Lavoro e Previdenza

Wednesday 23 May 2007

La responsabilità del datore di lavoro per gli infortuni degli apprendisti.

La responsabilità del datore di lavoro per gli infortuni
degli apprendisti.

Cassazione – Sezione lavoro – sentenza 16 gennaio – 18
maggio 2007, n. 11622

Presidente – Relatore Senese

Pm Patrone – conforme – Ricorrente Polito ed altro

Svolgimento del processo

Ariano Polito, apprendista marmista alle dipendenze di
Alfredo Ingrosso, subiva ‑ il 30 aprile 1999 ‑ un infortunio sul lavoro mentre tentava di aiutare due esperti operai a
collocare una lastra di marmo sul banco di lavoro. il
Polito ‑ assumendo che l’infortunio era addebitabile all’omessa adozione,
da parte del datore di lavoro, delle misure necessarie a tutelare l’integrità
fisica dei lavoratori – chiedeva la condanna dell’Ingrosso a risarcirgli il
danno morale e il danno biologico conseguiti all’infortunio, quantificandoli
nella complessiva somma di L. 90 milioni. La domanda era rigettata sia in primo
grado che in appello. In particolare, la corte d’appello di Lecce ‑ dopo
aver disposto una Ctu al fine di accertare quale fosse
" il reale assetto organizzativo dell’impresa Ingrosso" ­riteneva:

‑ che non fossero ravvisabili
violazioni delle specifiche norme antinfortunistiche indicate dal Polito (e
cioè gli artt. 47 e 48 del DPR n. 626/1994 e dell’allegato VI a tale decreto);

-che la verificazione del sinistro non è sufficiente, di per
sé, a " far scattare a carico dell’imprenditore l’onere probatorio di aver
adottato ogni sorta di misura idonea ad evitare l’evento, atteso che la prova
liberatoria.. presuppone sempre la dimostrazione, da
parte del lavoratore, che vi è stata omissione nel predisporre le misure di
sicurezza… necessarie ad evitare il danno, e non può essere estesa ad ogni
ipotetica misura di prevenzione….”; ‑che, infine, sulla scorta delle
deposizioni testimoniali e della stessa Ctu, l’infortunio risultava
addebitabile ad una condotta maldestra eseguita dal Polito, che di propria
iniziativa aveva inteso aiutare gli operai che stavano sollevando la lastra di
marmo. Avverso la sentenza della corte d’appello di Lecce il Polito ricorre in
cassazione con un unico articolato motivo che sostanzialmente sviluppa tre
ordini di censura. L’Ingrosso resiste con controricorso e propone ricorso
incidentale.

Motivi della decisione

1. 1 due ricorsi devono essere
riuniti a norma dell’art. 335 cpc.

2. Con l’unico motivo del ricorso principale il Polito
denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2087 c.c. e del DPR n.
626/1994, delle disposizioni relative all’onere della prova nonché vizio di
motivazione.

In particolare addebita alla sentenza impugnata: A) di non
aver tenuto alcun conto delle numerose violazioni, da parte dell’Ingrosso, del
D.P.R. n. 626/1994, al di là di quelle specifiche indicate dall’infortunato,
violazioni risultanti dall’esperita consulenza tecnica, con riferimento in
particolare agli adempimenti imposti al datore di lavoro per prevenire i rischi
dell’attività lavorativa, essendosi invece limitata a registrare che non
risultavano provate le specifiche violazioni allegate dal lavoratore. B) Di
aver inoltre ritenuto che l’onere del datore di lavoro di provare di aver adottato tutte le misure necessarie ad impedire
l’evento dannoso presupponga la previa dimostrazione, da parte
dell’infortunato, di un’omissione nel predisporre le misure di sicurezza. C)
Infine, di aver ritenuto esaustiva. ai fini
dell’esonero di responsabilità dell’Ingrosso, la circostanza che l’infortunio
si fosse verificato a seguito di una condotta maldestra del lavoratore.

I tre profili di censura, sopra evocati, tra loro
strettamente connessi, sono fondati.

