Penale
I tempi della chiusura delle indagini preliminari e per l’ esercizio dell’ azione penale non convincono il Tribunale di Catanzaro. Sollevata questione di costituzionalità ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 Dicembre 2002 – 30 Dicembre 2002, n. 1043
I tempi della chiusura delle indagini preliminari e per lesercizio dellazione penale non convincono il Tribunale di Catanzaro. Sollevata questione di costituzionalità
ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 Dicembre 2002 – 30 Dicembre 2002, n. 1043
Ordinanza del 30 dicembre 2002 (pervenuta alla Corte costituzionale il 6 dicembre 2004) emessa dal g.i.p. del tribunale di Catanzaro nel procedimento penale a carico di Nicoscia Pasquale ed altri Processo penale – Chiusura delle indagini preliminari – Obbligo per il pubblico ministero, con sanzione di nullita’ per la inadempienza, di non esercitare l’azione penale, mediante deposito della richiesta di rinvio a giudizio, prima del compiuto decorso del termine di venti giorni di effettivo ed integrale deposito degli atti di indagine espletati – Mancata previsione – Violazione del principio di ragionevolezza – Lesione del principio di effettivita’ della difesa. – Cod. proc. pen., combinato disposto degli artt. 415-bis e 416, comma 1. – Costituzione, artt. 3, 24, comma secondo, e 111, comma secondo. Processo penale – Udienza preliminare – Fissazione dell’udienza – Vaglio preliminare di validita’, diretta o derivata, della richiesta di rinvio a giudizio – Mancata previsione – Violazione del principio di ragionevolezza – Contrasto con il principio di ragionevole durata del processo – Lesione del principio di soggezione del giudice soltanto alla legge. – Cod. proc. pen., art. 418. – Costituzione, artt. 3, 111, comma secondo, e 101, comma secondo. Processo penale – Udienza preliminare – Fissazione dell’udienza – Vaglio di preliminare ammissibilita’ della richiesta di rinvio a giudizio – Preclusione – Violazione del principio di ragionevolezza – Contrasto con il principio di ragionevole durata del processo – Lesione del principio di soggezione del giudice soltanto alla legge. – Cod. proc. pen., art. 418. – Costituzione, artt. 3, 111, comma secondo, e 101, comma secondo. (GU n. 3 del 19-1-2005 )
IL TRIBUNALE
Letta la richiesta di rinvio a giudizio depositata dal pubblico
ministero in data 20 dicembre 2002 nell’ambito del procedimento
n. 5995/01 RG NR mod. 21 DDAe n. 8034/01 RG g.i.p. mod. 20, a carico
di Nicosia Pasquale ed altri dieci, imputati, ed alcuni di essi in
stato di custodia cautelare, per omicidio, associazione per
delinquere di stampo mafioso ed altro;
Valutate le risultante degli atti trasmessi a corredo;
Premesso in fatto
1. – L’originaria richiesta di rinvio a giudizio e la fase di
udienza preliminare.
Depositata, dal pubblico ministero, richiesta di rinvio a
giudizio e’ stata fissata preliminare per il giorno 10 dicembre 2002.
In tale sede e’ stata, tra le altre questioni, eccepita, dai
difensori, nullita’ dell’avviso di conclusione delle indagini
preliminari e della susseguente richiesta di rinvio a giudizio per
omesso integrale deposito degli atti pertinenti alle intercettazioni
espletate in altro procedimento connesso, operazioni che, per
espressa disposizione scritta del pubblico ministero, occorreva
fossero traslate nel fascicolo investigativo.
In particolare, e’ stata evidenziata la mancata acquisizione:
a) dei verbali di apertura e di chiusura delle operazioni di
intercettazione;
b) delle note informative (impropriamente qualificate
«richieste») della P.G., richiamate nella motivazione indiretta dei
provvedimenti autorizzatori e pertanto costituenti parte integrante
degli atti provvedimentali medesimi.
2. – La definizione della fase di udienza preliminare con
ordinanza 11 dicembre 2002.
Nel prosieguo di udienza, in data 11 dicembre 2002, ed all’esito
del contraddittorio, e’ stata deliberata e letta in aula, ordinanza
con la quale, in accoglimento della formulata eccezione, questo
giudicante dichiarava la nullita’ dell’avviso di conclusione delle
indagini preliminari e degli atti consequenziali, in primis, della
richiesta di rinvio a giudizio e della collegata udienza camerale, di
stralcio delle conversazioni utilizzabili.
