Penale

Saturday 17 May 2003

Le differenze tra le fattispecie di cui agli artt. 3 e 4 del DLGS 74/2000.

Le differenze tra le fattispecie di cui agli artt. 3 e 4 del DLGS 74/2000.

Sentenza GUP Aosta 6.05.2003.

IN FATTO ED IN DIRITTO

In data 16.2.2002 –dopo la rituale notifica dell’avviso previsto dall’art.415 bis c.p.p- il PM chiedeva il rinvio a giudizio di ARDITI Alberto, avanti al Tribunale Ordinario di Aosta, per rispondere dei reati fiscali meglio descritti nella imputazione.

All’udienza preliminare l’imputato chiedeva applicazione della pena in misura finale di mesi sei di reclusione –subordinata alla sospensione condizionale della pena- previa derubricazione dei reati contestati, sub art.4 D.L.vo 74/2000. Il PM non prestava il consenso, ritenendo erronea la qualificazione giuridica prospettata. A questo punto l’imputato chiedeva di essere giudicato con rito abbreviato, subordinato alla acquisizione –presso il competente ufficio della agenzia delle entrate- dell’accertamento dell’imposta effettivamente evasa. Il PM nulla opponeva. Il GUP disponeva procedersi al giudizio abbreviato, previa l’integrazione probatoria richiesta.

Dopo alcune udienze di rinvio, determinate dalla necessità di acquisire dalla agenzia delle entrate la documentazione richiesta, e di consentire all’imputato la proposizione di una proposta di accertamento con adesione –in ordine alle imposte oggetto delle imputazioni- il GUP disponeva perizia al fine di accertare l’importo delle imposte effettivamente evase dall’imputato.

All’udienza del 6.5.2003 si procedeva all’esame del perito, nel contraddittorio delle parti. All’esito, veniva acquisita al fascicolo d’ufficio la relazione scritta. Indi le parti formulavano ed illustravano le rispettive conclusioni, in epigrafe riportate.

Dagli atti utilizzabili al fine della decisione, ex art.442 comma 1 bis c.p.p, risulta la insussistenza dei fatti contestati all’imputato.

Preliminarmente giova rilevare come il perito abbia correttamente proceduto a determinare, per ciascuno dei reati contestati all’imputato, l’imposta effettivamente evasa, ai sensi e per gli effetti di cui all’art.1 lettera “f” D.L.vo 74/2000. In particolare, pare del tutto condivisibile la metodologia prescelta dal perito per la determinazione dei costi inerenti i ricavi evasi:

  • quanto all’imposta sui redditi, i costi sono stati determinati applicando i coefficienti matematici previsti dagli studi di settore;
  • quanto all’iva, sono stati riconosciuti i soli costi documentati da fatture esistenti e regolarmente registrate in contabilità. Non sono stati ritenuti applicabili né gli studi di settore né altri criteri empirici/statistici per la determinazione induttiva dei costi.

Entrambi i criteri adottati dal perito paiono condivisibili, in quanto fondati su elementi oggettivi e non su mere generalizzazioni soggettive o puramente induttive.

Tanto premesso, per quanto riguarda il capo a) della imputazione il perito ha accertato che –con riferimento ad entrambe le imposte evase- l’imposta effettivamente evasa dall’imputato è risultata inferiore alla soglia di punibilità prevista dall’art.3 D.L.vo 74/2000. Infatti, risultano evasi ¬ 32.452,09 ai fini IRPEG ed ¬ 48.030,49 ai fini IVA, entrambe inferiori alla soglia di punibilità stabilita dal legislatore (¬ 77.468,53). Si impone pertanto l’assoluzione, perché il fatto non sussiste.

Quanto al reato di cui al capo b) occorre distinguere. L’IRPEG effettivamente evasa, pari ad ¬ 64.581,39, è inferiore alla soglia di punibilità stabilita dalla legge. Anche per questo reato si impone l’assoluzione perché il fatto non sussiste.

L’IVA effettivamente evasa –così come accertata dal perito- supera invece le soglie di punibilità stabilite dall’art.3 D.L.vo 74/2000: essa è pari ad ¬ 101.244,14 ed è superiore al 5% dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati nella dichiarazione.

