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Tuesday 16 December 2003

I termini per l’ impugnazione del P.R.G. CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV – sentenza 25 novembre 2003 n. 7771

I termini per limpugnazione del P.R.G.

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV sentenza 25 novembre 2003 n. 7771 – Pres. Riccio, Est. Carinci – Comune di Catanzaro (Avv. Raffaele Mirigliani) c. Aceto ed altri (Avv.ti Scoca e Scalzi), Pugliese (Avv. Francesco Scalzi), Mancuso ed altro (n.c.) e Regione Calabria (n.c.) – (annulla T.A.R. Calabria, Catanzaro, 16 aprile 1994, n. 494).

FATTO

Con distinti ricorsi proposti dinanzi al Tribunale amministrativo di Catanzaro, gli attuali appellati hanno impugnato i provvedimenti di adozione e di approvazione di una variante generale al piano regolatore generale del Comune di Catanzaro, assumendone lillegittimità per violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili.

Il Tribunale adito, con sentenza n. 494 pubblicata in data 16 aprile 1994, riuniti i ricorsi e disattese le eccezioni di irricevibilità sollevate da parte resistente, li ha accolti tutti, e ha annullato la delibera di Consiglio comunale n. 56 del 28 febbraio 1986, di adozione della variante generale, la delibera di Giunta regionale n. 4628 del 6 dicembre 1989, di approvazione con prescrizione della stessa, e il conseguente decreto del Presidente della Giunta regionale n. 1269 del 27 dicembre 1989. Dallannullamento è restata esclusa la deliberazione di consiglio comunale n. 63 del 23 luglio 1982, disciplinante le modalità di svolgimento del processo di riassetto urbanistico del territorio comunale, ritenuta esente dagli elementi invalidanti dedotti nei ricorsi.

Il Comune di Catanzaro non ha condiviso detta pronuncia e lha impugnata con atto notificato in data 31 maggio/6 giugno 1994. Nel gravame, ribadite le eccezioni di irricevibilità e di inammissibilità già sollevate in primo grado, sostiene, in primo luogo, che, nelladozione della variante, non sussisteva – contrariamente a quanto affermato nella sentenza impugnata – alcun obbligo di motivazione sulle singole scelte urbanistiche operate con riferimento ai terreni di proprietà dei ricorrenti, atteso che tale obbligo ricorre solo in presenza di situazioni particolari non ravvisabili in quelle da questi possedute. Il Comune ha quindi preso in considerazione le situazioni dei singoli ricorrenti, osservando che in nessuna di esse ricorrevano i presupposti che imponessero di indicare i motivi della scelta urbanistica operata. Nessun vizio di legittimità, neppure sotto il profilo del ritenuto difetto di motivazione, poteva configurare nemmeno il carattere temporaneo attribuito alla variante – per limposto collegamento con il termine di efficacia introdotto dalla Regione – ovvero il rinvio operato alla redazione di piani particolareggiati ai fini dellindividuazione della concreta disciplina edificatoria a seguito delle modificazioni introdotte. Certamente privi di valore giuridico dovevano considerarsi, inoltre, i rilievi svolti con riferimento alla riduzione delle zone destinate alledilizia abitativa, scelta chiaramente affidata alla discrezionalità riservata allAmministrazione, giustificata, peraltro, dalle indicazioni evidenziate negli elaborati dello strumento urbanistico.

Il Comune sostiene ancora che gli atti della sequenza procedimentale sono stati assunti tutti in modo corretto, e sono quindi del tutto infondati i rilievi riferiti alla mancata acquisizione dei pareri del Genio Civile, nel quadro della legislazione antisismica, e di quelli delle Circoscrizioni comunali, atti acquisiti con riferimento allimpostazione globale della variante. Né alcun vizio potrebbe derivare dalla prescrizione in ordine ai tempi di approvazione del nuovo piano regolatore generale -introdotta con latto di approvazione regionale in quanto elemento estrinseco alla funzione dellatto, non in grado di incidere in alcun modo sulla validità della variante.