Tenuta presente la specifica disciplina (ex art. 270 c.p.p.,
dettata in tema di circolazione di risultati, per loro natura
irripetibili, delle intercettazioni disposte quali mezzi di ricerca
di elementi di prova ed utilizzabili in procedimento diverso (perche’
riguardante differenti regiudicande) a condizione di titolo
(afferenza a delitti per i quali e’ obbligatorio l’arresto in
flagranza) e di stretta rilevanza probatoria (quanto alla
indispensabilita’ per l’accertamento) e sottolineati i profili di
strumentalita’ acquisitiva (nel nesso tra mezzo, integrato dal
deposito di verbali e registrazioni, e fine, integrato dalla
utilizzazione nel procedimento diverso), questo giudicante ha
rilevato in proposito:
a) che nell’ambito ristretto della deroga legale (posto che
il principio e’ enunciato in forma di divieto e la eccezione e’
abilitante alle condizioni poste in termini di preclusione
probatoria) la utilizzazione extraprocedimentale va intesa come
effetto fisiologico di una autonoma valutazione (tale ritenuta per il
giudice del processo ad quem) del materiale acquisito (nella
complessita’ di atti acquisitivi e di cose acquisitive, quali
supporti incorporanti dichiarazioni), tant’e’ che la giurisprudenza
si esprime nel senso di un vizio di inutilizzabilita’ configurabile
come «invalidita» di tipo «relativo» e non «assoluto» (tra le ultime,
Cass., Sez. II, udienza 10 novembre 2000, depositata il 2 aprile 2001
a 13151, Gianfreda, in Cass. Pen. 2002, 166, pag. 691);
b) che al risultato utilizzatorio in procedimento diverso si
perviene laddove sia consentito al giudice (prima ancora che alla
difesa), di verificare la legittimita’ delle operazioni mediante il
rispetto di tutte le garanzie prescritte come se le registrazioni
fossero state eseguite ex novo nell’ambito del procedimento
ricevente, garanzie implicanti la ostensione di tutta la documentata
attivita’ acquisitiva rilevante ai fini della valutazione di
validita’ e di correttezza operativa.
Ha quindi ritenuta che tutti i rilievi difensivi, in punto di
mancata acquisizione ed allegazione agli atti di verbali (di apertura
e di chiusura delle operazioni, ai fini della tempistica sequenziale
acquisitiva) e di note informative (richiamate nelle motivazioni
indirette, come tali costituenti parti integranti dei provvedimento i
dispositivi ed autorizzativi, essenziali ai fini della validita’
motivazionale a sostegno di requisiti legittimanti, di sostanziale
aprezzabilita), erano fondati.
La mancata acquisizione, si e’ argomentato, determina violazione
del dovere di compiuto deposito degli atti investigativi in sede di
adempimento correlato al disposto dell’art. 415-bis c.p.p. ed incide,
irreversibilmente, sull’atto susseguente, di esercizio in via
ordinaria dell’azione penale.
Per l’effetto, ha disposto la restituzione degli atti al pubblico
ministero, per i consequenziali adempimenti.
3. – L’attivita’ acquisitiva integrativa ed i connessi
adempimenti procedurali.
Ricevuti gli atti, il pubblico ministero ha provveduto
prontamente ad acquisire in copia, nella loro integralita’, gli atti
dei fascicoli documentanti le attivita’ delle intercettazioni
disposte in altro procedimento, e, in data 12 dicembre 2002, ha
disposto darsi avviso:
a) ai difensori, che, a far data dalla notifica, restavano
depositati per giorni cinque tutti gli atti e documenti nonche’ le
registrazioni afferenti le intercettazioni disposte e/o acquisite al
presente procedimento n. 5995/01 RGNR Mod.21 DDA, con facolta’ per i
difensori di esaminare gli atti e i documenti e di ascoltare le
relative registrazioni nel termine assegnato e con le modalita’
fissate;
b) agli indagati ed ai rispettivi difensori che le indagini
preliminari erano concluse e che essi avevano facolta’, entro il
termine di venti giorni dalla notifica, di presentare memorie,
produrre documenti, depositare documentazione di indagine difensiva,
chiedere il compimento di atti di indagine o chiedere
l’interrogatorio.
Sempre in data 12 dicembre 2002, il P.M. ha inoltrato invito, ex
art. 375 c.p.p., di presentazione nei confronti di tutte le persone
sottoposte ad indagine per il giorno 18 dicembre 2002.