Costituisce, infatti, principio consolidato della
giurisprudenza di questa corte l’affermazione che la responsabilità del datore
di lavoro, per l’infortunio occorso ad un dipendente, non è esclusa dalla
condotta imprudente del lavoratore , se non nei casi
in cui quest’ultima presenti i caratteri dell’abnormità ed imprevedibilità (v.,
e plurimis , cass. nn. 4782/1997, 5024/2002, 8365/2004, 12445/2006). Per altro
verso, il lavoratore che assuma la responsabilità ex
art. 2087 c.c. del datore di lavoro, in relazione ad un infortunio occorsogli,
non ha l’onere di provare specifiche omissioni del datore in relazione alle
norme antinfortunistiche, essendo soltanto tenuto a provare l’infortunio, il danno
derivatone, il nesso causale tra l’uno e l’altro e la nocività dell’ambiente di
lavoro, gravando sul datore ‑ una volta provate tali circostanze –
l’onere di dimostrare di aver adottato tutte le cautele necessarie ad evitare
il verificarsi dell’evento dannoso (e plurimis, cass. nn. 9856/2002, 7629/2004,
11932/2004, 4840/2006, 16881/2006). Tra tali cautele, poi, non rientra soltanto
l’osservanza di puntuali precetti relativi alle macchine impiegate o a
specifiche lavorazioni, ma anche l’adozione di misure relative
all’organizzazione del lavoro. tali da evitare che
lavoratori inesperti siano coinvolti in lavorazioni pericolose, ed
all’informazione dei dipendenti sui rischi e la pericolosità di macchine o
lavorazioni. E tale dovere si atteggia in maniera particolarmente intensa nei
confronti di lavoratori di giovane età e professionalmente inesperti ( cfr. e plurimis cass. nn. 9805/1998, 326/2002) e si esalta in presenza di apprendisti nei cui confronti la legge pone a
carico del datore di lavoro precisi obblighi di formazione e addestramento, tra
i quali non può che primeggiare l’educazione alla sicurezza del lavoro (cfr. art 11 L.
n. 25/1955). Nella specie, risultando accertato che il lavoratore infortunato
era un apprendista, che l’ambiente di lavoro ove si movimentavano grossi
blocchi di marmo era pericoloso, che l’infortunio ha avuto luogo
mentre l’apprendista tentava di aiutare due operai a collocare una
lastra di marmo sul banco di lavoro e, quindi, a seguito di una condotta non
certo imprevedibile e abnorme, la corte territoriale non ha fatto corretto
governo dei principi sopra richiamati, ritenendo esonerato il datore di lavoro
dall’onere di aver adottato tutte le cautele, anche quelle relative all’assetto
del lavoro e/o all’informazione e formazione del dipendente, sol perché
risultavano escluse alcune specifiche violazioni di nonne antinfortunistiche e
l’evento si era prodotto per un ritenuto eccesso di zelo dell’apprendista.

3. La sentenza impugnata dev’esser dunque cassata e la causa
rimessa ad altra corte, che si designa nella corte d’appello di Bari, perché
riesamini l’appello del Polito attenendosi al seguente principio di diritto:

“Nell’ipotesi di infortunio sul lavoro occorso ad un
apprendista marmista mentre aiutava degli operai a sollevare una lastra di
marmo, l’accertato rispetto ‑ da parte del datore di lavoro ‑ delle
norme antinfortunistiche di cui agli artt. 47 e 48 DPR n. 626/1994 e
dell’allegato VI a tale decreto, non esonera lo stesso datore dall’onere di
provare di aver adottato tutte le cautele necessarie
ad impedire il verificarsi dell’evento con particolare riguardo all’assetto
organizzativo del lavoro, specie per quanto riguarda i compiti dell’apprendista
e le istruzioni impartitegli, ed all’informazione e formazione di quest’ultimo sui
rischi insiti nelle lavorazioni. Conseguendo al mancato o incompleto
assolvimento di tale onere, la responsabilità dello stesso datore ai sensi
dell’art. 2087 c.c., senza che in contrario possa
assumere rilievo l’imprudenza dell’infortunato nell’assumere l’iniziativa di
collaborazione nel cui ambito l’infortunio si e verificato".

4. In
conseguenza dell’accoglimento del ricorso principale, resta assorbito il
ricorso incidentale dell’Ingrosso avente ad oggetto il regolamento delle spese
operato nella sentenza impugnata.

5. Il giudice di rinvio provvederà sulle spese anche di
questo giudizio di cassazione.

PQM

La corte riunisce i ricorsi. Accoglie il ricorso principale
e dichiara assorbito quello incidentale. Cassa la sentenza impugnata e rinvia
la causa, anche per le spese, alla Corte di appello di Bari.