Si è costituito in giudizio lappellato Giuseppe Pugliese, il quale ha controdedotto, in primo luogo, alleccepita irricevibilità del ricorso da lui proposto. Nel merito sostiene che le motivazione addotte dal Tribunale amministrativo a sostegno della decisione di annullamento della variante impugnata sono indubbiamente esatte e resistono a tutte le censure sollevate nellatto di appello. Sostiene, altresì, che lappellante nemmeno ha contestato il capo di domanda di cui al punto 6) della sentenza, il che determinerebbe linammissibilità dellappello. Ritiene, in particolare, sicuramente illegittima la “variante alla variante”, introdotta solo in sede di approvazione nella seduta terminale del Consiglio comunale del 28 febbraio 1986, circostanza che attesterebbe la sicura esistenza sia del suo interesse al ricorso, tenuto conto che la variazione introdotta riguarda aree di sua proprietà trasformate da sottozona C3 a parco pubblico a livello urbano, sia la fondatezza dei vizi denunciati.

Il medesimo è poi tornato a sollevare, con appello incidentale, tutti i motivi dichiarati assorbiti in primo grado, e a tal uopo ha dedotto:

– la deliberazione consiliare n. 63 del 1982 del Comune è ampiamente viziata perché non ha previsto una variante generale propedeutica rispetto al P.R.G.;

– il consiglio comunale, convocato e iniziato il 24 febbraio, è continuato il 26 dello stesso mese, per concludersi il successivo 28. Ma ciò che è avvenuto in tali sedute non risulta né dalla deliberazione n. 56/85, né da altri atti o provvedimenti;

– lemendamento accolto nella seduta del 28 febbraio 1986 non è stato preceduto da alcuna istruttoria e contrasta con le previsioni dei progettisti;

– con i provvedimenti di approvazione, lautorità regionale ha stralciato lelaborato grafico n. 6 “modello di equilibrio urbano e territoriale” ed ha scardinato lo strumento urbanistico così come adottato dal Consiglio comunale, con tutte le relative conseguenze;

– ;a delibera consiliare 28 febbraio 1986, n. 56, è illegittima per violazione degli artt. 7, 10 e 11 della legge 1150 del 1942, in quanto variante generale che non si atteggia come strumento urbanistico definitivo. La stessa delibera presenta, inoltre, una disciplina del territorio comunale a formazione progressiva, intrinsecamente contraddittoria, con dati errati o incompleti, non potendosi concepire una scelta che lasci da parte e presupponga delle ulteriori scelte da effettuarsi in futuro sulla base della stessa situazione attuale;

– il procedimento seguito è privo di giustificazione e razionalità, anche per il lungo tempo trascorso dal conferimento dellincarico di progettazione, che è del 23 luglio 1982, e prescinde, inoltre, dal P.R.G. esistente.

Si sono costituiti in giudizio anche gli appellati Maria ed Agata Aceto, la CIAT s.r.l., Enzo ed Assunta Monterosso, Cooperativa edilizia Alfa, Pasquale Talarico, i quali hanno contestato tutto quanto dedotto nellatto di appello, sostenendone linammissibilità e chiedendone il rigetto. In via subordinata, hanno chiesto che siano accolti gli ulteriori motivi dedotti con gli originari ricorsi e non esaminati dal giudice di primo grado. Hanno poi aderito allappello incidentale proposto da Giuseppe Pugliese. Si sono opposti, invece, ai rilievi sollevati dallappellante, riaffermando il loro sicuro interesse a ottenere lannullamento degli atti impugnati, tenuto conto dellintervenuta soppressione delle preesistenti previsioni edificatorie dei loro terreni. Sono poi passati a illustrare le diverse posizioni di ciascuno, con riferimento ai terreni posseduti, e hanno osservato che le modifiche urbanistiche introdotte risultano fondate – come già riconosciuto dal Tribunale amministrativo – su decisioni irrazionali e contraddittorie, prive di giustificazione e carenti di motivazione, anche per la mancanza di riferimenti a profili finanziari.

Con successive memorie, tutte le parti hanno ulteriormente illustrato le rispettive tesi difensive. Il Comune ha insistito sullassunta irrilevanza delle argomentazioni svolte dal giudice di primo grado, che avrebbe deciso i ricorsi in unevidente situazione di carenza istruttoria, con evidenti errori sia di fatto che di diritto. Le parti resistenti hanno insistito sullesigenza di una corretta motivazione delle scelte urbanistiche operate con riguardo ai loro terreni – per nulla evidenziata negli atti della variante – nonchè sul fatto che le stesse siano state disancorate non solo dalle precedenti previsioni urbanistiche, ma anche dagli standards e dal dimensionamento del piano, donde lirrazionalità delle previsioni. Hanno inoltre reso noto che, con successiva sentenza pubblicata in data 25 marzo 1995, non impugnata, lo stesso Tribunale amministrativo ha annullato ancora una volta gli atti di adozione e approvazione della variante in argomento, il che avrebbe anche determinato il sopravvenuto difetto di interesse alla definizione della presente controversia.

