto-legge  12 settembre  1983,  n. 463  (Misure  urgenti  in

materia  previdenziale  e sanitaria e per il contenimento della spesa

pubblica,    disposizioni    per    vari   settori   della   pubblica

amministrazione   e  proroga  di  taluni  termini),  convertito,  con

modificazioni,   nella  legge  11 novembre  1983,  n. 638,  promosso,

nell’ambito di un procedimento penale, dal Tribunale di Reggio Emilia

con  ordinanza  del  29 maggio  2003, iscritta al n. 787 del registro

ordinanze 2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica

n. 40, 1ý serie speciale, dell’anno 2003.

    Visto  l’atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei

ministri;

    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 24 marzo 2004 il giudice

relatore Francesco Amirante.

    Ritenuto  che,  con ordinanza del 29 maggio 2003, il Tribunale di

Reggio  Emilia  ha sollevato, in riferimento all’art. 3, primo comma,

della   Costituzione,   questione   di   legittimita’  costituzionale

dell’art. 2,  comma 1-bis,  della  legge  11 novembre  1983, n. 638 –

recte: del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463 (Misure urgenti in

materia  previdenziale  e sanitaria e per il contenimento della spesa

pubblica,    disposizioni    per    vari   settori   della   pubblica

amministrazione   e  proroga   di  taluni  termini),  convertito,  con

modificazioni,  nella legge 11 novembre 1983, n. 638 – nella parte in

cui  punisce con sanzione penale il datore di lavoro che non effettua

il prescritto versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali

operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti;

        che,  in  punto  di  rilevanza  della  questione,  il giudice

remittente  osserva  che il giudizio a lui demandato – concernente il

controllo   di   cui  all’art. 129,  comma 1,  cod.  proc.  pen.,  in

riferimento  al  contestato  reato  di  omesso versamento di ritenute

previdenziali  e assistenziali, per il quale l’imputato ha concordato

con  il  pubblico  ministero  l’applicazione  della  pena  – comporta

senz’altro  la  valutazione  della  legittimita’ costituzionale della

norma   incriminatrice,   sicche’   la  risoluzione  della  sollevata

questione ha influenza decisiva sul relativo esito;

        che,  quanto  al  merito  della  questione,  il giudice a quo

sostiene che il reato attualmente contestato all’imputato e quello di

mancato  versamento delle ritenute di acconto – previsto dall’art. 2,

commi 2, 3 e 4, del decreto-legge 10 luglio 1982, n. 429, convertito,

con modificazioni, nella legge 7 agosto 1982, n. 516 (successivamente

abrogato  dall’art. 25  del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74,

recante ýNuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi

e  sul  valore  aggiunto,  a  norma  dell’articolo 9  della  legge 25

giugno 1999,  n. 205ý)  – si inserivano in egual modo nell’ambito del

rapporto   di   lavoro  e  della  sua  esecuzione,  poiche’  entrambi

sanzionavano  penalmente l’obbligo del datore di lavoro di provvedere

ad  estinguere,  attraverso il versamento delle somme trattenute allo

scopo  sulla  retribuzione,  i debiti del lavoratore verso il fisco e

verso  l’ente  previdenziale  di  appartenenza,  secondo  uno  schema

analogo a quello della delegazione di pagamento;

        che,  pertanto,  ad  avviso  del remittente, i suddetti reati

avrebbero  avuto  ýidentica  situazione  tipicaý  (il pagamento della

retribuzione)   e   identica  condotta  (l’omissione  del  versamento

dovuto),  mentre  l’unico  elemento  che li differenziava era il bene

tutelato  che, per il primo, era l’interesse degli enti previdenziali

alla  percezione  dei  contributi e, per il secondo, quello del fisco

alla riscossione dei tributi;

        che,  secondo  il  Tribunale  di  Reggio Emilia, si tratta di

interessi   ýabbastanza  omogeneiý  tra  i  quali,  quindi,  si  puo’

istituire  un  confronto al cui esito appare irragionevole che per la

sola  protezione  del  primo  dei  suddetti  interessi sia rimasta la

previsione  della  sanzione penale, mentre con la riforma operata dal

d.lgs.  n. 74 del 2000 si sia ritenuto non piu’ meritevole di analoga

sanzione  l’interesse  del  fisco,  il  quale sembra essere quello di

rango  piu’  elevato  avendo  il  fisco  compiti di maggiore ampiezza

rispetto a quelli degli enti previdenziali;

        che  e’  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio

dei  ministri,  rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello

Stato,   che   ha   concluso   per   la  dichiarazione  di  manifesta

inammissibilita’   e,   comunque,  di  manifesta  infondatezza  della

questione  sostenendo,  in  primo  luogo,  che  la  motivazione sulla

rilevanza   contenuta   nell’ordinanza   di   rimessione   non   puo’

considerarsi  esauriente e richiamando, in secondo luogo, l’ordinanza

di  questa  Corte  n. 206  del  2003  che  ha dichiarato la manifesta

infondatezza di una questione identica.

