Penale

Monday 14 April 2003

Le posizioni di garanzia nel reato omissivo improprio. La sentenza del GUP di Aosta relativa all’alluvione del 2000.

Le posizioni di garanzia nel reato omissivo improprio. La sentenza del GUP di Aosta relativa all’alluvione del 2000.

Svolgimento del processo.

Tra la fine di settembre e la metà di ottobre del 2000 lintero territorio della Valle dAosta veniva investito da violente ed intense precipitazioni piovose. Un primo evento, di minore intensità, si sviluppava nei giorni 29 e 30 settembre. Il secondo, di particolare severità, tra il 12 ed il 16 ottobre. Gli effetti erano devastanti. Si verificavano dissesti distribuiti su tutto il territorio regionale, che collassava in vaste porzioni tra la sera del 14 e la mattina del 16 ottobre: ben 385 frane, 259 colate detritiche oltre agli alluvionamenti della Dora Baltea e dei corsi secondari. Gravissimi erano i danni a persone ed a cose- riportati nelle valli di Cogne e di Gressoney, nonchè nei comuni di Pollein, Charvensod, Nus e Fenis. Nella prima mattinata del 15 ottobre la catastrofe si abbatteva sul conoide alluvionale del torrente Comboè, nel territorio dei comuni di Pollein e Charvensod. Sette persone trovavano la morte, travolte da una colata di fango e detriti. Gran parte del territorio dei due comuni era devastata.

            Nel corso delle indagini preliminari venivano assunte s.i.t. da tutte le persone informate sui fatti, con particolare riferimento alle persone residenti nel territorio dei comuni di Pollein e Charvensod. Si procedeva altresì alla acquisizione di tutta la documentazione relativa agli eventi meteorologici ed idrologici del settembre-ottobre 2000 ed alla acquisizione della documentazione amministrativa connessa alla gestione dellevento da parte degli organi di protezione civile, sia centrale che locali, e dei singoli comuni coinvolti. Lattenzione del PM si concentrava particolarmente su:

il funzionamento degli organi di protezione civile a livello centrale ed a livello locale;

la pianificazione del rischio idrogeologico sul territorio valdostano, sia con riferimento ai cc.dd. piani di bacino, sia con riferimento ai singoli piani di emergenza in vigore nel territorio;

la gestione del rischio nel conoide alluvionale del torrente Comboè, con particolare riferimento al movimento franoso della Becca di Nona.

In estrema sintesi, laccusa ha acquisito  le disposizioni amministrative generali relative alla gestione del rischio sul territorio (direttive di comportamento, piani di bacino, piani di emergenza, etc),  le disposizioni particolari di attuazione, nonchè gli atti preparatori e gli interna corporis funzionali per ladozione degli atti e provvedimenti sopra indicati. Dunque si può ritenere  la assoluta completezza delle indagini preliminari svolte dal PM, anche per gli effetti previsti dallart.421 bis c.p.p..

Esaurita la fase di acquisizione delle fonti di prova, il PM procedeva ad una valutazione sintetica degli elementi raccolti. Trattandosi di materia implicante conoscenze scientifiche specialistiche, ed avendo la necessità di interpretare la gran messe di dati meteorologici ed idrogeologici relativi allevento del 15.10.2000, veniva disposta consulenza tecnica ex art.359 c.p.p, nelle persone del prof. Gian Paolo GIANI delluniversità di Parma e dei dottori Lorenzo MARCHI e Sandro SILVANO del CNR-IRPI di Padova. In un primo momento i consulenti procedevano ad accertare la natura e le cause degli eventi catastrofici che avevano colpito lintero territorio regionale. Successivamente dopo una prima valutazione dei dati raccolti- il PM disponeva che laccertamento dei consulenti fosse particolarmente focalizzato sui fatti di Aosta e Pollein. Le attività dei consulenti si sviluppavano tra il 23.11.2000 ed il 20.6.2001, data in cui veniva depositata la relazione scritta. Con riferimento allevento sviluppatosi sul conoide alluvionale del torrente Comboè, i consulenti ritenevano:

che il disastro fosse stato determinato da una colata detritica che aveva raggiunto il conoide tra le ore 8,15 e le ore 8,30 del 15.10.2000;

che tale colata fosse stata determinata da una pluralità di cause, tra le quali lintensa e prolungata precipitazione verificatasi nei giorni 13-15.10.2000, lelevata quota dello zero termico, le caratteristiche geologiche e geomorfologiche della zona ed il collasso di circa 150.000 metri cubi di materiale detritico dalle falde della Becca di Nona, verso le ore 03,30 circa dello stesso 15.10.2000;

che a partire dal pomeriggio del 14.10.2000 le autorità preposte alla gestione del rischio fossero in possesso degli elementi necessari per prevedere una situazione altamente critica.

Il deposito della relazione scritta dei CT segnava anche la fine delle indagini preliminari. Il PM in forza delle conclusioni sopra riportate- si determinava per lesercizio dellazione penale nei confronti degli imputati Dino VIERIN, Lorenzo CHENTRE, Franco VALLET, Cristoforo CUGNOD, Massimo PASQUALOTTO, Paolo GIPPAZ, Enzo Livio CARLIN, Raffaele ROCCO e SUBET Ennio, concretamente identificati come gestori del rischio per il disastro di Pollein e Charvensod. Tra il 20 ed il 26.7.2001 veniva notificato lavviso previsto dallart.415 bis c.p.p. A tutti gli imputati venivano contestati i delitti di disastro valanghivo, crollo di costruzioni entrambi colposi ex art.449 c.p.- e  omicidio colposo plurimo. La sommaria enunciazione del fatto per il quale si procede, delle norme che si assumono violate, della data e del luogo del fatto era costituita da una puntuale e minuziosa imputazione di ben nove pagine per ciascuno dei due reati contestati. Le difese degli imputati chiedevano un differimento del termine previsto dallart.415 bis comma 3 c.p.p. Su richiesta della difesa di Enzo Livio CARLIN veniva acquisita dal PM una tesi di laurea del marzo 2001 redatta da Evelyn NAVILLOD, avente per oggetto lo studio della pericolosità geomorfologica del torrente Comboè. Nessuna delle altre difese anche dopo la scadenza del termine differito- si avvaleva delle facoltà previste dallart.415 bis c.p.p.   

In data 4.10.2001 il GIP su richiesta depositata dal PM il 24.4.2001- prorogava le indagini preliminari sino al 7.11.2001.

In data 29.10.2001 il PM depositava richiesta di rinvio a giudizio per gli imputati Dino VIERIN, Lorenzo CHENTRE, Franco VALLET, Cristoforo CUGNOD, Massimo PASQUALOTTO, Paolo GIPPAZ, Enzo Livio CARLIN, Raffaele ROCCO e SUBET Ennio per le stesse imputazioni già enunciate nellavviso ex art.415 bis c.p.p.

Ludienza preliminare veniva celebrata il successivo 4.12.2001, nella contumacia degli imputati VIERIN, CHENTRE, VALLET, CUGNOD, PASQUALOTTO e ROCCO.

Francesco BOASSO, Irene MORETTI, Chiara BOASSO, Luca BOASSO, Tersilio COQUILLARD, Renzo MARCELLO Coquillard, Michelina COQUILLARD, Eva COQUILLARD, Jolanda COQUILLARD, Marisa COQUILLARD e Delfina COQUILLARD si costituivano parte civile nei confronti degli imputati ad eccezione di Ennio SUBET- per il risarcimento del danno subito.

Su richiesta della difesa di Enzo Livio CARLIN il GUP sentite le parti- disponeva procedersi a perizia, nelle forme dellincidente probatorio al fine di ricostruire levento del 15.10.2000, le sue cause, la sua prevedibilità ed evitabilità. Veniva a tal fine nominato un collegio peritale nelle persone del prof. Giannantonio BOTTINO delluniversità di Torino e degli ingegneri Gianluca NOASCONO e Gianluca ODETTO

Alludienza del 5.12.2001 veniva preliminarmente revocata la dichiarazione di contumacia di Lorenzo CHENTRE, comparso in aula. Le parti civili già costituite dichiaravano di estendere la costituzione anche nei confronti dellimputato SUBET; si costituivano inoltre parte civile nei confronti di tutti gli imputati anche Domenico CATALANO e Rosaria MARTORANO. Infine, le parti civili chiedevano la citazione in giudizio della regione autonoma valle dAosta, dei comuni di Pollein e Charvensod, della presidenza del consiglio dei ministri e del ministero degli affari interni, in qualità di responsabili civili per i fatti attribuiti agli imputati. Il GUP ordinava la citazione in giudizio dei responsabili civili.

Alludienza del 13.12.2001 si costituiva in giudizio la regione autonoma valle dAosta, in qualità di responsabile civile. Il GUP conferiva lincarico al collegio peritale. Le operazioni peritali avevano immediato inizio, con ispezione dei luoghi.

Alludienza del 22.2.2002 si costituivano in giudizio il comune di Pollein, il presidente del consiglio dei ministri ed il ministero degli interni, in qualità di responsabili civili per il fatto degli imputati, eccependo la nullità del decreto di citazione ex art.83 co.5 c.p.p. Il GUP rigettava listanza e su accordo delle parti differiva lo svolgimento della udienza preliminare una volta terminato lincidente probatorio.   

Alludienza del 9.4.2002 il GUP preliminarmente revocava la dichiarazione di contumacia degli imputati CUGNOD, PASQUALOTTO e ROCCO, presenti in aula. Si procedeva quindi allesame dei periti nel contraddittorio delle parti. Allesito veniva acquisita al fascicolo la relazione scritta, già depositata il 19.3.2002.

Alludienza del 23.4.2002 si costituiva in giudizio il responsabile civile comune di Charvensod. Tutti gli imputati, personalmente ovvero o mezzo del difensore munito di apposita procura speciale, chiedevano di essere giudicati con rito abbreviato. Le parti civili costituite dichiaravano di accettare il giudizio abbreviato. Il GUP disponeva procedersi a giudizio abbreviato.

Seguivano due rinvii della udienza di discussione, attesa lesistenza di trattative per il risarcimento del danno patito dalle costituite parti civili. Inoltre, alludienza del 10.12.2002 il GUP disponeva lesclusione dal giudizio abbreviato dei responsabili civili già citati, ex art.87 co.3 c.p.p.

Alludienza del 30.1.2003 le parti formulavano ed illustravano le rispettive conclusioni, in epigrafe riportate, e depositavano memorie difensive. Il GUP, ritenuta linsussistenza dei presupposti richiesti dallart.441 co.5 c.p.p, dichiarava chiusa la discussione.

  1. Motivi della decisione: considerazioni generali.

Dagli atti utilizzabili al fine della decisione, ex art.442 comma 1 bis c.p.p, non risulta provata la penale responsabilità degli imputati in ordine ai reati loro ascritti.

  In termini generali si rileva come il reato di cui al capo 1) sia insussistente per ragioni giuridiche, dipendenti dalla peculiare configurazione della imputazione costruita dalla pubblica accusa. Si tratta, come meglio vedremo, della vexata quaestio della compatibilità del reato omissivo improprio con la fattispecie astratta dellart.449 c.p.

      Per quanto riguarda il reato di cui al capo 2) occorre invece distinguere le singole posizioni degli imputati.

Quanto a VALLET Franco, CUGNOD Cristoforo e ROCCO Raffaele, dagli atti uniti al fascicolo di causa e dal complesso delle fonti normative che regolano la materia in esame, non sembra si possa affermare che questi imputati fossero titolari  dellobbligo giuridico di impedire levento.

Gli imputati GIPPAZ Paolo, CARLIN Enzo Livio, SUBET Ennio, VIERIN Dino e CHENTRE Lorenzo erano invece titolari dellobbligo giuridico di impedire levento. Ma risulta provato che i predetti al momento del fatto- non fossero nelle condizioni di conoscere la c.d. situazione tipica, ossia il complesso degli elementi di fatto costituenti il presupposto dellobbligo di attivarsi. Essi furono tutti vittima di un deficit informativo imputabile al centro operativo regionale della protezione civile (dora in avanti: COR). O meglio, imputabile alla condotta gravemente negligente del solo Massimo PASQUALOTTO, anchegli titolare dellobbligo giuridico di impedire levento.

