Imprese ed Aziende

Monday 07 April 2003

Le risposte ai quesiti sui condoni della Agenzia delle Entrate

Agenzia delle entrate.

Direzione centrale
Normativa e Contenzioso
.

Circolare18/E 25.3.2003.

OGGETTO: Risposte ai
quesiti formulati dagli ordini professionali.

Disposizioni sulle sanatorie fiscali di cui alla legge 27
dicembre 2002, n. 289

Artt. 7, 8 e 9 – Avvisi di accertamento
parziali definitivi prima del 1/1/03.

D.
Nell’ambito delle disposizioni di cui agli articoli 7, 8 e 9 della legge
289/2002, si precisa che, nell’ipotesi di avvisi di
accertamento parziali definitivi prima del 1 gennaio 2003, il contribuente
debba procedere al pagamento delle imposte dovute in base al predetto
accertamento prima di poter comprendere il medesimo periodo di imposta
nell’ambito delle diverse definizioni. Si chiede conferma del fatto che,
nell’ipotesi in cui il contribuente, con riferimento al medesimo anno, decida
di definire l’accertamento parziale con il pagamento delle sole imposte e poi
non comprenda lo stesso periodo nell’ambito del
condono, in relazione allo stesso accertamento dovranno essere successivamente corrisposte
sanzioni ed interessi.

Si chiede
inoltre se la definitività di un avviso di accertamento prima del 1 gennaio 2003 debba considerarsi
tale, come si ritiene, anche nel caso in cui in relazione allo stesso il
contribuente stia procedendo al pagamento delle somme dovute in base ad un
accertamento con adesione.

R. Il
contribuente che intenda avvalersi della possibilità
di definire l’accertamento parziale con il pagamento delle sole imposte, deve,
successivamente, procedere alla definizione ai sensi degli articoli 7, 8 e 9
della legge 289/2002.

Invero,
l’agevolazione di definire senza il pagamento di sanzioni ed interessi gli
accertamenti parziali deve ritenersi strettamente
connessa alla rimozione della causa ostativa posta dall’art.4
comma 7, dall’art.8 comma 10 lettera a) e dall’art.9 comma 14 lettera a).

Per quanto,
poi, concerne la definitività dell’avviso di accertamento alla data dell’1/1/2003, si ritiene che
questo debba ritenersi definitivo anche nell’ipotesi in cui il contribuente
stia procedendo al pagamento delle somme dovute sulla base dell’adesione
prestata.

Art. 7 – Concordato e cause ostative.

D.
Nell’ambito delle cause ostative previste dall’articolo 7 della legge 289/2002,
il paragrafo n. 4.3 della circolare n. 12 afferma che non possono accedere al concordato coloro che hanno omesso la
presentazione della dichiarazione ovvero nella stessa non abbiano indicato
nella medesima il reddito di lavoro autonomo o quello di impresa. Si chiede di
conoscere se tale causa ostativa debba essere intesa
come esclusivamente riferita alla dichiarazione dei redditi ovvero riguardi
anche la mancata presentazione della dichiarazione IRAP o IVA, in
considerazione del fatto che le disposizioni di cui all’articolo 7 producono
effetto su tutti i comparti impositivi.

R. Si ritiene
che la causa ostativa prevista dal comma 3 lettera a) dell’art. 7 sia
esclusivamente riferita alla dichiarazione Unico per ciascun periodo d’imposta
per il quale sussisteva l’obbligo di presentazione in
riferimento a tutti i tributi. In particolare, non si considera omessa la
dichiarazione IVA (e, conseguentemente, non è causa ostativa ai fini della
definizione) solo per i contribuenti esonerati dall’obbligo di presentazione
della stessa dichiarazione Iva, avendo registrato esclusivamente operazioni
esenti (art. 28, 1° comma, 2° periodo del DPR n. 633 del 1972 e art. 8, comma
1, quarto periodo del DPR n. 322 del 1998).

Art. 8 – Stabili organizzazioni all’estero, definizione
automatica o integrativa semplice.

D. I redditi prodotti
da stabili organizzazioni all’estero si considerano prodotti in Italia e quindi
ammessi alla definizione automatica di cui all’articolo 9 oppure sono a tutti
gli effetti redditi di origine estera e come tali
regolarizzabili solo attraverso l’integrativa semplice di cui all’articolo 8?