    Considerato   che  il  Tribunale  di  Reggio  Emilia  dubita,  in

riferimento   all’art. 3,  primo  comma,  della  Costituzione,  della

legittimita’    costituzionale    dell’art. 2,    comma 1-bis,    del

decreto-legge  12 settembre  1983,  n. 463 (Misure urgenti in materia

previdenziale e sanitaria e per il contenimento della spesa pubblica,

disposizioni  per  vari  settori  della  pubblica  amministrazione  e

proroga  di  taluni  termini),  convertito,  con modificazioni, nella

legge 11 novembre 1983, n. 638;

        che,  secondo  il  remittente, il reato di mancato versamento

delle  ritenute previdenziali da parte del datore di lavoro, previsto

dalla  norma censurata, presenta elementi di analogia con il reato di

omesso  versamento  delle  ritenute  fiscali  da  parte del datore di

lavoro quale sostituto di imposta, reato che era previsto dall’art. 2

del  decreto-legge  n. 429  del  1982, convertito, con modificazioni,

nella  legge n. 516 del 1982, il quale e’ stato abrogato dall’art. 25

del d.lgs. n. 74 del 2000;

        che  l’eccezione di inammissibilita’ sollevata dal Presidente

del  Consiglio  dei  ministri  non  puo’  essere accolta in quanto il

remittente   ha   sufficientemente  motivato  sulla  rilevanza  della

questione;

         che  questa  Corte, con ordinanza n. 206 del 2003, successiva

all’atto   introduttivo  del  presente  giudizio,  ha  dichiarato  la

manifesta  infondatezza  di  una  identica  questione  sollevata  dal

medesimo remittente;

        che   in  tale  decisione  si  e’  richiamato  il  principio,

costantemente  affermato  da  questa Corte, secondo cui uno scrutinio

che  investa  direttamente  il  merito delle scelte sanzionatorie del

legislatore  e’ possibile soltanto ýove l’opzione normativa contrasti

con  il principio di eguaglianza, sotto il profilo dell’arbitrarieta’

o  della  manifesta  irragionevolezzaý  (sentenze  n. 287  del 2001 e

n. 313  del  1995 nonche’ ordinanze n. 109 del 2004, n. 323 del 2002,

n. 110 del 2002, n. 144 del 2001 e n. 58 del 1999);

        che  tale  situazione  non  e’ ravvisabile nel caso in esame,

data   la   disomogeneita’  della  fattispecie  oggetto  della  norma

censurata   rispetto   al   tertium   comparationis  individuato  dal

remittente;

        che,   infatti,   gli   obblighi  tributari  e  gli  obblighi

previdenziali  di  cui si tratta, pur rientrando nell’ampia categoria

delle  obbligazioni  pubbliche, sono correlativi a interessi diversi,

rispettivamente  presi  in  considerazione  dai  due diversi precetti

costituzionali di cui agli articoli 53 e 38 della Costituzione;

        che  per  assicurare  il  rituale  adempimento  dei  suddetti

obblighi  sono prevedibili diversi e specifici sistemi nell’ambito di

ciascuno  dei  quali  la sanzione penale rappresenta soltanto uno dei

mezzi cui il legislatore puo’ ricorrere, sicche’ la valutazione della

ragionevolezza  delle  diverse  opzioni  sanzionatorie  prescelte  va

effettuata  nell’ambito  di ciascun sistema e comunque ýrientra nella

piu’  ampia  discrezionalita’  legislativa,  non spettando alla Corte

rimodulare  le  scelte  punitive  del  legislatore  ne’  stabilire la

misuraý  (v.  ordinanza  n. 323 del 2002 citata) e la tipologia delle

sanzioni;

        che  l’ordinanza  di  rimessione  introduttiva  del  presente

giudizio   non  prospetta  profili  o  argomentazioni  differenti  ed

ulteriori rispetto a quelli gia’ scrutinati;

        che   la   questione   deve   essere,   pertanto,  dichiarata

manifestamente infondata.

    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,

n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi

davanti alla Corte costituzionale.

                                 Per questi motivi

                       LA CORTE COSTITUZIONALE

    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di

legittimita’    costituzionale    dell’art. 2,    comma 1-bis,    del

decreto-legge  12 settembre  1983,  n. 463 (Misure urgenti in materia

previdenziale e sanitaria e per il contenimento della spesa pubblica,

disposizioni  per  vari  settori  della   pubblica  amministrazione  e

proroga  di  taluni  termini),  convertito,  con modificazioni, nella

legge 11 novembre 1983, n. 638, sollevata, in riferimento all’art. 3,

primo  comma, della Costituzione, dal Tribunale di Reggio Emilia, con

l’ordinanza indicata in epigrafe.

    Cosi’  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,

Palazzo della Consulta, il 29 aprile 2004.

                     Il Presidente: Zagrebelsky

                       Il redattore: Amirante

                       Il cancelliere:Di Paola

    Depositata in cancelleria il 7 maggio 2004.

               Il direttore della cancelleria:Di Paola