  Come  vedremo in seguito, in forza del piano di emergenza Becca di Nona era attribuito al geologo PASQUALOTTO il compito di monitorare la fonte di pericolo e di valutare gli eventuali segnali dallarme provenienti dalla frana. Il sistema di monitoraggio ed allarme era il cardine del piano di emergenza. Il PASQUALOTTO doveva informare il COR e questi di riflesso il presidente della giunta e gli amministratori locali- degli eventuali segnali di pericolo monitorati. Egli era il primo anello della catena decisionale prevista dal piano di emergenza. Pur di fronte ad una situazione che ragionevolmente era indicativa di un pericolo incombente per le persone insediate sul conoide alluvionale del Comboè, pur di fronte a ben tre segnali di allarme provenienti dalla Becca di Nona in un breve lasso temporale, il PASQUALOTTO nulla ritenne di fare. Non  avvisò nessuno, non comunicò i segnali di pericolo a nessuno. Gli altri titolari della posizione di garanzia non furono messi in condizione di prendere le decisioni in merito alla eventuale evacuazione della popolazione.

      Tuttavia, anche limputato PASQUALOTTO deve essere assolto. Anche alla luce della nota sentenza delle Sezioni Unite 10.7.2002, n.30.238, la prova della sussistenza del nesso causale è insufficiente o comunque contraddittoria. Affinché il nesso causale sia ritenuto sussistente, in questo particolare tipo di reato, occorre dimostrare che se il PASQUALOTTO avesse avvisato il COR della esistenza di una situazione di pericolo per le persone allora il COR o gli amministratori locali  avrebbero sicuramente disposto levacuazione della popolazione prima del verificarsi dellevento catastrofico. Questo Giudice ritiene che vi siano ragionevoli dubbi in merito, avuto riguardo a tutte le circostanze del caso concreto. E allora si impone lassoluzione, ex art.530 cpv c.p.p.

      Qualche altra breve considerazione. Il processo, questo processo, non è solo un fatto giuridico, ma un fatto che ha sconvolto una intera comunità. La catastrofe ha portato via con sé sette persone. Forte è la tentazione di trovare comunque un responsabile. Forte è la domanda di giustizia che proviene dalla comunità. Allo strumento processuale spetta il compito di razionalizzare tale esigenza di verità e giustizia, costringendo la realtà dei fatti nella duplice gabbia della specificazione di una imputazione e nella individuazione di un possibile responsabile. Il processo non risponde alla domanda: esistono dei responsabili per quello che è successo? Può, e deve, fornire solo una risposta molto più limitata: queste persone sono responsabili di questi fatti specifici contestati dallaccusa? Eppure anche questa risposta è giustizia.

  1. Levento del 15.10.2000: natura e forme di manifestazione.

In estrema sintesi, i capi dimputazione formulati dal PM pongono quattro questioni, tutte relative allevento del 15.10.2000: che cosa è successo; perché è successo; se quello che è successo fosse prevedibile; se quello che è successo fosse evitabile.

La risposta a queste domande presuppone una serie di conoscenze geologiche, idrologiche e meteorologiche particolarmente complesse. Si tratta, infatti, di coniugare competenze che appartengono a materie affatto diverse e di combinarle tra loro in modo razionale e coerente. Per rispondere a queste domande, ed adempiere alla fondamentale funzione conoscitiva propria del processo penale, sono stati eseguiti ben tre accertamenti: la perizia disposta da questo GUP, la consulenza tecnica disposta dal PM e la consulenza tecnica di parte redatta congiuntamente da tutti i consulenti degli imputati. Sono state raggiunte delle conclusioni solo in parte congruenti. Ma resta comunque importante il patrimonio di conoscenze apportato da tutti i consulenti delle parti. In particolare, è solo grazie alle meticolose ricognizioni dei luoghi effettuate dai consulenti degli imputati che si è avuto modo di valutare, in tutta la sua portata, il fenomeno della colata detritica del torrente Moriond. Dopo un attento esame critico, sembra  possibile graduare le conclusioni rassegnate dai periti secondo un ordine decrescente di affidabilità:

– è certa  la classificazione dellevento abbattutosi il 15.10.2000 sul conoide alluvionale del Comboè. Si è trattato di una colata detritica incanalata, o debris flow, manifestatasi improvvisamente e senza segni premonitori. Vi è totale concordanze tra i periti ed i consulenti delle parti;

– con probabilità molto elevata, prossima alla certezza, possono individuarsi alcune delle cause che hanno determinato il verificarsi della colata detritica;

– con un grado inferiore di probabilità può essere ricostruito il rapporto di influenza reciproca tra le cause;

– con un grado di probabilità molto basso può essere ricostruita la sequenza temporale degli eventi.

Quanto alla prevedibilità della colata detritica, vi è disaccordo totale tra le conclusioni dei periti e quelle dei consulenti del PM, e sostanziale anche se non completa- congruenza tra le conclusioni dei periti e quelle dei consulenti degli imputati. Il grado di credibilità delle conclusioni, in ogni caso, è ancora inferiore rispetto a quello dei due punti precedenti.

In merito alla classificazione dellevento, sia i periti che i consulenti sono concordi. Alle ore 08,30 circa del 15.10.2000 il centro abitato di Chenaux nel territorio del comune di Pollein- è stato investito da una colata detritica incanalata, o debris flow. Larea totale del conoide interessata dai depositi è stata di circa 300.000 metri quadrati, con un volume di materiale solido interessato stimato intorno ai 35.000-40.000 metri cubi. I periti hanno ricostruito il fenomeno come una unica grossa colata detritica, e non una successione di debris flow tra loro indipendenti

      Prima di affrontare il tema della eziologia del fenomeno, è importante occuparsi della sua dinamica ed, in particolare, della  forma di manifestazione sul conoide. La letteratura scientifica in materia conosce varie tipologie di debris flow caratterizzate, tra laltro, dalla diversa dinamica della miscela solido-liquida. La velocità con cui la colata si diffonde, e le caratteristiche del suo moto, sono infatti in funzione degli elementi sopra indicati. E allora importante, al fine della esatta ricostruzione del fenomeno, poter disporre di dati relativi allo sviluppo della colata detritica.

            Tra i periti e tutti i consulenti tecnici si riscontra una sostanziale concordanza anche per quanto riguarda la cinematica dellevento, il suo manifestarsi nel conoide del Comboè.  La caratteristica fondamentale di questa colata detritica è il suo manifestarsi improvviso, senza segni premonitoriquesto fenomeno è comparso senza segni premonitori, efficaci, visibili, sensibili, nel senso che alcune testimonianze riferiscono di gente presente sullargine; il livello del corso dacqua era ancora un metro un metro e mezzo al di sotto del livello dellargine, pur se in maniera molto vistosa; il corso dacqua non aveva ancora materiale detritico di grosse dimensioni in carico.

I periti, con valutazione del tutto condivisibile, hanno classificato il fenomeno come evento in conoide di tipo impulsivo : larrivo improvviso ed inatteso della colata detritica non sembra quindi essere stata preceduta da segni premonitori apprezzabili (&) il debris flow ha investito il conoide manifestandosi improvvisamente e senza segni premonitori ed esaurendo rapidamente la fase parossistica. Ed è proprio per questo, e per la sostanziale mancanza di segni premonitori percepibili in loco, che la colata detritica ha potuto spiegare il suo effetto devastante.

            Per quanto riguarda il tempo di sviluppo del fenomeno, siamo nel campo delle ipotesi. Nessuna conclusione è stata formulata in termini di certezza. Il numero e la interdipendenza delle variabili correlate allo sviluppo del fenomeno non consentono certezze. Sembra comunque che si possa affermare, con ragionevole probabilità, che la colata detritica oltre ad essersi manifestata improvvisamente si sia anche evoluta molto rapidamente.

            In sintesi: si è trattato di ununica colata detritica, evolutasi molto rapidamente e manifestatasi improvvisamente sul conoide senza segni premonitori.

  1. La ricostruzione delle cause.

Una premessa di metodo. In questa sede non è indispensabile procedere alla c.d. spiegazione a serie continua del fenomeno in esame. Lesatta ricostruzione cronologica dellevento, in tutte le successive fasi di sviluppo del medesimo, appartiene al dominio delle scienze della natura, ma è estranea alloggetto ed allo scopo del procedimento penale. E importante ricordare che in tanto il processo penale si interessa ad un fatto, ad un determinato evento,  in quanto tale fatto sia attribuito/attribuibile in qualche misura ad un comportamento umano. Quello che nel procedimento scientifico è il fine la spiegazione di un fenomeno- nel procedimento penale è solo un mezzo, che viene impiegato allo scopo di accertare il collegamento tra un determinato evento ed una azione od omissione, in considerazione del fatto che è lunico mezzo in grado di introdurre elementi razionali nel processo. Anche la spiegazione causale dellevento risente di questa impostazione. A tacer daltro, è sufficiente rilevare come nelle scienze naturali non esista il principio di equivalenza delle cause, stabilito per le scienze penalistiche dallart.41 c.p.

E allora, partendo proprio dal principio espresso dallart.41 c.p, è necessario e sufficiente che il giudice accerti le cause che hanno concorso a cagionare un determinato fenomeno, e che accerti altresì se taluna delle cause sia stata da sola sufficiente a produrre levento, privando le altre di concreta rilevanza. In conclusione, non è indispensabile ricostruire la esatta scansione nel tempo delle singole cause di un evento, la reciproca collocazione cronologica, purchè sia stata accertata la concreta efficacia causale di ciascuna di esse.

      Come è noto, il fenomeno del debris flow si caratterizza per la formazione di una corrente solido-liquida che, incanalata lungo un pendio, si dirige verso valle. In  termini generali esso richiede la compresenza di tre condizioni: la presenza di un volume di detriti, naturalmente presente sul luogo o derivante da un movimento franoso; la presenza di una portata liquida tale da portare la miscela al c.d. punto dinnesco; lesistenza di un bacino dotato di caratteristiche morfologiche ed idrauliche particolari.

      I periti, in merito, hanno chiaramente affermato che la ricostruzione della sequenza dei fenomeni risulta molto problematica e lattendibilità della ricostruzione che può essere effettuata non è tale da potere enucleare certezze attesa la complessità dei fenomeni verificatisi. Altro è la ricostruzione della sequenza delle cause, altro è la semplice individuazione delle cause. La prima è (quasi) impossibile. La seconda rientra nel razionalmente dimostrabile. Anche se non è certo possibile individuare linsieme di tutte le cause che hanno concorso a determinare il fenomeno.

Sembra possibile ricondurre il fenomeno a tre cause fondamentali: il collasso simultaneo dei versanti che insistevano sullalto bacino del torrente Comboè; la frana della Becca di Nona; la colata detritica proveniente dal bacino del torrente Moriond.

I tre fenomeni si sono determinati autonomamente. O meglio, la genesi dei tre fenomeni è stata del tutto autonoma ed indipendente. In un breve lasso di tempo, ed a partire da un momento ancora sconosciuto, essi hanno cumulato i propri effetti determinando probabilmente alla confluenza tra i torrenti Moriond e Comboè- il disastroso debris flow che ha poi devastato la frazione Chenaux. Passiamo ora ad esaminare ciascuna delle tre cause, nellordine già prospettato.

      Ritengono i periti, con argomentazioni assolutamente condivisibili, che una serie di circostanze di fatto abbia determinato ad un certo punto- il collasso simultaneo dei versanti che insistevano sullalto bacino del  Comboè. E di fondamentale importanza rilevare come a tali circostanze siano attribuibili anche il verificarsi del collasso parziale della Becca di Nona e della colata detritica del Moriond. Esse sono:

– le precipitazioni piovose tra la fine di settembre ed i primi di ottobre del 2000, che hanno iniziato ad innalzare il grado di imbibizione del terreno;

– la prolungata infiltrazione del terreno, con raggiungimento progressivo di una completa saturazione, determinata dalla precipitazione piovosa nei giorni 13 e 14.10.2000;

– i due picchi di precipitazione piovosa delle prime ore del giorno 15.10.2000, di elevata intensità, che hanno determinato nei terreni già saturi una forte infiltrazione concentrata;

   –  lelevata quota dello zero termico, che ha consentito le precipitazioni piovose e la conseguenze saturazione dei terreni- anche a quote ove normalmente le precipitazioni sono di natura nevosa, e lo scioglimento del manto nevoso in quota;

   – la presenza nei versanti interessati dal fenomeno di uno strato diffuso di depositi detritici (c.d. sediment budget);

   – la situazione morfologica dei versanti, caratterizzata in molti punti del tratto intermedio della valle, da versanti molto acclivi.

            In virtù della azione sinergica di tutte queste cause, si può affermare che: le colate detritiche sviluppatesi nel corso dellevento dellottobre 2000 lungo lasta del torrente Comboè possono essere interpretate come una risposta pressoché simultanea ad una fase di picco delle precipitazioni che hanno determinato, in un arco di tempo ristretto, linnesco dei fenomeni di dissesto nei versanti, il trasferimento del materiale rimosso negli impluvi ed infine il trasporto, sotto forma già di colata, verso i collettori secondari e da questo verso il principale.

