Penale

Monday 28 July 2003

I rapporti tra reato politico, come delineato dalla Costituzione, ed estradizione. Un’ interessante sentenza della Cassazione. Cassazione – Sezione sesta penale (cc) – sentenza 19 giugno-23 luglio 2003, n. 31123

I rapporti tra reato politico, come delineato dalla Costituzione, ed estradizione. Uninteressante sentenza della Cassazione

Cassazione Sezione sesta penale (cc) sentenza 19 giugno-23 luglio 2003, n. 31123

Presidente Fulgenzi relatore Ambrosini

Pg Mura ricorrente Baazaoui

Svolgimento del processo

La Corte di appello di Firenze con sentenza 17 febbraio 2003 giudicava in ordine allesistenza delle condizioni per laccoglimento della domanda dellautorità francese di estradizione del cittadino tunisino Baazaoui Mondher ai fini dellesecuzione di un mandato di cattura emesso il 6 aprile 2001 dalla Corte di appello di Parigi a seguito di condanna del medesimo alla pena di anni 6 di reclusione per partecipazione ad associazione criminale a fini eversivi (capo a); ricettazione di beni di provenienza furtiva (capo b); detenzione fraudolenta di atti amministrativi falsi (capo c).

Nei confronti del Baazaoui, detenuto per reati inerenti alla giustizia italiana, è stata emessa ordinanza di custodia cautelare ex articolo 714 Cpp per i fatti per cui è stata chiesta lestradizione; è stato identificato e sentito a norma dellarticolo 717 Cpp; non ha dato il consenso allestradizione.

La sentenza della Corte dappello ritiene, ai sensi dellarticolo 705 Cpp, linsussistenza delle condizioni per lestradizione in ordine ai reati di ricettazione di unautovettura e di falsificazione dei relativi documenti (capi b e c), in quanto per tali fatti il Baazaoui è stato condannato in Italia con sentenza 13.1.2003 del Tribunale di Bologna e con la stessa sentenza è stato assolto dallarticolo 416 Cp con riferimento al programma di commissione di reati di falso e di ricettazione e non di reati con finalità di terrorismo.

Per quanto riguarda il reato associativo la stessa sentenza rileva che:

a) circa la sussistenza degli indizi il ricorrente non pone alcuna questione e comunque essi si desumono dalla sentenza, non definitiva, della Corte dappello di Parigi 6.4.2001;

b) circa la pendenza di procedimento penale o la pronuncia di sentenza irrevocabile in Italia, il reato per cui nei confronti del Baazaoui è stata pronunciata sentenza di non luogo a procedere dal Gup del Tribunale di Bologna in data 21.11.2000 per il reato di cui allarticolo 270bis Cp, ha come oggetto giuridico lordine democratico, inteso come ordinamento costituzionale italiano. Per contro il reato di cui allarticolo 416 Cp da cui è stato assolto dal Tribunale di Bologna con sentenza 13.1.2003 aveva ad oggetto il programma criminoso di compiere reati di falso e reati contro il patrimonio.

Si tratta di decisioni che nulla hanno in comune con laccusa formulata in Francia, che ha per oggetto la partecipazione ad una associazione criminale con finalità eversive per compiere atti di terrorismo. In ogni caso allassociazione per delitti comuni (articolo 416 Cp) per cui si procede in Italia partecipavano soggetti diversi da quelli implicati nel reato associativo con finalità eversive, mentre la costituzione dellassoci azione con finalità eversive era avvenuta in territorio francese, onde non erano applicabili gli articoli 7 e 9 della Convenzione europea di estradizione (sottoscritta a Parigi il 13.12.1957).

c) Circa la natura di reato politico del reato associativo per finalità eversive per cui si procede in Francia non sussistevano i requisiti oggettivi e soggettivi di cui allarticolo 8, comma 3, Cp.

Conclude pertanto nel senso della estradabilità in Francia del Baazaoui per il solo reato di partecipazione ad associazione criminale con finalità eversive di cui agli articoli 421 e 422 del codice penale francese.

Ricorre la difesa del Baazaoui:

1) per illogicità della motivazione e violazione di legge con riferimento allarticolo 705 Cpp e agli articoli 3, comma 2, 7 e 9 della Convenzione europea di estradizione (ratificata con legge 300/63).

Osserva, anzitutto che la contestazione ex articolo 270bis Cp, per cui è stata pronunciata sentenza di non luogo a procedere nei confronti del Baazaoui, coincide esattamente con il reato associativo contestato in Francia quanto al tempo del commesso delitto, quanto allattività associativa, quanto alla comunanza delle indagini, onde lestradizione è preclusa dallarticolo 705 Cpp.

