Tributario e Fiscale

Tuesday 04 October 2005

Legge 30 dicembre 2004, n. 311 – Nuove disposizioni in materia d’imposta sul valore aggiunto Agenzia delle Entrate CIRCOLARE N. 41 del 26.09.2005

Legge 30 dicembre 2004, n. 311 – Nuove disposizioni in materia d’imposta
sul valore aggiunto

Agenzia delle Entrate

CIRCOLARE N. 41 del 26.09.2005

Premessa

La presente circolare illustra le principali modifiche apportate dalla
legge 30 dicembre 2004, n. 311 (in avanti finanziaria 2005) alla disciplina
dell’imposta sul valore aggiunto.

Le nuove disposizioni concernono le seguenti tematiche:

– disciplina Iva per i raccoglitori occasionali di tartufi;

– individuazione dei soggetti tenuti a presentare la
dichiarazione Iva in via telematica;

– previsione dell’obbligo di comunicare in via telematica i dati
identificativi di autoveicoli, motoveicoli e rimorchi
acquistati in ambito comunitario;

– proroga delle disposizioni sulla indetraibilità dell’Iva afferente le operazioni aventi ad
oggetto ciclomotori, motocicli, autovetture ed autoveicoli;

– comunicazione delle dichiarazioni d’intento rilasciate
dagli esportatori abituali;

– solidarietà del cessionario nel pagamento dell’Iva;

– trattamento Iva delle prestazioni socio assistenziali
da parte di cooperative e loro consorzi.

1. Disciplina Iva raccoglitori
occasionali di tartufi

Ai sensi dell’articolo 1, comma 109, della finanziaria 2005 i soggetti
che, nell’esercizio di impresa, acquistano tartufi da
raccoglitori dilettanti ed occasionali non muniti di partita Iva sono tenuti ad
emettere autofattura nei termini e con le modalità di
cui all’articolo 21 del D.P.R. del 26 ottobre 1972 n. 633. In deroga alle
disposizioni del predetto articolo 21, non devono essere indicate nel documento
emesso le generalità del cedente.

I soggetti obbligati ad emettere l’autofattura
sono tenuti a versare all’erario, senza diritto di detrazione, l’Iva relativa alle operazioni autofatturate.

Da parte sua, il raccoglitore dilettante od occasionale non munito di partita Iva che ceda i tartufi non è tenuto ad assolvere
alcun obbligo ai fini dell’Iva. Il medesimo raccoglitore dovrà, tuttavia,
indicare nella propria dichiarazione dei redditi, ai fini della determinazione
del relativo reddito commerciale, l’ammontare dei corrispettivi percepiti e
delle spese inerenti all’attività occasionalmente esercitata, ai sensi
dell’articolo 67, lettera i), del TUIR.

La non detraibilità dell’Iva
esposta nelle autofatture non consente, in relazione alla successiva cessione del prodotto, di
avvalersi del regime di esenzione di cui all’articolo 10, n. 27-quinquies) del
D.P.R. n. 633 del 1972.

Come chiarito con circolare n. 328 del 24 dicembre 1997 (cap. 1.1.2.),
infatti, il citato articolo 10, n. 27-quinquies) prevede l’esenzione
dall’imposta sul valore aggiunto per "le cessioni che hanno per oggetto beni acquistati o importati senza il diritto
alla detrazione totale della relativa imposta ai sensi degli articoli 19,
19-bis1 e 19 bis2", vale a dire con esclusivo riferimento ad operazioni in
cui l’impossibilità di detrarre l’Iva è fisiologica, in quanto dipendente
dall’applicazione delle regole strutturali che disciplinano l’istituto della
detrazione.

Nel caso in esame, invece, il legislatore ha voluto stabilire una "indetraibilità oggettiva", senza collocarla nelle
ipotesi strutturali di cui al citato articolo 19-bis1. Peraltro, a voler
ritenere applicabile l’articolo 10, n. 27-quinquies), l’imprenditore sarebbe
sottoposto ad un doppio regime Iva, con applicazione, nel caso di successiva
cessione del bene, dell’esenzione, per i tartufi acquistati da raccoglitori
dilettanti od occasionali, e del regime di imponibilità,
per gli acquisti da imprenditori, con una disparità di trattamento delle
operazioni di cessione relative al medesimo bene che non troverebbe
giustificazione nella logica strutturale del tributo.

Si richiama l’attenzione sull’ulteriore
obbligo, di natura non fiscale, cui sono tenuti coloro che commercializzano i
tartufi, diretto al controllo della provenienza territoriale degli stessi, a
fini di tutela del prodotto nazionale. Il comma 109, del citato articolo 1
della finanziaria 2005, impone ai cessionari di comunicare annualmente alle
regioni di appartenenza la quantità del prodotto
acquistato e la sua provenienza territoriale. Al momento della vendita,
inoltre, gli stessi soggetti sono tenuti a certificare la provenienza del
prodotto, la data di raccolta e quella di acquisto.