La prima macrocausa è dunque identificabile nel collasso simultaneo dei versanti insistenti lungo lalto bacino del Comboè, ed il verificarsi di una colata detritica incanalata nellalveo del torrente.

            La seconda causa sembra essere costituita dal collasso di una porzione del corpo di frana lungo la parete nord-ovest della Becca di Nona. Il volume detritico distaccatosi è stato stimato tra i 150.000 metri cubi (CT del PM) e gli 80.000 metri cubi (CT degli imputati). Il collasso, secondo la concorde valutazione dei periti e dei consulenti delle parti, è stato a sua volta determinato dalle intense precipitazioni piovose e da tutte le altre circostanze già indicate nel punto precedente. Secondo la ricostruzione che appare più verosimile il materiale franoso è andato a disporsi al piede del versante, formando un conoide di circa 2,3 ha di estensione areale. Nella sua parte terminale il conoide ha parzialmente invaso lalveo del torrente Comboè: il lobo terminale del conoide può essere stato in parte progressivamente eroso dalla corrente ed in parte ha prodotto una deviazione del percorso torrentizio verso la sponda sinistra orografica. Secondo la relazione dei CT degli imputati, condivisa in questa parte dai periti, il fenomeno erosivo della sponda sinistra del Comboè avrebbe determinato lapporto di circa 16.000 metri cubi di materiale detritico. In ogni caso, è certo che parte del materiale detritico proveniente dal collasso del versante nord-ovest della Becca di Nona, ed il materiale derivante dallerosione della sponda sinistra del Comboè, siano stati presi in carico dal torrente Comboè, e trasportati verso valle.

            La terza causa è costituita dalla colata detritica proveniente dal bacino del torrente Moriond. Il torrente Moriond prende origine dal pendio detritico posto sul versante nord-ovest della Becca di Nona, a quota 2.350 metri, per poi confluire nel torrente Comboè a quota 1.380 metri. Già nella relazione di ENEL HYDRO allegata alla relazione dei CT del PM- si evidenziava il fondamentale apporto causale del debris flow del torrente Moriond: in base ai risultati delle ricognizioni finora eseguite, che hanno consentito di formulare una prima ricostruzione dellevento, il materiale proveniente dallerosione dellacccumulo di frana ha rinforzato con ogni probabilità la colata di detrito proveniente dal torrente Moriond, con il risultato di un trasporto di massa lungo il Comboè, che ha raggiunto e devastato labitato di Pollein. Peraltro, anche gli stessi CT del PM davano atto, nella propria relazione, del fatto che :il torrente Moriond ha indubbiamente fornito un apprezzabile contributo allalimentazione in detrito del torrente Comboè (&) più contenuto rispetto a quello dovuto alla frana della Becca di Nona. Occorre però rilevare che i consulenti del PM avevano compiuto rilievi unicamente lungo il bacino del Comboè, senza effettuare osservazioni dirette nel bacino del Moriond. Tali ricognizioni sono invece state compiute dai CT degli imputati. Ed i risultati delle osservazioni sono stati sostanzialmente condivisi dai periti. In generale, si può affermare che i CT del PM hanno concentrato la propria attenzione sulla frana della Becca di Nona, i CT degli imputati sulla colata detritica del Moriond, i periti hanno tentato di coniugare le diverse prospettive. E allora sembra potersi condividere laffermazione dei CT degli imputati: Il bacino del torrente Moriond rappresenta lelemento chiave per la ricostruzione degli eventi del 15 ottobre 2002 (&) la confluenza tra il torrente Moriond ed il Comboè rappresenta uno dei punti nodali dellevento. Dalle indagini di campagna svolte dai consulenti sembra potersi affermare che la colata detritica proveniente dal Moriond innescatasi per le stesse ragioni del Comboè- fosse stimabile in almeno 15.000 metri cubi.  Anche questo carico solido è confluito nel torrente Comboè, unitamente a quello proveniente dallerosione della sponda sinistra del Comboè e dalla porzione della frana della Becca di Nona collassata.

5. La ricostruzione dellevento.

Si può affermare, con probabilità molto elevata, che levento del 15.10.2000 sia il frutto della azione sinergica di due colate detritiche, quella del Moriond  e quella del Comboè, e del collasso di una parte della frana della Becca di Nona La colata detritica verificatasi nellalto bacino del torrente Comboè arricchita dai detriti della frana e da quelli derivante dallerosione della sponda- ha incontrato la colata detritica proveniente dal bacino del Moriond, alla confluenza tra i due torrenti : alla confluenza con il Moriond si è evidenziato come la colata di questo torrente tagli quella proveniente da monte, che risulta quindi essere precedente alla prima (&) la morfoinvedenza dellaccumulo di questa frana (la Becca di Nona, ndr) avrebbe contemporaneamente indotto la deviazione del torrente ( Comboè, ndr) e lerosione accelerata in orografica sinistra. Il materiale rimosso da questi fenomeni e traslato più volte a valle sarebbe poi, in corrispondenza della fase finale del secondo picco di pioggia, stato parzialmente preso in carico dallarrivo della nuova colata, alimentata dai materiali del Moriond e dai versanti del Comboè e definitivamente trasferito verso la parte finale del bacino .

             Il rapporto cronologico tra le cause sopra evidenziate è stato variamente ricostruito dai periti e dai consulenti. Non è opportuno introdurre nel processo mere ipotesi, non fondate da elevata probabilità razionale. Né tale ricostruzione, per quanto sopra esposto, è indispensabile in questo procedimento. Si può tuttavia ritenere, con elevata probabilità, che le tre cause indicate non si siano manifestate simultaneamente. E molto probabile chi si sia verificata una vera e propria scansione temporale. Nella scansione, le sole conclusioni ragionevolmente formulabile sono:

– con elevata probabilità, il collasso di parte della frana della Becca di Nona è  avvenuto prima della colata detritica del Comboè e (probabilmente) prima anche della colata detritica del Moriond;

– con probabilità inferiore, si può affermare che la colata del Comboè sia avvenuta prima della colata del Moriond.

            Resta la questione del rapporto reciproco delle tre cause. Secondo la valutazione dei periti, del tutto condivisibile, fu determinante la colata detritica del Moriond: lazione del colamento incanalato lungo lasta del Moriond nei confronti dellevoluzione dei fenomeni prodottisi lungo il Comboè può essere individuata come di fondamentale importanza, sia per laspetto quantitativo dei volumi di detriti apportati che per la rilevante energia posseduta nel momento della intersezione con la valle principale (&) lipotesi che risulta essere più verosimile è quella che considera il debris proveniente dal Moriond come causa essenziale ai fini del determinarsi delle particolari condizioni di magnitudo ed impulsività della colata che ha investito Chenaux. Anzi, il ruolo del Moriond fu di tale rilevanza che le altre due cause, considerate da sole: avrebbero potuto condurre ad eventi di minore intensità, quali quelli che si sono verificati lungo il Comboè in passato (nel 57, 71, 77 e 93). O meglio: in assenza della colata del Moriond lerosione provocata dalla frana avrebbe indotto un flusso iperconcentrato, evolventi a colata detritica, con comportamenti in conoide simili a quelli verificatisi nel 57 o nel 93. La colata del Moriond senza lapporto detritico connesso alla frana, avrebbe probabilmente potuto, da sola, generare un debris flow capace di giungere in conoide con elevata energia, ma con minori volumi di solido.

            Una ultima considerazione, fondamentale ai fini del successivo giudizio di prevedibilità. Tutte le frane ed i dissesti dei versanti, che si sono poi risolti nella colata detritica che ha devastato Chenaux, sono stati sostanzialmente determinati da una sola causa: le intense precipitazioni dei giorni 13 e 14 ottobre ed i picchi di pioggia delle prime ore del giorno 15: cè un momento di carica in cui il terreno si satura completamente dacqua, e questa è la precipitazione severa ma non eccezionale dei giorni precedenti: lo scatenamento del fenomeno è legato a questa forte concentrazione di pioggia su un terreno che era in condizioni ormai di completa o pressoché completa saturazione

6.Il reato di cui al capo 1 della imputazione.

Dalla lettura del capo dimputazione, complesso ed articolato, risulta che agli imputati venga contestata la violazione degli artt. 61 n.3, 110, 113, 40 cpv, 449 in relazione allart.426 e 434 c.p. perchè in cooperazione tra loro e/o con condotte indipendenti- non impedivano (e dunque cagionavano) e contribuivano ad aggravare le conseguenze del disastro valanghivo del 15.10.2000, che comportava la morte di sei persone nonché ingenti danni a cose ed animali.

            Una considerazione, seppur del tutto formale, deve essere svolta prima ancora di entrare nel merito. Come abbiamo visto nei paragrafi precedenti levento catastrofico del 15.10.2000 è sicuramente classificabile come colata detritica incanalata, o debris flow. Certo, avuto riguardo alla lettera dellart.426 c.p, il debris flow partecipa sia delle caratteristiche della frana che delle caratteristiche della inondazione. Ma non partecipa in nessun caso delle caratteristiche della valanga. Deve dunque ritenersi un mero lapsus calami del PM lindicazione del disastro valanghivo.

Nel merito, occorre rilevare come limputazione sia costruita secondo la tecnica del reato omissivo improprio ex art.40 cpv c.p- sulla corrispondente figura della valanga e del crollo di costruzioni colposi. Si tratta di una semplice corrispondenza, attesa la completa autonomia strutturale del reato omissivo improprio rispetto allomologo reato commissivo. Gli elementi strutturali della fattispecie convertita saranno esaminati quando ci occuperemo del reato di cui al capo 2) della imputazione.

            In questa sede rileva la questione preliminare- dellambito di applicazione della clausola generale di equivalenza stabilita dallart.40 cpv c.p. Secondo lorientamento della migliore dottrina, che questo Giudice condivide, il dominio naturale del reato omissivo improprio è quello delle fattispecie casualmente orientate, ossia dei reati causali puri. Per un verso, questa interpretazione è conforme alla lettera dellart.40 cpv c.p, che espressamente impiega le locuzioni verbali impedire   e cagionarlo, riferite allevento temuto. Per altro, una indiscriminata applicazione dellart.40 cpv c.p. a tutte le fattispecie di reato commissivo comporterebbe gravi problemi di costituzionalità, in forza della indeterminatezza e della eccessiva genericità della fattispecie astratta.

            E allora sembra costituzionalmente preferibile limitare lapplicazione della clausola generale di equivalenza ai soli reati commissivi che prevedono un evento naturalistico e la forma libera di produzione dellevento, ossia la mancanza di specificazione nella fattispecie astratta delle modalità della condotta che dovrebbero determinare il verificarsi dellevento.

            Levento della fattispecie commissiva da convertire deve essere un evento naturalistico e non un evento giuridico. E appena il caso di rilevare come tutte le fattispecie commissive siano dotate di un evento giuridico, trattandosi della lesione o messa in pericolo del bene giuridico tutelato dalla norma. Levento naturalistico richiede qualcosa di più. Richiede che si verifichi un effetto, una conseguenza naturale della condotta umana, che costituisca una vera e propria modificazione percepibile  della realtà esterna. Esso postula una separazione spazio-materiale, una isolabilità materiale rispetto allazione.

            I reati previsti dagli artt.426 e 434, in relazione allart.449 c.p, hanno un vero e proprio evento naturalistico: la frana o il crollo della costruzione. Ma il PM non contesta agli imputati di non aver impedito la frana o il crollo delle costruzioni. Contesta di non aver impedito ed aver contribuito ad aggravare le conseguenze del disastro valanghivo del 15.10.2000. E allora è evidente già dalla mera lettura del capo dimputazione- la insussistenza di uno degli elementi costitutivi della fattispecie omissiva impropria: levento naturalistico. Le omissioni contestate agli imputati, e puntualmente indicate nel capo dimputazione, non erano evidentemente idonee ad impedire il verificarsi della frana o del crollo. Come abbiamo già visto nel paragrafo 4) la frana ed il crollo delle abitazioni sono state determinate esclusivamente da circostanze naturali, dal complesso interagire di una serie di variabili idrogeologiche. Nessuna condotta umana, commissiva od omissiva, è entrata a far parte del determinismo causale della frana o del crollo. Nessuna condotta umana, pertanto, appartiene al dominio dellevento naturalistico, e dunque della clausola generale di conversione prevista dallart.40 cpv c.p.