All’udienza del 6 maggio 2003, i difensori delle parti hanno reso noto e documentato che, nelle more del giudizio, il Comune di Catanzaro ha adottato, con delibera n. 61 assunta dai Commissari ad acta in data 27 luglio 2001, il previsto nuovo piano regolatore, e che tale atto è stato altresì approvato dal Dirigente Generale della Regione Calabria con decreto n. 14350 dell8 novembre 2002, pubblicato sul Bollettino ufficiale della Regione in data 16 dello stesso mese.

Nella stessa udienza la causa è stata trattenuta in decisione.

D I R I T T O

1 – In primo luogo va osservato che lintervenuta adozione del piano regolatore del Comune di Catanzaro, e la conseguente approvazione regionale, non determinano limprocedibilità del ricorso in esame, mancando prove valide dirette a escludere che, nel corso del periodo di efficacia dello strumento urbanistico contestato, gli iniziali ricorrenti non abbiano subito menomazioni di interessi connessi alle facoltà derivanti dalla loro qualità di proprietari degli immobili in ordine ai quali sono state autoritativamente operate classificazioni urbanistiche riduttive rispetto alle previsioni pregresse. Peraltro, la riproposizione, da parte loro, delle censure non esaminate in primo grado, e la presentazione di un ricorso incidentale, insieme alla mancanza di unespressa dichiarazione di segno contrario, stanno a indicare che linteresse alla decisione non può ritenersi superato.

E noto che sullargomento la giurisprudenza segue regole restrittive. Infatti, solo in presenza di circostanze validamente documentate, che escludono in modo certo il permanere dellinteresse delle parti in giudizio, può darsi atto dellintervenuta cessazione della materia del contendere, ovvero può procedersi alla dichiarazione del sopravvenuto difetto di interesse.

2 Il Comune di Catanzaro ha riproposto leccezione di irricevibilità dei ricorsi già sollevata in prime cure, eccezione che sarebbe stata ingiustamente disattesa dal giudice di primo grado, che non ha inteso tenere conto della sicura conoscenza, da parte dei ricorrenti, di tutti i documenti pertinenti alla variante urbanistica in discussione, avendo gli stessi provveduto a impugnare a suo tempo la relativa delibera di adozione.

Leccezione è infondata. Invero, il fatto dellintervenuta impugnazione della delibera di adozione dello strumento urbanistico non preclude la possibilità di impugnare successivamente, da parte degli stessi ricorrenti, lo stesso strumento una volta approvato. E nota la complessità del procedimento di adozione e approvazione di un piano regolatore e non può trascurarsi, in particolare, che dopo ladozione intervengono nuovi atti che possono variamente incidere sul contenuto delle determinazioni inizialmente assunte. E pacifico, inoltre, che in sede di approvazione – che viene disposta sempre a seguito di ampia e approfondita istruttoria – possono essere introdotte, in ordine alle determinazioni iniziali, significative prescrizioni e modificazioni che, anche se non direttamente pertinenti alle aree interessate dal ricorso proposto avverso latto di adozione, potrebbero comunque incidere sullinteresse dei relativi proprietari, tenuto conto della natura complessa dellatto e delle implicazioni derivanti dalla disciplina unitaria dellassetto urbanistico, così come definitivamente conformato dal decreto finale di approvazione.

Ciò precisato, occorre ricordare che la pubblicazione degli strumenti urbanistici risulta costituita, secondo le previsioni dellart. 10 della legge 17 agosto 1992, n. 1150, e successive modificazioni, da una sequenza di atti collegati. La data da cui muove il termine di sessanta giorni per impugnare la previsione della strumentazione generale decorre come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza – dal momento conclusivo dellultima misura conoscitiva messa in atto; vale a dire dallultimo giorno del periodo di quindici giorni da quando lavviso dellavvenuta approvazione è stata affissa allAlbo pretorio (Cons. St., Sez. IV, n. 45 del 18.1.1996; Sez. V, n. 1489 del 27.10.1995). E altresì pacifico che lonere di provare la tardività del ricorso è a carico della parte che eccepisce lintempestività e che, in difetto di prova, il ricorso deve ritenersi tempestivo (Cons. St., Sez. IV, n. 33 del 24.1.1995).

