Famiglia

Tuesday 15 July 2003

La madre naturale, seppure priva di mezzi, ha pià diritti sul figlio della madre elettiva benestante. Per la Cassazione, dura lex sed lex. Cassazione – Sezione prima civile – sentenza 17 giugno-11 luglio 2003, n. 10907

La madre naturale, seppure priva di mezzi, ha più diritti sul figlio della madre elettiva benestante. Per la Cassazione, dura lex sed lex

Cassazione Sezione prima civile sentenza 17 giugno-11 luglio 2003, n. 10907

Presidente Criscuolo relatore Berruti

Pm Sorrentino conforme ricorrente Catalano ed altri controricorrente Spitale

Svolgimento del processo

Il Tribunale dei minorenni di Catania sospendeva lesercizio della patria potestà sul minore Michael Catalano da parte del padre Luigi Catalano, coniugato con Lucia Zappalà, il quale a suo tempo ne aveva denunciato la nascita unitamente alla asserita madre naturale Anna Maria Smeriglia, e quindi lo aveva tenuto presso il suo proprio nucleo familiare.

I coniugi Catalano Zappalà proponevano reclamo alla corte dappello avverso detto provvedimento del primo giudice chiedendo la restituzione del minore al nucleo familiare composto dal padre naturale e della madre psicologica. Ciò anche in attesa della definizione del procedimento penale istituto a carico del Catalano per alterazione di stato.

Nel contempo peraltro il Tribunale per i minorenni aveva autorizzato la impugnazione del riconoscimento suddetto da parte del Catalano nominando alluopo un curatore speciale al minore e disponendo che il predetto fosse collocato presso una famiglia reperita dallufficio affidi con segregazione del luogo di collocamento.

Proponeva impugnazione, che definiva appello, avverso lo stesso provvedimento la madre naturale Smeriglia chiedendo che il bambino fosse a lei stessa affidato.

La Corte di Catania dichiarava inammissibile il reclamo. Tale giudice, per ciò che rileva in questa sede, rilevava trattarsi di provvedimento emesso dal primo giudice ai sensi dellarticolo 10 della legge 184/83 così come successivamente modificata, in una procedura iniziata per la dichiarazione di adattabilità del minore e dopo lavvio di un giudizio di impugnazione del riconoscimento di figlio naturale per difetto di veridicità.

Rilevava che il provvedimento oggetto del reclamo risultava privo di natura decisoria ed inidoneo ad acquistare carattere di giudicato, essendo destinato a perdere di efficacia dopo la chiusura del procedimento in corso e la emanazione del provvedimento conclusivo.

Ne rilevava quindi la natura interinale e provvisoria e la incapacità nella specie a dare ingresso ad un pregiudizio allinteresse esclusivo del minore sia in punto di diritto, atteso linteresse del medesimo ad uno status familiare definitivo e sia in punto di fatto atteso che letà del medesimo (un anno ed otto mesi) rendeva preferibile un distacco limitato e provvisorio rispetto ad un possibile ma procrastinato ad unetà nella quale forte sarebbe stata la sensibilità al relativo trauma.

Contro questa decisione ricorrono per cassazione i coniugi Catalano Zappalà con sette motivi. Resiste con controricorso la tutrice del minore e depositata memoria.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo di ricorso i coniugi Catalano Zappalà lamentano la violazione degli articoli 3, primo comma, 24, secondo comma, e 111 sesto e setti o comma della Costituzione. Affermano che la non reclamabilità di provvedimenti quale quello di cui si discute, che peraltro non sarebbe adeguatamente motivato, viola le norme citate ed i connessi principi costituzionali giacché ignora il pregiudizio stabile che deriva al minore da un allontanamento da un nucleo familiare presso il quale è pienamente assistito e non gli consente alcuna difesa contro larbitrio o lerrore del giudice. Rileva, facendo riferimento al processo penale, che è principio costituzionale quello della impugnabilità di ogni provvedimento che incide sulla libertà e sul diritto di difesa.

2. Con il secondo connesso motivo i ricorrenti denunciando la violazione degli articoli 111 della Costituzione e 10 della legge 184/83. sostengono che la legge richiede quale presupposto per la dichiarazione dello stato di abbandono la mancanza di assistenza da parte del nucleo familiare a favore del minore. Tale presupposto nella specie non sussisterebbero giacché al contrario il minore era pienamente assistito presso i coniugi Catalano Zappalà, che, si legge nel motivo, ne erano affidatari. La mancanza della possibilità di controllare attraverso una fase di impugnativa il decreto di cui si tratta si tradurrebbe pertanto nella violazione dellinteresse del minore ad essere assistito. Il provvedimento in questione, pertanto, sarebbe viziato da evidente eccesso di potere giurisdizionale perché avrebbe mutato gli affidatari del minore per ragioni estranee al suo benessere psicofisico.

3. Con il terzo motivo i coniugi Catalano Zappalà lamentano la violazione dellarticolo 13 ed ancora dellarticolo 111 della Costituzione e dellarticolo 235 Cpc. Sostengono che la iniquità del provvedimento di sospensione della potestà genitoriale è comparabile alla privazione della libertà personale fuori di ogni previsione di legge e dunque in violazione del principio di legalità.