            Viceversa, le condotte contestate agli imputati hanno attinenza con le conseguenze dellevento naturalistico. La tesi sostenuta dal PM, così come rappresentata nel capo dimputazione, sembra riconducibile alla nota dottrina seppur minoritaria- dellaumento del rischio. Secondo questa dottrina, nellambito del reato omissivo improprio per imputare la responsabilità del verificarsi dellevento temuto al soggetto rimasto inerte, sarebbe sufficiente accertare che il compimento dellazione doverosa avrebbe accresciuto le chanches di salvezza del bene giuridico tutelato. Questa tesi, seppur pregevole, postula tuttavia che levento previsto dallart.40 cpv c.p. sia quello giuridico e non quello naturalistico.

            Dunque, le conseguenze dellevento naturalistico previsto dagli artt.426 e 434 c.p. appartengono al dominio dellevento giuridico del reato, e non sono pertanto suscettibili di costituire il presupposto di una conversione della fattispecie commissiva ex art.40 cpv c.p. Tutti gli imputati devono essere assolti dal reato perché il fatto non sussiste.     

7. Il reato di cui al capo 2 della imputazione: la posizione di garanzia.

  Anche questo reato è stato contestato agli imputati come reato omissivo improprio.

Il reato di omicidio colposo, in generale, è suscettibile di conversione nella corrispondente fattispecie omissiva. Si tratta di uno dei classici reati casualmente puri, che prevede tra gli elementi costitutivi della fattispecie- un evento naturalistico. A differenza della imputazione precedente, in questo caso il PM contesta agli imputati di aver determinato, mediante una colpevole omissione, la morte di sette persone. In questo caso lomissione contestata agli imputati può rientrare in astratto- nel determinismo causale della morte.

            Il reato omissivo improprio, seppur costruito sulla base della corrispondente fattispecie commissiva, è strutturalmente autonomo da questa. Lart.192 c.p.p.impone di dar conto nella motivazione- dei criteri adottati per la valutazione degli elementi di prova. E allora appare opportuno indicare quali siano i principi generali della materia applicati per la valutazione dei fatti di causa.

            Il reato omissivo improprio, allo stato del diritto positivo, pecca di eccessiva genericità. Lunica norma di riferimento è lart.40 cpv c.p. Il  resto è lasciato alla sensibilità, ed a volte allarbitrio, dellinterprete. La clausola generale di equivalenza, stabilita dallart.40 cpv c.p, ben potrebbe svolgere il proprio compito nella materia civile, ma non in quella penale, informata dai principi di legalità e tassatività della fattispecie astratta. E del tutto evidente la possibilità di un contrasto con i principi costituzionali. Il rischio è che il reato omissivo improprio, tramite il sistema delle posizioni di garanzia, si trasformi in una sorta di criterio per limputazione oggettiva dellevento.

            E allora, per garantire la costituzionalità dellistituto, occorre agire soprattutto sulla costruzione teorica della posizione di garanzia. Perché, qualunque sia la teoria condivisa, il cardine del reato omissivo improprio rimane lobbligo giuridico di impedire levento. Anche lobbligo giuridico, e la conseguente posizione di garanzia, deve essere conforme ai principi generali del diritto penale, ossia la sufficiente determinatezza del suo contenuto e la preesistenza rispetto al fatto contestato. Quindi, una intepretazione costituzionalmente orientata e prima ancora: civile- postula che la  posizione di garanzia esista già prima del verificarsi dellevento lesivo; che sia  disciplinata da fonti che ne ricostruiscono le caratteristiche ed i presupposti in modo specifico ed inequivoco; infine, che sia diretta a tutelare un bene giuridico specificamente determinato. E invece inaccettabile -pena lincostituzionalità per indeterminatezza della fattispecie-  la posizione di garanzia omnibus. Ricostruita sulla base di una norma, o di un complesso di norme, talmente generiche che potrebbero vincolare il destinatario a qualsiasi comportamento, in relazione a pericoli indeterminati e per la tutela di beni giuridici indeterminati.

  Il principio di personalità della responsabilità penale valido anche per i reati omissivi impropri- postula essenzialmente la riprovevolezza del comportamento censurato, la possibilità di muovere un rimprovero allautore (in senso lato) per aver tenuto proprio quel comportamento e non un comportamento diverso. Ciò significa che la c.d. posizione di garanzia non deve essere il frutto di una ricostruzione ex post delle norme che disciplinano un determinato settore dellattività umana. Ma deve essere univocamente determinata o determinabile- già ex ante. Certo, non si può pretendere, al fine della sussistenza del reato, che lautore sapesse di essere titolare di una posizione di garanzia; ma si deve però pretendere che la posizione di garanzia fosse facilmente conoscibile, e dunque non fosse il frutto di una articolata ed artificiale opera di interpretazione delle fonti normative, di vario livello, tra loro concorrenti.

Per dare specificità e concretezza alle posizioni di garanzia, allo scopo di armonizzarle con i principi costituzionali sopra ricordati, occorre contestualizzarle. Ciò perché contestualizzare significa dare maggior contenuto e concretezza. Non potendo esistere posizioni di garanzia omnibus, è del tutto ragionevole distinguere le posizioni di garanzia, e lindividuazione dei rispettivi titolari, in funzione del diverso contesto ambientale in cui si verifica laggressione al bene giuridico tutelato. Altro è levento disastroso che si manifesta isolatamente in un determinato luogo, altro è levento disastroso che si verifica in un contesto di emergenza che riguarda lintero territorio regionale.

Nel caso di eventi verificatisi in contesti di emergenza già conclamata, la ricerca della posizione di garanzia è più semplice. E ciò perché è coessenziale alla filosofia della gestione delle emergenze che la previsione delle procedure, delle responsabilità e dunque dei responsabili, sia ben formalizzata in un documento scritto, posseduto da tutti i garanti prima del verificarsi dellemergenza, generalmente noto come piano di emergenza.

            Applichiamo i principi sopra esposti al caso che ci occupa.

            Il presidente della giunta regionale con decreto del 13.10.2000- dichiarava lo stato di emergenza sullintero territorio della Valle dAosta, a causa delle eccezionali avversità atmosferiche. Il contesto in cui i fatti sono avvenuti, in cui gli imputati hanno agito, era quello dellemergenza. Non solo per la formale dichiarazione del presidente della giunta, ma anche perché lo sviluppo degli avvenimenti immediatamente percepibile- era proprio quello di una situazione di emergenza.Allora, trovano applicazione nella fattispecie e possono dunque costituire un presupposto del giudizio di riprovevolezza- solo quelle posizioni di garanzia funzionalmente connesse alla gestione di una situazione di emergenza.

Abbiamo già osservato che la gestione del rischio in un contesto di emergenza segua regole e procedure affatto particolari. Per evitare la confusione decisionale e laccavallarsi di iniziative improvvide, vengono previamente realizzati dei piani, che prevedono sia lindividuazione dei singoli titolari delle posizioni di garanzia, sia le procedure da adottare per la gestione dellemergenza.

            Il minuzioso elenco di fonti normative prospettate dal PM, in gran parte, non coglie allora nel segno. Molte delle norme indicate nel capo dimputazione sarebbero infatti pertinenti a situazioni ordinarie e non di emergenza conclamata.

            Sembrano invece pertinenti le seguenti fonti, in quanto funzionalmente connesse alla gestione della emergenza:

direttiva per lattività preparatoria e le procedure dintervento in caso di emergenza per protezione civile, edizione del 1996;

piano regionale di protezione civile;

piano di emergenza becca di nona, edizione 1999.

Le fonti indicate sono sicuramente idonee a costituire delle posizioni di garanzia. Vengono infatti individuati nel caso in cui si verifichi una situazione di emergenza- una serie di soggetti preposti alla tutela della incolumità fisica delle persone, con la indicazione dei comportamenti da tenere in relazione allo sviluppo ed alla gravità dellemergenza. Si può affermare che la fonte soddisfi i requisiti costituzionali di  (pre) determinatezza della fattispecie.

            Ancora una considerazione, necessaria al fine della esatta delimitazione della posizione di garanzia. E evidente che lordinamento giuridico costituisca una determinata persona come garante, sul presupposto che questa persona sia fornita dei poteri di impedire levento. Nel caso in cui si costituisse una persona come garante, senza però dotarla dei poteri necessari per impedire levento, ci troveremmo al di fuori dei principi costituzionali per entrare nel campo della responsabilità oggettiva. Non è infatti possibile muovere alcun rimprovero ad un soggetto art.27 Cost.- che non avrebbe potuto comunque tenere una condotta diversa. E allora, salva la precisazione che di seguito sarà svolta, deve ritenersi che sia titolare della posizione di garanzia solo colui che sia dotato, dallordinamento giuridico, del potere di impedire levento temuto. Mutuando una terminologia propria della teoria degli insiemi, il rapporto tra dovere di agire e potere di agire è qualificabile come corrispondenza biunivoca.

            E fondamentale sottolineare questo concetto: al dovere giuridico di impedire levento deve corrispondere anche il potere giuridico di impedirlo. Qualsiasi soluzione diversa esce dal campo dellart.27 Cost. per entrare nel pericoloso terreno della imputazione obiettiva dellevento. E il potere giuridico di impedire levento deve essere un potere in grado di produrre, come effetto immediato, proprio limpedimento dellevento temuto, eventualmente in cooperazione con gli altri garanti. Sia perché il garante sia posto nella condizione di incidere direttamente sulla fonte di pericolo, e di eliderne o attenuarne le conseguenze pericolose per i beni tutelati; sia perché il garante sia in condizione di informare il titolare di tali poteri qualora egli non ne disponga di propri- della esistenza di una situazione di pericolo.

            Nel caso che ci occupa è del tutto evidente che nessun potere umano potesse in qualche modo competere con la forza cieca della natura. Tuttavia, come correttamente ipotizza il PM, esisteva un potere giuridico in grado di impedire con ragionevole certezza- levento morte: il potere di ordinare levacuazione degli abitati di Pollein e Charvensod. In conclusione, per tutti i principi affermati, potevano essere ritenuti titolari dellobbligo giuridico di impedire levento quelle persone, e solo quelle persone, che potevano concretamente ordinare levacuazione della popolazione, o che comunque potevano concretamente influire sulladozione di tale atto da parte di terzi.

            Tutte le fonti sopra citate attribuivano, in condizioni di emergenza, tale potere a soli due soggetti: il Sindaco del Comune o suo sostituto- e il Presidente della Giunta Regionale. Pertanto, in applicazione dei principi di diritto sopra esposti, si può in primo luogo ritenere che con riferimento ai fatti di causa- fossero titolari della posizione di garanzia dal 13.10.2000 :

Dino VIERIN, Presidente della Giunta RAVA;

Gippaz PAOLO, Sindaco del Comune di Pollein e, successivamente al suo allontanamento da Pollein, Ezio CARLIN, Vice Sindaco;

Enzo SUBET, sindaco del comune di Charvensod.

Deve inoltre riconoscersi la titolarità della posizione di garanzia ad altri due soggetti, anche se privi del potere di disporre levacuazione della popolazione. Si tratta del direttore dellufficio regionale della protezione civile Lorenzo CHENTRE- e del geologo del servizio difesa del suolo, della direzione bacini montani e difesa del suolo, Massimo PASQUALOTTO. Essi, come risulta dal piano regionale di protezione civile e dal piano di emergenza Becca di Nona, erano i responsabili dei flussi informativi che dovevano consentire la eventuale decisione di evacuazione.

            Secondo il piano regionale di protezione civile il COR era lorgano destinatario di tutte le segnalazioni e di tutte le informazioni relative allinsorgenza di situazioni di pericolo (&) assolve ai servizi di emergenza di competenza regionale ed è perciò lo strumento operativo di cui si avvale la Giunta regionale per gli interventi di soccorso e per tutte le emergenze che non comportano la costituzione del centro coordinamento soccorsi (pag.6). Per la regione valle daosta le segnalazioni devono convergere al COR (pag.29). Il COR è quindi lelemento nodale fondamentale del sistema di confluenza delle segnalazioni e di diffusione degli allertamenti (pag.30). Chiara ed evidente era la funzione di gestore del flusso informativo nei confronti del presidente della giunta regionale e degli altri titolari del potere di disporre levacuazione della popolazione.. A questi, infatti, fa capo lattività di pianificazione ed al quale compete, in caso di pubblica calamità, la direzione ed il coordinamento degli interventi di soccorso tramite il COR   (pag.10). Secondo le modalità attuative del piano in ogni caso di pericolo sia di normale amministrazione, di microemergenza che di emergenza- era previsto che il COR provvedesse ad informare immediatamente la presidenza della giunta. In particolare, spettava al direttore dellufficio regionale di protezione civile: alla ricezione della segnalazione di una situazione di pericolo:

prende nota della comunicazione, del nominativo, indirizzo e recapito di chi lha effettuata, dellora e oggetto di quanto segnalato;

controlla la veridicità della segnalazione;

prende i seguenti provvedimenti:

caso di microemergenza: dà subito inizio alle operazioni di soccorso;

caso di emergenza: informa immediatamente il presidente della giunta o chi lo sostituisce. (pag.11).