Nel caso di specie, si rileva che la pubblicazione sul BUR dellavviso di approvazione della variante in contestazione è avvenuta in data 2 gennaio 1990. La stessa variante e i relativi allegati sono stati poi depositati presso la Segreteria del Comune, a disposizione del pubblico, in data 9 marzo 1990, e vi sono restati per il periodo previsto a norma dellart. 10, secondo comma, della legge 17 agosto 1942, n. 1150. Rispetto a tale termine, i ricorsi proposti in primo grado sono tutti tempestivi, il che giustifica la rilevata infondatezza delleccezione in argomento.

3 – Infondate si appalesano anche le eccezioni tese a sostenere linammissibilità degli stessi ricorsi per carenza dinteresse.

A tal proposito è sufficiente osservare che i ricorrenti hanno agito tutti nella qualità di proprietari di terreni che ricadono in ambito in cui la disciplina introdotta dalla variante in discussione ha apportato innovazioni riduttive, sotto il profilo urbanistico, rispetto alle classificazioni previgenti. La giurisprudenza ritiene, per giunta, che linteresse a ricorrere sussiste non solo quando lannullamento dellatto lesivo è di per sé idoneo a realizzare un interesse diretto e immediato, ma anche quando tale annullamento comporti, per lAmministrazione, il riesame della situazione, con conseguente possibilità delladozione di provvedimenti idonei a garantire al privato il risultato perseguito (Cons. St., Sez. VI, n. 1373 del 21.10.1996).

Nella specifica fattispecie linteresse processuale esiste non solo in senso strumentale, comè evidente, ma anche perché attraverso lannullamento degli atti impugnati i ricorrenti potrebbero conseguire, in astratto, il ripristino delle previsioni urbanistiche preesistenti.

4 – Sempre in linea preliminare, va esaminata leccezione formulata dagli stessi appellati, i quali hanno riferito che nelle more del giudizio sono stati decisi, dal Tribunale amministrativo di Catanzaro, altri ricorsi di contenuto analogo che hanno egualmente portato allannullamento del piano regolatore in questione, con sentenza, in questa circostanza, rimasta inoppugnata. Ne conseguirebbe limprocedibilità dellappello in esame, tenuto conto degli effetti generali del provvedimento annullato e della inscindibilità degli interessi coinvolti.

Anche tale eccezione si appalesa inconsistente.

La sentenza che conduce allannullamento di un atto generale non sempre ha efficacia erga omnes, il che accade facilmente nel caso dellannullamento di un piano regolatore, in cui linteresse fatto valere nel ricorso resta circoscritto alle aree individuate o a parti specifiche del territorio comunale, pertinenti alle posizioni dellistante o degli istanti. In mancanza di elementi validi a dimostrare, nel caso in esame, che lannullamento della variante pronunciato a seguito di ricorsi di altri soggetti abbia diretta incidenza anche nei confronti delle posizioni soggettive che gli attuali appellati hanno inteso far valere con i loro ricorsi, non è quindi possibile affermare che sia venuto meno linteresse alla controversia.

5 Pugliese Giuseppe, in particolare, ha eccepito che lappellante non ha preso in specifica considerazione, e non ha contestato, il capo di domanda di cui al punto 6) della sentenza, e tale omissione determinerebbe linammissibilità dellappello in quanto resterebbe consolidato, in ogni caso, lannullamento derivante dal capo non impugnato.

Leccezione è inconsistente.

Con il capo 6) richiamato, il Tribunale ha rilevato il carattere temporalmente incidentale della variante oggetto di discussione, e ha ritenuto che sul punto il provvedimento non presentava alcuna motivazione né corrispondenza con le linee direttive informative del futuro Piano regolatore generale. Il giudice ha osservato, a tal proposito, che lAmministrazione avrebbe potuto darsi carico, con appropriata motivazione, delle scelte espressamente individuate come interinali rispetto alla prevista sistemazione definitiva, attese le conseguenze pregiudizievoli non solo immediatamente delle stesse.

Tali essendo i rilievi contenuti nella sentenza, non è esatto ritenere che il Comune non li abbia contestati. Latto di appello presenta chiaramente la formulazione di censure dirette sia verso laffermata esistenza di vizi nella variante, che deriverebbero dal suo carattere temporaneo, sia verso la ritenuta carenza di motivazioni con riferimento a tale carattere.

6 – Nel merito lappello si appalesa fondato.

