Lavoro e Previdenza

Wednesday 11 May 2005

L’ Inail non può rettificare retroattivamente prestazioni erogate in relazioni a rapporti coperti da prescrizione o giudicato. Lo ha stabilito la Corte Costituzionale. Corte costituzionale – sentenza 5-10 maggio 2005, n. 191

LInail non può rettificare retroattivamente prestazioni erogate in relazioni a rapporti coperti da prescrizione o giudicato. Lo ha stabilito la Corte Costituzionale.

Corte costituzionale sentenza 5-10 maggio 2005, n. 191

Presidente Capotasti relatore Marini

Ritenuto in fatto

1. Il Giudice unico del lavoro del tribunale di Treviso, con ordinanza del 12 novembre 2003, ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 38 e 97 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dellarticolo 9, commi 1, secondo periodo, 3, 5, 6 e 7, del D.Lgs 38/2000 (Disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, a norma dellarticolo 55, comma 1, della legge 144/99).

Le norme impugnate, innovando la previgente disciplina, dispongono che la rettifica per errore delle prestazioni erogate dallIstituto nazionale per lassicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) può intervenire solamente entro i dieci anni dalla comunicazione delloriginario provvedimento di attribuzione della rendita (comma 1); che lerrore non rettificabile comporta il mantenimento delle prestazioni godute (comma 3); che tale normativa trova applicazione anche in riferimento ai provvedimenti di rettifica adottati nel vigore della precedente disciplina, ancorché coperti da prescrizione o giudicato (commi 5, 6 e 7).

Nel giudizio a quo sono oggetto di ricorso, da parte di tre assicurati, altrettanti provvedimenti di rettifica (tali essendo qualificati dal giudicante) di rendite per ipoacusia professionale adottati, nel vigore della disciplina previgente, oltre dieci anni dopo la comunicazione delloriginario provvedimento di concessione della rendita.

La pacifica efficacia retroattiva dellarticolo 9 del D.Lgs 38/2000 comporterebbe laccoglimento delle domande, con il conseguente ripristino, in capo ai ricorrenti, delle rendite godute al momento della rettifica.

Tanto premesso in punto di rilevanza, ritiene tuttavia il giudicante che la nuova disciplina, comportando il riconoscimento definitivo della prestazione previdenziale a prescindere dalla sussistenza dei requisiti, previsti per legge, che ne sorreggono lerogazione, si ponga in contrasto «con i principi di base che caratterizzano lintero assetto previdenziale ed in particolar modo con quelli inerenti alla liberazione dal bisogno».

Ad avviso del rimettente, infatti, qualsiasi prestazione previdenziale erogata in assenza dei requisiti di legge si porrebbe per ciò solo in contrasto con larticolo 38 della Costituzione, non realizzando le finalità di tutela previste dalla Costituzione.

Il consolidamento di una prestazione economica non dovuta comporterebbe daltro canto un ingiustificato aggravio delle spese di gestione di un ente appartenente alla pubblica amministrazione, con violazione, sotto tale aspetto, del principio di buon andamento dei pubblici uffici, sancito dallarticolo 97 della Costituzione.

La retroattività della normativa, suscettibile di incidere addirittura su situazioni già prescritte o coperte da giudicato, contrasterebbe infine con il principio di certezza del diritto garantito dallarticolo 3 della Costituzione, venendo sanzionata la violazione del termine decennale introdotto dalla norma anche con riguardo a fattispecie concluse nel vigore di una diversa disciplina che non prevedeva alcun limite temporale al potere di accertamento dellerrore da parte dellINAIL.

2. Si sono costituiti in giudizio Albano Cavallin, Loris Favaron e Graziella Toppan, ricorrenti nel giudizio a quo, concludendo per la declaratoria di inammissibilità della questione.

Ad avviso delle parti suddette, la questione di legittimità costituzionale sarebbe priva di rilevanza nella fattispecie, non venendo in questione lesistenza di un giudicato, ma trattandosi soltanto di applicare un istituto, quale la decadenza, di portata generale, riguardo al quale non sono prospettabili  dubbi di costituzionalità.