La responsabilità del COR era affidata al direttore dellufficio regionale della protezione civile ossia lo CHENTRE- ed in sua assenza ad un funzionario di turno dellamministrazione regionale.

Riassumendo, il piano regionale di protezione civile aveva realizzato un sistema centralizzato di gestione del flusso informativo. Ogni segnalazione di pericolo doveva essere indirizzata al COR e da questi previa valutazione del direttore dellufficio regionale di protezione civile- la segnalazione doveva comunque giungere alla presidenza della giunta, a titolo informativo per i casi meno gravi- o per le decisioni di competenza, per i casi più gravi.

      Per quanto riguarda il PASQUALOTTO viene invece in considerazione il  piano di emergenza Becca di Nona. Come meglio vedremo nei paragrafi successivi, levoluzione del movimento franoso sul versante nord-ovest della Becca di Nona era stato messo sotto controllo, mediante un sistema di monitoraggio costituito da 4 estensimetri, da 6 punti di rilevamento satellitare e da un pluviometro. I valori di allungamento degli estensimetri, e quelli di precipitazione del pluviometro, erano trasmessi via radio ad un videoterminale del COR. Qualora il valore di allungamento degli estensimetri, o quello di precipitazione, fosse stato superiore ad un valore soglia predeterminato, veniva inviato un segnale dallarme al videoterminale del COR: la valutazione dellentità del fenomeno franoso e la sua possibile evoluzione è di competenza del servizio difesa del suolo della direzione bacini montani e difesa del suolo dellassessorato turismo, ambiente e opere pubbliche. Il terminale video installato presso il COR invia, qualora i valori di lettura degli estensimetri superino la soglia di attenzione, un segnale di allerta che il personale del COR segnala immediatamente al funzionario di turno del servizio difesa del suolo della direzione bacini montani e difesa del suolo per la valutazione della situazione e del suo possibile evolversi ai fini della eventuale diramazione degli allertamenti ai Comuni ed alle strutture operative (pag.6). Il piano è integrato dalla Attivazione piano di emergenza BECCA DI NONA del 7.6.1999: in caso di attivazione del predetto allarme, loperatore di servizio al COR provvederà:

-avvisare immediatamente il geologo reperibile del servizio difesa del suolo (&);

disattivare lallarme sonoro utilizzando lapposito pulsante posto al di sotto della sirena allarme, mentre lallarme visivi permarrà atomaticamente fino a disattivazione dello stesso geologo;

previa indicazione da parte del geologo, avvisare il funzionario reperibile di protezione civile, in funzione di una potenziale evoluzione del fenomeno, per gli adempimenti successivi.

Il funzionario reperibile di protezione civile, sulla base delle valutazioni effettuate a cura del geologo (&).

Il piano di emergenza Becca di Nona e le disposizioni di attuazione erano chiarissime nel predeterminare la catena decisionale. La prima e fondamentale valutazione sulla evoluzione del fenomeno franoso spettava al geologo del SSIDS, ossia al PASQUALOTTO. Dalla sua valutazione dipendevano le successive determinazioni del funzionario di protezione civile.

Come già detto CHENTRE e PASQUALOTTO erano privi di un autonomo potere di disporre levacuazione dei centri abitati. Tuttavia, come risulta dalle disposizioni citate, avevano il fondamentale compito di apprezzare i singoli casi di emergenza pervenuti allo loro attenzione e di gestire autonomamente, e prima di qualsiasi altra persona, il flusso informativo. Essi costituivano, per così dire, il primo anello della catena decisionale/informativa per la gestione dellemergenza. Dalle loro valutazioni e segnalazioni dipendeva la concreta possibilità, per i  titolari delle posizioni di garanzia, di prendere le eventuali decisioni  sulla evacuazione della popolazione. Sembra allora configurabile, anche nei loro confronti, una vera e propria posizione di garanzia.

      Non sembrano invece titolari di posizioni di garanzia gli altri imputati:

VALLET: le fonti citate dal PM sono del tutto generiche, e inidonee a costituire una posizione di garanzia costituzionalmente orientata. Il piano di emergenza della Becca di Nona non gli attribuiva alcun potere/dovere di intervento. Quanto al piano regionale di protezione civile, il capo III dispone che lassessore allagricoltura, ambiente e foreste: non appena vengono a conoscenza che nellambito del territorio della regione è insorta una situazione di pericolo o che si è verificato un evento calamitoso che rientra nel campo  delle loro competenze, intervengono con le proprie strutture per la valutazione dei danni, il loro ripristino e la prevenzione di ulteriori eventi dannosi. Qualora la gravità della situazione non sia fronteggiabile con il personale ed i mezzi a disposizione richiedono lintervento del COR. (pag.11). Tuttavia, nel caso di specie il Presidente della Giunta RAVA aveva già decretato lo stato di emergenza, e trovavano pertanto applicazione le disposizioni della circolare del dipartimento di protezione civile del dicembre 1996, che non prevedono alcuna attività dellassessore. La sua posizione di garanzia, in astratto sussistente, era stata concretamente assorbita da quella del presidente della giunta regionale, una volta dichiarato lo stato di emergenza;

ROCCO: le fonti citate dal PM sono del tutto generiche, e inidonee a costituire una posizione di garanzia costituzionalmente orientata. Il piano regionale di protezione civile ed il piano di emergenza della Becca di Nona non gli attribuivano alcun potere/dovere di intervento;

CUGNOD: le fonti citate dal PM sono del tutto generiche, e inidonee a costituire una posizione di garanzia costituzionalmente orientata. Il piano regionale di protezione civile ed il piano di emergenza della Becca di Nona non gli attribuivano alcun potere/dovere di intervento. O meglio, in forza delle disposizioni attuative del piano Becca di Nona del giugno 1999, era stato individuato il solo geologo del servizio difesa del suolo ossia il solo PASQUALOTTO- come responsabile del flusso informativo.

Gli imputati VALLET, ROCCO e CUGNOD non erano pertanto titolari nel caso di specie- di alcun obbligo giuridico di impedire levento. Essi debbono essere assolti perché il fatto non sussiste.

8. Segue: la situazione tipica.

Nel paragrafo precedente abbiamo individuato i soggetti titolari dellobbligo giuridico di impedire levento, nellambito di una astratta situazione di emergenza.  Occorre fare un passo ulteriore. E ora necessario accertare in quale momento lastratto obbligo di agire dei garanti sia divenuto concreto, in considerazione dello sviluppo dei fenomeni pericolosi per la vita delle persone insediate sul conoide alluvionale del torrente Comboè. In quale momento si sia manifestata la c.d. situazione tipica, intesa come complesso dei presupposti di fatto che rendono attuale lobbligo del garante di intervenire.

            Anzitutto, occorre delimitare il dominio del concetto. Nella teoria generale del reato omissivo improprio è nota la distinzione tra la situazione tipica che appartiene alla fattispecie obiettiva – e la prevedibilità dellevento naturalistico, che appartiene invece alla fattispecie soggettiva. La distinzione tra i due concetti è tanto chiara in astratto quanto in concreto, si presta ad una certa sovrapposizione.

            Infatti, mentre la posizione di garanzia viene essenzialmente ricostruita sulla base di norme, la situazione tipica e la prevedibilità dellevento vengono ricostruite sulla base dei fatti. Si consideri in merito- che se sulla base della evoluzione dei fatti diventa concreto ed attuale lobbligo del garante di agire allora una qualche prevedibilità dellevento temuto è possibile, sulla base degli stessi elementi di fatto. Lobbligo di agire implica, in qualche misura, la prevedibilità dellevento temuto. Altrimenti non avrebbe alcun senso imporre al garante di attivarsi nel caso in cui non vi fosse alcun pericolo per il bene giuridico tutelato. Si tratta, tuttavia, di una mera interferenza. Non si può infatti sostenere che lobbligo del garante diventi attuale ossia si manifesti la situazione tipica- solo quando levento temuto diviene prevedibile.

            Ma allora, qual è questo grado di prevedibilità correlato alla situazione tipica? La risposta è possibile una volta fatte due considerazioni. In primo luogo, è necessario distinguere tra un concetto di prevedibilità generico, quando è possibile affermare che un fenomeno, non individuato in modo specifico, avverrà, anche se non si sa quando e come; ed un concetto di prevedibilità specifico, in cui possono essere definiti e probabilmente dimensionati con sufficiente approssimazione i diversi parametri strettamente connessi con la dinamica stessa del fenomeno. Si può affermare senza ombra di dubbio- che il quid di prevedibilità dellevento correlato alla situazione tipica appartenga più al dominio della prevedibilità generica che a quello della prevedibilità specifica.

  La conclusione trova una sicura conferma nei fatti in esame. Come più volte abbiamo ricordato, dal 13.10.2000 era stata dichiarato lo stato demergenza sul territorio regionale. Trovavano dunque applicazione le regole per la  gestione del rischio in una situazione di emergenza, canonizzate nei piani di emergenza sopra citati.

Il piano di emergenza, ridotto allessenziale, prevede determinate procedure da svolgere nel caso in cui si verifichi un determinato pericolo per lincolumità pubblica. In alcuni casi il piano di emergenza, al fine di evitare la perdita di tempo prezioso, arriva a predeterminare almeno in parte- anche la situazione tipica. Viene infatti disposto che al verificarsi di determinati eventi i garanti si attivino. E questo perché viene riconosciuto a quei particolari eventi un valore sintomatico: la prevedibilità generica del pericolo. In estrema sintesi, il piano per consentire una gestione ottimale dellemergenza- prevede in anticipo che al verificarsi di certi fatti sia genericamente prevedibile il verificarsi dellevento temuto, e diventi dunque attuale lobbligo di agire dei garanti. Si viene così a realizzare una sorta di tutela anticipata dei beni giuridici.

Sarebbe del tutto irrazionale imporre al garante di attivarsi solo quando levento temuto fosse  prevedibile in senso specifico. Consideriamo in merito- le sole colate detritiche. Il fenomeno è oggetto di studio da soli 20 anni. Lo stato degli studi non consente di poter effettuare alcuna previsione tantomeno in senso specifico- sulla possibilità di verificarsi di tale fenomeno: largomento delle colate detritiche allo stato attuale è confinato al solo ambito scientifico e in particolare è limitato a indagini a posteriori di eventi verificatisi, al fine di individuarne le possibili cause scatenanti. Gli studi sino ad oggi eseguiti non consentono di stabilire in maniera deterministica i valori dei parametri influenzanti il fenomeno e di conseguenza fissare i valori limite che, se superati, possono determinare con certezza linnesco e lo sviluppo dei debris-flow (&) limpossibilità è ancora più evidente se si tratta di trasformare delle conoscenze a posteriori in strumenti di previsione utile e preventiva in corso di evento .

E evidente che il c.d. rischio compatibile può essere tanto più elevato, ed accettabile, quanto più sia conosciuto e prevedibile il fenomeno temuto. Nel caso di fenomeni quasi imprevedibili, come le colate detritiche, il rischio compatibile deve essere tenuto molto basso. Questo significa che il garante deve attivarsi anche di fronte a fatti che siano significativi (solo) di una generica prevedibilità dellevento.

Questa è la filosofia del piano di emergenza Becca di Nona. Le prime notizie su questo movimento franoso risalgono al giugno 1996. La pericolosità del fenomeno, per gli insediamenti sul conoide alluvionale del Comboè, venne immediatamente percepita dai gestori del rischio. Questa la consapevolezza:  prima o poi si verificherà la frana. Anzi, ad un certo punto, il dipartimento territorio ed ambiente dellassessorato allagricoltura, ambiente e foreste invitò il comune di Pollein a sospendere il rilascio di concessioni edilizie nellarea potenzialmente soggetta alla frana: si invita il comune a sospendere in via cautelativa e provvisoria il rilascio di concessioni edificatorie nellarea individuata nella cartografia trasmessa fino a quando la Autorità di bacino esprimerà le sue valutazioni circa la necessità di introdurre tali zone nel piano stralcio ed in quale misura (&) non è da escludere che il fenomeno possa evolversi in valanga di detrito caratterizzata da elevata velocità (&) con innesco di onde di piena e colate detritiche versino valle.