Il Tribunale amministrativo ha accolto i ricorsi proposti dagli attuali appellati, osservando, in primo luogo, che lAmministrazione era tenuta, in relazione alle peculiari situazioni possedute e in considerazione dei sacrifici che emergevano a loro carico a seguito delle riduttive innovazioni urbanistiche introdotte dalla variante urbanistica, a svolgere una congrua e documentata ponderazione comparativa degli opposti interessi, cosa che non poteva mancare, sia per il rinvio operato, ai fini attuativi della variante medesima, alladozione di ulteriori piani urbanistici di dettaglio, sia perché era stata manifestata la volontà di attribuire allo stesso strumento carattere di temporaneità, con scadenza collegata al perfezionamento in corso del nuovo Piano regolatore generale della città. Le scelte, peraltro, non sempre risultavano concretamente assistite dalla necessaria ponderazione dei valori coinvolti, specialmente per ciò che riguarda le previsioni insediative, se collegate con il previsto sviluppo demografico e la prevista riduzione degli spazi destinati alledilizia residenziale.

Sotto il profilo procedimentale, inoltre, sarebbero mancati determinati apporti preliminari e prodromici (mancata tempestiva acquisizione del parere del Genio Civile con riferimento alla vigente legislazione antisismica, e mancato apporto dei pareri dei consigli di circoscrizione). Trattandosi, poi, di atto complesso, in ordine al quale erano state apposte, in sede di approvazione, specifiche prescrizioni dallAutorità regionale, lefficacia della variante restava subordinata al perfezionamento del nuovo piano regolatore entro la data del 28 febbraio 1990, per cui era da considerarsi rafforzato il carattere precario della disciplina urbanistica introdotta, con conseguente esigenza, a tal proposito, di specifica motivazione.

Tali rilievi sono stati tutti contestati dallappellante con osservazioni che il Collegio ritiene meritevoli di accoglimento.

La giurisprudenza, anche quella più recente, ha ripetutamente affermato che la variante di un piano regolatore generale che conferisce nuova destinazione ad aree che risultano già urbanisticamente classificate, necessita di apposita motivazione solo allorché le classificazioni preesistenti siano assistite da specifiche aspettative, in capo ai rispettivi titolari, fondate su atti di contenuto concreto. Deve trattarsi, cioè, di scelte che incidano su specifiche aspettative, come quelle derivanti da un piano di lottizzazione approvato, da un giudicato di annullamento di un diniego di concessione edilizia, della reiterazione di un vincolo scaduto (Cons. St.; Sez. IV, n. 1732 del 4.12.1998; n. 1190 del 14.10.1997). Nel caso della lottizzazione, in particolare, occorre, perché sussista lobbligo dellAmministrazione di dare una specifica motivazione sulle esigenze che inducano a modificare la previsione urbanistica preesistente, che sia già intervenuta la stipula della convenzione di lottizzazione (Sez. VI, n. 173 del 14.1.2002).

Nel caso di specie i diversi ricorrenti erano titolari, allatto di adozione della variante, come evidenziato nella stessa sentenza impugnata, delle situazioni seguenti.

– Aceto Maria e Agata (ric. n. 354 del 1990): le ricorrenti erano proprietarie di suoli in località Paradiso, già normati come edificatori nello strumento urbanistico previgente, per i quali era stato presentato un piano di lottizzazione convenzionato.

– CIAT s.r.l. (ric. n. 355 del 1990): la ricorrente era proprietaria di un complesso industriale in Catanzaro Lido.

– Mancuso Benigno (ric. n. 356 del 1990): i suoli di proprietà del ricorrente erano suscettibili di vocazione edificatoria.

– Pugliese Giuseppe (ric. 473 del 1990): il ricorrente ha assunto di essere proprietario di suoli edificatori in Catanzaro, viale De Filippis, a destinazione residenziale, in ordine ai quali era stato presentato un piano di lottizzazione convenzionata, respinto con delibera del 23 maggio 1983.

– Monterosso Enzo ed Assunta (ric. 743 del 1990): i ricorrenti hanno indicato di aver presentato un piano di lottizzazione convenzionata.

– Cooperativa edilizia Alfa (ric. n. 881 del 1990): la ricorrente era proprietaria di suolo edificatorio in S. Maria di Catanzaro, compreso in piano di lottizzazione presentato ma non approvato.

– Coluccio Francesco (ric. n. 883 del 1990): il ricorrente era proprietario di fondi rustici siti in agro di Catanzaro che consentivano lo svolgimento di attività imprenditoriale.

