Civile

Thursday 28 July 2005

La notifica al procuratore domiciliatario può essere fatta anche al collega di studio attesa la situazione di comunanza di rapporti che fa presumere che il primo porterà a conoscenza del secondo l’atto ricevuto

La notifica al procuratore domiciliatario può
essere fatta anche al collega di studio attesa la
situazione di comunanza di rapporti che fa presumere che il primo porterà a
conoscenza del secondo l’atto ricevuto, senza necessità di un vincolo di
dipendenza o subordinazione
. Cass. sent. 14.07.2005,
n. 14792

Corte di cassazione

Sezioni unite civili

Sentenza 14 luglio 2005, n. 14792

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza 22 dicembre 1999-19 febbraio 2000 il tribunale
regionale delle acque pubbliche presso la corte d’appello di Palermo,
accogliendo la domanda proposta dall’assessorato ai Lavori pubblici della
Regione siciliana, condannava A.C. al pagamento della
somma di lire 87.917.112, quale indennità dovuta ex art. 2045 per l’abusiva eduzione di acqua pubblica. La C. proponeva appello, che veniva dichiarato inammissibile, in quanto tardivo, con
sentenza del Tribunale Superiore delle acque pubbliche del 3 marzo 2003.
Riteneva il Tribunale che l’appello, notificato il 22 febbraio 2001, fosse
tardivo, in quanto la notifica era avvenuta oltre i trenta giorni da quella del
dispositivo della sentenza, effettuata ai sensi dell’art. 139 c.p.c. a mani di collega di studio del procuratore domiciliatario. Osservava, in proposito, il Tribunale
Superiore che, quando la notifica viene eseguita ai
sensi dell’art. 139 c.p.c., le dichiarazioni rese dai
familiari conviventi o dalle persone addette all’ufficio, tra cui rientrano i
colleghi di studio del procuratore, sono assistite da una presunzione di
veridicità, per cui incombeva all’appellante la prova dell’eccezione svolta, e
cioè l’avvenuto trasferimento del procuratore anteriormente alla consegna
dell’atto al collega. Tale prova, nella specie era mancata, non potendosi
riconoscere alcun valore probatorio alla fattura del traslocatore,
proveniente da terzi e priva di data certa, né alla comunicazione fatta
all’ufficio Iva di Palermo, trattandosi di atto
proveniente dallo stesso dichiarante.
Avverso tale sentenza la C. ha proposto ricorso per cassazione, sulla base
di quattro mezzi d’annullamento.
L’assessorato ai Lavori pubblici della Regione siciliana resiste con controricorso.

Motivi di ricorso

Col primo motivo la ricorrente, denunciando violazione e
falsa applicazione dell’art. 139 c.p.c.,
censura l’affermazione della sentenza impugnata, secondo cui sarebbe valida la
notificazione a mani di un collega di studio del procuratore domiciliatario. Tale soggetto, infatti, non rientra tra
quelli elencati tassativamente nell’art. 139 quando
non venga trovato il destinatario, e cioè una persona di famiglia o un addetto
alla casa o all’ufficio. Per rivestire tale ultima qualità non sarebbe
sufficiente il semplice rapporto di colleganza, ma occorrerebbe un rapporto di
collaborazione o dipendenza che determini, se non un vero e proprio incarico,
almeno la comunanza di intenti nel lavoro e la
partecipazione alla medesima struttura organizzativa, e non la mera
condivisione di un recapito. Inoltre, secondo la giurisprudenza di legittimità,
in caso di contestazione, la prova della sussistenza dei presupposti che fanno
ritenere che l’atto sarà portato a conoscenza del destinatario spetta al
notificante e le attestazioni in proposito non sono assistite da fede
privilegiata.
Pertanto, secondo la ricorrente, nella specie doveva ritenersi operante il
termine lungo.
Col secondo motivo la ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione
degli artt. 141, ultimo comma, c.p.c., 24 Cost. e 101 c.p.c.,
censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto la regolarità
della notifica per mancanza di prova dell’avvenuto trasferimento del
procuratore anche in assenza di contestazione da parte dell’amministrazione.
Deduce che, in mancanza di contestazioni sul punto e in
presenza di documenti attestanti il cambiamento, era del tutto inutile il
ricorso alla prova testimoniale. Infatti, la prova emergeva dalla fattura del traslocatore, che è documento fiscale con fede
privilegiata, e dalla dichiarazione inviata dal difensore all’ufficio Iva.

Il Tribunale Superiore, secondo la ricorrente, avrebbe errato nel mettere in
dubbio la circostanza del trasferimento nonostante la stessa non fosse stata
contestata dall’amministrazione, che si era limitata a lamentare la mancata
pubblicità dell’avvenuto cambiamento di indirizzo. Il che costituisce, secondo la
ricorrente, violazione dell’art. 112 c.p.c.
Sarebbe stato violato, inoltre, l’art. 116 c.p.c., in
quanto il Tribunale Superiore non avrebbe tenuto in alcun conto il
comportamento delle parti. Il che costituirebbe, altresì, violazione del
diritto di difesa e del contraddittorio.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo è infondato. Secondo una consolidata
giurisprudenza della Corte, formatasi dopo alcuni contrasti nella meno recente
giurisprudenza, la notificazione presso il procuratore domiciliatario
della parte viene validamente eseguita con la consegna
di copia dell’atto al collega di studio, considerato che l’art. 139, secondo
comma, c.p.c., nell’includere, fra i possibili
consegnatari, l’addetto all’ufficio del destinatario, richiede una situazione
di comunanza di rapporti che, quale quella del professionista che ha in comune
col destinatario dell’atto lo stesso studio, faccia presumere che il primo
porterà a conoscenza del secondo l’atto ricevuto, considerata senza comportare
necessariamente un vincolo di dipendenza o subordinazione (si vedano, in
particolare, le sentenze delle Sezioni unite 8186/1987; 307/1989; 8478/1990).
Il Collegio aderisce a tale indirizzo, non essendo state prospettate nuove e
decisive ragioni per seguire l’interpretazione sostenuta dallaricorrente.
Neppure il secondo mezzo può trovare accoglimento, in quanto, con lo stesso, la
ricorrente tende ad introdurre un diretto sindacato, inibito in sede di
legittimità, sulla valutazione delle prove compiuta
dal Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche circa la non idoneità della
documentazione offerta a dimostrare l’avvenuto trasferimento del procuratore domiciliatario dallo studio in cui era stata ricevuta la
copia dell’atto da notificare. Tale valutazione, sostenuta da adeguata motivazione,
è immune da rilievi di legittimità, soprattutto se si considera che i detti
documenti non contengono una attestazione
dell’avvenuta interruzione dei rapporti tra il procuratore e il collega di
studio che aveva ricevuto la copia, e della data di tale interruzione, essendo
mere dichiarazioni di parte.

Il rigetto delle predette censure comporta il rigetto del ricorso, non potendo
darsi ingresso alle questioni svolte nei motivi d’appello, perché sulle stesse
non vi è stata alcuna pronuncia da parte del giudice a quo, che ha dichiarato
inammissibile il gravame.

Il rigetto del ricorso comporta la condanna della ricorrente alle spese, da
liquidarsi in complessivi euro tremilacento, di cui euro tremila per onorari,
oltre alle spese generali, gli oneri accessori dovuti per legge e le spese
prenotate a debito.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione a Sezioni unite
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, liquidate in
complessivi euro tremilacento/00, di cui euro tremila
per onorari, oltre alle spese generali, gli oneri accessori di legge e le spese
prenotate a debito.