In secondo luogo rileva che, se allepoca del procedimento in Italia lassenza del fine di sovversione dellordine costituzionale rendeva inapplicabile larticolo 270bis Cp (nella formulazione anteriore alla modifica introdotta dalla legge 438/01), tuttavia la decisione non si risolveva in un giudizio di inesistenza di unassociazione con finalità di terrorismo. Inoltre, ai sensi degli articoli 3 Cp e 7 della Convenzione europea di estradizione, la competenza a giudicare spetta allAutorità giudiziaria italiana essendo la condotta commessa in parte nel territorio nazionale, e comunque essendo accertata la presenza di più gruppi eversivi fra loro collegati in diversi Paesi (tra cui appunto lItalia);

2) per violazione di legge con riferimento allarticolo 8, comma 3, Cp e manifesta illogicità della motivazione sul punto.

La qualificazione del delitto come non politico, ritenuta dalla Corte dappello, contrasterebbe con la norma penale, con larticolo 3 della Convenzione europea di estradizione e con larticolo 698 Cpp in quanto la decisione si limita a ripetere pedissequamente il disposto dellarticolo 8, comma 3 Cp, senza fornire adeguata motivazione.

Daltra parte anche larticolo 13 della Convenzione europea sul terrorismo (firmata a Strasburgo il 27.1.1971), ratificata con legge 719/85, non sarebbe di conforto alla tesi della Corte territoriale, data la latitudine della dizione reato politico e il tentativo di ricondurre la categoria dei reati di tipo terroristico nellambito dei reati comuni.

Infine ogni attività tendente a individuare una nozione costituzionale di reato politico diversa da quella di cui allarticolo 8 Cp, se attuata con legge ordinaria troverebbe un ostacolo insormontabile negli articoli 10 e 26 della Costituzione (tanto è vero che la deroga per il reato di genocidio è stata approvata con legge costituzionale (1/1967).

Motivi della decisione

1. Il primo motivo di impugnazione non appare fondato.

Lasserita coincidenza fra il reato di associazione criminale con finalità eversive ‑ unico in relazione al quale la Corte dappello ha ritenuto sussistenti le condizioni per lestradizione in Francia ‑ e quelli giudicati in Italia è soltanto apparente.

2. Correttamente la sentenza impugnata ha ritenuto che il reato associativo di cui allarticolo 416 Cp, in relazione al quale è stata pronunciata lassoluzione in primo grado, nulla ha a che vedere con il reato associativo per cui è richiesta lestradizione. Infatti si tratta di reato associativo avente come oggetto un programma criminoso afferente ai reati comuni di falso e di ricettazione, e non a reati con finalità eversive.

3. Quanto alla pretesa coincidenza con lipotesi di cui allarticolo 270bis Cp (nella formulazione vigente allepoca dei fatti, ossia anteriormente alla legge 438/01), proprio la circostanza che il reato associativo procedibile in Italia fosse circoscritto alla associazioni con finalità di terrorismo e di eversione dellordine democratico (id est dellordinamento costituzionale italiano), con esclusione delle ipotesi di eversione degli Stati esteri o delle istituzioni e organismi internazionali, dimostra che la decisione italiana di non luogo a procedere abbia oggetto diverso da quella della richiesta di estradizione dellAutorità francese.

La sentenza di non luogo a procedere, infatti, non è sentenza che entra nel merito, onde appare un salto logico non giustificabile quello compiuto dalla difesa, secondo cui la decisione non si risolveva in un giudizio di inesistenza dellassociazione. Invero il significato del non luogo a procedere da parte del giudice italiano non è, nel caso in esame, quello della affermazione dellesistenza di una associazione con finalità eversive la cui punibilità non è prevista dallordinamento italiano, sibbene quello della improcedibilità per fatti attinenti alleversione di ordinamenti stranieri a prescindere dallaccertamento concreto degli elementi propri dellassociazione.

A tutto concedere, comunque, la diversa finalità della eversione ‑ a seconda se diretta avverso lordine democratico italiano ovvero avverso lordinamento di uno Stato estero ‑ è elemento costitutivo del reato. Pur non essendo prevista, allepoca dei fatti, questa seconda ipotesi nellordinamento italiano, essa comunque riveste piena autonomia rispetto allunica riconosciuta allepoca dal diritto sostanziale, così da escludersi in linea di principio il richiamo al divieto del ne bis in idem.

