Penale
La Consulta riafferma la piena costituzionalità della norma che impedisce all’ imputato nei cui confronti è esercitata azione risarcitoria per infortunio sul lavoro di citare il responsabile civile ex lege. N.300 ORDINANZA 27 – 29 settembre 2004.
La Consulta riafferma la piena costituzionalità della norma che impedisce
all’imputato nei cui confronti è esercitata azione risarcitoria per infortunio
sul lavoro di citare il responsabile civile ex lege
N. 300 ORDINANZA 27 – 29 settembre 2004.
Giudizio di legittimita’
costituzionale in via incidentale. Processo penale – Imputato nei cui confronti
e’ esercitata azione risarcitoria per infortunio sul
lavoro – Possibilita’ di citare il responsabile
civile ex lege (nella specie pubblica
amministrazione, societa’ assicuratrice, istituti
previdenziali) – Mancata previsione – Assunta ingiustificata disparita’ di trattamento rispetto al convenuto nel
giudizio civile – Manifesta infondatezza della questione. – Cod.
proc. pen.,
art. 83. – Costituzione, artt. 3, 24 e 97. (GU n. 39
del 6-10-2004)
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Valerio ONIDA;
Giudici: Carlo MEZZANOTTE,
Fernanda CONTRI, Guido NEPPI
MODONA,
Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale
MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria
FLICK, Francesco AMIRANTE,
Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA, Paolo
MADDALENA, Alfonso QUARANTA;
ha pronunciato la seguente
Ordinanza
nel
giudizio di legittimita’
costituzionale dell’art. 83 del codice
di
procedura penale, promosso con ordinanza del 12 febbraio 2001 dal
Tribunale di
Padova nel procedimento
penale a carico
di C.F.,
iscritta
al n. 388 del
registro ordinanze 2003 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 26, 1ª
serie speciale,
dell’anno 2003.
Visti l’atto di costituzione di C.F. nonche’
l’atto di intervento
del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nell’udienza pubblica del 6 luglio 2004 il giudice relatore
Giovanni Maria Flick;
Uditi l’avvocato Piero Longo per C.F. e l’avvocato dello Stato
Giovanni Lancia per il Presidente del
Consiglio dei ministri.
Ritenuto che il
Tribunale di Padova, con ordinanza emessa il
12 febbraio 2001,
pervenuta alla Corte
il 14 maggio 2003,
ha
sollevato,
in riferimento agli artt. 3, 24 e
97 della Costituzione,
questione
di legittimita’
costituzionale dell’art. 83 del codice di
procedura penale, nella parte in cui non
prevede che l’imputato possa
proporre
istanza di citazione
del responsabile civile quando si
tratti
di «responsabili civili ex lege derivanti dalla normativa in
tema
di infortuni sul
lavoro ed in tema di previdenza sociale»,
nonche’ «da quanto previsto dall’art. 28
della Costituzione»;
che il
rimettente premette di essere investito del processo
penale nei confronti di persona imputata
del reato di lesioni colpose
aggravate
(artt. 590 e 583
cod. pen.), commesse
con violazione
dell’art. 2087 cod. civ. e degli artt. 375 e 377 del d.P.R.
27 aprile
1955, n. 547
(Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro),
per
aver consentito, quale
responsabile del settore tecnico di un
ospedale
civile, che un
lavoratore operasse per
diciassette anni
nella
centrale termica e
curasse la manutenzione
di tubature
coibentate con amianto, senza avvertirlo dei
rischi della lavorazione
e
senza predisporre misure di
protezione, causandogli, in tal modo,
una
malattia professionale consistente
in una placca pleurica con
rilevante riduzione della capacita’
respiratoria;
che –
essendovi stata costituzione
di parte civile – il
difensore dell’imputato aveva chiesto la
citazione, come responsabili
civili,
della «gestione liquidatoria» della soppressa Unita’
locale
socio-sanitaria
n. 21 di Padova,
quale pubblica amministrazione
responsabile
per il fatto illecito del proprio dipendente, a
norma
dell’art. 28 Cost;
della societa’ assicuratrice della predetta Unita’
locale
socio-sanitaria; nonche’
dell’INAIL e dell’INPS,
quali
responsabili
ex lege –
secondo la difesa
– per l’esposizione
ultradecennale ad amianto in forza dell’art. 13,
comma 8, della legge
23 marzo 1992,
n. 257 (Norme relative alla
cessazione dell’impiego
dell’amianto);
che, ad
avviso del giudice
a quo, l’istanza
in parola
dovrebbe
essere ritenuta allo
stato inammissibile, in
quanto
l’art. 83 cod. proc. pen. non
include l’imputato tra i soggetti
legittimati
a chiedere la citazione del
responsabile civile: e cio’
anche
dopo la sentenza
n. 112 del 1998
di questa Corte, che ha
dichiarato
l’illegittimita’ costituzionale del citato art. 83 nella
parte
in cui non prevedeva che, nel caso di responsabilita’ civile
derivante
dall’assicurazione
obbligatoria di cui
alla legge
24 dicembre 1969, n. 990
(Assicurazione obbligatoria della
responsabilita’
civile derivante dalla
circolazione dei veicoli a
motore
e dei natanti),
l’assicuratore possa essere
citato nel
processo penale a richiesta dell’imputato;
che tale decisione, infatti, per il suo preciso
dispositivo,
non
sarebbe suscettibile di
estensione in via
interpretativa a
fattispecie diverse da quella indicata;
che secondo
il rimettente, tuttavia, l’art. 83 cod. proc.
