Famiglia

Tuesday 06 July 2004

La Cassazione in favore del coniuge separato (e sfaticato): l’ assegno di mantenimento è di sua spettanza anche se non cerca un lavoro. Cassazione – Sezione prima civile – sentenza 23 gennaio-2 luglio 2004, n. 12121

La Cassazione in favore del coniuge separato (e sfaticato): lassegno di mantenimento è di sua spettanza anche se non cerca un lavoro

Cassazione Sezione prima civile sentenza 23 gennaio-2 luglio 2004, n. 12121

Presidente Losavio Relatore Magno

Pm Uccella conforme ricorrente Salvo

Svolgimento del processo

1. Con sentenza depositata il 1° giugno 2000 il tribunale di Milano, pronunziando sul ricorso proposto da Susanna Gaudiosi, dichiarò la separazione personale della medesima dal marito Michele Salvo, con addebito a questfultimo, ma respinse totalmente la domanda di pagamento di un assegno di mantenimento, che invece il Presidente del tribunale le aveva provvisoriamente attribuito, in sede di comparizione personale dei coniugi, ponendolo a carico del Salvo nella misura mensile di Lire 600.000. Dichiarò inammissibile, perché tardiva, la domanda di addebito formulata dal Salvo nei confronti della moglie e lo condannò al pagamento delle spese processuali.

2. La sentenza fu appellata da Susanna Gaudiosi, essenzialmente per chiederne la riforma sulla, mancata attribuzione dell’assegno di mantenimento, nella misura minima mensile indicata di Lire 1.500.000, con decorrenza dalla data di comparizione davanti al Presidente del tribunale di Siena, poi dichiaratosi incompetente, o, in subordine, dal deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale di Milano; con interessi e rivalutazione e con vittoria di spese del giudizio.

Il Salvo, costituendosi in giudizio, chiese il rigetto del gravame e propose appello incidentale avverso il capo di sentenza che ne riconosceva la responsabilità esclusiva per il fallimento del matrimonio.

Allatto di precisare le conclusioni chiese anche, in subordine, la riduzione dell’assegno di mantenimento posto provvisoriamente a suo carico dal Presidente del tribunale, dovendo egli provvedere al mantenimento di un figlio, avuto da altra donna dopo la separazione dalla moglie.

Il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello concluse per la conferma della separazione, con addebito al marito, e per la riforma parziale della sentenza impugnata, mediante imposizione al Salvo dellobbligo di corrispondere mensilmente al coniuge separato un assegno di mantenimento di Lire 800.000, rivalutabile annualmente in base all’indice Istat del costo della vita.

3. Con sentenza depositata il 29 giugno 2001, la Corte dappello di Milano respinse lappello principale e dichiarò inammissibile quello incidentale considerando, da una parte, che la donna, ancora giovane e laureata in lingue, poteva impegnarsi utilmente nel reperimento di idonea attività lavorativa; dallaltra, che la breve durata (otto anni) della convivenza matrimoniale e le ridotte capacità economiche del marito, pure obbligato al mantenimento di un figlio nato fuori dal matrimonio, imponevano un equo contemperamento delle rispettive esigenze dei coniugi.

La corte territoriale dispose altresì la cessazione dellobbligo del Salvo di corrispondere alla moglie lassegno mensile provvisorio di Lire 600.000, a far data dal luglio 2001, e compensò interamente fra le parti le spese del grado; con parziale riforma della sentenza del tribunale, riguardo ad una voce delle spese relative a quel giudizio.

4. Avverso tale sentenza, Susanna Gaudiosi propone ricorso per Cassazione, notificato il 17 settembre 2001 e depositato il 29 settembre 2001, articolato in undici motivi.

Michele Salvo resiste mediante controricorso, notificato il 16 Ottobre 2001 e depositato il 25 Ottobre 2001.

Motivi della decisione

5 Col primo motivo la ricorrente censura la sentenza impugnata, ai sensi dellarticolo 360, comma 1., 3 e 5, Cpc, per violazione dellarticolo 156 Cc, e per insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia.