Lapplicazione quale si verificherebbe nella fattispecie di una disciplina sopravvenuta ai processi in corso rappresenterebbe del resto una tecnica abitualmente utilizzata dal legislatore, anche a fini di certezza del diritto, così da escludere qualsiasi censura di legittimità costituzionale.

3. Si è altresì costituito lINAIL, convenuto nel giudizio a quo, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o, in subordine, infondata.

In proposito, la difesa dellIstituto sottolinea come larticolo 9 del D.Lgs 38/2000 sia qualificabile come disciplina eccezionale, in conseguenza della quale lordinamento limita gli effetti negativi dellaccertata insussistenza dei presupposti patologici per il riconoscimento del diritto alla rendita goduta, garantendo al beneficiario la continuità dellerogazione delle somme sino a quel momento percepite in buona fede.

Larticolo 9 sopra richiamato avrebbe nel contempo natura di norma transitoria, per regolare il passaggio dal regime dellarticolo 55 della legge 88/1989 (Ristrutturazione dellIstituto nazionale della previdenza sociale e dellIstituto nazionale per lassicurazione contro gli infortuni sul lavoro), alla nuova disciplina; in questa prospettiva, non sarebbero vulnerati i principi in tema di prescrizione o giudicato, in quanto la norma censurata prevede un rigoroso termine di decadenza per la richiesta di riesame dei casi prescritti o definiti con sentenza passata in giudicato, nonché la riattribuzione della prestazione cristallizzata solo dalla data della domanda e senza restituzione di somme arretrate.

Non sussisterebbe secondo lIstituto la denunciata violazione dellarticolo 38, secondo comma, della Costituzione, anche in ragione della specifica struttura e funzione dellassicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali e della sua specialità rispetto alla tutela pensionistica. E daltro canto, quanto allasserita violazione dellarticolo 3 della Costituzione, la stessa giurisprudenza costituzionale afferma che il divieto di retroattività della legge non ha dignità costituzionale, cosicché al legislatore ordinario, fuori dalla materia penale, non è inibito emanare norme con efficacia retroattiva, purché queste ultime non contrastino con il principio di ragionevolezza ed altri valori ed interessi costituzionalmente protetti.

4.  E intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dallAvvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o comunque infondata.

Ad avviso dellAvvocatura lordinanza di rimessione presenterebbe, anzitutto, profili di inammissibilità per violazione del principio di autosufficienza, non essendo adeguatamente motivata ladesione del giudice alle risultanze della Ctu, secondo cui sarebbe da escludere che nella fattispecie ricorra come sostenuto invece dallIstituto la diversa ipotesi di miglioramento delle patologie invalidanti, disciplinata da altra norma.

Nel merito, premesso che labrogato articolo 55 della legge 88/1989 non può assumersi a tertium comparationis, lAvvocatura osserva che la norma impugnata è frutto del consapevole bilanciamento, operato dal legislatore, tra gli aggravi di spesa e gli effetti positivi derivanti dal contenimento del contenzioso previdenziale e dalla certezza dei rapporti.

Il potere di  stabilire la misura e le variazioni dei trattamenti previdenziali e di comparare lonere della spesa previdenziale con le esigenze dello stato sociale, del resto, rientrerebbe certamente secondo lAvvocatura nellambito della discrezionalità politica del legislatore, in quanto tale insindacabile, salva lipotesi, che nella specie sarebbe da escludere, della arbitrarietà o palese irragionevolezza.

Non sussisterebbe, dunque, violazione né dellarticolo 97 né dellarticolo 38 della Costituzione, considerato anche che il legislatore, escludendo dalla nuova disciplina i casi di rendite conseguite con dolo e colpa grave, ha inteso limitare il beneficio ai soli casi in cui il procedimento di accertamento della malattia invalidante risulti privo di vizi.

5.  In prossimità delludienza pubblica le parti private Cavallin, Favaron e Toppan hanno depositato una memoria illustrativa insistendo per la declaratoria di manifesta inammissibilità della questione, in quanto il giudice a quo non avrebbe sperimentato la possibilità di uninterpretazione adeguatrice della disposizione impugnata né motivato circa limpossibilità della stessa.