4. – La impugnazione, per abnormita’, della ordinanza 11 dicembre
2002.
Nel frattempo, con atto depositato in data 17 dicembre 2002, il
pubblico ministero ha proposto ricorso per cassazione, avverso
l’ordinanza 11 dicembre 2002, denunciandone la abnormita’ per errata
applicazione degli artt. 415-bis, 416, 177 e 178 lett. c) c.p.p.
Il ricorrente ha rilevato che nessuna violazione dei diritti
della difesa e, derivatamente, degli atti susseguenti, si era
verificata, posto che:
era stato effettuato (circostanza, questa, pacifica) il
deposito dei provvedimenti autorizzativi e dei brogliacci;
il Gip avrebbe dovuto integrare, nel corso della udienza
preliminare, il materiale investigativo di cui era stata omessa la
acquisizione e che risultava mancante al momento della spedizione
dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari (richiamando
testualmente, a sostegno, Cass., SS. UU., 31 maggio 1996 n. 3,
Monteleone e Cass., Sez I, 7 giugno 1997 n. 5364, Massaria ed altri);
il provvedimento contrastava con il principio di tassativita’
delle nullita’.
5. -La rinnovata richiesta di rinvio a giudizio.
Infine, in data 20 dicembre 2002, il pubblico ministero ha
reiterato la richiesta di rinvio a giudizio.
Tanto premesso,
Osserva e rileva
Ad avviso del giudicante si versa in situazione anomala e di
conflittualita’ istituzionale.
La anomalia deriva da tutta la situazione sequenziale esposta,
nel conflitto tra la osservanza, rivendicata dal giudice, di regole
fondamentali e di principio, e la abnormita’ denunciata dalla parte
pubblica, situazione nella quale la condizione di restrizione
cautelare della maggior parte degli imputati (con il paventato
rischio di prossima scadenza dei termini di fase) non puo’ comportare
il mancato rispetto, o, in situazioni estreme, lo stravolgimento
delle regole procedurali e le garanzie connesse, di corretta
ritualita’ procedurale, quanto a tempi e snodi di sviluppo della fase
di prima discovery.
La conflittualila’ deriva dal contegno del pubblico ministero,
che, da un lato, contesta la legittimita’ della ordinanza regressiva,
viziata da abnormita’ e, dall’altro lato, «consumando» le tappe degli
adempimenti investigativi, non rispetta il termine dilatorio legale
ed impone al giudice la fissazione di una udienza tanto inutile
quanto economicamente dispendiosa.
Va ribadita, in primis, la sussistenza, in capo al pubblico
ministero, dell’obbligo di integrale deposito degli atti
investigativi e della sanzione di nullita’ per inottemperanza.
Ad ulteriore chiarimento si specifica che:
a) l’obbligo va adempiuto nell’insurrogabile momento di
contestuale deposito e non puo’ essere rimediato, per la mancata
neutralizzazione delle connesse facolta’ defensionali, da un
integrativo e successivo deposito, che non sanerebbe il compromesso
diritto ad una immediata e tempestiva conoscenza dei fondamenti
dell’accusa;
b) la sanzione non puo’ consistere nella inutilizzabilita’
pro parte, che e’ inadeguata per eccesso rispetto alla natura formale
dell’inadempienza (mentre la detta sanzione e’ radicale, sostanziale,
irreparabile) e pregiudica in maniera ingiustificatamente
irrimediabile l’essenza del processo, consistente nella funzione
ricostruttiva del fatto (il c.d. «scopo di verita»).
Il comb. disp. degli artt. 415-bis, comma 1, e 416, comma 1, del
codice di rito penale va letto ultra litteram, nel senso che la prima
disposizione implica che il pubblico ministero debba (a) dichiarare
la chiusura delle indagini preliminari, (b) disporre il deposito
degli atti di indagine e (c) notificarne avviso alla persona
sottoposta alle indagini e al difensore; correlativamente, la seconda
disposizione va intesa nel senso che la richiesta di rinvio a
giudizio «e’ nulla se non e’ preceduta dall’avvenuto integrale
deposito degli atti di indagine preliminare» prima ancora che
dall’omesso avviso di deposito.
che il pubblico ministero, a conclusione delle indagini, non
possa sottrarsi al dovere di deposito di tutti gli atti di indagine
che concernono (oggettivamente) la formulanda imputazione e
(soggettivamente) la persona investigata e che il deposito, per
ragioni sistematiche e di evidenza pratica, concerna l’intero
fascicolo, senza scelte discrezionali, e’ stato statuito,
risolutivamente ed inequivocabilmente, dalla Corte costituzionale con
sentenza n. 145/1991.