R. Si
considerano "conseguiti all’estero" e pertanto regolarizzabili
esclusivamente con la presentazione della dichiarazione integrativa ai sensi
dell’articolo 8, comma 5, della legge n. 289 del 2002, i redditi che hanno
avuto la prima manifestazione finanziaria all’estero, a nulla rilevando
l’indicazione della relativa fonte di produzione.

Il criterio
adottato per la qualificazione di tali redditi non legittima soluzioni
apodittiche, essendo necessario valutare caso per caso la dinamica
finanziaria del reddito oggetto di regolarizzazione.

In tal senso,
il reddito imputabile ad una stabile organizzazione all’estero non
necessariamente e in ogni caso è da considerare "conseguito
all’estero".

Art. 8 – Dichiarazione integrativa e società di persone.

D. Si chiede
di conoscere quale siano i corretti adempimenti da
porre in essere nell’ipotesi di presentazione di dichiarazione integrativa da
parte di una società di persone. In particolare, si chiede la
correttezza della seguente interpretazione fondata sulla struttura della norma,
in base alla quale sembrerebbe che, una volta presentata la dichiarazione di
cui all’articolo 8, i soci non possano fruire della franchigia nel caso in cui,
loro stessi, abbiano redditi personali da integrare. In sostanza, si
chiede conferma del fatto che, in caso di dichiarazione integrativa, la
franchigia che può essere utilizzata dai soci è di due tipi diversi, una
riconducibile alla propria posizione personale ed una fondata sulla comunicazione
inviata ai soci stessi dalla società.

R. L’articolo
7, comma 10, prevede che la definizione effettuata dai soggetti indicati dal primo periodo dello stesso comma 7 ( società di persone
ed assimilate) "costituisce titolo per l’accertamento ai sensi dell’articolo
41-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e
successive modificazioni, nei confronti delle persone fisiche che non hanno
definito i redditi prodotti in forma associata."

Disposizione
analoga è contenuta nell’articolo 8, comma 11, ultimo periodo, nel quale è espressamente stabilito che la definizione
effettuata dai soggetti indicati dal primo periodo dello stesso comma 11
(società di persone ed assimilate) "costituisce titolo per l’accertamento,
ai sensi dell’articolo 41-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29
settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, nei confronti dei soggetti
che non hanno integrato i redditi prodotti in forma associata."

Tali
disposizioni di carattere speciale prevalgono sulla disposizione contenuta nel
comma 6 bis, dell’articolo 8, secondo cui "In caso di accertamento
relativo ad annualità oggetto di integrazione, le maggiori imposte e le
maggiori ritenute dovute sono comunque limitate all’eccedenza rispetto alle maggiori
imposte corrispondenti agli imponibili integrati, all’eccedenza rispetto
all’imposta sul valore aggiunto ed all’eccedenza rispetto alle ritenute,
aumentate ai sensi del comma 6."

Ne consegue
che l’accertamento parziale ai sensi del citato articolo 41-bis è comunque attivabile nei casi in cui il socio (associato o
collaboratore dell’impresa familiare) – persona fisica – abbia evidenziato
nella propria dichiarazione integrativa un reddito di partecipazione inferiore
alla quota-parte del reddito societario corrispondente alla sua quota di
partecipazione agli utili, così come risulta dalla comunicazione che la società
di persone è tenuta a rendere entro il 16 marzo 2003.

Di converso,
la franchigia spetta sugli altri redditi integrati diversi da quelli di
partecipazione.

Art. 8 – Contenuto della dichiarazione integrativa
semplice.

D. La
circolare n. 12 del 21 febbraio scorso, ribadisce il
fatto che nell’ambito della dichiarazione integrativa semplice il contribuente
può evidenziare acconti,a crediti e ritenute non dichiarati. A tale proposito
si chiede di conoscere se:

– nel caso di
contribuente che ha versato regolarmente tutte le imposte a fronte di una
dichiarazione omessa che oggi viene sanata mediante la
presentazione di una dichiarazione integrativa semplice, il contribuente stesso
possa far emergere la medesima base imponibile originaria sulla quale aveva
calcolato le imposte oggetto di versamento e dunque scomputare i pagamenti già
effettuati, magari anche nei termini ordinari;

– nel caso in
cui il contribuente incrementi il proprio imponibile comprendendo nel calcolo
della maggiore imposta anche i crediti di imposta di
cui all’articolo 14 del dpr 917/86, sia necessaria
una verifica preventiva in merito, ad esempio, alla capienza dei basket in capo
alla società di capitali che aveva distribuito l’utile non dichiarato dal
contribuente

R. L’articolo
8 consente di presentare dichiarazioni a suo tempo omesse. Nell’ipotesi in cui
il contribuente pur non avendo presentato la dichiarazione abbia versato le
relative imposte, può accedere alla sanatoria di cui
all’articolo 8 al fine di indicare nella dichiarazione integrativa gli
imponibili non dichiarati e di scomputare dalle relative imposte quelle a suo
tempo versate.