La questione stessa sarebbe inoltre priva di rilevanza quanto allipotesi di casi definiti con sentenza passata in giudicato, non sussistendo nella fattispecie alcun accertamento con forza di giudicato. In ogni caso ben potrebbe la legge, in riferimento a situazioni durevoli, incidere sulla disciplina del periodo successivo al giudicato, secondo i consueti principi in tema di successioni di leggi nel tempo.

Considerato in diritto

1. Il Giudice unico del lavoro del tribunale di Treviso dubita della legittimità costituzionale dellarticolo 9, commi 1, secondo periodo, 3, 5, 6 e 7, del D.Lgs 38/2000 (Disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, a norma dellarticolo 55, comma 1, della legge 144/99).

I commi 1 e 3 prevedendo che lIstituto nazionale per lassicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) possa esercitare la facoltà di rettifica per errore delle prestazioni erogate entro dieci anni dalla comunicazione del provvedimento di attribuzione della rendita e che, decorso inutilmente tale termine, si consolidi il diritto del beneficiario al mantenimento delle prestazioni in godimento, pur in difetto dei presupposti di legge violerebbero gli articoli 38 e 97 della Costituzione, ponendosi in contrasto sia con i principi su cui si fonda il sistema previdenziale, sia, per i maggiori oneri che ne conseguono a carico dellINAIL, con il principio di buon andamento dei pubblici uffici.

I commi 5, 6 e 7, che attribuiscono efficacia retroattiva alla suddetta disciplina, anche con riguardo a rapporti ormai esauriti in quanto prescritti o coperti da giudicato, sarebbero dal canto loro in contrasto con il principio di certezza del diritto enucleabile dallarticolo 3 della Costituzione, disponendo lapplicazione del suddetto termine decadenziale anche in riferimento a provvedimenti di rettifica adottati nel vigore di una diversa disciplina che non prevedeva alcun termine di decadenza.

2. Le eccezioni di inammissibilità sollevate dalle parti costituite ed intervenute sono prive di fondamento.

Affermando che «le conclusioni delle CTU non lasciano dubbi sul fatto che in tutti e tre i casi le originarie determinazioni dei gradi di invalidità fossero sovrastimate per errore», il giudice a quo ha infatti adeguatamente motivato il proprio convincimento circa linsussistenza dei presupposti per la procedura di revisione per miglioramento, attivata dallINAIL, e la conseguente qualificazione dei provvedimenti impugnati dagli assicurati come rettifiche per errore.

La descrizione della fattispecie è daltro canto sufficiente a dare conto della rilevanza della questione mentre è infine del tutto plausibile e del resto conforme alla giurisprudenza di legittimità linterpretazione della norma sulla cui base la questione stessa è prospettata.

3. Nel merito la questione, quanto ai commi 1 e 3, non è fondata.

3.1. La norma impugnata introduce un termine decadenziale peraltro di peculiare ampiezza per lesercizio, da parte dellINAIL, dei poteri amministrativi di accertamento e rettifica dellerrore commesso in sede di attribuzione, erogazione o riliquidazione delle prestazioni, salvi i casi di dolo o colpa grave dellassicurato.

La previsione di un tale termine diversamente da quanto il rimettente assume non si pone in contrasto con la funzione propria del sistema previdenziale, quale delineata dallarticolo 38 della Costituzione, ma rappresenta una non irragionevole misura di tutela dellassicurato in buona fede, quale controinteressato, rispetto allesercizio di quei poteri.

Da un lato, infatti, è lecito presumere che, dopo il decorso di un congruo periodo di tempo dallaccertamento dellinvalidità, lassicurato possa non essere più in grado di far valere adeguatamente i propri interessi nella procedura amministrativa di rettifica (ad esempio a causa della difficoltà di reperimento della documentazione medica dellepoca), cosicché, sotto tale profilo, il termine decadenziale si configura quale strumento del resto ben noto allordinamento di garanzia del cittadino nei confronti della pubblica amministrazione.