Tuttavia, ritiene questo Giudice che il fatto sia sussumibile sub art.4 D.L.vo 74/2000. Secondo la tesi del PM costituirebbero mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l’accertamento dei reati: “l’emissione delle fatture n. (…) in unica copia consegnata al cliente, nonché l’omessa indicazione in contabilità del c/c n. (…) acceso presso la Banca Sella ove venivano versati i corrispettivi delle predette fatture”. In realtà, sembra che tale condotta –nella sostanza- si risolva nella mera omissione della annotazione degli elementi attivi dell’imposta evasa, senza alcuna caratterizzazione di fraudolenza.

Con riferimento alla ipotesi della indicazione di elementi attivi per importo inferiore a quello effettivo, l’elemento comune alle fattispecie astratte di cui agli artt.3 e 4 D.L.vo 74/2000 è la falsa rappresentazione della realtà esposta dal contribuente nelle scritture contabili obbligatorie. Mutuando la terminologia già impiegata dalle SS.UU. con riferimento alle previgenti ipotesi delittuose, viene in considerazione la falsa indicazione della propria capacità contributiva (Cass. SS..UU, 23.10.1990, n.13954). E’ però evidente che ogni falsità –elemento comune ai due reati- implichi un qualche grado di fraudolenza. E allora, per evitare una interpretazione sostanzialmente abrogatrice dell’art.4 D.L.vo 74/2000, occorre individuare quale sia il limite superato il quale la falsità travalichi nella fraudolenza, oggetto invece dell’art.3 D.L.vo 74/2000.

L’interpretazione teleologica e sistematica delle due norme sembra poter fornire un criterio, seppur generale, utilizzabile per la decisione. Infatti, oltre al generale interesse fiscale per il recupero dell’imposta evasa, nell’art.3 viene in considerazione anche il bene del corretto esercizio della funzione di accertamento fiscale (Cass. Sez. III, 19.9.2001, n.33887). Ed infatti solo la fraudolenta omissione della annotazione degli elementi attivi è idonea ad ostacolare l’accertamento del reato. E la fraudolenza, almeno con riferimento alla materia in esame, deve essere intesa nel senso della artificiosa immutazione del vero, finalizzata allo scopo di impedire l’accertamento degli stessi fatti costitutivi, ovvero nella preordinata alterazione degli elementi di fatto che consentono, in via induttiva, di risalire alla esecuzione di una determinata operazione imponibile ai fini dell’imposta.

L’emissione della fattura in unica copia sembra priva dl carattere della fraudolenza. Infatti, l’accertamento del reato è agevolmente possibile mediante un semplice ed ordinario controllo incrociato tra la contabilità dell’emittente e la contabilità del ricevente. Cosa che, nel caso che ci occupa, è in effetti avvenuta senza comportare particolare dispendio di energia da parte degli organi preposti all’accertamento. Anche la omessa indicazione –nella contabilità- del conto corrente ove i proventi non dichiarati venivano effettivamente versati, pare priva di qualsiasi connotato di fraudolenza. Giova rilevare che nel caso di specie il predetto conto corrente era comunque intestato all’imputato e dunque, attraverso gli ordinari accertamenti bancari connessi alle verifiche fiscali, era facilmente accertabile l’evasione contributiva. L’omissione sarebbe invece travalicata nella fraudolenza qualora si fosse accertato che il conto corrente bancario fosse stato intestato a persone diverse –fisiche o giuridiche- o a nomi di fantasia. In questo caso si sarebbe verificata quella dolosa veritatis immutatio che sembra costituire il nucleo della imputazione.

Il fatto è allora sussumibile ex art.4 D.L.vo 74/2000, risolvendosi in una mera omissione. Tuttavia l’imposta effettivamente evasa è inferiore alla soglia stabilita dalla lettera a) della norma citata. Pertanto, l’ARDITI deve essere assolto anche da questa imputazione perché il fatto non sussiste.

La natura delle questioni trattate è motivo sufficiente per indicare termine per il deposito per la motivazione di giorni trenta.

P.Q.M.

Visti gli artt.442 e 530 c.p.p.

ASSOLVE

ARDITI Alberto dai reati di cui al capo a) ed al capo b) della imputazione, con riferimento all’IRPEG, perché il fatto non sussiste;

ASSOLVE

ARDITI Alberto dal reato di cui al capo b) della imputazione, con riferimento all’IVA, riqualificato sub art.4 D.L.vo n74/2000, perché il fatto non sussiste;

INDICA

giorni trenta per il deposito della motivazione.

Aosta, il giorno 6 maggio 2003.

Il GUP

(Fabrizio GANDINI)