D’altro canto, il diritto alla informazione tempestiva (ex
art. 111.2 Cost., nel testo vigente) costituisce la condizione,
preliminare e necessaria, per l’apprestamento di qualunque difesa.
Detta garanzia assume, per dettato normativo, una triplice
dimensione:
temporale, in quanto l’informativa deve avvenire nel piu’
breve tempo possibile;
formale, per il prescritto inoltro di informativa espressa;
sostanziale, perche’ deve riguardare gli aspetti fattuali (i
motivi) e giuridici (la natura) dell’accusa.
Poiche’ la disciplina dell’avviso di conclusione delle indagini
preliminari e’ finalizzata alla effettivita’ difensiva, anche in
applicazione della piu’ pronta e sollecita informazione dell’accusa
al destinatario, il deposito degli atti di indagine realizza la piena
conoscenza della indagine e ne consente il controllo sotto il profilo
della adeguatezza e completezza (sostanziale) nonche’ della
correttezza investigativa (formale), e la omissione integra nullita’
che si riflette sul diritto di intervento difensivo.
Detta nullita’ va intesa come previsione integrativa della
disciplina speciale e la sanzione sarebbe comunque desumibile della
regola generale, di cui all’art. 178.1, lett. c) c.p.p., ed e’ a
regine intermedio, dunque rilevabile anche d’ufficio ex art. 180
stesso codice.
Il meccanismo delineato dall’art. 415-bis c.p.p. deve essere
attivato prima dell’atto propulsivo del processo (a pena di nullita’
dell’atto medesimo) ed e’ ad esso propedeutico, sicche’ la nullita’
si estende, derivatamente, all’anno propulsivo di richiesta di rinvio
a giudizio, costituente esercizio della azione penale.
La rilevata nullita’ non puo’ che comportare, secondo regola
generale, la regressione del procedimento al momento in cui la
nullita’ e’ stata consumata, con caducazione di ogni sequenza
intermedia.
In presenza della delineata situazione, il pubblico ministero ha
perseguito da un lato, la via della impugnazione per abnormita’, e,
dall’altro lato, la rinnovazione procedurale, mediante acquisizione
degli atti mancanti e reiterazione degli avvisi, in sequenza
frenetica, con invito ex officio a comparire.
Non ha pero’ rispettato il termine (sotto tale profilo,
dilatorio) di venti giorni, riconosciuto dalla legge, in quanto,
medio tempore, senza attendere il compiuto decorso del periodo
legale, ha riesercitato il potere di azione sollecitando (si reputa,
abnormemente) il dovere di giurisdizione preliminare in modo da far
«ricadere» ogni profilo di «urgenza» sulla struttura dell’organo
giudicante.
Nel delineato contesto appare inevitabile, per la risoluzione
delle questioni che di seguito si articolano e si argomentano, il
ricorso al Supremo Consesso per le opportune verifiche di
legittimita’ costituzionale.
1. – Sulla necessita’ di espressa previsione sanzionatoria per
omesso rispetto del termine dilatorio di deposito degli atti di
indagine.
Invalido e’ l’atto non conforme al modello legale.
La validita’ della richiesta di rinvio a giudizio e’ testualmente
condizionata dall’avvenuto inoltro dell’avviso della conclusione
delle indagini e dal mancato interrogatorio a richiesta.
La patologia e’ espressamente prevista dall’art. 416.1 c.p.p.
(nel testo conseguente alla modifica apportatavi dall’art. 17.3 della
legge 16 dicembre 1999 n. 479, in sostituzione di quella di cui
all’art. 2.2 della legge 16 luglio 1997 n. 234), per il caso in cui
il p.m., prima di formulare la richiesta, abbia omesso di informare
l’indagato della conclusione delle indagini preliminari o dell’invito
a presentarsi.
La nullita’ e’ speciale, per la sua puntualita’ revisionale, ed a
regime intermedio, concernendo l’intervento dell’indagato.
Posto che vige il principio di naturale progressione del processo
la giurisprudenza e’ attestata nel senso che la regressione alla fase
delle indagini preliminari e’ abnorme se non sia ravvisabile nullita’
nella tassativita’ previsionale specifica.