– Talarico Pasquale (ric. n. 894 del 1990): il ricorrente aveva chiesto la concessione edilizia per la realizzazione di tre capannoni industriali.

Come può vedersi – a parte la mancata indicazione di elementi probatori sulle reali condizioni urbanistiche interessanti le aree in questione – è evidente che nessuna delle situazioni rappresentate presenta aspetti che denotano lesistenza di particolari presupposti urbanistici in grado di configurare, in capo ai rispettivi titolari, la presenza di aspettative fondate su atti concreti, derivanti da riconoscimenti pregressi. Persino nei casi in cui è stata evidenziata lesistenza di piani di lottizzazione, risulta che tale strumento era stato, al più, presentato allattenzione dellAmministrazione, ma per nessuno ricorreva la condizione indispensabile, ai fini in questione, dellapprovazione.

E perciò errato ritenere come ha fatto il Tribunale amministrativo – che i ricorrenti possedessero posizioni soggettive tali che obbligassero lAmministrazione a dare una specifica motivazione, in occasione delladozione della variante, in ordine alle modificazioni urbanistiche introdotte con riguardo ai loro terreni.

Del tutto inconsistenti, poi, si appalesano i rilievi svolti dai ricorrenti, e condivisi dallo stesso Tribunale, in ordine alle modalità di attuazione della variante, che lAmministrazione ha inteso definire mediante ladozione di piani particolareggiati, previsione certamente non idonea a concretizzare alcun vizio di legittimità. Né costituisce violazione di legge, o elemento irragionevole, o circostanza che obbligava a dare una specifica motivazione, il fatto che alla variante sia stata attribuita efficacia temporanea in relazione alla prevista rinnovazione dello strumento urbanistico generale. Nessuna specifica motivazione occorreva nemmeno per la prevista riduzione delle zone destinate alledilizia abitativa, scelta indubbiamente riservata alla discrezionalità dellAmministrazione, per la cui giustificazione valgono le indicazioni fornite sugli elementi di carattere insediativo contenute negli elaborati dello strumento urbanistico.

Il Comune ha contestato anche i rilievi svolti con riferimento alla sequenza procedimentale seguita nelladozione e nellapprovazione della variante in discussione. Anche in tal caso le sue osservazioni sono da ritenere valide, posto che lente non ha mancato di acquisire il parere del Genio Civile, nel quadro della legislazione antisismica, e nemmeno i pareri delle Circoscrizioni comunali, atti che vanno riferiti come sostiene lappellante – alla impostazione globale della variante, e non occorreva che venissero rinnovati di volta in volta a seguito delle modificazioni introdotte nel corso del procedimento, anche perché non è dato rilevare che tali modifiche abbiano inciso sulla impostazione strutturale dello strumento adottato. Quanto alla prescrizione introdotta nellatto di approvazione regionale, secondo cui lefficacia della variante è stata collegata al termine di approvazione del previsto nuovo piano regolatore generale, è chiaro che si sia trattato di una condizione che rimane estranea alla funzione esercitata dallorgano regionale. La stessa, quindi, non poteva incidere in alcun modo né sulla validità né sullefficacia dellatto approvato, ma svolgere soltanto funzione sollecitatoria.

7 – La rilevata fondatezza delle censure sollevate dal Comune richiede che si proceda allesame sia del ricorso incidentale proposto da Giuseppe Pugliese, sia dei motivi già sollevati in primo grado dagli altri appellati e da questi riproposti in questa sede.

Riguardo al ricorso incidentale il Pugliese sostiene:

a) La deliberazione consiliare comunale n. 63 del 1982 è stata ampiamente violata perché non ha previsto una variante generale propedeutica rispetto al P.R.G.; è stata posta in essere senza che sussistessero tutti gli atti presupposti, con omissioni e contraddittorietà palesi, riferite anche alla mancata previsione delle spese, il che determinerebbe anche lillegittimità in via derivata della deliberazione n. 56 del 1986.

Tale censura, a parte evidenti profili di genericità, non ha alcuna consistenza. Con la citata deliberazione il Comune ha semplicemente previsto di avviare il procedimento per dare ai cittadini un nuovo strumento urbanistico, nella forma della variante, tenuto conto che le previsioni del Piano regolatore generale vigente erano ormai da considerare superate. Non si configura, pertanto, alcun interesse allannullamento dellatto indicato, che non porterebbe alcun vantaggio nei confronti del ricorrente incidentale.

b) Il consiglio comunale, convocato e iniziato il 24 febbraio, è continuato il 26 dello stesso mese, per concludersi il successivo 28. Ma ciò che è avvenuto in tali sedute non risulta né nella deliberazione n. 56/85, né in altri atti o provvedimenti. Lemendamento accolto nella seduta del 28 febbraio 1986 non è stato preceduto da alcuna istruttoria e contrasta con le previsioni dei progettisti. Né è stato statuito che lemendamento medesimo venisse riportato sui grafici del progetto.