pen. si porrebbe in contrasto con l’art.
3 Cost. – nella parte in cui
non
consente all’imputato di chiedere
la citazione del responsabile
civile
– anche quando
si tratti di responsabili civili ex lege in
base
alla normativa in
materia di infortuni
sul lavoro e di
previdenza
sociale, ovvero alla
stregua del disposto dell’art. 28
Cost;
che la citata sentenza n. 112 del 1998 avrebbe
infatti preso
le
mosse dalla considerazione che – alla luce degli artt. 18 e 23
della
legge n. 990 del
1969 – l’assicurazione
obbligatoria della
responsabilita’
civile derivante dalla
circolazione dei veicoli a
motore
e dei natanti
determina una responsabilita’ civile ex lege
dell’assicuratore, riconducibile
alla previsione del secondo comma
dell’art. 185 cod. pen., in forza della quale ogni reato, che abbia
cagionato
un danno patrimoniale
o non patrimoniale,
obbliga al
risarcimento
il colpevole e
le persone che, a norma delle leggi
civili, debbono rispondere per il fatto di
lui;
che, su
tale premessa, la
sentenza in discorso avrebbe
altresi’ rimarcato la sostanziale equiparabilita’ della posizione del
convenuto
nel giudizio civile
di danno rispetto
a quella
dell’imputato nei
cui confronti la parte civile esercita l’azione
risarcitoria:
simmetria a fronte della quale si e’ ritenuta priva di
ragionevole
giustificazione la mancata
previsione della facolta’
dell’imputato di
chiedere la citazione
dell’assicuratore, con
l’effetto di privarlo del potere corrispondente a
quello di chiamata
in
garanzia dell’assicuratore medesimo, riconosciuto al convenuto in
sede civile;
che siffatte
considerazioni
risulterebbero peraltro
riferibili
– secondo il rimettente – alla generalita’
dei casi nei
quali
e’ consentito al convenuto nel
processo civile di chiamare in
garanzia
un «responsabile civile ex lege»:
dovendosi anche in tali
ipotesi
riconoscere all’imputato, di
fronte all’azione risarcitoria
intentata nei suoi confronti dalla parte
civile, il simmetrico potere
di
chiedere la citazione
del predetto responsabile,
pena una
disparita’
di trattamento analoga a quella gia’ censurata da questa
Corte;
che, con
riferimento al caso
di specie, anche
a voler
ritenere che la questione non riguardi
l’assicuratore «privato» della
Unita’ locale
socio-sanitaria – tenuto
conto dell’origine non
«normativa» della
relativa responsabilita’ – e
«impregiudicata»,
altresi’,
«la natura della
eventuale responsabilita» dell’INAIL e
dell’INPS,
la situazione sopra indicata ricorrerebbe quantomeno in
rapporto
all’ente pubblico dal quale l’imputato dipendeva, in quanto
chiamato
a rispondere civilmente ex lege del fatto illecito oggetto
di giudizio in base all’art. 28 Cost;
che nel
giudizio di costituzionalita’ e’
intervenuto il
Presidente del
Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso
dall’Avvocatura generale
dello Stato, il
quale ha chiesto che la
questione sia dichiarata inammissibile o
infondata;
che si
e’ costituita, altresi’, la
parte privata F.C.,
imputato
nel giudizio a
quo, che – aderendo alle argomentazioni
svolte
dal rimettente –
ha chiesto che
la Corte dichiari
l’illegittimita’ costituzionale della norma
impugnata.