Gli studi effettuati dalla regione nel 1998 già avevano correttamente inquadrato la pericolosità del fenomeno e la sua possibile evoluzione in colata detritica, con devastazione del conoide sottostante. Ed infatti,  dal 1997 venne installato un sistema di monitoraggio della frana in loco. Il sistema si componeva di sei capisaldi per il rilevamento topografico mediante GPS, con cadenza annuale. E, soprattutto, quattro estensimetri a filo, un termometro ed un pluviometro con dati teletrasmessi al centro COR dapprima ogni sei ore, in seguito ogni due ore. Il sistema di monitoraggio consentiva, in primo luogo, di seguire la tendenza evolutiva della frana. Ma consentiva altresì di segnalare condizioni di allarme, qualora i valori monitorati avessero superato dei valori predefiniti.

Il piano di emergenza della Becca di Nona venne redatto nel 1999, proprio sulla base della acquisita pericolosità del movimento franoso in atto: il presente documento ha lo scopo di pianificare gli interventi di protezione civile a livello comunale e regionale a salvaguardia della popolazione nellipotesi della mobilizzazione, lungo lalveo del torrente Comboè, di un accumulo detritico derivante da un movimento franoso individuato a quota 2400 nella zona sottostante la parete nord occidentale della Becca di Nona con possibile investimento di insediamenti abitati ubicati nel territorio dei Comuni di Pollein e Charvensod (pag.5).

Ed il cardine del piano di emergenza era proprio costituito dal sistema di monitoraggio ed allarme operante tra il corpo della frana e la sala COR.

E il caso di soffermarsi brevemente sulla efficienza del sistema di monitoraggio. Trattandosi del cardine, ci saremmo dovuti aspettare  -e la comunità dovrebbe PRETENDERLO- una perfetta efficienza. Non è stato così. Tra lattivazione del sistema di monitoraggio ed il novembre 2000 il sistema ha avuto periodiche e numerose interruzioni. Il periodo di non funzionamento è stato il 18% rispetto al totale: dei quattro estensimetri lE2 ha spesso registrato valori non attendibili perché per molto tempo è rimasto danneggiato per il crollo di alcuni blocchi dalla sovrastante parete; gli altri tre hanno avuto alternativamente dei periodi di non funzionamento che si sono protratti in alcuni casi anche per più di tre mesi . Tra laltro, il sistema di monitoraggio ha cessato di funzionare proprio nella serata del 14.10.2000, al momento topico. Anche in questo caso nessuno dei preposti alla gestione del rischio ci ha fatto troppo caso. Come icasticamente riferiscono i periti: in questo senso desta perplessità lindicazione contenuta nel rapporto luglio-dicembre 1999 che il sistema di monitoraggio ha funzionato regolarmente nel periodo di osservazione. Ma non solo il sistema, nella pratica, si è dimostrato inefficiente. Risulta sbagliato anche nella sua progettazione teorica. Uno degli scenari previsti dal piano di emergenza della Becca di Nona era quello di un distacco parziale della frana. Orbene, dal posizionamento degli estensimetri risulta che il sistema di monitoraggio sia idoneo a segnalare un distacco dellintero corpo della frana: mentre più difficilmente può segnalare distacchi parziali. Del resto, non era nemmeno stata prevista una procedura alternativa, in grado di garantire il funzionamento in occasione di avverse condizioni metereologiche. Condizioni più volte verificatesi nel corso del tempo, e dunque assolutamente fisiologiche, rispetto al luogo ove il sistema era installato.

Questo era il cardine del piano di emergenza Becca di Nona: sbagliato nella progettazione ed inefficiente nella pratica. Questa è la cura con cui veniva monitorata la situazione. O meglio: lINCURIA. In buona sostanza, lincolumità delle persone insediate nel bacino del Comboè era affidata al caso, o forse alla taumaturgia. Si sapeva che prima o poi la frana si sarebbe staccata. Eppure.

Tuttavia, anche se sbagliato ed inefficiente, il sistema di allarme nei giorni 13 e 14.10.2000 diede  più di un segnale indicativo  del pericolo di movimentazione della frana, in seguito alle intense precipitazioni.

Ritiene questo Giudice che nel caso che ci occupa la situazione tipica fosse correlata essenzialmente al movimento franoso in atto sulla Becca di Nona, ed alla sua possibile evoluzione in colata detritica, ben prevista in senso generico- dai gestori del rischio.

Il piano di emergenza, in effetti, rappresenta un evento generalmente prevedibile, ossia la frana totale o parziale- e la conseguente colata detritica. Ma non condiziona lobbligo di agire dei garanti ad una prevedibilità specifica dellevento, peraltro molto difficile. Predetermina le condizioni che rendono attuale lobbligo di agire di garanti, e le correla essenzialmente al sistema di monitoraggio ed allarme.

In altri termini: il piano concorre a predeterminare la situazione tipica, e tale predeterminazione è essenzialmente connessa al sistema di allarme. Allo scattare dellallarme il geologo si deve attivare e deve prendere le prime valutazioni, in modo di consentire agli altri garanti le decisioni di competenza.

Le modalità operative in caso di allarme sono quelle già esaminate nel paragrafo precedente. In buona sostanza, la responsabilità della valutazione relativa alla possibile evoluzione della frana è demandata al geologo del servizio sistemazioni idrauliche e difesa del suolo. Tra gli scenari di rischio è espressamente ipotizzato che: La mobilizzazione dellammasso detritico può trovare le proprie cause di innesco in consistenti precipitazioni piovose e negli effetti dovuti allo scioglimento della copertura nevosa (pag.6).

Dalla installazione del sistema di monitoraggio risulta che presso il COR lallarme si attivò una sola volta il 9.12.1997- per il superamento del valore di soglia predefinita di un estensimetro. Non si può certo dire che lattivazione dellallarme fosse frequente.

Tra il 13 ed il 14.10.2000 lallarme scattò tre volte, per il superamento della soglia predefinita del pluviometro: alle ore 17,05 del 13.10.2000, alle ore 23 del 13.10.2000 ed alle ore 12 del 14.10.2000. Poi il sistema di monitoraggio cessò di funzionare.

Tenuto conto delle finalità del piano di emergenza Becca di Nona, degli scenari di rischio ipotizzati, degli studi effettuati sulle possibili evoluzioni del fenomeno franoso e delle persistenti e prolungate precipitazioni, può ritenersi che la situazione tipica si  manifestò almeno a partire dal tardo pomeriggio del 14.10.2000. A quel momento lallarme pluviometrico si era già attivato tre volte in ventiquattro ore. Non si era mai attivato nei due anni precedenti. Come sopra abbiamo visto, il piano di emergenza prevedeva tra le possibili cause dinnesco della frana-  consistenti precipitazioni piovose o lo scioglimento della copertura nevosa, circostanze entrambe verificatesi in quei giorni. Ergo.

Ma di nuovo bisogna sottolineare il valore sintomatico del triplice allarme. E del tutto evidente che limpostazione di una determinata soglia di allarme pluviometrica significhi che il gestore del rischio ritenga in via preventiva- che il superamento di quel valore meriti una particolare attenzione. Nel caso che ci occupa, inoltre :il valore fissato potrebbe risultare maggiormente significativo se considerato non a sé stante e quindi rappresentativo di un singolo picco di pioggia, bensì se inserito entro una curva cumulativa delle precipitazioni . Questo significa che un isolato allarme pluviometrico poteva anche essere ignorato. Tre allarmi in un breve lasso di tempo significavano invece, oltre che tre picchi di precipitazione, anche una precipitazione cumulata di una certa importanza.

Non si vuole sostenere che per effetto dei tre allarmi pluviometrici fosse automaticamente prevedibile in senso specifico– levento temuto. Si vuole affermare che i tre allarmi pluviometrici, in uno con la particolare condizione meteorologica in atto, erano del tutto idonei ad integrare la situazione tipica, perché ben potevano rappresentare il pericolo generico- di innesco della massa franosa. Altrimenti non avrebbe alcun senso il piano di emergenza ed il sistema di monitoraggio ed allarme.

Non potendosi ancorare la situazione tipica ad una (quasi impossibile) prevedibilità ex ante del fenomeno, è necessario correlare la situazione tipica a segni e sintomi che non necessariamente implicano il probabile verificarsi di una colata detritica, ma che rappresentano comunque una soglia di attenzione. Ed è proprio questa la tecnica seguita dal piano di emergenza Becca di Nona.

      Resta unultima domanda. La situazione tipica è stata ricostruita partendo dal piano di emergenza della Becca di Nona. E possibile ricostruire la situazione tipica prescindendo da tale piano, e da tutti gli elementi di valutazione ad esso connessi? Sembra proprio di no. Abbiamo già visto come la colata detritica si sia manifestata nel conoide improvvisamente e senza segni premonitori. Né potevano essere sufficienti i dati relativi alle precipitazioni piovose ed alla natura dei luoghi. Tutto il territorio regionale era soggetto alla perturbazione, la situazione pericolosa era diffusa. Lunico elemento in grado di dare concretezza alla pericolosità, e dunque di radicare la situazione tipica, era solo il superamento delle soglie di allarme pluviometrico.

      Le conclusioni sono in parte conformi rispetto a quelle rassegnate dai CT del PM. Prima facie sembrerebbe che quei consulenti ritengano di non ancorare la manifestazione della situazione tipica al solo superamento delle soglie dallarme ma, più in generale: il riconoscimento della situazione di pericolo per gli abitanti ubicati sul conoide sarebbe dovuto emergere dallinsieme delle conoscenze geologiche, geomorfologiche e di idraulica torrentizia relative alla frana della Becca di Nona, dai dati raccolti dal sistema di monitoraggio ed allarme della frana, da quanto indicato dalle necessarie osservazioni di campagna, nonché dai dati raccolti in tempo reale sulle precipitazioni. In realtà, dalle argomentazioni svolte nella relazione scritta, si evince come sia attribuita importanza determinante proprio e solo al superamento delle soglie dallarme. Dopo aver trattato delle varie curve e formule matematiche impiegate per la determinazione delle sogli dinnesco delle colate detritiche, i CT così argomentano: Un valore di pioggia cumulata di 20 mm in due ore (ossia il valore di soglia del pluviometro, ndr) è semmai significativo per linnesco di fenomeni franosi superficiali o di colate detritiche come quella che ha effettivamente interessato il bacino del Comboè (&) gli allarmi registrati segnalavano, già nei giorni 13 e 14 ottobre, il verificarsi di precipitazioni di caratteristiche in effetti rilevanti per linnesco di frane superficiali e colate detritiche. Si tratta degli stessi argomenti ampiamente svolti nel corso di questo paragrafo.

      Del resto, non poteva essere attribuito un particolare valore sintomatico alla precipitazioni, da sé sole considerate. I periti, sulla base della comparazione delle serie storiche, hanno ritenuto che le precipitazioni in corso sino alla serata del 14.10.2000 pur essendo severe, non potessero comunque ritenersi eccezionali. Divennero tali, con tempi di ritorno dellordine di 500 anni almeno, a partire dagli scrosci violenti delle prime ore del 15.10.2000, tra le ore 4 e le ore 6.

      Resta ancora da svolgere una ultima considerazione. Si può osservare come vi sia solo parziale congruenza tra levento effettivamente sviluppatosi il giorno 15.10.2000 e quello oggetto della situazione tipica. La congruenza è relativa al solo fenomeno del collasso di parte della frana della Becca di Nona. Per le altre due macrocause, ossia il debris flow del Moriond ed il collasso dellalto bacino del Comboè, non risulta agli atti che si fosse manifestata la situazione tipica.                  

9 La possibilità di conoscere la situazione tipica.

In ultima analisi abbiamo visto come nel caso che ci occupa la situazione tipica fosse composta da circostanze di fatto sicuramente conoscibili a tutti i titolari della posizione di garanzia (la pericolosità della frana, le particolari condizioni metereologiche in atto, le peculiari condizioni idrogeologiche del sito) e da elementi desumibili dal sistema di monitoraggio ed allarme installato sulla frana stessa.

Si tratta ora di accertare se i titolari della posizione di garanzia fossero concretamente in grado di conoscere la situazione tipica, così come ricostruita.

In generale, la conoscenza o conoscibilità della situazione tipica è direttamente proporzionale alla quantità di informazioni conosciute o conoscibili dal titolare della posizione di garanzia. Peraltro, la scienza dellinformazione conosce la figura del rumore, fenomeno che determina la perdita dimportanza, lo svilimento, di una informazione dovuta al fatto che essa si presenti insieme a tutta unaltra serie di informazioni relative ad oggetti diversi. E evidente la diversità di situazione sogge.ttiva tra il titolare di una posizione di garanzia destinatario solo di informazioni relativo ad un determinato bene giuridico ed il titolare di una posizione di garanzia destinatario di informazioni relativo ad una pluralità di beni giuridici messi contemporaneamente in pericolo. Nel caso che ci occupa, è la distinzione che corre tra i Sindaci (ed il Vice Sindaco) dei Comuni di Pollein e Charvensod, ed i gestori del rischio relativo allintero territorio regionale, ossia il presidente della giunta, il direttore della protezione civile ed il geologo del servizio sistemazioni idrauliche.