Resta dovuto
l’importo minimo di 300 euro.

Inoltre,
qualora l’integrazione riguardi dividendi non dichiarati il corrispondente
credito d’imposta di cui all’articolo 14, portato in aumento dei dividendi
medesimi, potrà essere scomputato in detrazione proporzionalmente ai dividendi
integrati e comunque in misura non superiore al
credito d’imposta che è stato attribuito dalla società al momento della
delibera di distribuzione degli utili.

Non rilevano
in ogni caso gli eventuali crediti eccedenti.

Art. 9 – Accertamento con adesione perfezionato al 1°
gennaio 2003.

D. E’
consentito definire automaticamente ai sensi dell’articolo 9 un periodo di imposta in presenza di un avviso di accertamento con
adesione già perfezionato al 1° gennaio 2003 e riferito allo stesso periodo?

R. Sì, è possibile.
In tal caso il contribuente valuterà se estendere o meno
la definizione al periodo d’imposta interessato dall’accertamento con adesione.

Art. 9 – Piccole società di capitali a ristretta base
azionaria.

D. Quali sono
i riflessi concreti sui soci di piccole società di capitali a ristretta base
azionaria nel caso in cui la partecipata definisca la propria posizione con il
condono tombale?

R. A
differenza di quanto previsto agli articoli 7, comma 10, e 8,
comma 11, concernenti i rapporti tra la definizione automatica del
reddito di lavoro autonomo e d’impresa da parte delle società di persone e
associazioni professionali e la posizione dei soci o associati, l’articolo 9
non riconnette alla definizione automatica delle società alcun effetto nei confronti
dei soci.

Art. 9 – Condono tombale con pagamento del minimo.

D. Una
società che per un biennio (97-98) è stata soggetta ai parametri ed è risultata congrua, per l’anno 1999 nel quale non era
congrua, ha definito nel corso del 2002 un accertamento con adesione con
l’Ufficio; nell’anno 2000 e 2001 non è stata soggetta ai parametri per superati
limiti dimensionali. Può tale soggetto avvalersi della possibilità di effettuare il condono tombale con il pagamento del minimo
per il biennio 97-98, escludendo il 1999 già definito e liquidare l’imposta
secondo le aliquote previste per il biennio 2000 e 2001?

R. Ai sensi
dell’articolo 9, comma 3-bis della legge n. 289 del 2002, la definizione da
parte dei soggetti che hanno dichiarato ricavi e compensi di ammontare
non inferiore a quelli determinabili in base ai parametri, di cui alla legge 28
dicembre 1995, n. 549, si perfeziona ai fini di tutte le imposte con il
pagamento di 500 euro per ciascuna annualità.

Le annualità
2000 e 2001, per le quali non risultano applicabili i
parametri ovvero non sono soddisfatti i requisiti di cui al citato comma 3-bis,
possono essere definite nei termini ordinari stabiliti dal richiamato articolo
9.

Non ricorre
l’obbligo di inserire nella dichiarazione per la definizione automatica l’anno
1999, definito mediante accertamento con adesione. A tal proposito, si rammenta
che non vi è obbligo di inserire nella richiesta di definizione i periodi
d’imposta per i quali sono divenuti definitivi gli avvisi di accertamento.

Art. 9 – Condono tombale : periodi
di imposta definibili.