Avuto riguardo al testo normativo ed al diritto vivente,
necessita prospettare la questione di legittimita’ costituzionale del
comb. disp. degli artt. 415.1 e 416.1 c.p.p., nella parte in cui non
e’ previsto che la richiesta di rinvio a giudizio e’ nulla se non e’
stata formulata dopo la scadenza del termine di deposito degli atti.
1.1. – La questione e’ rilevante.
Si tratta di disposizione garantistica, di diretta ed immediata
applicabilita’, avuto riguardo alla situazione procedimentale ed alla
condotta del pubblico ministero, sollecitante il dovere di esercizio
di udienza preliminare mediante richiesta formulata anticipatamente,
durante il periodo di rispetto.
1.2. La questione non e’ manifestamente infondata.
Il diritto vivente e’ nel senso che la prescrizione sanzionatoria
di cui all’art. 416 c.p.p. abbia natura speciale e tassativa, non
estensibile alle situazioni non descritte e non previste.
La segnalata omessa previsione si pone in contrasto con il
principio costituzionale di ragionevolezza (ex art. 3 Cost.), in
considerazione della natura dilatoria del termine e del regime che la
legge garantisce in situazioni analoghe (si veda l’art. 108 c.p.p.,
in tema di termine per la difesa, o l’art. 429.3 c.p.p., in tema di
termine per comparire) e con il combinato principio di effettivita’
della difesa, avuto riguardo al diritto ad esercitare le prerogative
difensive nel pieno rispetto del periodo di tempo prescritto dalla
legge (art. 24.2 Cost.).
2. – Sulla esigenza di preliminare controllo giurisdizionale di
validita’ della richiesta di rinvio a giudizio depositata in data 20
dicembre 2002.
Secondo il testo normativo ed il diritto vivente, in presenza di
richiesta di rinvio a giudizio e’ obbligatoria la fissazione
dell’udienza e non puo’ essere adottata alcuna ordinanza de plano
(cfr., tra le ultime, Cass., Sez II, 23 ottobre 2002, udienza 19
settembre 2002, Albanese ed anche per i precedenti giurisprudenziali
richiamati, cui la pronuncia citata dichiaratamente si adegua).
Si adduce, a sostegno, l’argomento letterale: il testo
dell’art. 418.1 c.p.p., come modificato dall’art. 19 della legge
n. 479/1999, e’ formulato nel senso che il giudice, ricevuta la
richiesta del p.m., entro cinque giorni «fissa» (dunque, e’ obbligato
a fissare) con decreto l’udienza camerale.
Si adduce, ad ulteriore sostegno, l’argomento forte: il rispetto
del contraddittorio («il relativo adempimento, anche alla stregua
della garanzia del contraddittorio che viene in tal modo ad
assicurare, costituisce un doveroso atto di impulso che non consente
al giudice di valutare se l’udienza debba o non debba essere fissata»
per cui «la radicale estraneita’ al sistema del provvedimento
impugnato ne svela l’abnormita’ destinandolo all’annullamento»); in
termini, con riferimento alla declaratoria ex art. 129 c.p.p., Cass.,
Sez. I, 1° dicembre 1997, p.g./Vito; Cass., Sez. III, 29 settembre
1999, p.m./Grosso.
Il citato orientamento, quanto al vizio di validita’ della
richiesta di rinvio a giudizio, si espone a censura di
costituzionalita’ nella parte in cui il principio di progressione non
e’ conciliabile con il primario ed economico controllo preventivo di
validita’ della richiesta.
2.1. – La questione e’ rilevante.
E’ evidente che in presenza di una richiesta di rinvio a
giudizio, in assenza di un preliminare controllo giurisdizionale di
validita’, occorrerebbe attivare gli adempimenti connessi alla
fissazione di udienza ex art. 418 c.p.p. sicche’ la disposizione e’
di immediata applicazione.
2.2. – La questione non e’ manifestamente infondata.
Appare irragionevole (ex art. 3 Cost.) un sistema che, in linea
generale, impone al giudice la immediata rilevazione, in qualsiasi
stato e grado, di una nullita’ di grave rilievo patologico (ex
artt. 179 e 180 c.p.p.) e che invece, nella puntuale disciplina in
esame, ne preclude la rilevabilita’ ufficiosa e pronta.