2. Esonero dalla presentazione della
dichiarazione Iva in forma telematica per i contribuenti
persone fisiche con volume d’affari inferiore a 10.000 euro

La disposizione dell’articolo 1, comma 377, della finanziaria 2005 ha
ridotto la soglia oltre la quale diviene obbligatorio
presentare per via telematica le dichiarazioni in materia d’imposta sui
redditi, dell’imposta regionale sulla attività produttive e dell’imposta sul
valore aggiunto, compresa quella unificata, di cui all’articolo 3, comma 1, del
D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322.

Per effetto della intervenuta modifica,
l’articolo 3, comma 2, del D.P.R n. 322 del 1998
citato, prevede ora che tutte le dichiarazioni Iva siano
presentate per via telematica, direttamente o attraverso gli intermediari
abilitati, fatta eccezione per le dichiarazioni dovute da persone fisiche che
abbiano realizzato un volume d’affari inferiore o pari a 10.000 euro. In
precedenza, la soglia era fissata in lire 50 milioni.

3. Comunicazioni in forma telematica
dei dati identificativi di autoveicoli, motoveicoli e
rimorchi nuovi acquistati in ambito comunitario

L’articolo 1, comma 378, della finanziaria 2005 introduce disposizioni
in materia di acquisti intracomunitari
di mezzi di trasporto nuovi, disciplinati dagli articoli 38, comma 4, e 53 del
D.L. 30 agosto 1993, n. 331, convertito dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427.

Con l’intento di contrastare più efficacemente le operazioni di frode effettuate nel settore degli autoveicoli, motoveicoli e loro
rimorchi oggetto di operazioni comunitarie, la disposizione in commento prevede
che: "Ai fini dell’applicazione dell’articolo 53, comma 3, del
decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla
legge 29 ottobre 1993, n. 427, i soggetti di imposta trasmettono al
Dipartimento dei trasporti terrestri, entro il termine di quindici giorni
dall’acquisto e, in ogni caso, prima dell’immatricolazione, il numero
identificativo intracomunitario nonchè
il numero di telaio degli autoveicoli, motoveicoli e loro rimorchi acquistati.
Per i successivi passaggi interni precedenti l’immatricolazione
il numero identificativo intracomunitario è
sostituito dal codice fiscale del fornitore. In mancanza delle informazioni da parte dei soggetti di imposta gli uffici preposti non procedono
all’immatricolazione. La comunicazione è altresì effettuata,
entro il termine di quindici giorni dalla vendita, anche in caso di cessione intracomunitaria o di esportazione dei medesimi
veicoli".

In attuazione del comma 379, che rinvia a successivi provvedimenti la
determinazione dei contenuti e delle modalità delle predette comunicazioni, è stato emanato il decreto congiunto del Capo del
Dipartimento dei Trasporti terrestri e del Direttore dell’Agenzia delle Entrate
8 giugno 2005 (pubblicato nella G.U. n. 154 del 5 luglio 2005), la cui entrata
in vigore è stabilita al 1 settembre 2005.

Al riguardo, dal lato soggettivo, l’articolo 1, comma 1, del decreto 8
giugno 2005 precisa che i soggetti operanti nell’esercizio di
imprese, arti e professioni i quali acquistano autoveicoli, motoveicoli
e loro rimorchi nuovi provenienti da Stati dell’unione europea o da quelli
aderenti allo spazio economico europeo (Islanda, Liechtenstein
e Norvegia), sono tenuti a comunicare al Dipartimento dei trasporti terrestri
del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, anche se il cedente non è
soggetto passivo d’imposta, i seguenti dati (articolo 2, comma 1 del decreto):

a. il proprio codice
fiscale e denominazione;

b. il numero
identificativo intracomunitario e la denominazione
del fornitore, ovvero i dati anagrafici del fornitore qualora quest’ultimo non sia in possesso di numero identificativo intracomunitario (per essere soggetto appartenente ad uno
Stato aderente allo spazio economico europeo ovvero non operante nell’esercizio
di imprese, arti e professioni);

c. il numero di telaio dell’autoveicolo,
motoveicolo e rimorchio nuovo oggetto dell’acquisto;

d. la data dell’acquisto.

Anche i soggetti Iva che intervengono come
cessionari in passaggi interni – successivi all’acquisto intracomunitario
– sono chiamati ad assolvere una formalità analoga a quella cui è tenuto
l’acquirente comunitario, nell’eventualità che all’immatricolazione del veicolo
non abbiano provveduto i suoi danti causa. L’articolo 2, comma 2, del citato
decreto evidenzia, infatti, che ciascun cessionario deve comunicare i dati relativi al trasferimento dei veicoli se non ancora
immatricolati. In tale caso, in sostituzione del numero identificativo intracomunitario e della denominazione del fornitore, deve
comunicare il codice fiscale e la denominazione del cedente nazionale.