Considerato che
il Tribunale di Padova dubita della legittimita’
costituzionale
dell’art. 83 del codice
di procedura penale, nella
parte
in cui non riconosce all’imputato la facolta’ di chiedere la
citazione del responsabile civile allorche’ si tratti di responsabile
civile
ex lege in base alle norme in materia di
infortuni sul lavoro
e di previdenza sociale, ovvero in
forza dell’art. 28 Cost;
che, a parere del rimettente, la norma impugnata
violerebbe,
sotto
tale profilo, l’art. 3
Cost. – gli artt. 24 e 97 Cost. sono
menzionati
unicamente nel dispositivo
dell’ordinanza di rimessione,
senza
alcuna argomentazione di
supporto nella parte motiva – in
quanto
determinerebbe una ingiustificata
disparita’ di
trattamento
tra
il convenuto nel giudizio civile di danno e l’imputato nei
cui
confronti
e’ esercitata l’azione
risarcitoria della parte civile:
disparita’
di trattamento del tutto analoga
a quella gia’ censurata
da questa Corte con la sentenza n. 112
del 1998;
che, al
riguardo, va peraltro rilevato come questa Corte, con
pronuncia successiva all’ordinanza di
rimessione, abbia avuto modo di
precisare
l’esatta portata dei principi affermati nella sentenza ora
citata,
in rapporto a
quesiti di costituzionalita’
basati, come
quello
odierno, su una supposta vis espansiva della relativa
ratio
decidendi (cfr. sentenza
n. 75 del 2001);
che, nell’occasione, si
e’ preliminarmente rimarcato
il
«particolare rigore» con il quale – nel sistema delineato dal
nuovo
codice di rito del 1988 – «devono essere
misurate le disposizioni che
regolano
l’ingresso, in sede
penale, di parti diverse da quelle
necessarie»:
e cio’ a
fronte dell’«accentuata tendenza»,
caratteristica
del nuovo impianto,
«a circoscrivere nei
limiti
dell’essenzialita’
tutte le forme di cumulo processuale, stante la
maturata
consapevolezza che l’incremento delle regiudicande
– specie
se,
come quelle civili, estranee alle finalita’
tipiche del processo
penale
– non possa che aggravarne
l’iter»; con conseguente «perdita
di
snellezza e celerita’ nelle
cadenze e nei tempi di definizione»
(valori,
questi, attualmente oggetto
di espressa garanzia
costituzionale ad opera dell’art. 111, secondo
comma, Cost.);
che, in
tale prospettiva, le
enunciazioni di principio
racchiuse
nella sentenza n. 112 del 1998 si presentano intimamente
saldate
alle «specifiche caratteristiche che
rendono del tutto
peculiare
la posizione dell’assicuratore chiamato a rispondere, ai
sensi
della legge n. 990
del 1969, dei
danni derivanti dalla
circolazione dei veicoli e dei natanti»,
implicando «una correlazione
tra
le posizioni coinvolte
di spessore tale
da rendere
necessariamente omologabile il … regime ad esse
riservato, tanto in
sede civile che nella ipotesi di
esercizio della domanda risarcitoria
in sede penale»;
che da un
lato, infatti, gli artt. 18 e 23 della legge n. 990
del
1969 – prevedendo, rispettivamente, l’azione
diretta del
danneggiato
nei confronti dell’assicuratore ed il
litisconsorzio
necessario
fra responsabile del danno ed assicuratore nel giudizio
promosso contro quest’ultimo
– consentono di collocare la particolare
ipotesi
di responsabilita’ civile in discorso fra i
casi ai quali si
riferisce
il secondo comma dell’art. 185 cod. pen.,
tradizionalmente
raccordato
alla assunzione di una posizione di garanzia per il fatto
altrui;
che, dall’altro
lato e al tempo stesso, la possibilita’ di
chiamare
in causa l’assicuratore – offerta al danneggiante convenuto
in
sede propria dagli artt. 1917, ultimo comma,
cod. civ. e 106 cod.