5.1 Lamenta che la Corte d’appello, nel negare lassegno di mantenimento per la rilevata capacità di essa ricorrente ‑ giovane, laureata in lingue straniere, priva dimpegni familiari per essere senza figli ‑ di procurarsi un lavoro confacente, a confronto con le disponibilità economiche relativamente modeste del marito, avrebbe violato la norma citata nel punto in cui dispone, a vantaggio del coniuge non responsabile della separazione, il diritto di ricevere dall’altro quanto necessario al proprio mantenimento, alla sola condizione che egli sia privo di adeguati redditi propri; essendo stabilito che le altre circostanze, e la stessa entità del reddito dellobbligato, incidano soltanto sulla misura della somministrazione.

Sostiene pertanto che, essendo risultata essa Gaudiosi priva di qualsiasi reddito ed essendo stata accertata la responsabilità esclusiva del marito in ordine alla separazione, doveva esserle riconosciuto il diritto allassegno di mantenimento giacché ‑ a differenza di quanto previsto dall’articolo 5, legge 898/70 e successive modifiche, in materia di divorzio, non applicabile al caso della separazione ‑ le circostanze considerate dai giudici di merito avrebbero influenza solo sulla misura dellassegno; né la teorica possibilità dì trovare lavoro sarebbe equiparabile ad un reddito effettivo, tale da escludere lobbligo di versare lassegno, giustificato invece dalla persistenza, pur dopo la separazione, del vincolo di solidarietà tra i coniugi che impone a quello economicamente più dotato di sostenere il più debole.

5.2 La sentenza impugnata, condividendo in merito argomentazioni e conclusioni dei primi giudici, motiva a partire dal presupposto (p. 4), conforme alla legge (articolo 156 commi 1 e 2 Cc) ed alla giurisprudenza consolidata di questa Suprema corte, per cui il diritto del coniuge separato allassegno di mantenimento sorge, se la rottura della convivenza matrimoniale non è a lui addebitabile, quando egli non fruisca di reddití sufficienti a garantire un tenore di vita analogo a quello goduto prima della separazione; e purché sussista fra i due una disparità economica costituente, assieme alle altre circostanze del caso, criterio di riferimento idoneo al fine di stabilire la misura del sostegno (mantenimento).

Aggiunge in proposito la sentenza della corte di Milano che il precedente tenore di vita non era stato indicato e provato dalla Gaudiosi, ma che sussistono ragioni per ritenere che fosse stato consono alle possibilità consentite dallo stipendio del marito, ufficiale dei carabinieri, e che quindi non potesse considerarsi, durante la convivenza, particolarmente elevato; il tribunale, anzi, lo aveva definito «modesto».

5.3 La Corte milanese riconosce poi, implicitamente, che la Gaudiosi è priva di qualsiasi reddito, nellatto in cui ne dichiara l’obbligo «di attivarsi in ogni modo verso il reperimento di autonome fonti di reddito, quantomeno temporanee e/o saltuarie» (p.6).

5.4 Ma ritiene sussistenti, nondimeno, circostanze tali da escludere il diritto all’assegno, essenzialmente individuate, da una parte, nellessersi la ricorrente volontariamente sottratta ‑ nel quinquennio successivo alla crisi coniugale allimpegno di cercare nuove fonti di reddito, nonostante la relativa facilità di reperirle, stanti lancor giovane età, le ottime condizioni di salute, la laurea in lingue, lassenza dimpegni familiari (per non avere avuto figli e per essere tornata a vivere nella facoltosa famiglia dorigine), il buon inserimento sociale; dallaltra, nella relativa modestia dei guadagni del coniuge, pur incrementati per effetto della progressione in carriera, poiché la capacità di reddito del Salvo «già non rilevante … deve oggi intendersi in larga parte assorbita dagli insorti preminenti obblighi nei confronti del figlio naturale riconosciuto» (p.8).

5.5 La corte territoriale menziona infine, fra le altre circostanze valutabili al fine dellfesclusione dellassegno, lospitalità fornita. alla Gaudiosi dalla famiglia dorigine, la brevità del periodo di convivenza coniugale e leventualità che ella svolga o abbia svolto, in ipotesi, «attività lavorative neppure sempre emergenti sul piano del riscontro fiscale», la cui prova «ben difficilmente avrebbe potuto essere fornita dal di lei coniuge» (p.6).