Le nuove disposizioni introdotte dalla finanziaria 2005 estendono il
divieto di immatricolazione, previsto dall’art. 53,
comma 3, del D.L. n. 331 del 1993, anche ai casi in cui l’acquirente
comunitario e i successivi cessionari non abbiano provveduto ad effettuare le prescritte comunicazioni.

L’obbligo di comunicazione interessa anche i veicoli non ancora
immatricolati – oggetto di acquisto intracomunitario (o provenienti da Stati aderenti allo
spazio economico europeo) – qualora costituiscano oggetto di cessione intracomunitaria o di esportazione.

Al verificarsi dell’ultima ipotesi rappresentata, l’articolo 2, comma 3,
del decreto prevede che la comunicazione debba contenere:

a) il codice fiscale e la denominazione (oppure la
ditta o la ragione sociale) dell’operatore residente tenuto alla comunicazione;

b) il numero di telaio dell’autoveicolo, motoveicolo, e rimorchio nuovo
oggetto della cessione o della esportazione;

c) la data dell’acquisto;

d) la data della cessione intracomunitaria o
dell’esportazione.

Come chiarito dall’articolo 1, comma 3, del decreto, qualora le imprese
esercenti attività nel settore del commercio di autoveicoli,
motoveicoli e loro rimorchi nuovi siano rappresentanti accreditate dalle case
costruttrici presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, le
stesse sono tenute a comunicare telematicamente al
sistema informativo centrale del
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti i soli dati tecnici dei veicoli
da immatricolare (vale a dire numero di telaio dell’autoveicolo, motoveicolo e
rimorchio nuovo nonchè data dell’acquisto).

I soggetti, infine, che acquistano autoveicoli, motoveicoli e loro
rimorchi nuovi al di fuori dell’esercizio di imprese,
arti o professioni, ai fini dell’immatricolazione sono unicamente tenuti a
produrre agli uffici competenti l’attestato di pagamento dell’Iva sugli
acquisti (tramite modello F24), ai sensi dell’articolo 6 del decreto del
Ministro delle finanze del 19 gennaio 1993, oppure la dichiarazione sostitutiva
di certificazione dell’avvenuto versamento dell’imposta, ai sensi dell’articolo
46, lettera p), del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 (articolo 1, comma 2).

L’articolo 3 del decreto, nell’indicare le modalità di
effettuazione della comunicazione, precisa che la stessa si considera
eseguita al momento del rilascio della ricevuta da parte dell’ufficio
destinatario e che la comunicazione deve essere effettuata, sia nel caso di
acquisto che di cessione intracomunitaria o di
esportazione, entro 15 giorni dall’operazione e, comunque, prima della
presentazione della domanda d’immatricolazione. Il termine di 15 giorni
decorre, in caso di acquisto intracomunitario,
dalla data di consegna o d’arrivo del veicolo nel territorio dello Stato ai
sensi dell’articolo 39 del D.L. n. 331 del 1993 mentre, in caso di cessione intracomunitaria o di esportazione,
dalla data di consegna o spedizione ai sensi degli articoli 6 e 8 del D.P.R.
633 del 1972.

L’ufficio periferico del Dipartimento per i trasporti terrestri procede
all’immatricolazione degli autoveicoli, motoveicoli e loro rimorchi nuovi soltanto
dopo aver riscontrato la presenza, nell’archivio informatico,
dei dati di cui all’articolo 2, commi 1 e 2 del
decreto.

L’articolo 1, comma 380, della finanziaria 2005 prevede che con la
convenzione prevista dall’articolo 1, comma 1-bis, del regolamento approvato
con D.P.R. 19 settembre 2000, n. 358, il Ministero delle infrastrutture e dei
trasporti, l’Agenzia delle Entrate e l’Agenzia delle
Dogane definiranno la procedura di trasmissione telematica alle predette
Agenzie delle informazioni inviate dai
soggetti d’imposta di cui al comma 378 del medesimo articolo.

Il successivo comma 382 prevede che l’Agenzia
delle entrate condivida con la Guardia di Finanza le informazioni
risultanti dalle comunicazioni di cui al comma 378.

Dette comunicazioni, sostituendo i supporti cartacei, consentiranno
altresì di disporre di informazioni
utili ai fini di una proficua selezione delle operazioni suscettibili di
controllo. In particolare, gli uffici dell’Agenzia potranno controllare se la
Partita Iva dell’acquirente risulta attiva o se è
avvenuto il versamento dell’imposta tramite modello F24. La disposizione
consentirà, altresì, di interscambiare più
rapidamente le informazioni con le
autorità fiscali estere.

4. Proroga delle disposizioni sulla indetraibilità dell’Iva
afferente le operazioni aventi per oggetto ciclomotori, motocicli, autovetture
e autoveicoli

Il comma 503, modificando l’articolo 30, comma 4 della legge 23 dicembre
2000, n. 388 (legge finanziaria 2001), ha prorogato sino al 31 dicembre 2005 il
regime di indetraibilità
dell’imposta sul valore aggiunto afferente le operazioni aventi per oggetto
ciclomotori, motocicli, autovetture e autoveicoli di cui alla lettera c), comma
1, dell’articolo 19-bis1 del D.P.R. n. 633 del 1972.