Quando il pericolo per lincolumità pubblica non è relativo ad un particolare sito, ma è esteso simultaneamente allintero territorio regionale è del tutto ragionevole attendersi che si verifichi il fenomeno del rumore sopra descritto. Ed allora, affinché il giudizio relativo alla conoscibilità della situazione tipica sia legato a parametri di ragionevolezza e concretezza, occorrerà tener conto anche del particolare contesto ambientale in cui gli imputati ebbero ad operare, e della quantità di informazioni relative a situazioni di pericolo per lincolumità pubbliche ricevute.

10 I gestori regionali del rischio.
Esaminiamo dapprima la posizione dei gestori del rischio a livello regionale, ossia il presidente della giunta regionale ed il direttore dellufficio regionale di protezione civile.

      Nessuno dei due era in condizione di conoscere la situazione tipica, nemmeno con la migliore diligenza. Abbiamo già ricostruito la posizione ed i doveri in caso di emergenza- del presidente della giunta e del direttore dellufficio di protezione civile, alla luce del piano regionale di protezione civile e del piano di emergenza della Becca di Nona. Il sistema regionale di protezione civile prevedeva, in ultima analisi, che la decisione di evacuare la popolazione civile spettasse al presidente della giunta regionale ed ai sindaci dei comuni interessati. Per consentire a queste due autorità amministrative la decisione, era previsto un flusso informativo centralizzato presso il COR della protezione civile. A sua volta, e per quanto riguarda la specifica situazione di emergenza della Becca di Nona, il COR dipendeva dalle valutazioni e dalle segnalazioni espresse dal geologo del servizio sistemazioni idrauliche e difesa del suolo.

Dal piano di emergenza della Becca di Nona è evidente come il primo e fondamentale anello della catena informativa fosse il geologo in servizio, ossia limputato PASQUALOTTO. Spettava proprio a lui la prima ricognizione della situazione tipica, mediante il sistema di monitoraggio ed allarme installato presso lufficio del COR: la valutazione dellentità del fenomeno franoso e la sua possibile evoluzione è di competenza del servizio difesa del suolo della direzione bacini montani e difesa del suolo dellassessorato turismo, ambiente e opere pubbliche. Il terminale video installato presso il COR invia, qualora i valori di lettura degli estensimetri superino la soglia di attenzione, un segnale di allerta che il personale del COR segnala immediatamente al funzionario di turno del servizio difesa del suolo della direzione bacini montani e difesa del suolo per la valutazione della situazione e del suo possibile evolversi ai fini della eventuale diramazione degli allertamenti ai Comuni ed alle strutture operative (pag.6). Il piano è integrato dalla Attivazione piano di emergenza BECCA DI NONA del 7.6.1999: in caso di attivazione del predetto allarme, loperatore di servizio al COR provvederà:

-avvisare immediatamente il geologo reperibile del servizio difesa del suolo (&);

disattivare lallarme sonoro utilizzando lapposito pulsante posto al di sotto della sirena allarme, mentre lallarme visivi permarrà atomaticamente fino a disattivazione dello stesso geologo;

previa indicazione da parte del geologo, avvisare il funzionario reperibile di protezione civile, in funzione di una potenziale evoluzione del fenomeno, per gli adempimenti successivi.

Il funzionario reperibile di protezione civile, sulla base delle valutazioni effettuate a cura del geologo (&)

            Al verificarsi dei tre allarmi per il superamento della soglia pluviometrica il piano di emergenza della Becca di Nona ha avuto un principio di attuazione. Il personale in servizio presso lufficio del COR ha provveduto ad avvisare immediatamente il PASQUALOTTO.

Le guide alpine Paolo TURCOTTI, Luca POLO e Arnoldo WELF tutte in servizio presso il COR tra il 13 ed il 14.10.2000- hanno infatti confermato di aver immediatamente avvisato il PASQUALOTTO dellallarme. Hanno inoltre confermato che il PASQUALOTTO si era recato presso il COR, constatando la natura dellallarme, senza però prendere alcun provvedimento o dare alcuna direttiva, se non quella generica di tenerlo informato della situazione.

Non risulta però che il PASQUALOTTO abbia effettuato una segnalazione, nemmeno a titolo informativo, degli allarmi pluviometrici al direttore dellufficio di protezione civile responsabile del COR- od a terzi. Il geologo si è limitato a prendere atto della situazione, senza riconoscerne la pericolosità. Ha quindi interrotto il flusso informativo, impedendo che le preziose informazioni raccolte sul campo pervenissero ai titolari del potere di evacuazione.

Gli elementi costitutivi della situazione tipica si sono fermati al PASQUALOTTO, che ha erroneamente ritenuto di non doverli propagare agli altri gestori del rischio. Deve essere stigmatizzata in modo deciso questa omissione che, di fatto, ha impedito la piena attuazione del piano di emergenza.

Nonostante i tre allarmi per il superamento della soglia pluviometrica in meno di ventiquattro ore; nonostante il protrarsi delle precipitazioni con intensità eccezionale; nonostante il fatto che lallarme pluviometrico non fosse mai scattato negli anni precedenti; nonostante limputato ben sapesse che le precipitazioni intense e cumulate erano in grado di mobilizzare la frana; nonostante la sostanziale inaffidabilità dei dati provenienti dagli estensimetri per le ragioni sopra evidenziate- PASQUALOTTO ha ritenuto la insussistenza di qualsiasi pericolo. Ha deciso da solo, senza consultarsi con nessuno e senza comunicare a nessuno la valutazione/decisione presa. Si è assunto la responsabilità della decisione. Con tutto quello che ne consegue.

Dunque non risulta che gli imputati CHENTRE e VIERIN fossero al corrente del superamento delle soglie pluviometriche, dei tre allarmi. Non erano dunque in condizione di conoscere la situazione tipica. Le altre circostanze di fatto conosciute o conoscibili non consentivano di formulare un giudizio di generica prevedibilità dellevento temuto.

Per questi due imputati trattandosi di gestori del rischio a livello regionale- occorre prendere in considerazione anche il contesto in cui erano chiamati ad operare. Al 14.10.2000 era già entrato in crisi lintero territorio della regione, in conseguenza delle frane e dei dissesti provocati dalle precipitazioni in corso. Gli imputati si trovavano a gestire contemporaneamente una pluralità di situazioni di emergenza, era già in corso levacuazione di alcuni centri abitati. Certo, può ritenersi che fossero a generica conoscenza del pericolo rappresentato dalla frana della Becca di Nona. Ma dovevano e potevano fare affidamento sul flusso informativo proveniente dal PASQUALOTTO, totalmente mancato.

Non può essere loro mosso alcun rimprovero per il fatto di non essersi attivati. Semplicemente non sapevano, e non potevano sapere, che lobbligo di agire era diventato attuale, essendosi manifestata la situazione tipica. Il peso della loro omissione ricade unicamente il capo al PASQUALOTTO, per le ragioni sopra esposte.

Gli imputati devono pertanto essere assolti perché il fatto non costituisce reato.

11 I gestori locali del rischio.

Anche i gestori del rischio a livello locale, Paolo GIPPAZ, Enzo CARLIN ed Ennio SUBET non erano nella condizione di conoscere la situazione tipica tenendo conto della diligenza richiesta ad un buon amministratore pubblico in quella particolare situazione concreta- nel momento in cui questa si manifestò, e nemmeno nei momenti successivi.

Essi non ricevettero alcuna comunicazione di pericolo del COR protezione civile, né alcuna altra segnalazione particolare dalle autorità preposte alla prima gestione del rischio.

Come abbiamo più volte rilevato, anche la presenza sui luoghi non consentiva di rappresentarsi la situazione tipica, atteso che la colata detritica è comparsa sul conoide improvvisamente e senza segni premonitori. Di nuovo è il caso di riportare la valutazione dei periti: questo fenomeno è comparso senza segni premonitori, efficaci, visibili, sensibili, nel senso che alcune testimonianze riferiscono di gente presente sullargine; il livello del corso dacqua era ancora un metro un metro e mezzo al di sotto del livello dellargine, pur se in maniera molto vistosa; il corso dacqua non aveva ancora materiale detritico di grosse dimensioni in carico. Peraltro, gli argini del Comboè erano sorvegliati sia dagli stessi amministratori pubblici, sia dal corpo forestale che dopo i monitoraggi- non aveva rilevato nulla di anomalo.

Soprattutto, non erano in possesso dei dati relativi alle piogge cumulate e del superamento delle soglie di allarme pluviometrico. In ogni caso, essi non ricevettero alcuna comunicazione in merito dal COR. Nessun rimprovero può muoversi loro per il fatto di non essersi attivati. Essi, infatti, non sapevano che era divenuto attuale lobbligo di attivarsi. Anche  loro devono pertanto essere assolti perché il fatto non costituisce reato.

12. La posizione di PASQUALOTTO.

In conclusione, si può affermare che tutti i titolari del potere di ordinare levacuazione della popolazione civile e dunque di impedire levento- non fossero in grado di rappresentarsi, nemmeno con la migliore diligenza, lesistenza della situazione tipica. Il deficit informativo è addebitabile alla valutazione autonomamente presa dal PASQUALOTTO. Tale valutazione ha determinato il blocco del flusso informativo, e ha di fatto impedito lapplicazione del piano di emergenza.

            Rectius, lunica persona consapevole della esistenza della situazione tipica era proprio e solo- PASQUALOTTO.

            Ma anche il PASQUALOTTO deve essere assolto. Non è infatti dato sapere, con ragionevole certezza, cosa sarebbe successo nel caso in cui egli avesse informato il CHENTRE, e questi il VIERIN ed i sindaci, della situazione pericolosa.

            La questione è quella del nesso causale nel reato omissivo improprio. Dopo un lungo contrasto giurisprudenziale sono intervenute le sezioni unite della corte di cassazione, con la nota sentenza 10.7.2002, n.30238 imp. Franzese. Occorre da subito rilevare come i principi di diritto formulati dalle sezioni unite siano relativi: alla categoria dei reati omissivi impropri ed allo specifico settore dellattività medico chirurgica. Tuttavia, essi sembrano di immediata applicazione anche al caso di specie. Per un verso, alcune delle conclusioni cui sono pervenute le sezioni unite sono del tutto conformi ai consolidati principi epistemologici della comunità scientifica, e pertanto in quanto canoni di razionalità del ragionamento probatorio- immediatamente applicabili a qualsiasi materia. Per altro verso, anche nella materia geologica ed idrologica si riscontra quella pluralità di fattori interagenti, a volte inconoscibili, che costituisce la ratio dellabbandono della teoria dellaumento del rischio, precedentemente seguita da parte della giurisprudenza anche di legittimità.

            E del tutto conforme alle acquisizioni della epistemologia, ritenere che: lo statuto logico del rapporto di causalità rimane sempre quello del condizionale controfattuale, la cui formula dovrà rispondere al quesito se, mentalmente eliminato il mancato compimento dellazione doverosa e sostituito alla componente statica un ipotetico processo dinamico corrispondente al comportamento doveroso, supposto come realizzato, il singolo evento lesivo sarebbe o non venuto meno,mediante un enunciato esplicativo coperto dal sapere scientifico del tempo. Largomento e le conclusioni sono del tutto condivisibili. E sono ugualmente condivisibili le conclusioni in merito al grado di attendibilità dellaccertamento del nesso causale. Si deve trattare di un giudizio di responsabilità caratterizzato da un alto grado di credibilità razionale ossia di elevata probabilità logica, prossima o confinante con la certezza. Viene quindi bandito lorientamento che riteneva sufficienti serie ed apprezzabili probabilità di successo dellazione doverosa ipotizzata come compiuta. La conclusione è che linsufficienza, la contraddittorietà o lincertezza del riscontro probatorio sulla ricostruzione del nesso causale, il ragionevole dubbio sulla reale efficacia condizionante della condotta omissiva comportino lesito assolutorio del giudizio.

            Nel caso che ci occupa lazione doverosa, omessa dal PASQUALOTTO, era la comunicazione al responsabile del COR ossia lo CHENTRE- del manifestarsi della situazione tipica, come sopra ricostruita.

Affinché sussista il nesso causale dobbiamo dunque ritenere con probabilità elevata prossima alla certezza- che se il PASQUALOTTO avesse comunicato al CHENTRE od a terzi- lesistenza della situazione pericolosa allora il presidente della giunta e/o i sindaci avrebbero disposto levacuazione della popolazione; e che levacuazione sarebbe stata disposta ed organizzata in tempo utile rispetto a quello dellevento- per evitare la morte.