4. Alla luce di queste considerazioni perde rilievo il riferimento agli articoli 3 Cp e 7 della Convenzione europea di estradizione, poiché la circostanza (benché in ipotesi provata) che una parte della condotta criminosa sia stata realizzata in Italia (ove non è in concreto prevista la sua punibilità), esclude necessariamente lattrazione della competenza territoriale italiana.

Non può, infatti, in base a un criterio logico, un giudice privo di giurisdizione su di un determinato fatto, emettere una valida pronuncia su di esso sol perché una parte della condotta viene commessa nel territorio sottoposto alla sua giurisdizione.

Ciò da un lato costituirebbe una indebita ingerenza nella giurisdizione straniera; dallaltro amplierebbe in modo abnorme il concetto di giurisdizione, poiché il solo fatto di dichiarare il non luogo a procedere equivarrebbe ad una affermazione di competenza nel momento stesso in cui la stessa viene negata.

5. Residua la censura relativa alla natura politica del reato contestato allestradando, ossia quello di partecipazione ad associazione criminale con finalità eversive (dirette contro uno Stato straniero)

Sul tema va anzitutto respinta lipotesi, implicitamente adombrata dalla difesa, secondo cui la definizione di delitto politico, dettata dallarticolo 8, comma 3, Cp, sarebbe in qualche modo recepita dagli articoli 10 e 26 della Costituzione, così che per derogare a tale nozione sarebbe necessario ricorrere a legge costituzionale (come si è verificato per lipotesi del delitto di genocidio).

Sarebbe inutile digressione procedere allesegesi della legge costituzionale 1/1967 e alle ragioni che hanno comportato la necessità di consolidare la normativa in materia a livello costituzionale.

Ciò che importa evidenziare è che larticolo 8 Cp non solo è anteriore allentrata in vigore della Costituzione, non solo si tratta di legge ordinaria, ma la norma non può essere avulsa a livello interpretativo da una serie di Convenzioni internazionali, cui lItalia si è conformata aderendovi e ratificandole con legge ordinaria, che tengono in considerazione da un lato una maggiore tutela della personalità umana, dallaltro il rispetto delle istituzioni democratiche dei Paesi che tale personalità garantiscono nellambIto della Comunità internazionale.

6. Sotto il primo profilo il codice processuale penale allarticolo 698, oltre ribadire il divieto di estradizione per reati politici, estende il divieto «quando vi è ragione di ritenere che limputato o il condannato verrà sottoposto ad atti persecutori o discriminatori per motivi di razza, di religione, di sesso, di nazionalità, di lingua, di opinioni politiche o di condizioni personali o sociali ovvero a pene o a trattamenti crudeli, disumani o degradanti o comunque ad atti che configurano violazione di uno dei diritti fondamentali della persona».

Lampliamento del divieto di estradizione è significativo nel senso che il limite non è più segnato soltanto dalla natura (politica) del reato, ma si pone in linea anche con i principi dettati dallarticolo 27 della Costituzione.

7. Sotto il secondo profilo la giurisprudenza innanzitutto ha evidenziato che «ai fini dellestradizione il concetto di delitto politico non coincide con quello dellarticolo 8 Cp a causa del diverso piano di operatività nel quale lo stesso funziona nelle due distinte ipotesi (nel codice è definito in funzione repressiva, mentre nelle norme costituzionali che vietano lestradizione per reati politici è assunto a garanzia della persona umana entro i limiti in cui tale garanzia è costituzionalmente giustificabile), che rende giuridicamente contrastante lapplicazione di una norma creata nellintento di attuare una maggior repressione del delitto politico, in una prospettiva inversa di limitazione del diritto punitivo dello Stato straniero» (Cassazione, sezione prima, 15.12.1989, Van Anraat, rv 185.213; nello stesso senso 12.12.1990, Checchini, rv 185.990).

Inoltre (Cassazione, sezione prima, 27.2.1989, Gomez Ces, rv 180.899) ha affermato che «in tema di estradizione, ai fini della qualificazione di un delitto come politico, il criterio soggettivistico contenuto nellarticolo 8 Cp va integrato sia con lenunciazione dellarticolo 10 Costituzione (secondo il quale lordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale) e con le disposizioni che tutelano i valori primari della persona umana, sia con la specifica disciplina dei trattati e delle convenzioni sottoscritti e ratificati dallItalia, e in particolar modo con la norma dellarticolo 13 della Convenzione europea sul terrorismo, adottata a Strasburgo il 27.1,1977 e ratificata nel nostro Paese con legge 719/85, che contempera il criterio soggettivistico con aspetti di oggettiva gravità del fatto, individuati nella lesione di beni primari, come la vita, lintegrità fisica e la libertà della persone».

