Lavoro e Previdenza

Friday 25 November 2005

L’ avvocato non può essere iscritto anche all’ albo dei mediatori.

L’avvocato non può essere
iscritto anche all’albo dei mediatori.

Cassazione – Sezioni unite civili – sentenza 20 ottobre-17 novembre 2005, n.
23239

Presidente Corona – Relatore
Bonomo

Pm Palmieri – difforme –
ricorrente Bazzacco

Svolgimento del processo

Con lettera raccomandata del 18
maggio 2004 il Consiglio dell’ordine degli Avvocati di
Treviso, nell’ambito dell’attività di tenuta e controllo dell’Albo, comunicava
all’avv. Gabriele Bazzacco di aver riscontrato una situazione
d’incompatibilità, determinata dall’iscrizione del medesimo, dal 4 agosto 2003,
al ruolo Agenti d’Affari in Mediazione, tenuto dalla Cciaa di Treviso.

L’interessato presentava memorie
in cui sosteneva che la mera iscrizione al suddetto ruolo non implicava, di per
sé, esercizio di attività di mediazione e dunque la
sussistenza di una situazione di incompatibilità con l’esercizio della
professione forense.

Il Consiglio dell’ordine degli
Avvocati di Treviso, dopo l’audizione dell’interessato, con decisione del 31
maggio 2004 ne disponeva la cancellazione dall’Albo, ai sensi dell’articolo 37
della legge professionale (Rdl 1578/33), dato che l’articolo 3 della legge prevede come causa di incompatibilità la semplice iscrizione
al ruolo dei mediatori, non richiedendo, come invece è previsto per altre
professioni (tra cui quella di notaio), anche l’esercizio effettivo
dell’attività.

Il Cnf, con decisione del 27
gennaio ‑
21 marzo 2005, rigettava l’impugnazione dell’avv. Bazzacco, osservando, tra
l’altro:

a) che l’articolo 3, comma 1, del
Rdl 1578/33 definisce le situazioni incompatibilità con l’esercizio della
professione di avvocato rappresentate in alcuni casi,
come quello del mediatore, dal solo fatto di rivestire tale qualità;

b) che la diversa
regolamentazione delle situazioni di incompatibilità
negli altri ordinamenti professionali non comporta disparità di trattamento, ma
trova obiettiva giustificazione nelle differenti caratteristiche di ciascuna
professione.

Avverso la decisione del Cnf
l’avv. Bazzacco ha proposto ricorso per cassazione sulla base
di tre motivi.

L’avv. Bazzacco ha anche chiesto
la sospensione, ai sensi dell’articolo 56, comma 4, del Rdl
1578/33, dell’esecuzione della decisione impugnata.

Motivi della decisione

1. Al presente ricorso è riunito,
per connessione, il procedimento riguardante l’istanza
di sospensione dell’esecuzione della decisione impugnata.

2. Con il primo mezzo d’impugnazione il ricorrente lamenta violazione dell’articolo
10 del codice deontologico forense.

Si sostiene che il principio
espresso dalla legge professionale in materia di incompatibilità,
attraverso il richiamo al citato articolo 10, concerne non un’astratta facoltà
di attività di mediazione, quale è offerta dall’iscrizione al Ruolo degli
agenti affari in mediazione, ma l’esercizio concreto, l’attività operativa e
professionale e comunque condotte che rivelano atti concreti di attività di
mediazione, nella specie non ricorrenti. L’articolo 5 comma 3 della legge 1989/39,
che disciplina l’attività di mediatore, stabilisce che l’esercizio
dell’attività di mediazione è incompatibile con l’esercizio di
attività imprenditoriali e professionali, sicché mentre non è
configurabile incompatibilità tra l’attività di mediazione e la semplice
iscrizione ad un Albo professionale, per la legge professionale forense, come
erroneamente interpretata dalla decisione impugnata, tale incompatibilità
sussisterebbe tra l’esercizio della professione legale e la semplice iscrizione
al Ruolo degli agenti di affari in mediazione. L’iscrizione a tale ruolo, senza
esercizio attuale della professione, è un fatto culturale, potendo l’iscrizione
essere paragonata ad un diploma abilitante, che contrassegna l’accertamento di
requisiti culturali e di preparazione tecnica.

3. Il motivo non è fondato.

Il primo comma
dell’articolo 3 del Rdl 1578/33 (conv. con mod.
in legge 36/1934) distingue espressamente casi di incompatibilità con la
professione di avvocato collegati all’esercizio di attività (commercio in nome
proprio o in nome altrui, professione di notaio) da altri collegati invece
all’assunzione di una determinata qualità, tra cui quella di mediatore.

L’articolo 10 del codice
deontologico forense ‑ che riguarda il dovere di indipendenza
e che prevede che l’avvocato non deve porre in essere attività commerciale o di
mediazione ‑
non rileva in questo giudizio, il

quale
non ha natura disciplinare, avendo invece per oggetto la cancellazione
dall’albo degli avvocati, ai sensi dell’articolo 37 n. 1 del Rdl citato, per la
ricorrenza di una delle cause di incompatibilità elencate dal precedente
articolo 3.