D. Il
paragrafo 3.2 della circolare n. 12 precisa che il contribuente che intende
presentare una dichiarazione di condono tombale, deve comprendere tutti i
periodi di imposta, compresi quelli per i quali la
dichiarazione non è stata legittimamente presentata. Si chiede dunque quale sia il comportamento da seguire da parte del contribuente ai
fini del completamento del proprio condono tombale e si chiede conferma in
merito alle somme dovute per gli specifici periodi di imposta :


contribuente che, in uno dei periodi di imposta
condonabili, non era in possesso di redditi certificati da un Cud ed in relazione ai quali poteva comunque non presentare
la dichiarazione : si ritiene che il pagamento dovuto in questo caso sia
comunque di 100 euro e non di 1500 euro in quanto non si tratta di
dichiarazione omessa;


contribuente assoggettato ad imposizione con ritenuta alla fonte (ad esempio
venditori porta a porta) su un reddito che è comunque
possibile ricomprendere tra quelli di impresa: si
ritiene che, in questo caso, il contribuente possa perfezionare il proprio
condono tombale con il pagamento del minimo previsto dal comma 3 e scaglionato
in base ai ricavi ed ai compensi prodotti nello specifico periodo di imposta.

R. Come
precisato con circolare 12/E del 2003, la dichiarazione si intende
presentata nel caso in cui il contribuente sia possessore di reddito di lavoro
dipendente o assimilato certificato dal CUD; ciò in quanto le informazioni
relative al reddito percepito, alle ritenute subite e alle detrazioni calcolate
sono desumibili dalla dichiarazione del sostituto d’imposta presentata
all’Agenzia delle Entrate.

Qualora,
invece, il contribuente, in relazione al possesso di
redditi occasionali, sia esonerato dalla presentazione della dichiarazione, quest’ultima – ai fini della definizione automatica – si
considera omessa. Di conseguenza l’importo minimo dovuto per la definizione
automatica di cui all’articolo 9 ammonta a 1.500 euro
e non 100 come ipotizzato nel quesito.

Art. 9 – Condono tombale: applicazione degli studi di
settore e dei parametri.

D.
Nell’illustrare le modalità con le quali si calcolano
le imposte dovute in base al condono tombale, la circolare n. 12, al paragrafo
3.5, precisa che il contribuente può tenere conto, nell’effettuare i conteggi,
delle dichiarazioni presentate in base alle disposizioni di cui all’articolo 13
del d.lgs. 472 del 1997 nonché delle disposizioni di
cui all’articolo 2, commi 8 ed 8 bis del DPR 322/98. Si chiede di conoscere se,
nell’ipotesi in cui, mediante una delle modalità
dichiarative prima citate, il contribuente abbia posto rimedio alla mancata
allegazione nella dichiarazione originaria del prospetto di calcolo dei
parametri e degli studi di settore od abbia corretto dei dati risultando
congruo, possa applicare le speciali disposizioni di cui al comma 3 bis
dell’articolo 9 della legge 289/2002.

R. La
congruità e la coerenza dei ricavi e dei compensi devono essere valutate in base ai dati indicati nelle dichiarazioni
presentate. Ne deriva che qualora il contribuente abbia presentato
dichiarazioni integrative ai sensi dell’articolo 13 del d.lgs.
n. 472 del 1997, ovvero dell’articolo 2, commi 8 e 8-bis del DPR n. 322 del
1998, i dati ivi indicati rileveranno ai fini dell’applicazione del comma 3 –
bis dell’articolo 9.

Tuttavia, si
ricorda che ai sensi del comma 16 del citato articolo 9, qualora la
dichiarazione integrativa ai sensi dell’articolo 2, comma 8-bis, del menzionato
DPR 322 del 1998 sia stata presentata successivamente
al 30 settembre 2002, la definizione deve perfezionarsi "sulla base delle
dichiarazioni originariamente presentate".

Art. 9 – Condono tombale: la rinuncia al rimborso IRAP.

D. Nella
circolare n. 7/E del 2003 l’agenzia delle entrate aveva precisato che la
presentazione di una dichiarazione di condono tombale aveva tra i suoi effetti
anche la rinuncia alla eventuale richiesta di rimborso
Irap presentata dal contribuente. Poiché il medesimo
passaggio non è stato riproposto nella circolare n.
12, si chiede di conoscere il definitivo orientamento in proposito

R. Al
riguardo, occorre distinguere a seconda che l’istanza
di rimborso derivi da un errore commesso in sede di dichiarazione ovvero da una
pretesa esclusione dal campo di applicazione dell’IRAP.