            Vi sono dubbi ragionevoli in merito. Allo stato degli atti sembra di potersi affermare che probabilmente levacuazione sarebbe stata ordinata, ma il grado di probabilità non sembra prossimo alla certezza, né particolarmente elevato. Né si può affermare, con ragionevole probabilità che levacuazione sarebbe stata disposta ed eseguita prima dellarrivo della colata detritica

La situazione percepita sui luoghi non era particolarmente allarmante. Più volte abbiamo sottolineato come siano mancati efficaci segni premonitori. I sindaci e gli amministratori locali presenti sui luoghi non ritennero di prendere alcun provvedimento di evacuazione, proprio perché pensavano che la situazione seppure difficile- fosse sostanzialmente sotto controllo. Lo stesso corpo forestale, che pure monitorava costantemente gli argini del torrente Comboè, non aveva riscontrato nulla di allarmante. Levento si è infatti manifestato improvvisamente, e senza efficaci segni premonitori.       

A livello regionale lemergenza era diffusa. Molti comuni segnalavano situazioni di difficoltà. Eppure levacuazione non è stata disposta a tappeto. Questo perché levacuazione di una popolazione civile in un contesto di emergenza diffusa è unarma a doppio taglio. Si tratta di bilanciare tra loro due fatti: da un lato si allontana la popolazione da un pericolo temuto; dallaltro la si espone ad un pericolo in atto.

A tacer daltro, i periti hanno ritenuto che levento del 15.10.2000 non fosse nemmeno prevedibile, quantomeno in senso specifico: levoluzione così repentina della perturbazione e quindi linnesco di fenomeni molto repentini hanno praticamente reso minimo il tempo cui si venivano a creare le condizioni ottimali per linnesco dei fenomeni. Cioè cè stata una evoluzione che per la sua rapidità ha in qualche modo reso abbastanza difficile la previsione a tempi ragionevoli. Con la precisazione che tra le ore 6 e le ore 8 del 15.10.2000 si erano create delle situazioni sempre più predisponesti per linnesco della colata detritica. Sembra ragionevole affermare che il gestore del rischio avrebbe ordinato levacuazione della popolazione tenuto conto dei rischi connessi alloperazione- solo se levento fosse stato prevedibile. Ma vi sono dei dubbi che tale prevedibilità sussistesse.

            Allo stato degli atti, per i motivi sopra esposti, non vi sono dunque ragioni per poter affermare che levacuazione sarebbe stata ordinata, con probabilità prossima alla certezza.

            Anche limputato PASQUALOTTO deve pertanto essere assolto, ex art.530 cpv c.p.p, perché il fatto non sussiste.

            Una ultima considerazione. Certo, al PASQUALOTTO sembrano addebitabili gravi omissioni e negligenze. Ma una semplice analisi del sistema di gestione del rischio ambientale, a livello regionale, lo qualifica come vero e proprio capro espiatorio per le situazioni di emergenza. Abbiamo già visto quali erano le condizioni di (in)efficienza del sistema di monitoraggio della frana, che doveva servire allimputato per poter correttamente formulare le proprie valutazioni sulla pericolosità Volendo usare una metafora, si può dire che gli erano state consegnate delle armi spuntate. Desta inoltre stupore il fatto che per la gestione del rischio nellintero territorio regionale sia previsto nella pianta organica- un solo geologo. In buona sostanza, il PASQUALOTTO si trova a dover scontare anche colpe non sue, derivanti dalla inefficiente organizzazione del sistema di monitoraggio e  gestione del rischio ambientale nel territorio di questa regione.

            La particolare complessità della materia e mole del materiale processuale da esaminare, sono giustificati motivi per indicare termine di giorni novanta per il deposito della motivazione.

P.Q.M.

visto lart.530 co.1 c.p.p.

ASSOLVE

tutti gli imputati dal reato sub 1) loro ascritto perchè il fatto non sussiste;

visto lart.530 co.1 c.p.p.

ASSOLVE

VALLET Franco, CUGNOD Cristoforo e ROCCO Raffaele dal reato sub 2) loro ascritto perché il fatto non sussiste;

visto lart.530 co.1 c.p.p.

ASSOLVE

GIPPAZ Paolo, CARLIN Enzo Livio, SUBET Ennio, VIERIN Dino e CHENTRE Lorenzo dal reato sub 2) loro ascritto perchè il fatto non costituisce reato;

visto lart.530 cpv c.p.p.

ASSOLVE

PASQUALOTTO Massimo dal reato ascrittogli sub 2) perché il fatto non sussiste;

visto lart.544 co.3 c.p.p.

INDICA

termine per il deposito della motivazione in giorni novanta.

Aosta, il giorno 30 gennaio 2003.

Il G.U.P.

(dott. Fabrizio GANDINI)

INDICE

1. Svolgimento del processo.                                                                           1

2. Motivi della decisione: considerazioni generali.                                           4

3. Levento del 15.10.2000. Natura e forme di manifestazione.                       5

4. La ricostruzione delle cause.                                                                        7

5. La ricostruzione dellevento.                                                                       10

6. Il reato di cui al capo 1) della imputazione.                                                 12

7. Il reato di cui al capo 2) della imputazione. La posizione di garanzia.          13

8. La situazione tipica.                                                                                      19

9. La possibilità di conoscere la situazione tipica.                                             24

10. I gestori regionali del rischio.                                                                     25

11. I gestori locali del rischio.                                                                           27

12. La posizione di PASQUALOTTO.                                                           28

Si veda, per linquadramento generale del fenomeno, la relazione dei CT del PM  nel paragrafo 3.

Occorre subito evidenziare come oggetto di questo procedimento penale non sia il complesso evento dellautunno 2000, ed i suoi effetti sul territorio regionale. In questa sede ci occuperemo di una frazione dellevento: quella inerente ai fatti di Pollein e Charvensod.

Singolare la genesi del procedimento. Nella immediatezza dei fatti una rete televisiva pubblica dedicava un programma al disastro di Pollein. Intervenivano tra gli altri- Tersilio COQUILLARD, Eva COQUILLARD e Federica GIOMMI, tutti residenti nel territorio di quel comune. Gli amministratori pubblici pure presenti- venivano accusati di negligenza e cattiva gestione della emergenza. Facevano particolare impressione le dichiarazioni di Eva COQUILLARD, che affermava di aver telefonato alle ore 7,30 del 15 ottobre- alla protezione civile, essendo allarmata per i possibili sviluppi della situazione, e di essersi sentita rispondere che non cera nessun problema per Pollein e che non era previsto alcun ordine di evacuazione. Il PM in data 26.10.2000- disponeva lacquisizione della registrazione della trasmissione televisiva e la trascrizione della relativa videocassetta VHS.

. Si consideri -a titolo esemplificativo- che il solo indice degli atti e delle produzioni del PM si compone di ben trentasei pagine, quasi tutte relative a fonti di prova precostituite (ossia atti e documenti).

Lacquisizione si rendeva necessaria anche in considerazione del fatto che la redattrice aveva effettuato dei rilievi fotografici in loco qualche ora prima che si verificasse il disastro del 15.10.2000.

Nel caso che ci occupa ed in relazione alle sue peculiari caratteristiche.

Secondo una definizione che può ritenersi condivisa nella comunità scientifica, la colata detritica incanalata è composta da un miscela solido-liquida di elevata densità, in cui la fase solida è costituita da particelle grossolane che possono variare dalle ghiaie ai massi di grande dimensione- e la fase fluida è composta da acqua, che spesso contiene solidi in sospensione. Le caratteristiche cinematiche del debris flow variano al variare della concentrazione e composizione granulometrica del sedimento, della densità e del grado di addensamento della miscela e della pendenza del piano di scorrimento. Ma lelemento comune alle diverse tipologie osservate in natura è quello della miscela tra sedimenti o detriti solidi e fase liquida.

Cfr. la relazione dei periti a pagina 94, la relazione dei CT del PM al paragrafo 9.2, relazione dei CT imputati pag.6.

Cfr. relazione dei periti pag.94. Si tratta del volume dei detriti solidi giunti nel conoide.

Cfr. relazione dei periti pag.81. Lunicità della colata è relativa la fenomeno che ha colpito labitato di Chenaux. A monte dellabitato come vedremo- si è invece verificata una pluralità di colate detritiche, unificatesi allaltezza della confluenza tra il torrente Comboè ed il torrente Moriond.

Cfr  relazione dei periti pag.79, relazione CT del PM paragrafo 7.12

Cfr. esame dei periti, pag.19.

Tra laltro, i periti hanno ritenuto lanomalia di tale natura impulsiva, atteso che la impulsività del debris flow non era determinata dai fattori: che qualche volta o spesso accompagnano il debris flow, tipo lo sbarramento e quindi il rallentamento della corrente e poi la successiva liberazione, cfr. verbale esame periti pag.22. La causa della impulsività, come vedremo, è stata individuata nella contemporaneità dei fenomeni di dissesto.

Cfr. relazione dei periti alle pagg.79 ed 81.

In ogni caso, il collegio peritale ha ritenuto di poter indicare quale ordine di grandezza- il tempo di 15 minuti: pur essendo vaghe le indicazioni reperite è ipotizzabile che la fase parossistica del fenomeno si sia esaurita in circa un quarto dora.

Cfr. verbale esame periti pag.19.

Cfr. relazione dei periti pag.81.

Cfr. relazione dei periti pag.76 e 77.

La causa di questa frana è data dalla concentrazione di pioggia, però concentrazioni che viene a seguito di un periodo preparatorio di saturazione del terreno (&) cè un momento di carico in cui il terreno si satura completamente dacqua, e questa è la precipitazione severa ma non eccezionale dei giorni precedenti; lo scatenamento del fenomeno è legato a questa forte concentrazione di pioggia su un terreno che era in condizioni oramai di completa o pressoché completa saturazione, verbale esame periti pag.24.

Cfr. relazione dei periti pag.74.

Cfr. relazione CT imputati pag.21.

Cfr. relazione CT imputati pag.22.

. Questultima ha agito direttamente, apportando materiale detritico nellalveo del Comboè, ed indirettamente determinando lerosione della sponda sinistra del Comboè, con disponibilità di ulteriore materiale detritico.

Cfr. relazione dei periti pag.76.

Cfr. relazione periti pag.86..

Cfr. relazione periti pag.86

Cfr. relazione periti pag. 98.

Cfr. verbale esame periti pag.24.

E appena il caso di rilevare che tali fonti costituiscono la traduzione concreta di talune delle disposizioni normative indicate dal PM. In ossequio ai principi costituzionali sopra citati sembra preferibile utilizzare, per la ricostruzione della posizione di garanzia, la fonte che sia maggiormente in grado di attribuire specificità e contenuto.

La conclusione, tra laltro, è imposta anche dalla lettera dellart.40 cpv c.p, che esplicitamente parla di un evento che si ha lobbligo giuridico di impedire.

Non rileva il periodo precedente in quanto la c.d. situazione tipica, in qualsiasi modello di ricostruzione dei fatti, è sempre stata collocata almeno dopo il 13.10.2000.

O comportamenti normativi, qualora si ritenga fonte dellobbligo di agire la precedente attività propria.

Cfr. relazione dei periti pag.87.

Cfr. relazione CT imputati  pag.63.

Così si esprime limputato ROCCO nel corso della riunione del 13.10.1997 del servizio di protezione civile.

Così la nota a firma ROCCO del 29.10.1998.

In questi termini si esprimono anche i periti, a pagina 48 della relazione.

Cfr. relazione dei periti, pag.47.

Cfr. relazione periti pag.47.

Cfr. relazione periti pag.48.

Cfr. relazione periti pag.49.

Cfr. relazione CT del PM al paragrafo 9.7.

Cfr. relazione CT del PM al paragrafo 7.24.

Cfr. verbale esame periti alle pagg.10-15

La telefonata di Eva COQUILLARD alla protezione civile, nella mattinata del 15.10.2000, pur avendo un immediato valore simbolico e drammatico, non ha però rilievo giuridico. Quantomeno al fine della sussistenza della situazione tipica. Veniva espressa dalla COQUILLARD una evidente preoccupazione per quello che poteva succedere. Ma non venivano rappresentati fatti dai quali si potesse desumere lesistenza di una situazione di pericolo. Ma anche volendo attribuire valore sintomatico a questa telefonata, non risulta comunque che i gestori del rischio ne fossero a conoscenza.

Cfr. esame dei periti, pag.19.

Cfr. verbale esame periti, pag.56.

Cfr. verbale esame periti, pag.60.