Lavoro e Previdenza

Friday 02 July 2004

La Cassazione torna ancora sugli elementi che caratterizzano il rapporto di lavoro subordinato. Suprema Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, sentenza n.9151/2004

La Cassazione torna ancora sugli elementi che caratterizzano il rapporto di lavoro subordinato

Suprema Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, sentenza n.9151/2004

Svolgimento del processo

Con ricorso del 6 aprile 1999 al Pretore di Trento, M. C. chiedeva l’accertamento di un rapporto di lavoro subordinato intercorso con la (omissis), esercente autonoleggio, fra il gennaio 1997 e l’aprile 1998 ed avente ad oggetto prestazioni di impiegata, nonché la condanna della società al pagamento di differenze retributive ed alla regolarizzazione contributiva.

Costituitasi la convenuta, il Tribunale accoglieva la domanda d’accertamento con sentenza non definitiva del 16 maggio 2000 e quella di condanna con sentenza definitiva del 25 luglio successivo, ma, su impugnazione della società, queste decisioni venivano riformate con sentenza del 4 gennaio 2001 dalla Corte d’appello.

Questa riteneva la natura autonoma del rapporto, ponendo in rilievo come la C. fosse retribuita a percentuale sui corrispettivi dei noleggi, oltreché con una paga fissa, come ella avesse assunto il rischio dei danni derivanti eventualmente dalla stipula dei contratti e come esistesse un vincolo non di presenza in ufficio ma soltanto di reperibilità telefonica.

Contro questa sentenza ricorre per cassazione la C. mentre l’intimata (omissis) servizi non si è costituita.

Motivi della decisione

Con l’unico motivo la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 2094 cod. civ. [1] e difetti di motivazione, sostenendo l’erronea esclusione, da parte del collegio di merito, della natura subordinata delle prestazioni di impiegata da lei rese in favore della società esercente autonoleggio. Ella esclude che potessero avere un valore decisivo sia la sua richiesta di iscrizione alla gestione previdenziale dei lavoratori parasubordinati, sia la parziale retribuzione a percentuale. Esisteva, per contro, una sua piena inserzione nell’organizzazione produttiva della società datrice di lavoro, con assoggettamento alla presenza in ufficio, o almeno alla reperibilità telefonica, entro un determinato orario.

Il motivo è fondato.

Il rapporto di lavoro subordinato (art. 2094 cod. civ.) si distingue dal rapporto di lavoro autonomo, reso con una o più prestazioni isolate (art. 2222 cod. civ.) ovvero con una prestazione d’opera continuativa e coordinata (art. 409, n. 3, cod. proc. civ.), in base a diversi e variabili criteri, il principale è perciò decisivo dei quali consiste nell’assoggettamento del prestatore al potere direttivo (e disciplinare) del datore di lavoro, ossia al potere di precisare il contenuto della prestazione lavorativa e di controllarne l’esecuzione.

Potere a cui corrisponde l’obbligo di retribuire il lavoratore quand’anche il lavoro, pur esattamente eseguito, non abbia dato l’utilità economica sperata.

Il suo esercizio si estrinseca in specifiche disposizioni e non in generali direttive, compatibili anche col lavoro autonomo, nel relativo controllo sull’esecuzione e, quindi, si risolve nell’inserimento del lavoratore nell’organizzazione produttiva diretta dal datore (Cass. 3 giugno 1998 n. 5464, 11 settembre 2000 n. 12458). Il primo adempie così l’obbligazione servendosi di mezzi non già propri bensì appartenenti al secondo.

Né sulle caratteristiche sostanziali ed effettive del rapporto, così come si svolge, possono prevalere elementi formali, quale il nomen iuris attribuito dalle parti (Cass. 10 aprile 2000 n. 4533, 25 settembre 2000 n. 12685), oppure l’iscrizione del lavoratore nell’albo delle imprese artigiane (Cass. 14 novembre 1995 n. 11796) o, come nel caso di specie, in una gestione previdenziale separata.

La non rilevanza del risultato economico prodotto dalla prestazione esclude che il lavoratore sia assoggettato al relativo rischio, e più in generale al rischio d’impresa, e questa assenza di rischio è ben compatibile con una variabilità della retribuzione – sempre dovuta almeno nei limiti dell’art. 36, primo comma, Cost. – in ragione degli utili conseguiti dal datore.

A questi principi, consolidati nella giurisprudenza di legittimità, non si è attenuta la Corte d’appello, la quale ha escluso la subordinazione del rapporto attribuendo rilevanza decisiva al fatto che la lavoratrice, attuale ricorrente, percepisse una percentuale dei corrispettivi pagati dai clienti che prendessero in locazione autovetture dell’impresa.

Inoltre la Corte di merito ha omesso di accertare:

A)- Quali fossero le precise mansioni espletate dalla lavoratrice, ossia se ella esercitasse semplici funzioni di impiegata (art. 2095 cod. civ.) oppure se potesse assumere iniziative di organizzazione autonoma. eventualmente servendosi di collaboratori propri.

B)- Se ella abbia mai rifiutato effettivamente, in base a specifiche previsioni contrattuali, la stipula di contratti di locazione e, in caso positivo, se abbia dovuto giustificare il rifiuto davanti alla datrice di lavoro.

C)- Se abbia mai risposto di danni, e quali, derivati dalla stipulazione del contratto.

D)- A quale orario di lavoro, precisamente, ella fosse tenuta, non bastando ad escludere l’assoggettamento ad orario il fatto che, allontanandosi dai locali dell’impresa, ella dovesse essere comunque reperita attraverso il telefono portatile (cfr. pag. 7 della sentenza impugnata). Infatti l’esecuzione delle prestazioni subordinate ben può avvenire fuori dai calcoli dell’impresa.

E)- Se il lavoro notturno dovesse essere retribuito, a prescindere dal meccanismo più o meno complesso della materiale corresponsione (cfr. pag. 7, ultimo capoverso, della sentenza impugnata).

Il suddetto errore nell’applicazione dell’art. 2094 cit. e le lacune della motivazione in fatto comportano la cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio alla Corte d’appello di Venezia, la quale, uniformandosi ai principi di diritto sopra enunciati, eseguirà gli accertamenti di cui alle lettere da A a F, pervenendo all’esatta qualificazione del rapporto di lavoro in questione.

La stessa Corte del rinvio provvederà in ordine alle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso e cassa con rinvio alla Corte d’appello di Venezia, anche per le spese.

Così deciso in Roma il 22 gennaio 2004.

Depositata in Cancelleria il 13 maggio 2004.