Dallaltro lato non vi è dubbio che lesigenza di certezza nei rapporti giuridici può tradursi, nella specifica materia, in una legittima aspettativa, da parte dellassicurato in buona fede, di stabilità della prestazione previdenziale attribuita a seguito di un regolare procedimento accertativo e non rettificata entro un termine ragionevole, cosicché per tale aspetto la norma realizza un contemperamento di interessi entrambi meritevoli di tutela.

Che, poi, linutile decorso del termine decadenziale determini come espressamente dispone il comma 3 il mantenimento di una prestazione economica astrattamente non dovuta costituisce conseguenza indiretta del meccanismo proprio della decadenza, di per sé non incompatibile con il citato articolo 38 della Costituzione.

3.2. E poi da escludersi, sotto altro profilo, che la disciplina in esame violi il principio di buon andamento della pubblica amministrazione.

Premesso, infatti, che la comparazione tra i maggiori oneri presumibilmente derivanti dalla introduzione del termine decadenziale ed i risparmi conseguenti alla probabile riduzione del contenzioso è senzaltro riservata alla discrezionale valutazione del legislatore e, quindi, censurabile solamente nei limiti di una manifesta irragionevolezza che nella specie non è sicuramente dato di ravvisare, giova comunque osservare che il pur ampio termine di cui si tratta assolve una obiettiva funzione acceleratoria riguardo allesercizio dei poteri attribuiti allINAIL e, pertanto, rappresenta uno strumento volto, sia pure indirettamente, ad accrescere lefficienza dellIstituto e dunque a favorire il buon andamento della sua azione, senza incidere, ovviamente, nel caso di errore non tempestivamente rettificato, sulle eventuali responsabilità individuali.

4. La questione di legittimità costituzionale dei commi 5, 6 e 7 dello stesso articolo 9, sollevata in riferimento allarticolo 3 della Costituzione, è invece fondata.

Tali norme come si è detto consentono di impugnare i provvedimenti di rettifica adottati nel vigore dellarticolo 55, comma 5, della legge 88/1989 (Ristrutturazione dellIstituto nazionale della previdenza sociale e dellIstituto nazionale per lassicurazione contro gli infortuni sul lavoro), che ne consentiva ladozione senza limiti di tempo, al fine di far valere retroattivamente la violazione del termine decadenziale introdotto dalla nuova disciplina.

E senza dubbio vero come ricorda la difesa dellINAIL che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, il divieto di retroattività della legge non è stato elevato a precetto costituzionale, salva, per la materia penale, la previsione dellarticolo 25 della Costituzione.

Questa stessa Corte ha tuttavia costantemente precisato che la retroattività deve comunque trovare giustificazione sul piano della ragionevolezza e non può trasmodare in regolamento irrazionale di situazioni sostanziali fondate su leggi anteriori (si vedano, tra le tante, la sentenza 446/02 e la sentenza 416/99).

Nel caso di specie, lirragionevolezza della disposizione sia per quanto si riferisce ai «casi prescritti o definiti con sentenza passata in giudicato», sia per quanto riguarda i casi non prescritti o non definiti da giudicato è di tutta evidenza, in quanto è listituto stesso della decadenza che per sua natura non tollera applicazioni retroattive, non potendo logicamente configurarsi una ipotesi di estinzione del diritto (o, come nella specie, del potere) per mancato esercizio da parte del titolare, in assenza di una previa determinazione del termine entro il quale il diritto (o il potere) debba essere esercitato.

PQM

La Corte costituzionale  a) dichiara lillegittimità costituzionale dellarticolo 9, commi 5, 6 e 7, del D.Lgs 38/2000 (Disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, a norma dellarticolo 55, comma 1, della legge 144/99);

b) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dellarticolo 9, commi 1, secondo periodo, e 3 dello stesso decreto legislativo, sollevata, in riferimento agli articoli 38 e 97 della Costituzione, dal giudice unico del lavoro del tribunale di Treviso con lordinanza in epigrafe.