Tali censure sono in parte inammissibili, non avendo rilievo in questa sede che vi siano state eventuali omissioni ove realmente si siano verificate nella compilazione dei verbali delle sedute del Consiglio comunale. In parte si appalesano infondate, atteso che è nella piena facoltà del Consiglio comunale procedere allapprovazione di eventuali emendamenti presentati nel corso della seduta in ordine a un argomento regolarmente posto allordine del giorno.

c) Con i provvedimenti di approvazione lautorità regionale ha stralciato lelaborato grafico n. 6 “modello di equilibrio urbano e territoriale” ed ha scardinato, pertanto, lo strumento urbanistico così come adottato dal Consiglio comunale.

E noto che la variante al piano regolatore generale costituisce un atto complesso, frutto della collaborazione del Comune, che lo adotta, e della Regione (in questo caso) che lo approva. In sede di approvazione la normativa vigente attribuisce allente sopraordinato la facoltà di apportare eventuali modifiche che non siano tali da modificare limpostazione strutturale dello strumento adottato. Dagli atti depositati in giudizio non si ravvisa lesistenza di elementi idonei a evidenziare che lo stralcio dellelaborato grafico, cui il ricorrente si riferisce, costituisca modifica di portata tale da configurare operazione preclusa.

d) La deliberazione consiliare 28 febbraio 1986, n. 56, è illegittima per violazione degli artt. 7, 10 e 11 della legge 1150 del 1942, in quanto variante generale che non si atteggia come strumento urbanistico definitivo, ma meramente provvisorio in vista di un successivo strumento generale. Decisivo e assorbente appare, poi, il fatto che il successivo decreto di approvazione da parte del Presidente della Regione abbia fatto obbligo al Comune di adottare il nuovo piano regolatore generale entro il 28 febbraio 1990. In effetti, la variante approvata presenta una disciplina del territorio comunale a formazione progressiva, intrinsecamente contraddittoria e immotivata, con dati errati o incompleti, non potendosi concepire una scelta che lasci da parte o presupponga delle ulteriori scelte future.

A tal proposito va osservato che le indicate censure sono state già formulate in primo grado, sono state accolte dal Tribunale amministrativo e contestate dal Comune con latto dappello. Il Collegio si è già intrattenuto in tale esame in occasione della trattazione dellappello principale, e ha riconosciuto pieno fondamento alle osservazioni sollevate dallAmministrazione comunale. Le stesse, quindi, per le ragioni evidenziate, non assumono alcuna consistenza, neanche sotto il profilo della indicata violazione di legge.

e) Il procedimento seguito è privo di giustificazione e razionalità, perché la deliberazione di conferimento dellincarico di progettazione è la n. 63 del 23 luglio 1982, attuata soltanto dopo più di sette anni. La variante prescinde, inoltre, dalla esistenza del P.R.G. e si atteggia come strumento urbanistico realizzato ex novo. Sono state omesse previsioni essenziali, come quelle sullabusivismo, con conseguente erroneità dei calcoli sugli standards urbanistici, e nelle more tra ladozione della variante e la sua approvazione le opere pubbliche sono state realizzate in modo difforme sia dalloriginario P.R.G. sia dalla variante stessa.

Su tali questioni, va osservato, in primo luogo, che il semplice decorso del tempo tra il conferimento dellincarico di progettazione dello strumento urbanistico, e la sua concreta realizzazione, non è in grado di evidenziare, di per sé, né lesistenza di interessi specifici in capo al soggetto istante, né la presenza di presunti vizi di legittimità. Gli altri rilievi si appalesano del tutto generici e privi di riscontri oggettivi, donde la loro palese inammissibilità. Inammissibili sono pure i rilievi formulati con riferimento allassunto “abusivismo” e allavvenuta realizzazione di opere tra “ladozione della variante e la sua approvazione”, rilievi che restano fuori delloggetto del giudizio.

8 Gli appellati Maria e Agata Aceto, la CIAT s.r.l., Enzo e Assunta Monterosso, la Cooperativa edilizia Alfa, Talarico Pasquale hanno riproposto, come già detto, i motivi dichiarati assorbiti in primo grado.