Sviluppando questo indirizzo ha precisato (Cassazione, sezione sesta, 20.1.1993, Camenisch, rv 193.826) che «non è ipotizzabile il divieto di estradizione in ordine ai reati nei quali il cosìddetto motivo politico consista nella tendenza ad abbattere le istituzioni democratiche di uno Stato e a disconoscere i diritti di libertà dei cittadini. Il limite desunto dalla Costituzione alla estradabilità dello straniero non può, infatti, rapportarsi se non al presupposto fondamentale del riconoscimento degli istituti democratici e dei diritti di libertà alla base del motivo politico, tanto che è previsto il diritto di asilo in favore dello straniero al quale sia impedito nel suo Paese leffettivo esercizio dei diritti. Deve pertanto escludersi il divieto di estradizione per i delitti di terrorismo, implicanti le dette finalità eversive, contrastanti con lo spirito della nostra Costituzione».

8. Da questa pur sommaria rassegna giurisprudenziale emerge con sufficiente chiarezza che, ai fini della estradizione, non può recepirsi la nozione di delitto politico quale dettata dallultimo comma dellarticolo 8 Cp, e in questo senso va rettificata la motivazione della sentenza impugnata.

La nozione di delitto politico a fini estradizionali trova fondamento, per quanto riguarda il cittadino straniero in Italia, nellultimo comma dellarticolo 10 della Costituzione, la cui lettura va necessariamente correlata con il primo comma dello stesso articolo, in cui si stabilisce che «lordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute». Fra tali norme sono comprese indubbiamente le Convenzioni internazionali sottoscritte e ratificate dallo Stato italiano, in particolare le già menzionate Convenzione europea di estradizione del 1957 e Convenzione europea sul terrorismo del 1977.

Questultima assume particolare rilievo in quanto allarticolo 1 si elencano una serie di atti illeciti (dal dirottamento aereo agli attentati alla sicurezza dellaviazione civili; agli attentati alla vita, alla integrità fisica o alla libertà di persone che godono di protezione internazionale; ai reati che comportino il sequestro di persona; ai reati commessi con uso di materie esplosive che rappresentino un pericolo per le persone; ai tentativi relativi ai reati fin qui indicati) per i quali per definizione si esclude la natura di reato politico ai fini del lestradizione (salve le parziali ed eventuali eccezioni di cui allarticolo 13). Il successivo articolo 2 estenda ulteriormente lambito, sia pure in via facoltativa per gli Stati contraenti, ricomprendendo nei reati non politici il reato grave che comporti un atto di violenza, diversi da quelli contemplati nellarticolo 1, contro la vita, integrità fisica o libertà di una persona.

Lattenzione legislativa si è dunque spostata dalla finalità politica di qualunque atto delittuoso, alla natura e alle caratteristiche dellatto stesso, così da definire in senso negativo (ossia come non politici) determinati atti delittuosi a prescindere dalle finalità cui sono ispirati.

9. Tutto ciò semplifica il ruolo dellinterprete, poiché in presenza di determinati reati diventa irrilevante la valutazione del fine politico cui sono indirizzati.

Né si può ravvisare in questa conclusione una contrarietà al principio di estradizione dello straniero per reati politici, in quanto la Costituzione stessa – come si è anticipato – non fornisce una nozione rigida di reato politico, ma la subordina alle norme internazionali generalmente riconosciute.

Peraltro la più stretta cooperazione fra gli Stati europei ‑ che presuppone necessariamente che i loro ordinamenti si ispirino ai principi democratici, così da rendere del tutto incongrui atti eversivi con modalità violente degli ordinamenti stessi – fornisce una adeguata giustificazione storica, giuridica e sociale alla evoluzione della materia estradizionale in tema di reati politici.

10. Alla luce delle considerazioni che precedono e sulla base della sentenza della Corte dappello di Parigi 6.4.2001 di condanna di Baazaoui Mondher (allegata in atti) ‑ la cui lettura non è preclusa in quanto la Corte di cassazione è investita anche del merito a norma dellarticolo 706 Cpp si evince con chiarezza che la partecipazione dellestradando allassociazione criminale con finalità eversive operante in Francia (e in altri paesi) prevedeva il compimento di atti terroristici diretti alla eversione dello stato francese con modalità violente comprensive delluso di materie esplodenti e di attentati alla integrità fisica e alla vita di cittadini ignari, a scopo intimidatorio e simbolico.

In questo quadro viene meno oggettivamente la qualifica di reato politico, a nulla rilevando le finalità cui il reato stesso era indirizzato.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.