6 Il motivo di ricorso in esame è fondato, per quanto di ragione, nei termini di seguito esposti.

6.1 Nel caso di specie, invero, sussistono pacificamente i presupposti essenziali dellobbligo di mantenimento, stabiliti dal primo comma dellarticolo 156 Cc, ossia la non addebitabilità della separazione alla ricorrente e la totale mancanza di propri redditi accertati, idonei a conservarle il pur modesto, precedente tenore di vita.

Leliminazione di ogni contributo a carico del marito, nelleconomia della sentenza impugnata, dipende quindi logicamente dalle circostanze elencate ai precedenti punti 5.4 e 5.5, fra le quali assume particolare rilievo linerzia della Gaudiosi nella ricerca di unoccupazione redditizia, confacente alla sua condizione ed alle sue capacità. Infatti, gli altri elementi presi in considerazione dal giudice di merito ‑ come il reddito non elevato del marito ed il sopraggiunto suo obbligo di mantenimento di un fìglio ‑ pur costituendo motivi ragionevoli di contenimento dellassegno, non sarebbero da soli sufficienti ad escluderlo del tutto.

6.2 Devesi considerare, in primo luogo ed in contrasto con una censura della ricorrente, che la decisione di esclusione dellassegno non è inficiata dall’omesso esame di tutte le argomentazioni svolte dalle parti, la cui confutazione esplicita non è necessaria allorché il giudice abbia indicato le ragioni del suo convincimento, così implicitamente rigettando le prospettazioni con esse logicamente incompatibili (Cassazione 13359/99, 13342/99, 5537/97e 10703/94).

6.3 Daltra parte, la decisione di totale eliminazione dellassegno di mantenimento ‑ ferma restando linsindacabilità, se non per manifesti vizi logici, delle valutazioni di merito circa la mancata o infruttuosa ricerca di lavoro ‑ è errata su un piano logico-giuridico più ampio, ed entro questi limiti deve essere cassata, poiché linattività lavorativa del richiedente lassegno può costituire circostanza idonea ad annullare laltrui obbligo ‑ altrimenti sussistente ‑ di versarlo, solo se conseguente al rifiuto accertato di effettive e concrete, non meramente ipotetiche, opportunità di lavoro.

6.4 In effetti, lattitudine al lavoro proficuo, come potenziale capacità di guadagno, appartiene certamente al novero degli elementi valutabili dal giudice della separazione per definire la misura dellassegno, dovendo egli considerare a tal fine non soltanto i redditi in denaro, ma anche ogni utilità o capacità propria dei coniugi, suscettibile di valutazione economica (Cassazione 4543/98,7630/97, 961/92, 11523/90 e 6774/90). Ma il mancato sfruttamento della supposta attitudine al lavoro non equivale ad un reddito attuale né, di per sé ed in modo univoco, lascia presumere la volontaria ripulsa di propizie occasioni di reddito.

Linattività lavorativa, infatti, non necessariamente è indice di scarsa diligenza nella ricerca di un lavoro, finché non sia provato, ai fini della decisione sullassegno, il rifiuto di una concreta opportunità di occupazione: solo in tal caso lo stato di disoccupazione potrebbe essere interpretato, secondo le circostanze, come rifiuto o non avvertita necessità di un reddito; il che condurrebbe ad escludere il diritto di ricevere dal coniuge (cfr. Cassazione 3975/02, 4163/89), a titolo di mantenimento, le somme che il richiedente avrebbe potuto ottenere quale retribuzione per lattività lavorativa rifiutata o dismessa senza giusto motivo.

6.5 E’ stato già ritenuto infatti da questa Suprema corte, con giudizio condiviso dal collegio, che «lattitudine al lavoro del coniuge separato, il quale domanda lassegno di mantenimento, rileva, ai fini del laccertamento della sua capacità di guadagno e, quindi, della spettanza e misura dellassegno, solo se venga riscontrato in termini di effettiva possibilità di svolgimento di unattività lavorativa retribuita, tenuto conto di ogni concreto fattore, soggettivo ed oggettivo; non già in termini meramente ipotetici» (Cassazione 961/92, dalla motivazione; id. Cassazione. 7061/86, 6237/81, ivi cit.).