Si rammenta che per l’acquisto,
l’importazione e l’acquisizione mediante contratti di locazione finanziaria,
noleggio e simili, dei suddetti beni, è ammesso in detrazione il 10%
dell’imposta addebitata, elevato al 50% per i veicoli con propulsori non a
combustione interna (veicoli elettrici).

Resta ferma l’indetraibilità totale dell’Iva
per le operazioni di acquisizione dei componenti e
ricambi, per i servizi di impiego, custodia, manutenzione e riparazione, nonché
per l’approvvigionamento di carburanti e lubrificanti destinati ai veicoli in
oggetto.

5. Comunicazione delle dichiarazioni
d’intento rilasciate dagli esportatori abituali

Il comma 381 dell’articolo 1 della finanziaria 2005 integra l’articolo 1, comma 1, lettera c) del decreto legge 29
dicembre 1983, n. 746, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio
1984, n. 17, introducendo l’obbligo per i cedenti o prestatori, che emettono
fattura senza applicazione dell’imposta sul valore aggiunto nei confronti degli
esportatori abituali, di comunicare in via telematica all’Agenzia delle
entrate, entro il giorno 16 del mese successivo, i dati contenuti nelle
dichiarazioni d’intento ricevute.

5.1. Gli esportatori abituali e la
dichiarazione d’intento

A norma dell’articolo 8 del d.P.R.
n. 633 del 1972, i c.d. "esportatori abituali" (ossia i soggetti che
hanno realizzato nell’anno solare precedente (se il plafond è calcolato su base
annuale) ovvero nei dodici mesi precedenti (plafond su base mensile) cessioni
all’esportazione, operazioni assimilate, servizi internazionali, servizi e
cessioni intracomunitarie in misura superiore al
dieci per cento del volume d’affari del medesimo periodo (al netto delle
cessioni di beni in transito o depositati nei luoghi soggetti a vigilanza
doganale di cui all’articolo 7, secondo comma del medesimo d.P.R. n. 633) possono acquistare e importare beni e
servizi senza applicazione dell’Iva.

In particolare, il menzionato articolo 8 dispone che gli acquisti senza
applicazione dell’imposta non possono superare l’ammontare delle operazioni di esportazione e assimilate, operazioni intracomunitarie
e servizi internazionali registrati nel periodo di riferimento (c.d. plafond);
prima di avvalersi della facoltà di effettuare le operazioni senza
l’applicazione dell’imposta, gli esportatori abituali devono consegnare o
inviare ai propri cedenti o prestatori una dichiarazione d’intento redatta in
conformità al modello approvato con Decreto Ministeriale 6 dicembre 1986.

L’obbligo di dare comunicazione delle dichiarazioni d’intento ricevute
dagli esportatori abituali, introdotto dalla finanziaria 2005,
è posto a carico dei cedenti/prestatori e si aggiunge agli altri adempimenti
già contemplati dalla normativa vigente per entrambi i soggetti.

Si ricorda che:

a) ai sensi dell’articolo 1, comma 2, del d.l. n. 746 del 1983, la
dichiarazione d’intento "redatta in duplice esemplare, deve essere
progressivamente numerata dal dichiarante e dal fornitore o prestatore,
annotata entro i quindici giorni successivi a quello di emissione
(per gli esportatori abituali) o ricevimento (per i cedenti/prestatori), in un
apposito registro (c.d. "registro delle dichiarazioni d’intento")
tenuto a norma dell’art. 39 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, e successive
modificazioni, e conservata a norma dello stesso articolo";

b) l’articolo 2, comma 3, della legge 18 febbraio 1997, n. 28 consente
di registrare le predette dichiarazioni d’intento "in apposita
sezione dei registri di cui agli artt. 23 (registro
fatture) o 24 (registro corrispettivi)" del d.P.R. n. 633 del 1972;

c) il medesimo articolo 1, comma 2, ultimo periodo del
d.l. n. 746 del 1983, dispone che "gli estremi della dichiarazione
devono essere indicati nelle fatture emesse (dai cedenti/prestatori) in base ad
essa", mentre ai sensi dell’articolo 21, comma 6,
del dPR n. 633 del 1972, per le operazioni non
imponibili la fattura "in luogo dell’indicazione dell’ammontare
dell’imposta, reca l’annotazione che si tratta (omissis…) di operazione
(omissis…) non imponibile (omissis…), con l’indicazione della relativa
norma";

d) il cedente/prestatore, infine, è tenuto a riscontrare che la
dichiarazione d’intento sia conforme al modello approvato con il d.m. 6 dicembre 1986 e che
contenga tutte le indicazioni ivi previste. In particolare, posto che "la
dichiarazione può riguardare anche più operazioni tra le stesse parti" (cfr. articolo 1, comma 1, lettera
c) del d.l. n. 746 del 1983), il modello deve contenere l’indicazione che la
dichiarazione ha valore per l’unica operazione ivi indicata, o per più operazioni effettuate nell’anno solare e fino a concorrenza
di un determinato ammontare imponibile, ovvero per più operazioni effettuate
nell’anno solare entro un certo periodo di tempo.