4. Con il quinto motivo di ricorso i predetti coniugi lamentano la violazione dellarticolo 3 e degli articoli 24 e 111 della Costituzione. Lamentano che la corte abbia conferito maggiore valore alla maternità biologica della Smeriglia, a dispetto della sua qualità che sarebbe inadeguata a provvedere alle necessità del minore, ed abbia invece trascurato il valore della genitorialità psicologica.

5. Il quarto, il sesto ed il settimo motivo allegato pretesi vizi di legittimità che non coinvolgono questioni di costituzionalità.

4.a. Osserva il collegio che le sintetizzate censure propongono anzitutto dubbi di costituzionalità delle norme in questione, se interpretare come ha fatto il giudice del merito, sul presupposto fondamentale della sussistenza di una decisorietà puramente processuale che pertanto in via di principio, in ogni caso dunque di pronuncia camerale implicante la valutazione anche provvisoria su diritti, imporrebbe la impugnabilità, o la reclamabilità, dei provvedimenti relativi.

Su tale questione ha di recente pronunciato la Corte Suprema con la sentenza delle Sezioni unite 3073/03 con la quale, pur in materia diversa da quella di cui ci si occupa, ha tuttavia chiarito in via di principio che la pronuncia sullosservanza delle norme che regolano il processo, come nel caso che ne occupa quella impugnata che ha dichiarato la non reclamabilità in oggetto, ha necessariamente la stessa natura dellatto cui il processo è preordinato. Pertanto se tale atto è privo di decisorietà essa non può avere autonoma valenza di provvedimento decisorio alla stregua della natura strumentale della relativa questione (nelo stesso senso peraltro, e per lappunto in una fattispecie identica a quella di cui ci si occupa, vedi Cassazione 10128/02).

Il collegio non ha motivo per discostarsi da tale indirizzo.

Consegue che i dubbi di costituzionalità avanzati dai ricorrenti circa le norme applicate dal giudice de merito sono manifestamente infondati. È infatti prerogativa del legislatore di attribuire primazia assoluta alla assistenza che può essere fornita dai genitori naturali rispetto a qualunque altra possibile, e di affermare linteresse protetto del minore a siffatta assistenza, in quanto corrispondente al diritto di conoscere i suoi veri genitori, e di essere da essi educato. Ogni valutazione che pretendesse di far rilevare per prima, ovvero prima della genitorialità naturale, la eventuale maggiore disponibilità di altri soggetti sprovvisti della qualità naturale, trascurerebbe il rilievo costituzionale della famiglia. E dimenticherebbe che la legge 184/83 proprio con listituto dello stato di abbandono che tiene conto della eventuale inadeguatezza di tale nucleo, disciplina entro limiti e garanzie rigorose una scelta diversa.

Del tutto irrilevanti sotto il predetto profilo costituzionale, sono i paralleli che i ricorrenti tentano con il regime dei provvedimenti sulla libertà personale nel vigente codice processuale penale, nella cui logica la libertà e, evidentemente, intesa come interesse dellindividuo, imputabile, e pertanto capace di agire, di operare secondo la sua scelta. Nel caso del minore invece la valutazione del suo interesse non può che essere effettuata a monte, dovendosi prescindere dal contributo della sua volontà. Tale scelta, giova ripetere, è stata compiuta dal legislatore nellarticolo 1 della legge innanzi citata, con la affermazione per la quale il diritto del minore è di essere educato anzitutto nellambito della sua propria famiglia. Consegue che ogni soluzione che pretende di affermare nel concreto siffatto primato deve essere basata sulla certezza dello status di genitore o parente naturale, e quindi come, si è detto, che ogni altra soluzione che metta il minore in ambito assistenziale diverso, deve avvenire nel rispetto delle cautele e delle procedure che la legge stabilisce.

In presenza, non già di un mero dubbio, come si legge in ricorso, ma di una azione di impugnazione del riconoscimento il cui esito potrebbe essere quello dellaccertamento della mancanza della affermata paternità naturale, ben si giustifica, in astratto e senza che ciò determini alcun allarme costituzionale, una misura cautelare che eviti al minore un possibile grave trauma successivo, al momento in cui la intera procedura si conclude con un provvedimento definitivo.

4.b. In conclusione la natura provvisoria delle misure di cui si tratta, la funzione interinale e non decisoria che essere realizzano fanno si che nel caso in esame non possa andarsi oltre il predetto esame delle questioni di costituzionalità proposte giacché i provvedimenti cautelari provvisori in questione e modificabili dello stesso giudice che li ha presi, quale è come si è detto quello in cui si tratta, adottati nellinteresse del minore innanzi specificato, di cui allarticolo 10 della legge 183/83, incapaci di dare luogo a giudicato, quantunque emanati dalla corte dappello in sede di reclamo, non sono suscettibili di ricorso per cassazione ai sensi dellarticolo 111 della Costituzione nemmeno ove si alleghi un rilievo puramente processuale nel senso preso in considerazione dalla citata sentenza delle Sezioni unite.

6. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Ricorrono giusti motivi per compensare le spese del giudizio.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Compensa le spese del giudizio.