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Wednesday 22 June 2005

Il condono edilizio è possibile anche per le opere già demolite.

Il condono edilizio è possibile anche per le opere già demolite.

Cassazione sez. 3 penale, Sentenza n. 41764 del 24/09/2004 Ud. (dep. 27/10/2004 ) Rv. 230314

Presidente: Dell’Anno P. Estensore: Lombardi AM. Relatore: Lombardi AM. Imputato: Perini. P.M. Fraticelli M. (Conf.)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica

Dott. DELL’ANNO Paolino – Presidente – del 24/09/2004

Dott. ZUMBO Antonio – Consigliere – SENTENZA

Dott. ONORATO Pierluigi – Consigliere – N. 1792

Dott. SQUASSONI Claudia – Consigliere – REGISTRO GENERALE

Dott. LOMBARDI Alfredo Maria – Consigliere – N. 11749/2004

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

Perini Paolo, n. a Boussù (Belgio) l’1.6.1958, res. in Drena via Castello n. 8;

avverso la sentenza in data 9.1.2004 della Corte di Appello di Trento, con la quale, a conferma di quella del Tribunale di Rovereto in data 13.3.2003, venne condannato alla pena di giorni cinque di arresto ed E. 2.400,00 di ammenda, quale colpevole del reato: a) di cui all’art. 20 lett. b) della L. n. 47/85, così diversamente qualificata l’originaria contestazione di cui all’art. 20 lett. c) della stessa legge.

Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;

Udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Alfredo Maria Lombardi;

Udito il P.M., in persona del Sost. Procuratore Generale Dott. Fraticelli Mario, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con la sentenza di cui in epigrafe la Corte di Appello di Trento ha confermato la pronuncia di colpevolezza del Perini in ordine al reato di cui all’art. 20 lett. b) della L. n. 47/85, così diversamente qualificata l’originaria contestazione di cui all’art. 20 lett. c) della stessa legge, ascrittogli per avere in corso di realizzazione l’ampliamento di un manufatto esistente in assenza di concessione edilizia. La sentenza ha rigettato i motivi di gravame con i quali l’appellante aveva dedotto l’abrogazione della norma incriminatrice e chiesto la sospensione del processo per effetto delle disposizioni in materia di condono edilizio di cui all’art. 32 della D. L. 269/2003, rilevando in ordine a tale ultima richiesta che il manufatto abusivo era stato già demolito e che, pertanto, non poteva essere ottenuta dall’interessato una concessione in sanatoria. Avverso la sentenza ha proposto ricorso l’imputato, che la denuncia per violazione di legge. MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico mezzo di annullamento il ricorrente denuncia la violazione ed errata applicazione dell’art. 32 del D. L. n. 269/03 e dell’art. 44 della L. n. 47/85.

Si deduce, in sintesi, che la sospensione di tutti i procedimenti giurisdizionali ed amministrativi, prevista dalle citate disposizioni di legge fino alla scadenza del termine concesso per la presentazione di domanda di sanatoria, ha carattere automatico, in quanto le disposizioni citate si applicano a tutte le opere realizzate entro il 31.3.2003, prescindendo dalla verifica che l’interessato possa ottenere effettivamente la concessione edilizia in sanatoria. Il ricorso non è fondato.

È stato già affermato da questa Corte che “In tema di condono edilizio, il giudice che disponga di elementi per escludere la sanatoria dell’abuso non ha ragione di sospendere il processo purché detti elementi risultino dagli atti.” (sez. 3^, 200008536, Zarbo L ed altro, riv. 217754).

L’enunciato principio di diritto, peraltro, risulta pienamente conforme al consolidato indirizzo interpretativo della giurisprudenza di legittimità, secondo il quale, allorché il processo sia stato erroneamente sospeso, in ipotesi in cui non risulti applicabile la normativa sul condono edilizio, non opera la sospensione del termine della prescrizione del reato, (cfr. sez. un. 199900022, Sadini ed altro, riv. 214792).

Orbene, nel caso in esame la Corte territoriale ha esattamente rigettato la richiesta di sospensione del processo, in seguito all’entrata in vigore dell’art. 32 del D. L. n. 269/03, sia pure per ragioni parzialmente diverse da quelle enunciate nel provvedimento impugnato, la cui motivazione deve essere integrata con le precisazioni che seguono.

La intervenuta demolizione del manufatto abusivo, prima della entrata in vigore della normativa sul condono edilizio, non appare, di per sè, ragione ostativa alla presentazione di una domanda di condono, sia per evidenti ragioni di interpretazione in termini razionali del dettato normativo, in quanto non può essere riservato dalla legge sul condono edilizio un trattamento meno favorevole all’imputato che abbia demolito spontaneamente il manufatto abusivo prima della emanazione delle disposizioni che ne consentono la sanatoria, sia perché l’ottenimento dei benefici afferenti al trattamento sanzionatorie) non appare vincolato dalla legge all’effettivo rilascio della concessione.

L’art. 39 della L. n. 47/85, richiamato dal citato art. 32, comma 25^, del D.L. n. 326/03, come convertito dalla L. n. 269/03, infatti, prevede espressamente che il pagamento della oblazione estingue i reati contravvenzionali di cui all’art. 38 della stessa legge, anche nel caso in cui l’interessato non possa ottenere la concessione in sanatoria.

La possibilità per colui che abbia demolito il manufatto abusivo di presentare una domanda di condono edilizio, finalizzata a beneficiare, in ogni caso, degli effetti estintivi che il pagamento dell’oblazione produce sui reati contravvenzionali, non può, però, prescindere dalla sussistenza di tutte condizioni richieste dall’art. 32, comma 25^ e seguenti, del D.L. 24.11.2003 n. 326, convertito in L. n. 269/03, per poter beneficiare del condono e, cioè, in primo luogo, che la ultimazione del manufatto abusivo sia intervenuta prima della data del 31.3.2003.

Orbene, nel caso in esame, risulta che la costruzione del manufatto sequestrato e poi demolito dal Perini era ancora in una fase iniziale, essendo state realizzate solo te fondamenta e parte delle mura perimetrali, di talché non poteva ritenersi sussistente la indicata condizione pregiudiziale per l’applicabilità della normativa sul condono alla data indicata dalla legge. Peraltro, la stessa condotta dell’imputato, che ha demolito il manufatto abusivo, è sintomatica della mancanza di volontà di questi di portare a termine la costruzione, sicché neppure è ipotizzatale la possibilità di una ultimazione dell’opera nel termine prescritto.

Non sussistevano, pertanto, le condizioni richieste dall’art. 32 del D. L. n. 326/03 perché l’imputato potesse beneficiare della sospensione del processo ai sensi della disposizione invocata. Il ricorso deve essere, perciò, rigettato.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p. al rigetto dell’impugnazione segue a carico del ricorrente l’onere del pagamento delle spese processuali. P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente Perini Paolo al pagamento delle spese del procedimento.

Così deciso in Roma, nella Pubblica Udienza, il 24 settembre 2004. Depositato in Cancelleria il 27 ottobre 2004