5.2. Il contenuto della comunicazione
delle dichiarazioni d’intento

Per effetto del disposto del comma 381 in
commento "…il cedente o prestatore deve comunicare all’Agenzia delle
entrate, esclusivamente per via telematica entro il giorno 16 del mese
successivo, i dati contenuti nella dichiarazione ricevuta". Il cedente/prestatore deve rendere la comunicazione anche se,
nonostante il ricevimento della dichiarazione d’intento, non abbia ancora
effettuato alcuna operazione nei confronti dell’esportatore abituale.

La comunicazione dei dati contenuti nelle dichiarazioni d’intento deve
avvenire esclusivamente per via telematica, direttamente o tramite intermediari
abilitati, utilizzando il modello approvato con provvedimento del Direttore
dell’Agenzia delle entrate del 14 marzo 2005 – in attuazione
del comma 385 della finanziaria 2005.

In particolare, nel modello di comunicazione (disponibile nei siti
Internet dell’Agenzia delle entrate www.gov.it
e del Ministero dell’Economia e delle Finanze www.gov.it vanno indicati:

1. le generalità del soggetto che ha ricevuto le dichiarazioni
d’intento:

a) per le persone fisiche: i dati
anagrafici, la residenza anagrafica o domicilio fiscale, l’eventuale Stato
estero di residenza, il codice Stato estero, il numero di identificazione
Iva nello Stato estero per i soggetti non residenti;

b) per i soggetti diversi dalle
persone fisiche: la natura giuridica, la sede legale o il domicilio fiscale, lo
Stato estero di residenza, il codice Stato estero, il numero di
identificazione Iva nello Stato estero per i soggetti non residenti;

2. l’anno e il mese (periodo di riferimento) in
cui le dichiarazioni d’intento sono state ricevute;

3. la partita Iva del dichiarante;

4. i dati relativi al rappresentante che
sottoscrive la comunicazione, se diverso dal dichiarante;

5. i dati dell’intermediario abilitato che ha
eventualmente assunto l’impegno alla presentazione telematica della
comunicazione.

I campi del quadro (DI) destinato a riportare i dati relativi
alle dichiarazioni d’intento, a loro volta, devono essere compilati per
ogni singola dichiarazione ricevuta e devono contenere:

1. i dati identificativi del cessionario o committente che intende
avvalersi della facoltà di acquistare senza imposta;

2. i numeri progressivi attribuiti da entrambi i
soggetti (esportatore abituale e cedente/prestatore) alla dichiarazione
emessa/ricevuta;

3. l’indicazione che la dichiarazione d’intento
si riferisce in alternativa:

a) ad una sola operazione per
l’importo indicato;

b) alle operazioni
dell’anno solare fino a concorrenza dell’importo indicato;

c) alle operazioni
comprese in un determinato periodo (che, come già detto in precedenza, non può
eccedere l’anno solare).

L’obbligo di comunicare i dati contenuti nelle dichiarazioni d’intento
ricevute ha effetto dal 1 gennaio 2005, e pertanto il primo termine di
comunicazione scadeva il 16 febbraio 2005. Tuttavia,
il Provvedimento di approvazione del modello di
comunicazione ha previsto al punto 1.3. che "in fase di prima
applicazione, conformemente a quanto disposto dall’art. 3, comma 2, della legge
27 luglio 2000, n. 212, i dati delle dichiarazioni d’intento ricevute entro il
30 aprile 2005 e relative all’anno in corso possono essere comunicati mediante
presentazione di un modello entro il 16 maggio 2005, avendo cura, in tal caso,
di indicare il valore 4 nel campo relativo al periodo di riferimento".

Come per le altre dichiarazioni e comunicazioni inviate telematicamente, la prova della presentazione della
comunicazione è data dall’attestazione rilasciata dall’Agenzia delle entrate
entro i cinque giorni lavorativi successivi alla ricezione della comunicazione
stessa.

Si ricordi che, anche per le comunicazioni delle dichiarazioni
d’intento, si considerano tempestive quelle trasmesse entro i termini ma
scartate dal servizio telematico utilizzato, purché
ritrasmesse entro i cinque giorni successivi a quello in cui l’Agenzia delle
entrate abbia comunicato il motivo dello scarto.

5.3. La modifica della comunicazione
delle dichiarazioni d’intento

Nell’ipotesi in cui, prima della scadenza del termine di presentazione,
il contribuente intenda rettificare o integrare una
comunicazione già presentata, è possibile inviarne una nuova, completa in tutte
le sue parti, barrando la casella "correttiva nei termini".