Appare ancora, oltre che sperequata, contrastante con il
principio di durata ragionevole del processo, oltre che di economia
processuale (ex art. 111.2 Cost., la necessita’ di fissare, sovente a
distanza di tempo, una udienza tanto inutile quanto dispendiosa (nel
caso in esame, con particolare impegno di attivita’ di cancelleria e
con fissazione in plesso esterno, trattandosi di piu’ imputati
detenuti da far tradurre da varie sedi carcerarie, alcuni dei quali
in regime differenziato ed in videoconferenza).
Non appare nemmeno ragionevole impone, nella attualita’
procedurale, la osservanza dell’obbligo in presenza di un atto nullo,
come tale improduttivo di effetti giuridici. La irragionevolezza si
desume da un argomento sistematico, posto che la sanzione di
nullita’, nei limiti e nei termini previsti, e’ prescritta nella sede
propria, di presentazione della richiesta (ex art. 416 c.p.p.),
mentre la fissazione di udienza e’ regolata successivamente, due
articoli dopo (ex art. 418 c.p.p.).
Improprio appare, infine, l’invocato rispetto del
contraddittorio, garanzia irrilevante a fronte di un potere officioso
che non presuppone ne’ implica l’ascolto delle parti.
Non e’ dato dunque comprendere la ragionevolezza del sistema che
obbliga a fissare l’udienza preliminare in presenza di una richiesta
invalida perche’ affetta da nullita’ derivata a regime intermedio.
Se la invalidita’ integra una patologia rilevabile d’ufficio il
giudice che ne rileva la sussistenza non puo’ che dichiararla
immediatamente, senza procedere alla fissazione dell’udienza
preliminare.
Sarebbe altrimenti compromesso anche il principio di
subordinazione del giudice alla legge (ex art. 101.2 Cost., in quanto
il giudice sarebbe inevitabilmente condizionato da abnormi iniziative
di parte.
3. – Sulla esigenza di preliminare controllo giurisdizionale di
ammissibilita’ della richiesta di rinvio a giudizio.
Reputa il giudicante che la richiesta di rinvio a giudizio
formulata con atto depositato in data 20 dicembre 2002 sia comunque
passibile di inammissibilita’.
In diritto
La inammissibilita’ e’ sanzione prevista tassativamente dalla
legge per gli atti delle parti in presenza di un vizio dell’atto
stesso che non consente al soggetto l’esercizio del diritto o della
facolta’ corrispondenti; piu’ precisamente, la inammissibilita’ e’
l’invalidita’ prevista per le domande formulate dalle parti e
mancanti di determinati requisiti, riguarda un atto introduttivo e la
sua disciplina sotto il profilo di atto non presentabile o non
ricevibile per scadenza del termine perentorio di compimento o per
omesse formalita’ essenziali o per carenze di sostanza.
Riferendosi alla domanda la patologia non puo’ che ricadere sulla
sequenza procedimentale che l’atto introduce.
Ferma restando la tassativita’ previsionale la sanzione e’
rilevabile d’ufficio, in ogni stato e grado, perche’ toglie al
giudice il potere di ius dicere in rapporto a quell’atto, esplicato
in assenza delle condizioni prescritte.
Orbene, la richiesta di rinvio a giudizio e’ una domanda ed
introduce la fase processuale: posto che la comunicazione
all’indagato dell’avviso di cui all’art. 415-bis c.p.p. segna la
chiusura della fase procedimentale (salva l’eventualita’ della
integrazione delle indagini richiesta dallo stesso indagato), la fase
processuale si apre con l’esercizio dell’azione penale, consistente
nella domanda rivolta dal pubblico ministero al giudice di decidere
conformemente all’ipotesi di colpevolezza sintetizzata nella
imputazione.
Dunque, ne va verificata la ammissibilita’.
In fatto
Nel caso in esame il pubblico ministero non ha il potere di
azione perche’, a fronte della ordinanza di annullamento deliberata
nell’esercizio della giurisdizione processuale preliminare, si e’
trovato nella alternativa di ottemperare all’ordinanza camerale o di
attenderne la rimozione all’esito della impugnazione.
Occorre rammentare che, anche in pendenza di gravame, la
ordinanza emessa e’ esecutiva (ex art. 127.8 c.p.p.); con la
ordinanza emessa questo giudice si e’ spogliato del procedimento e
non ha potere (ne’ motivo) di autoannullare la ordinanza medesima,
provvedimento che peraltro sarebbe abnorme (perche’ non previsto da
alcuna norma processuale e al di fuori dell’ordinamento, come ha
statuito Cass., sez. VI, sent. n. 3680 del 21 dicembre 2000 cc 19
ottobre 2000), vieppiu’ in pendenza del ricorso per cassazione.
