Penale

Tuesday 17 February 2004

Legittima la confisca dei videopoker dopo la sentenza di patteggiamento? Lo stabiliranno le Sezioni Unite della Cassazione. Cassazione Sezione terza penale (cc) ordinanza 11 dicembre 2003-10 febbraio 2004, n. 5198

Legittima la confisca dei videopoker dopo la sentenza di patteggiamento? Lo stabiliranno le Sezioni Unite della Cassazione

Cassazione – Sezione terza penale (cc) – ordinanza 11 dicembre 2003-10 febbraio 2004, n. 5198

Presidente Savignano – relatore Grillo

Ricorrente Salvador

Fatto e diritto

Il Gip presso il Tribunale di Udine, con la sentenza indicata in premessa, a seguito di opposizione a decreto penale di condanna, applicava a Salvador Luigino ‑ ex articolo 444 Cpp – la pena di giorni 40 di arresto ed € 516,46 di ammenda, sostituendo la pena detentiva con quella pecuniaria corrispondente, in ordine ai reati continuati di cui agli articoli 110 Tulps e 718, 719 n. 2, 721 Cp, per avere, quale gestore del pubblico esercizio “Bar Rocco” sito in Varmo (UD), ivi installato otto videopoker, da considerarsi, per le loro

caratteristiche specifiche, giochi d’azzardo.

Ricorre per cassazione l’imputato, deducendo:

1) errata applicazione di legge e violazione dell’articolo 129 Cpp in relazione agli articoli 718, 719 n. 2 e 721 Cp, nonché carenza assoluta di motivazione in ordine alla sussistenza dei reati rubricati;

2) erronea applicazione degli articoli 110, comma 9, Tulps, 722 Cp, 445 Cpp e 240 Cp, con riferimento alla disposta confisca di quanto in sequestro e distruzione delle schede elettroniche del gioco, con conseguente violazione di legge, non essendovi alcun elemento atto a delineare la sussistenza del reato di cui all’articolo 718 Cp;

3) violazione del divieto dell’interpretazione analogica in materia penale, in quanto la detta misura di sicurezza patrimoniale può essere ordinata. a norma dell’articolo 445 Cpp, solo nei casi previsti dall’articolo 240, comma 2, Cp; gli apparecchi, infatti, non costituiscono il prezzo del reato e la loro detenzione ed uso non sono in ogni caso vietati, ma solo con riferimento a particolari modalità di utilizzo; cosi pure il denaro non poteva essere confiscato con la sentenza di patteggiamento, per i limiti posti dall’articolo 445 Cpp; inoltre i mobili in cui erano inserite le schede non potevano essere comunque oggetto di confisca, essendo beni distinti dalla schede stesse, ed assolutamente leciti sotto ogni profilo.

La prima doglianza ‑ riguardante la motivazione della sentenza impugnata in punto responsabilità, che si assume completamente carente, e quindi in ordine alla affermata mancanza delle condizioni per una pronuncia ex articolo 129 Cpp ‑ è manifestamente infondata.

Deve ricordarsi infatti che, per costante giurisprudenza, è inammissibile il ricorso per cassazione per difetto di motivazione relativamente alla sussistenza dell’elemento psicologico e/o materiale del reato, e alla determinazione della pena. da parte del!’imputato, a seguito di patteggiamento, avendo il predetto rinunciato ad  avvalersi della possibilità di contestare l’accusa ed avendo concordato la condanna, per cui la sentenza ex articolo 444 Cpp è ricorribile, oltre, che per errores in procedendo solo per mancato proscioglimento, ricorrendone le condizioni, ai sensi dell’articolo 129 Cpp.

Peraltro, per quanto concerne il giudizio negativo sulla ricorrenza di alcuna delle ipotesi previste dall’articolo 129 Cpp, l’obbligo di una specifica motivazione sussiste, per la natura stessa della delibazione, soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle dichiarazioni delle parti risultino elementi concreti in ordine alla non ricorrenza delle suindicate ipotesi, essendo sufficiente ‑ in caso contrario ‑ la semplice enunciazione, anche implicita, di aver effettuato con esito negativo la verifica richiesta dalla legge, e cioè che non ricorrono gli estremi per la pronuncia di sentenza di proscioglimento ex articolo 129 (Su 27 marzo 1992, Di Benedetto).

Nel caso in esame, alla luce delle considerazioni che precedono, non solo mancano elementi dai quali dedurre che s’imponeva una specifica motivazione sul punto in questione, ma inoltre il giudice ha specificamente indicato le ragioni che l’hanno indotto a ritenere insussistenti i presupposti per il proscioglimento dell’imputato nel merito.

Essendo manifestamente infondata la censura di cui sopra, thema decidendum rimane quello di cui alla seconda doglianza, e cioè la confiscabilità di quanto in sequestro, a seguito di sentenza pronunziata ex articolo 444 Cpp.

Sul punto la giurisprudenza di questa Corte non è univoca.

Secondo l’orientamento maggioritario (Cassazione sezione terza, 22 ottobre 2003, Sanchez Uroz; 16 maggio 2003, Caruso; 3315/99, Sciacovelli; 3851/95, Cifuni; 3450/94, Solimando; 687/93, Sanità) , i videogiochi, anche se destinati o destinabili al gioco d’azzardo, non sono certamente il prezzo del reato, né hanno carattere intrinsecamente criminoso, per cui di essi non può essere disposta la confisca con la sentenza a pena patteggiata. L’articolo 445, infatti, consente la confisca ‑ a seguito di sentenza di patteggiamento ‑ solo nelle ipotesi previste dall’articolo 240, comma 2, Cp, e perciò soltanto delle cose che costituiscano il prezzo del reato, ovvero delle cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisca reato.

Secondo un diverso orientamento (Cassazione sezione terza, 487/03, Dini; sezione quarta, 17782/01, Colombari; sezione terza, 8542/01, Gilioli), invece, il carattere obbligatorio della confisca è fissato dalla legge speciale e prescinde dalla disciplina generale posta dall’articolo 240 Cp, per cui la misura è applicabile anche in caso di “patteggiamento” e di proscioglimento per estinzione del reato. Inoltre il carattere intrinsecamente criminoso degli apparecchi e congegni de quibus sarebbe deducibile dalla espressa previsione della loro distruzione, stabilita dal comma nono dell’articolo 110 Tulps, come modificato dalla legge 289/02.

Va evidenziato che l’ultima formulazione del menzionato articolo 110, ad opera del Dl 269/03 convertito in legge 326/03, non tocca la specifica disposizione di cui sopra, e quindi non contribuisce a risolvere la vexata quaestio.

Tanto premesso, appare decisiva ai fini del presente giudizio, considerata l’infondatezza della prima censura, la soluzione della detta controversa questione di diritto, dettagliatamente argomentata dalle richiamate sentenze, alle quali si fa rinvio.

PQM

La Corte, visto l’articolo 618 Cpp, rimette il ricorso alle Su.