Scaduto il termine di presentazione non è, invece, più ammissibile
rettificare o integrare la comunicazione già inviata che, pertanto, se errata o
incompleta sarà soggetta alle sanzioni previste dai commi 383 e 384 più avanti
illustrate.

Se, nel corso del tempo, l’esportatore abituale
intende incrementare l’ammontare del plafond disponibile già dichiarato al
proprio fornitore, egli deve inviare una nuova dichiarazione d’intento i cui
dati, pertanto, devono essere comunicati dal cedente/prestatore entro i termini
previsti dalla legge.

Le disposizioni che disciplinano gli adempimenti dell’esportatore
abituale non prevedono, invece, l’invio della
dichiarazione d’intento nell’ipotesi in cui l’esportatore intenda rettificare
in diminuzione l’ammontare del plafond disponibile già comunicato, ovvero
voglia revocare la dichiarazione già inviata. Ne consegue che, in tale ipotesi,
in assenza di una nuova dichiarazione d’intento, il cedente/prestatore
non è tenuto ad inviare all’Agenzia alcuna nuova comunicazione.

5.4. Sanzioni applicabili alla
violazione dell’obbligo di comunicazione

Allo scopo di accentuare la rilevanza della comunicazione delle
dichiarazioni d’intento, istituita al fine di contrastare i fenomeni di frode,
il legislatore ha previsto, ai commi 383 e 384, la responsabilità del
cedente/prestatore in caso di omissione od invio della
comunicazione medesima con dati incompleti o inesatti.

Al riguardo, il comma 383 ha inserito nell’articolo 7 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471
(concernente le sanzioni amministrative applicabili alle violazioni relative
alle esportazioni) il comma 4-bis, prevedendo che il cedente/prestatore il
quale non invii la comunicazione nei termini prescritti o la invii con dati
incompleti o inesatti "è punito con la sanzione prevista nel comma
3". L’effetto deterrente è rafforzato dalla successiva disposizione
contenuta nel comma 384, ove è disposto che "chiunque omette di inviare,
nei termini previsti, la comunicazione…, o la invia
con dati incompleti o inesatti, è responsabile in solido con il soggetto
acquirente dell’imposta evasa correlata all’infedeltà della dichiarazione
ricevuta".

Al riguardo, si osserva che il citato articolo 7, comma 3, dispone che
"chi effettua operazioni senza addebito
d’imposta, in mancanza della dichiarazione d’intento…, è punito con la
sanzione amministrativa dal cento al duecento per cento dell’imposta, fermo
l’obbligo del pagamento del tributo. Qualora la
dichiarazione sia stata rilasciata in mancanza dei presupposti richiesti dalla
legge, dell’omesso pagamento del tributo rispondono esclusivamente i
cessionari, i committenti e gli importatori che hanno rilasciato la
dichiarazione stessa".

Pertanto, atteso che il menzionato comma 4-bis rinvia alla
disposizione sanzionatoria prevista dal comma 3
del medesimo articolo 7, il cedente/prestatore che omette di inviare o invia
con dati incompleti o inesatti la comunicazione delle dichiarazioni d’intento
ricevute, incorre nell’applicazione della sanzione dal cento al duecento per
cento dell’imposta non applicata.

Il cedente/prestatore non è, invece, tenuto
anche al pagamento del tributo non addebitato, così come dispone lo stesso
comma 3, posto che detto obbligo è previsto solo nell’ipotesi di effettuazione
di "operazioni senza addebito d’imposta in mancanza della dichiarazione
d’intento".

Peraltro, per effetto del richiamato disposto di cui al comma 384, il cedente/prestatore
che omette di inviare la comunicazione o l’invia con dati incompleti o inesatti
è, comunque, responsabile in solido con il soggetto
acquirente qualora vi sia "imposta evasa correlata all’infedeltà della
dichiarazione ricevuta".

Con circolare 16 marzo 2005, n. 10, par. 9.3, si è chiarito che
nell’ipotesi di omessa, incompleta o inesatta
comunicazione della dichiarazione d’intento e contemporanea assenza di
operazioni senza addebito d’imposta, non si applica la sanzione di cui al nuovo
comma 4-bis dell’articolo 7 bensì quella prevista dall’articolo 11, comma 1,
lettera a) del d.lgs. n. 471 del 1997 (sanzione da
258 euro a 2.065 euro per l’omissione di ogni
comunicazione prescritta dalla legge tributaria).

Ovviamente in tale circostanza, in assenza di evasione
d’imposta, la responsabilità solidale di cui al comma 384 non rileva. In sostanza, la
sanzione di cui all’articolo 7, comma 3, del d.lgs. n.471 del 1997 (dal cento al duecento per cento dell’imposta
non addebitata) si applica nell’ipotesi di omessa, incompleta o inesatta
comunicazione dei dati contenuti nella dichiarazione d’intento e contemporanea
presenza di operazioni senza addebito d’imposta sia nel caso in cui la
dichiarazione emessa dall’esportatore abituale è corretta sia quando la
dichiarazione medesima è infedele.