Né il citato articolo 10 può
essere utile ai fini interpretativi di tale ultima disposizione, atteso che
esso non esclude la sussistenza della causa d’incompatibilità specificamente
prevista dalla legge professionale forense in relazione al
possesso della qualità di mediatore, ma ha una sua autonoma sfera di
applicazione, riguardante lo svolgimento di fatto di attività di mediazione da
parte di avvocati (a prescindere dall’iscrizione nel ruolo degli agenti di
affari in mediazione).

Nessun rilievo poi può assumere
la disposizione, richiamata dal ricorrente, che regola le incompatibilità dei
mediatori, dovendo in questa sede prendersi in considerazione quelle degli
avvocati.

Quanto all’aspetto culturale
dell’iscrizione al ruolo dei mediatori, l’argomento è stato riproposto
con il terzo motivo e sarà esaminato in quella sede.

4. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione del principio di
uguaglianza e di ragionevolezza di cui all’articolo 3 Costituzione.

Si afferma che costituisce
irragionevole discriminazione l’incompatibilità prevista a carico del notaio in riferimento all’esercizio della professione di mediazione
e l’incompatibilità a carico dell’avvocato per il quale la qualità di mediatore
assunta con l’iscrizione al Ruolo degli agenti di affari in mediazione farebbe
scattare l’incompatibilità anche in assenza di esercizio della relativa
professione.

5. Il terzo motivo esprime
doglianze di violazione e falsa applicazione dell’articolo 9 della Costituzione,
che impone la promozione dello sviluppo della cultura
e dell’articolo 3, comma 2, Costituzione, nonché di violazione dell’articolo
360 n. 5 Cpc per vizio di motivazione per eccesso di potere.

Si sostiene che l’articolo 3 Rdl
1578/33, nella parte oggetto della controversia, è costituzionalmente
illegittimo in quanto preclude al professionista che esercita la professione
legale il riconoscimento da parte della Pubblica Amministrazione
di una preparazione tecnica (identificabile con l’iscrizione al Ruolo degli
agenti di affari in mediazione).

Inoltre il ricorrente ritiene che
la motivazione della decisione impugnata, nella parte in cui ha affermato che
l’articolo 3, comma 1, del Rdl 1578/33 è diretto a
preservare e salvaguardare l’imparzialità, l’indipendenza, l’onorabilità, la
continuità e la professionalità dell’avvocato, è evanescente e priva di valido
contenuto giuridico sostanziale. Infatti, l’imparzialità viene
riferita solo ai notai; l’indipendenza dell’avvocato non si vede come possa
essere intaccata dalla semplice iscrizione al Ruolo degli agenti di affari in
mediazione; l’onorabilità non è menomata dalla suddetta iscrizione, che non
impedisce all’avvocato di esercitare in modo continuativo la professione e di
perfezionare il suo sapere per effetto di altre integrazioni culturali.

Se nella
cultura del tempo a cui risale l’articolo 3 citato la qualità di mediatore
significava l’esercizio dì quella professione, la realtà attuale è
contrassegnata da una sovrabbondanza di qualifiche culturali, giuridicamente
riconosciute, alle quali non corrisponde un esercizio concreto della qualifica.

6. Il secondo ed il terzo motivo,
congiuntamente esaminabili per ragioni di connessione, non possono essere
condivisi.

Le prospettate questioni
d’illegittimità costituzionale dell’articolo 3 del Rdl 1578/33 appaiono
manifestamente infondate.

In relazione a
quella riguardante il principio di uguaglianza di cui all’articolo 3 della
Costituzione, per la diversa regolamentazione dell’incompatibilità in esame per
gli avvocati e per i notai, basta osservare che ciascun ordinamento
professionale reca con sé elementi differenziatori che giustificano
razionalmente anche diversità dì disciplina (Cassazione Su, 478/00, in tema di
efficacia di atti interruttivi dell’azione disciplinare nei confronti degli
avvocati e dei notai).

Quanto al valore culturale
dell’iscrizione al ruolo dei mediatori, richiamato nel primo motivo di ricorso
e sviluppato anche nel terzo, in riferimento
all’articolo 9 della Costituzione, rileva il Collegio che da tale iscrizione
derivano soprattutto effetti di grande rilievo sul piano professionale ed
economico, essendo essa necessaria per l’insorgenza del diritto alla
provvigione, ai sensi dell’articolo 6 della legge 39/1989 (Cassazione 9380/02).
L’iscrizione dà in pratica la possibilità di svolgere vera e propria attività
di mediazione, la quale ha caratteristiche considerate dalla legge
professionale forense non compatibili con quelle del rapporto di mandato
professionale.

La decisione impugnata ha quindi
correttamente applicato la causa di incompatibilità
prevista dall’articolo 3 della legge professionale forense.

7. Il ricorso deve essere,
pertanto, rigettato.

Nulla per le
spese processuali, in considerazione dell’esito del ricorso e della mancanza di
difese da parte dell’intimato Consiglio dell’ordine.

L’istanza
di sospensione, ai sensi dell’articolo 56, comma 4, del Rdl 1578/33,
dell’esecuzione della decisione impugnata resta assorbita dal rigetto del
ricorso.

PQM

La Corte, riuniti i procedimenti,
rigetta il ricorso.