Nel primo
caso, poiché ai sensi del comma 13 dell’articolo 7 e del
comma 9 dell’articolo 9 "sono fatti salvi gli effetti della
liquidazione delle imposte … in base all’articolo 36-bis … del decreto del
Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600", la definizione di
cui ai menzionati articoli 7 e 9, non comporta la rinuncia al rimborso
scaturente da un errore di calcolo commesso nella dichiarazione originaria. Il
rimborso compete inoltre anche quando l’errore di calcolo, rilevato in sede di
liquidazione delle imposte, venga segnalato dal
contribuente; pertanto, la definizione in parola non comporta la rinuncia
all’eventuale ricorso avverso il silenzio tacito o espresso;

ove si discuta della esclusione dal campo di applicazione dell’IRAP,
si osserva che ai sensi delle disposizioni sopra citate "la definizione
automatica, limitatamente a ciascuna annualità, rende definitiva la
liquidazione delle imposte risultanti dalla dichiarazione con riferimento …
all’applicabilità di esclusioni". Pertanto, il contribuente che definisce
la propria posizione con le sanatorie previste dagli articoli 7 e 9 rende
definitivi gli imponibili esposti nella dichiarazione originaria e, di
riflesso, rinuncia ad eventuali cause di esclusione e,
di conseguenza, ad ogni contenzioso derivante da esse.

Art. 9 – Congruità con dati difformi.

D. Un
contribuente risulta congruo in base ai dati indicati
nel modello per l’applicazione degli studi di settore. Per un disguido, però,
uno di questi dati è difforme rispetto a quello (corretto) riportato nel quadro
G della dichiarazione, sulla base del quale la congruità verrebbe meno. Si
chiede conferma che, come precisato nella circolare 12,
anche nella suddetta ipotesi occorra fare riferimento ai dati indicati nel modello
per l’applicazione degli studi di settore.

R. In
applicazione del principio contenuto nel comma 15
dell’articolo 9 la definizione automatica non si perfeziona se si fonda su dati
non corrispondenti a quelli indicati nella dichiarazione originaria. Da tale
principio consegue che la congruità va valutata in base ai dati necessari
all’applicazione degli studi di settore esposti in dichiarazione, a prescindere
che tali dati siano corretti o meno.

Atteso che il
riquadro riguardante i dati rilevanti per l’applicazione
degli studi di settore è da ritenersi a tutti gli effetti parte integrante
della dichiarazione annuale, ai fini della sanatoria il soggetto è da ritenersi
congruo.

Art. 9 – bis – Sanatoria omessi
versamenti: le possibili compensazioni.

D. L’articolo
9 bis della legge 289/2002, non prevede, a differenza delle altre disposizioni
di legge, alcun divieto di compensazione delle somme dovute per effettuare la sanatoria. Si chiede dunque di conoscere se:

– i
versamenti di cui all’articolo 9 bis della legge 289/2002 possano
formare oggetto di compensazione con eventuali crediti esposti dal contribuente
nella dichiarazione originaria;

– nel campo di applicazione della sanatoria di cui all’articolo 9 bis
rientrino anche le indebite compensazioni effettuate dal contribuente in tutte
quelle ipotesi sia stato utilizzato, nel modello F24, un credito superiore a
quello spettante.

R. Sebbene
l’articolo 9-bis della legge 289 del 2002 non disponga espressamente il divieto
di compensazione delle somme dovute per effettuare la
sanatoria, si ritiene che il medesimo divieto sussista anche relativamente alla
sanatoria degli omessi versamenti.

Ciò in quanto l’esclusione espressa della compensazione
disciplinata dall’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 è
disposta in tutti gli altri articoli relativi alle diverse ipotesi di
definizione agevolata.

Tale divieto
costituisce invero un principio generale delle norme in materia di sanatorie
fiscali, che non può essere derogato dalla norma in commento.

Si osserva
inoltre che nelle istruzioni relative al modello di
definizione non viene menzionata la possibilità di compensare i versamenti
riferiti alla predetta sanatoria.

Si precisa
infine che le indebite compensazioni effettuate dal contribuente mediante
presentazione del modello F24, relative all’utilizzazione di un credito
superiore a quello spettante, rientrano nel campo di applicazione
della sanatoria di cui all’art. 9-bis. Ciò in quanto
l’indebita compensazione è di fatto assimilabile all’omesso versamento di
imposte.

Art .15 –
Natura dei rilievi contenuti nei verbali.

D. Si chiede
di conoscere se, nell’ipotesi in cui nei processi verbali di constatazione siano contenuti ben identificati dei rilievi che fanno
emergere un imponibile ai fini delle imposte sui redditi ma, in merito agli
stessi, nulla si dica in relazione all’IRAP, il contribuente debba comunque
autonomamente definire anche il comparto dell’imposta regionale in quanto
direttamente interessato dal contenuto dei rilievi formulati ai fini
dell’imposizione diretta.