Nella prima ipotesi (dichiarazione d’intento
corretta), tuttavia, la violazione non dà luogo alla responsabilità solidale di
cui al comma 384, perché manca l’"imposta evasa correlata all’infedeltà
della dichiarazione ricevuta".

Nella seconda ipotesi (dichiarazione d’intento infedele), invece, la
violazione comporta la responsabilità solidale e, pertanto, il cedente/prestatore può essere chiamato a rispondere
dell’eventuale "imposta evasa correlata all’infedeltà della dichiarazione
ricevuta". Ovviamente egli risponderà per le sole cessioni di beni e
prestazioni di servizi effettuati in sospensione d’imposta oltre il plafond
disponibile, comunicato con la dichiarazione di intento
infedele.

Si evidenzia, inoltre, che il comma 384 estende la responsabilità per il
pagamento dell’imposta evasa a "chiunque" ometta
di inviare o invii con dati incompleti o inesatti, entro i termini previsti, i
dati contenuti nella dichiarazione d’intento. Come già chiarito con la
menzionata circolare n. 10 del 2005, nel par. 9.5, al fine di individuare i
soggetti cui è possibile estendere la responsabilità in parola
occorre considerare che l’articolo 1, comma 1, lettera c) ultimo periodo, del
d.l. n. 746 del 1983 dispone che il soggetto tenuto alla comunicazione è
esclusivamente il cedente/prestatore che riceve le dichiarazioni di intento; soltanto egli, dunque, può essere chiamato a
rispondere in solido con il cessionario dell’imposta da questi evasa nel caso
in cui sia inadempiente all’obbligo di comunicazione. La responsabilità in
solido con "chiunque ometta di inviare" non può, quindi, essere
estesa anche all’intermediario abilitato che ometta la
comunicazione, atteso che su di esso non grava in maniera diretta l’obbligo di comunicazione.

Occorre chiarire, da ultimo, sia ai fini dell’applicazione delle
sanzioni che agli effetti della responsabilità per il pagamento del tributo,
che cosa si intenda per invio della comunicazione con
"dati incompleti o inesatti".

Si è dell’avviso che l’inesattezza cui fa riferimento il legislatore non
riguardi la fedeltà o meno della dichiarazione d’intento (nel cui merito il cedente/prestatore non può entrare, salvo che non si accerti
un tentativo di frode concordata con il presunto esportatore abituale), ma
attenga solo alla conformità dei dati comunicati rispetto a quelli desumibili
dalla dichiarazione stessa.

D’altronde, come evidenziato in precedenza, il
cedente/prestatore, in caso di infedeltà della dichiarazione d’intento, è responsabile
anche per l’imposta evasa solo quando ometta di inviare la comunicazione o la
invii con dati incompleti o inesatti.

Il comma 382 prevede che l’Agenzia delle Entrate metta a disposizione
degli altri organi preposti al controllo in materia di Iva
ed, in particolare, della Guardia di finanza e dell’Agenzia delle dogane, i
dati contenuti nelle comunicazioni ricevute.

Tale previsione accentua la rilevanza della comunicazione quale strumento di ausilio per il controllo delle esportazioni e di
deterrente verso i tentativi di frode nei confronti dell’Erario.

Da qui il disvalore della violazione degli
obblighi di comunicazione, in quanto condotta che può incidere negativamente
sulle attività di controllo, anche nell’ipotesi di assenza
di operazioni senza addebito d’imposta e che, per ciò stesso, non può essere
assimilata alle violazioni meramente formali non soggette a sanzione.

5.5. Ravvedimento

In applicazione delle regole generali in materia di sanzioni, la
violazione consistente nella omessa o errata
comunicazione della dichiarazione d’intento può essere oggetto di ravvedimento
di cui all’articolo 13 del d.lgs. 18 dicembre 1997,
n. 472.

In particolare, nell’ipotesi in cui la violazione non sia
stata già constatata e comunque non siano iniziati accessi, ispezioni,
verifiche o altre attività amministrative di accertamento di cui l’autore della
violazione sia venuto a conoscenza, il fornitore/prestatore può accedere
all’istituto del ravvedimento, inviando per la prima volta la comunicazione, se
omessa, o inviandola corretta, se errata, e versando la sanzione ridotta ad un
quinto del minimo entro il termine di un anno dalla omissione o dall’errore.

6. Solidarietà nel pagamento
dell’imposta sul valore aggiunto

L’articolo 1, comma 386, della finanziaria 2005, introduce nella
disciplina Iva di cui al d.P.R.
26 ottobre 1972, n. 633, l’articolo 60-bis che prevede la solidarietà del
cessionario nel pagamento dell’imposta.