Il pubblico ministero, che non puo’ entrare in conflitto con i
provvedimenti giurisdizionali, e’ posto, come si e’ notato, nella
alternativa di ottemperare alla ordinanza emessa oppure di impugnare,
ma, nella seconda evenienza, deve attendere l’esito del giudizio di
impugnazione, il cui deliberato e’ vincolante, e non puo’ esplicare
poteri antinomici. La esecutivita’ della ordinanza e’ dunque
rimovibile soltanto dall’annullamento che il Supremo Collegio
deliberi di disporre (cfr., in tema di abnormita’ e di stasi
processuale, non altrimenti rimuovibile se non con l’impugnazione ed
il conseguente provvedimento, Cass., sez. I, sent. n. 24705 del 16
giugno 2001, ud. 10 maggio 2001, RV219947).
3.1. – La questione e’ rilevante
Trattasi, anche in questo caso, di disposizione di immediata
applicazione alla vicenda processuale, posto che, soltanto in
presenza di domanda ammissibile, sarebbe doveroso fissare l’udienza
camerale.
3.2. – La questione non e’ manifestamente infondata.
Ricorrono, per evidente parallelismo, i medesimi parametri di
irragionevolezza (ex art. 3 Cost., avuto riguardo alla disciplina del
procedimento camerale che prevede la declaratoria immediata di
inammissibilita’ dell’atto introduttivo ex at. 127.9 c.p.p.) e di
antieconomica protrazione della durata del processo sopra richiamati
in tema di declaratoria di nullita’ (ex 111.2 Cost.) nonche’ il
principio di subordinazione del giudice alla legge (ex art. 101.2
Cost), che anche nella evenienza in esame sarebbe compromesso in
quanto il giudice sarebbe inevitabilmente condizionato da abnormi
iniziative di parte.
Poiche’ il diritto vivente e’ nel senso che e’ abnorme il
provvedimento con il quale il giudice, in luogo di fissare l’udienza,
dichiari l’inammissibilita’ della richiesta (cfr., con portata di
precedente stabilizzato, Cass. sez. I 19 dicembre 1996, Koskovic m.
206762), necessita il ricorso alla verifica di costituzionalita’. . Q. M.
Visti gli artt. 1 della legge costituzionale n. 1/1948 e 23 della
legge n. 87/1953;
Provvedendo d’ufficio;
Dichiara rilevante e non manifestamente infondata:
a) la questione di legittimita’ costituzionale del comb.
disp. degli artt. 415-bis e 416.1 c.p.p., in relazione agli artt. 3,
24.2 e 111. 2 Cost., nella parte in cui non esplicitano,
rispettivamente, l’obbligo, a carico del pubblico ministero, di non
esercitare l’azione penale mediante deposito della richiesta di
rinvio a giudizio prima del compiuto decorso del termine di venti
giorni di effettivo ed integrale deposito degli atti di indagine
espletati (ivi compresi quelli acquisiti da altro procedimento) e la
sanzione di nullita’ (a regime intermedio) per la inadempienza;
b) la questione di legittimita’ costituzionale del disposto
dell’art. 418 c.p.p., in relazione agli artt. 3, 111.2 e 101.2 Cost.,
nella parte in cui non prevede, e quindi preclude, il preliminare
vaglio di validita’, diretta o derivata, della richiesta di rinvio a
giudizio;
c) la questione di legittimita’ costituzionale del disposto
dell’art. 418 c.p.p., in relazione agli artt. 3, 111.2 e 101.2 Cost.,
nella parte in cui, posta la validita’ formale della richiesta, non
consente, e dunque preclude, il vaglio di preliminare ammissibilita’
della richiesta di rinvio a giudizio.
Dispone che a cura della cancelleria copia della presente
ordinanza venga notificata al Presidente del Consiglio dei ministri
comunicata al Presidente del Senato della Repubblica ed al Presidente
della Camera dei deputati, al pubblico ministero, agli imputati e
alle persone offese.
Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e
sospende il presente procedimento.
Cosi’ deliberato in Catanzaro, addi’ 30 dicembre 2002.
Il Presidente: Baudi