R.
Coerentemente al principio secondo cui, nella definizione degli atti indicati
nell’articolo 15, deve tenersi conto dei dati che risultano
dagli atti medesimi, si ritiene che il contribuente non debba procedere autonomamente
a determinare il contenuto del rilievo astrattamente riferibile all’IRAP.

Art. 15 – Definizione delle liti potenziali da parte delle
società di persone.

D. In relazione alla affermazione della circolare n. 12 del 21
febbraio nella parte (paragrafo 10.3) in cui viene illustrata la possibilità di
definire da parte delle società di persone anche la posizione dei soci, si
chiede di conoscere se la medesima possibilità sussista anche nelle ipotesi di
avvisi di accertamento notificati alla sola società di persone e come tale
chiusura, qualora fosse ammessa, si coordina con la progressività dell’imposta
dovuta dai soci.

R.
Diversamente da quanto previsto per la definizione dei processi verbali di
constatazione, non è consentito alla società di persone definire ai fini
dell’IRPEF gli avvisi di accertamento notificati alla
medesima società. Manca, invero, nell’avviso di rettifica del reddito
societario ogni riferimento all’IRPEF dovuta dai soci. Ciò
che impedisce la definizione ai sensi del comma 2 dell’articolo 15.

Art. 15 – Definizione parziale di processo verbale di
constatazione.

D. E’
consentita la definizione parziale di un pvc
consegnato ante 1/1/03, limitatamente ai rilievi ritenuti fondati, qualora il
contribuente non intenda accedere alle altre forme di
sanatoria di cui agli artt. 7, 8 e 9?

R. La
circolare n. 12/E del 21/2/2003 ha individuato un contenuto minimo della
definizione, da riferire comunque a tutti i rilievi
che, nell’ambito di un singolo periodo d’imposta, interessano un determinato
tributo.

Pertanto, è
possibile procedere ad una definizione parziale del p.v.c.
per singole annualità e/o singole imposte, o settori impositivi.

Art. 15 – Violazioni formali ripetute.

D. Un p.v.c. contiene un rilievo concernente irregolarità formali
ripetute. Volendo definire la lite potenziale, occorre pagare il 10% del minimo
in base al cumulo materiale delle sanzioni, oppure si può calcolare la sanzione
unica secondo le regole del concorso previste dall’art. 12, Dlgs
n. 472/97?

R. Il contribuente
sarà tenuto a definire il p.v.c. pagando il 10% del
minimo, sulla base del cumulo materiale della sanzione; non può, invece,
applicarsi la regola prevista dall’art. 12 del Dlgs. n.472/97 (concorso di violazione e
continuazione), che richiede una valutazione discrezionale da parte
dell’accertatore

Art. 15 – Rilievi recepiti nella dichiarazione.

D. Si chiede
di chiarire come debba effettuare la definizione del
processo verbale di constatazione, anche agli effetti dell’accesso alle altre
sanatorie, il contribuente che, recependo i rilievi formulati dai verificatori,
abbia già incluso la maggiore imposta constatata nella dichiarazione annuale
presentata.

R. Non
costituisce causa ostativa all’accesso agli istituti definitori previsti dalla
legge finanziaria, il processo verbale i cui rilievi siano
stati recepiti nella dichiarazione annuale presentata dal contribuente.

Art. 15 – Processo verbale con rilievi ai fini IRPEG ed
ILOR.

D. Con
verbale notificato al 31 dicembre 2002, sono stati contestati rilievi utili sia
ai fini dell’IRPEG che dell’ILOR. Si chiede di conoscere le modalità
di definizione ai sensi dell’articolo 15.

R. La
definizione si perfeziona con il versamento entro il 16 aprile 2003 di un
importo pari al 18% della somma dei maggiori componenti
positivi e dei minori componenti negativi. Tale definizione, ai sensi dell’articolo 15, comma 4, lettera a), rileverà ai fini
delle "imposte sui redditi" e, quindi, si rifletterà sui rilievi
IRPEG ed ILOR congiuntamente.

La soluzione
prospettata trae argomento, oltre che dal tenore letterale della richiamata
disposizione normativa, anche dalla improponibilità di
una ipotesi definitoria che prevedesse ai fini ILOR
il versamento di un importo superiore all’imposta ordinaria commisurata al maggiore
imponibile risultante dal verbale.