Nel relativo atto, i ricorrenti hanno fatto riferimento in modo distinto a loro singole specifiche posizioni. A ben vedere, però, i rilievi svolti sono tutti riferiti a profili di illegittimità riconducibili o allassunta atipicità dello strumento urbanistico, siccome atteggiantesi quale piano regolatore meramente provvisorio; o allassunto difetto di motivazione sulla scelta delle zone destinate a edilizia residenziale, e alla conseguente riduzione della previsione edificatoria; ovvero alla ritenuta illegittimità della previsione di piani particolareggiati quali meri strumenti di attuazione della variante adottata, aspetti di cui ci si è già occupati in precedenza. In ordine agli stessi motivi, infatti, il Tribunale amministrativo si era pronunciato e il Comune, conseguentemente, ha provveduto a formulare apposite contestazioni, che sono state ritenute tutte fondate in questa sede, nellesame dellappello principale. Per le stesse, quindi, non resta che rinviare alle argomentazioni già in precedenza esposte, nelle quali i rilievi riproposti trovano spiegazione.

Rimangono da prendere in considerazione le specifiche censure riformulate con riferimento alla destinazione urbanistica assegnata a talune aree, di cui gli interessati sostengono la palese illogicità. Le censure sono riferite, in particolare, alla destinazione a zona agricola riservata ai terreni del Talarico, e alla destinazione a scuola dellarea di proprietà della CIAT s.r.l., su cui insiste un complesso immobiliare con destinazione industriale, scelte assunte come illogiche e irragionevoli dagli interessati, e meritevoli, quindi, di annullamento.

Anche a tal proposito deve richiamarsi il costante indirizzo giurisprudenziale secondo cui le scelte di ordine urbanistico sono riservate alla discrezionalità dellAmministrazione, alla quale compete il coordinamento degli interessi che nella concreta realtà si presentano in modo articolato. Nelladozione, quindi, di un atto di programmazione territoriale avente rilevanza generale, lAmministrazione – come ritiene pacifica giurisprudenza – non è tenuta a dare specifica motivazione delle singole scelte operate, in quanto le stesse trovano giustificazione nei criteri generali di impostazione del piano. Le scelte urbanistiche, invero, in particolare quelle attinenti alla specifica destinazione di zona, non necessitano di motivazione ulteriore oltre quelle che si possono evincere dai criteri di ordine tecnico urbanistico, purchè le stesse non incidano su posizioni giuridiche consolidate. Ma si è già visto che situazioni di tale natura non esistono in capo ad alcuno dei ricorrenti. Lampia discrezionalità attribuita allAmministrazione esclude, inoltre, che le scelte nella specie operate siano da ritenere illogiche e irrazionali, competendo alla stessa valutare, anche sotto il profilo finanziario, la reale incidenza delle nuove previsioni rispetto alle classificazioni urbanistiche pregresse, specialmente se riferite alla presunta realizzazione di opere pubbliche.

Nemmeno le indicate censure possono quindi trovare fondamento.

In conclusione, tenuto conto delle considerazioni esposte,

lappello principale proposto dal Comune di Catanzaro deve ritenersi fondato e merita, perciò, di essere accolto. Lappello incidentale va invece respinto.

Le spese del giudizio seguono la regola della soccombenza e si liquidano nel dispositivo.

P. Q. M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione quarta, definitivamente pronunciando sul ricorso specificato in epigrafe, accoglie lappello principale e respinge lappello incidentale. Per leffetto, in riforma della decisione impugnata, respinge tutti i ricorsi proposti in primo grado.

Condanna gli appellati a pagare in parti eguali tra loro, le spese del giudizio, che liquida complessivamente in ¬ 7.000,00 (settemila/00), di cui 5.000,00 (cinquemila/00), in favore del Comune di Catanzaro (costituito in primo e secondo grado), e 2.000,00 (duemila/00) in favore della Regione Calabria (costituito in primo grado).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma il 6 maggio 2003, dalla IV Sezione del Consiglio di Stato, riunita in camera di consiglio con

lintervento dei seguenti signori:

Stenio RICCIO Presidente

Dedi RULLI Consigliere

Giuseppe CARINCI Consigliere est.

Vito POLI Consigliere

Carlo SALTELLI Consigliere

LESTENSORE

  IL PRESIDENTE

Depositata in Segretaria il 25 novembre 2003.