In particolare, il menzionato comma dispone che "in caso di mancato
versamento dell’imposta da parte del cedente relativa
a cessioni effettuate a prezzi inferiori al valore normale, il cessionario,
soggetto agli adempimenti ai fini del presente decreto, è obbligato
solidalmente al pagamento della predetta imposta".

La solidarietà passiva a carico dell’acquirente è circoscritta alla
cessione di determinati beni da individuare con apposito
decreto ministeriale e si configura al contestuale verificarsi delle seguenti
condizioni:

– che la cessione dei beni sia effettuata ad un
prezzo inferiore al loro valore normale;

– che il cessionario sia soggetto passivo Iva;

– che il cedente non abbia versato l’imposta relativa
alla cessione effettuata.

La finalità della norma in commento è quella di rendere più efficace
l’azione di contrasto alle frodi Iva, anche in ambito comunitario, prevedendo
una responsabilità solidale del cessionario per l’imposta non versata dal
cedente.

Come si evince dalla relazione di accompagnamento
alla finanziaria 2005, la norma, già in vigore in altri Paesi UE, si ricollega
al disposto dell’articolo 21, comma 3, della Direttiva CEE n. 388 del 1977,
secondo cui "gli stati membri possono individuare una persona diversa dal
debitore dell’imposta come responsabile in solido del versamento della
stessa" ed è stata proposta dalla Commissione Europea per il suo forte
connotato di deterrenza (Comm.
2004/260 del 16 aprile 2004).

La responsabilità del cessionario "soggetto IVA" per le
ipotesi di mancato versamento dell’imposta da parte del
cedente, è limitata alla sola imposta e non si estende alle sanzioni
applicabili al cedente per la violazione dell’obbligo di versamento
dell’imposta.

E’ utile ricordare che per valore normale, deve intendersi ai sensi
dell’articolo 14 del d.P.R.
n. 633 del 1972, il prezzo mediamente praticato:

– per i beni della stessa specie o similari;

– in condizioni di libera concorrenza ed al medesimo stadio di commercializzazione;

– nel tempo e nel luogo in cui i beni sono stati acquistati e, in
mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi.

Al riguardo, si osserva altresì che per determinare il valore normale
potrà farsi riferimento alle leggi in vigore se i beni sono soggetti alla
disciplina legale dei prezzi, ovvero alle mercuriali e ai listini della camera
di commercio se si tratta di beni in condizioni di libero mercato.

In caso di omesso versamento dell’imposta
relativa ad una cessione effettuata a prezzi inferiori al valore normale, il
cessionario potrà non essere chiamato a rispondere solidalmente qualora
dimostri, su base documentale, che il prezzo vantaggioso della cessione non sia
connesso al mancato pagamento dell’imposta ma sia stato determinato in ragione
di:

– eventi o situazioni di fatto oggettivamente rilevabili;

– specifiche disposizioni di legge.

Dal tenore letterale della norma si rileva che, l’aver corrisposto un
prezzo inferiore al valore normale deve trovare un riscontro oggettivo in
motivazioni ovviamente diverse dal mancato pagamento dell’imposta da parte del
cedente.

7. Trattamento Iva delle prestazioni
socio-assistenziali effettuate da parte di cooperative
e loro consorzi

L’articolo 1, comma 467, della finanziaria 2005, ha ricompreso,
tra i beni ed i servizi soggetti ad aliquota Iva pari
al 4 per cento di cui al numero 41-bis) della tabella A, parte seconda,
allegata al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 "…anche le prestazioni di cui
ai numeri 18), 19), 20) e 21) dell’articolo 10 del predetto decreto n. 633 del
1972, …rese… da cooperative e loro consorzi, sia direttamente che in
esecuzione di contratti di appalto e convenzioni in genere".

La norma contenuta nel citato comma 467 precisa, altresì, che, ai fini
dell’applicazione dell’aliquota del 4 per cento, le citate prestazioni devono
essere effettuate in favore dei soggetti indicati nel
medesimo numero 41-bis) della tabella A, ossia di "anziani ed inabili
adulti, tossicodipendenti e malati di AIDS, handicappati psicofisici, minori,
anche coinvolti in situazioni di disadattamento e di devianza".

Il comma 467, al secondo periodo, fa salva la facoltà per le cooperative
sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, considerate ONLUS di
diritto, di optare per la previsione di maggior favore
tra l’aliquota del 4 per cento e l’esenzione ai sensi dell’articolo 10, comma
8, del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460.

Si evidenzia che gli ultimi due periodi del comma 467 stabiliscono che
le agevolazioni in detto comma recate sono concesse
nel limite di spesa di 10 milioni di euro annui e che il Ministro dell’economia
e delle finanze provvede, con propri decreti, a dare attuazione alle
disposizioni in esso contenute.

Pertanto, le disposizioni contenute nel comma 467 potranno trovare
applicazione solo a seguito dell’emanazione dei predetti decreti attuativi.