proc. civ. –
risulta correlata «al diritto dell’assicurato di vedersi
manlevato
dalle pretese risarcitorie,
con correlativo potere di
regresso, al contrario escluso per
l’assicuratore»;
che a tale
«funzione plurima» del rapporto di garanzia – in
quanto destinato a salvaguardare
direttamente tanto la vittima che il
danneggiante
– questa Corte
ha ritenuto dovesse
quindi
necessariamente
corrispondere l’allineamento,
anche in sede penale,
dei
poteri processuali di
«chiamata» riconosciuti in sede civile,
onde
evitare che l’effettivita’ della
predetta funzione venga
pregiudicata dalle scelte operate
dall’attore-parte civile;
che, peraltro
– contrariamente a quanto mostra di ritenere il
giudice a quo – le peculiarita’
dianzi evidenziate non si riscontrano
affatto
nella generalita’ delle ipotesi di responsabilita’ civile ex
lege per fatto altrui;
che con
la citata sentenza
n. 75 del 2001
la Corte ha
escluso,
cosi’, che alla posizione dell’assicuratore ex
legge n. 990
del
1969 potesse essere
assimilata quella dell’esercente
l’aeromobile, tenuto a risarcire i danni provocati da un
sinistro in
base
all’art. 878 del codice della navigazione: e cio’ sul rilievo
che,
in tal caso, all’azione diretta del danneggiato non corrisponde
un rapporto interno di «garanzia» tra
imputato e responsabile civile,
nei
termini delineati dal richiamato art. 1917 cod. civ., ne’ puo’
intravedersi
il correlativo ed automatico diritto di regresso, che
caratterizza la posizione del danneggiante
«garantito»;
che considerazioni
similari valgono anche in rapporto ai casi
oggetto dell’odierno scrutinio di costituzionalita’;
che la responsabilita’
civile dello Stato
e degli enti
pubblici
per i fatti
dei dipendenti, prevista dall’art. 28 Cost.,
assolve,
difatti, ad un
funzione di tutela nei confronti del solo
danneggiato,
e non anche del danneggiante: non
e’ il dipendente che
risarcisce il danno provocato da suoi «atti
compiuti in violazione di
diritti»
ad aver diritto
di rivalsa nei
confronti
dell’amministrazione pubblica
di appartenenza, ma
semmai il
contrario;
onde l’invocata facolta’ di
citazione dell’ente di
appartenenza,
quale responsabile civile,
da parte del
dipendente-imputato
non potrebbe trovare
giustificazione in un
rapporto interno di «garanzia» tra i due
soggetti;
che quanto,
poi, ai «responsabili civili ex lege derivanti
dalla
normativa in tema
di infortuni sul
lavoro ed in tema di
previdenza
sociale», lo stesso
rimettente si esprime in termini
dubitativi
e perplessi – allorche’ lascia
«impregiudicata» la natura
della
responsabilita’ in
questione – circa
la possibilita’ di
qualificare
gli enti previdenziali come responsabili civili ai sensi
dell’art. 185, secondo
comma, cod. pen.: qualificazione che,
peraltro,
non puo’ certamente
farsi discendere dal
disposto
dell’art. 13, comma 8,
del d.lgs. n. 257
del 1992, evocato
nell’ordinanza di rimessione, che si
limita ad accordare uno speciale
beneficio
(maggiorazione del periodo
lavorativo) ai lavoratori
esposti
all’amianto ai fini
di un piu’ rapido conseguimento delle
prestazioni pensionistiche;
che, d’altra parte – anche qualora si volesse
prescindere da
tale
profilo – dalla
disciplina generale dell’assicurazione
obbligatoria
contro gli infortuni
sul lavoro e
le malattie
professionali
non si desume
comunque l’esistenza di un rapporto
interno
di «garanzia» tra
l’imputato-danneggiante e l’istituto
assicuratore,
omologo a quello valorizzato dalla sentenza n. 112 del
1998: giacche’, anzi,
gli artt. 10 e 11 del d.P.R. 30 giugno 1965,
n. 1124 (Testo
unico delle disposizioni
per l’assicurazione
obbligatoria
contro gli
infortuni sul lavoro
e le malattie
professionali),
riconoscono piuttosto all’istituto assicuratore, che
abbia
corrisposto le indennita’ previste dalla legge
(e non, dunque,
il
risarcimento del danno), il diritto di regresso contro le persone
civilmente
responsabili, ivi compreso il
datore di lavoro quando il
fatto integri un reato perseguibile
d’ufficio;
che la
questione va dichiarata,
pertanto, manifestamente
infondata
Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta
infondatezza della questione
di
legittimita’
costituzionale dell’art. 83 del
codice di procedura
penale,
sollevata, in riferimento
agli artt. 3, 24
e 97 della
Costituzione, dal Tribunale di Padova
con l’ordinanza indicata.
Cosi’ deciso
in Roma, nella
sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 27
settembre 2004.
Il Presidente: Onida
Il redattore: Flick
Il cancelliere:Di
Paola
Depositata in cancelleria il 29 settembre 2004.
Il direttore della cancelleria:Di Paola
04C1066
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