Quindi, la teorica possibilità del coniuge privo di reddito di reperire unoccupazione non elide il dovere di solidarietà (persistente fra i coniugi anche dopo la separazione: cfr. Cassazione 5253/00, 13666/99, 4094/98, 2349/94) ed il conseguente obbligo di condivisione dei beni e di sostegno verso il coniuge più debole, mediante la corresponsione di un assegno di mantenimento (ricorrendone gli altri presupposti di legge), nella misura indicata dalle circostanze.

Tanto più se la condizione di casalinga della moglie esisteva già prima della separazione, giacché dopo di essa, a differenza di quanto accade dopo il divorzio, permangono tendenzialmente, e sono tutelati per quanto possibile, gli effetti del matrimonio ed il regime di vita precedente la rottura della convivenza coniugale (Cassazione. 3291/01e 7437/94).

7 Gli ulteriori dieci motivi di ricorso sono assorbiti, perché rappresentano distinti aspetti o specificazioni della stessa censura, vertente sulla spettanza dellassegno di mantenimento, accolta entro i limiti dellesposizione che precede.

7.1 In particolare, con tali motivi si deduce, nellordine, quanto segue:

7.1.1 il presunto obbligo di attivarsi per cercare un lavoro sussisterebbe soltanto nel caso in cui laltro coniuge risulti privo di mezzi economici adeguati (violazione degli articoli 156 Cc, 3 Costituzione, 115 Cpc; omessa motivazione);

7.1.2 tale obbligo e la relativa sanzione (perdita del diritto al mantenimento), non sarebbero previsti dalla legge (violazione degli articoli 1173, 156 Cc; motivazione illogica e contraddittoria);

7.1.3 il reddito non elevato del marito non determinerebbe leliminazione, ma solo la riduzione dellassegno di mantenimento, (violazione degli articoli 156 Cc e 3 Costituzione, omissione o insufficienza e contraddittorietà della motivazione);

7.1.4 la proposta transazione, in ordine alla modalità di soddisfazione dellobbligo di mantenimento mediante versamento una tantum di una certa somma, contraddirebbe sia la ritenuta incapacità economica del marito sia laffermazione di non spettanza dell’assegno (violazione degli articoli 156 Cc, 710 Cpc; contraddittorietà della motivazione);

7.1.5 la reperibilità di unoccupazione lavorativa da parte della Gaudiosi, dopo la sua assenza dal mondo del lavoro per lopposizione del marito, non sarebbe adeguatamente motivata;

7.1.6 del pari immotivata sarebbe la mancata valutazione dellulteriore difficoltà di trovare lavoro, a causa delletà;

7.1.7 lo scarso impegno della ricorrente nella ricerca di un lavoro o lattualità di unoccupazione non dichiarata non sono ricavabili logicamente dalla rilevata difficoltà di provare tali elementi (violazione dellarticolo 2697 Cc; motivazione insufficiente ed illogica);

7.1.8 la domanda di riduzione dellassegno, formulata dal Salvo allegando la sopravvenuta nascita del figlio, costituirebbe domanda nuova (violazione degli articoli 112, 115 e 345 Cpc; omissione e contraddittorietà della motivazione);

7.1.9 la riconosciuta necessità di «equo contemperamento» fra esigenze di mantenimento del neonato e della moglie sarebbe in contraddizione logica con la conclusione di totale sacrificio delle seconde;

7.1.10 la modifica o la revoca dellordinanza presidenziale attributiva di assegno provvisorio sarebbe illegittima, non essendo mutate le circostanze in considerazione delle quali tale assegno fu concesso (violazione dellarticolo 708 Cpc, illogicità della motivazione).

8 In conseguenza dellaccoglimento, per quanto di ragione, del primo motivo di ricorso (assorbiti tutti gli altri) ed in relazione ad esso. la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio ad altra sezione della Corte dappello di Milano (non sussistendo validi motivi per il rinvio ad una diversa Corte dappello, come chiesto dalla ricorrente), che si uniformerà al principio di diritto espresso ai punti 6.3 e 6.4 e deciderà anche in ordine alle spese di questo giudizio di legittimità.

PQM

La Corte di cassazione accoglie, per quanto di ragione, il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri. cassa, in relazione al motivo accolto, e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Corte d’appello di Milano.