Art. 16 – Liti pendenti: effetti di una sentenza
intervenuta tra la data di effettuazione del
versamento e quella di comunicazione.

D. In tema di
definizione delle liti pendenti, come incide una sentenza intervenuta tra la
data del versamento, da eseguire entro il 16 aprile 2003, e quella di
presentazione della domanda di chiusura della lite, da effettuare
entro il 21 aprile 2003?

R. Il comma
1, lett. b), dell’articolo 16 della finanziaria 2003, come modificato dalla
legge di conversione del decreto-legge n. 282 del
2002, prevede che ai fini della determinazione della somma dovuta per la
definizione della lite pendente occorra fare riferimento all’ultima o unica
pronuncia resa "alla data di presentazione della domanda di definizione
della lite".

Il comma 2
dello stesso articolo prevede che il versamento delle somme dovute o della
prima rata, in caso di pagamento rateale, sia effettuato entro il 16 aprile
2003. In base al comma 4 la domanda di definizione
deve invece essere presentata entro il 21 aprile 2003.

Nell’ipotesi
in cui la domanda venga presentata in data successiva
rispetto a quella del versamento delle somme dovute, potrebbe intervenire una
pronuncia giurisdizionale non cautelare, resa sul merito ovvero
sull’ammissibilità dell’atto introduttivo del giudizio, per effetto della quale
le somme dovute risultano modificate.

In tale caso,
come illustrato nella circolare n. 12/E del 21 febbraio 2003 al punto 11.6.14,
se le somme già versate risultano di ammontare
superiore a quelle dovute per effetto dell’intervenuta pronuncia, il soggetto
interessato avrà diritto, a seguito della verifica della regolarità della
chiusura della lite da parte dell’ufficio,
alla restituzione delle somme versate in eccesso rispetto a quelle dovute in
base alla nuova pronuncia.

Se, al
contrario, le somme già versate risultano di ammontare
inferiore a quelle dovute per effetto dell’intervenuta pronuncia, il soggetto
interessato dovrà versare la differenza entro la data di presentazione della
domanda.

Art. 16 – Controversia su rimborso IVA.

D. Un
contribuente ha instaurato una controversia per riduzione di rimborso Iva. In
particolare, a fronte di un rimborso richiesto di 100, l’ufficio
ha notificato avviso di rettifica riconoscendo 70. Si chiede se, intendendo
avvalersi della definizione ex articolo 16, il contribuente debba pagare la
somma dovuta (10% o 50%, a seconda della soccombenza) per poi ottenere dall’ufficio
il rimborso di 30, oppure debba limitarsi a presentare la domanda, in
considerazione del fatto che, trattandosi di riduzione del rimborso richiesto,
l’imposta sulla quale si controverte è stata interamente versata. Quest’ultima soluzione comporterebbe che l’ufficio
dovrebbe rimborsare l’imposta in contestazione (pari a
30) al netto delle somme dovute per la chiusura della lite.

R. Nel caso
prospettato sostanzialmente non è ravvisabile un interesse del contribuente ad
avvalersi della definizione di cui all’articolo 16 della finanziaria 2003, in quanto il comma 5 dello stesso articolo stabilisce che le
uniche somme rimborsabili a seguito della definizione della lite sono quelle
versate per effetto delle disposizioni vigenti in materia di riscossione in
pendenza di lite, sempre che sia intervenuta una pronuncia sfavorevole
all’Amministrazione finanziaria.

Si ritiene
che il disposto normativo appena richiamato non si possa
applicare alle somme che formano oggetto di richiesta di rimborso in
dichiarazione, considerato che le somme eventualmente rimborsabili a cui si
riferisce il comma 5 sono quelle versate dopo la notifica del provvedimento di
imposizione o di irrogazione delle sanzioni e dovute anche se lo stesso
provvedimento non è divenuto definitivo. Invece, le somme richieste a rimborso
con la dichiarazione IVA non sono state pagate in esecuzione del provvedimento di imposizione impugnato.

Invero, la
disposizione di cui al comma 5 dell’articolo 16 che prevede il diritto al
rimborso in caso di sentenza favorevole al contribuente nelle liti il cui
valore supera i 2.000 euro non appare suscettibile di applicazione
al di fuori dell’ipotesi tassativamente contemplata dalla norma, considerato
che essa costituisce una deroga al principio fissato dallo stesso comma 5,
secondo cui non si dà comunque luogo a rimborso.