Lavoro e Previdenza

Wednesday 19 October 2005

Guarigione del dipendente dopo un periodo di malattia e mansioni dopo la rimessione in servizio Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione I quater , sentenza n. 7609/2005

Guarigione del dipendente dopo un periodo di malattia e mansioni dopo la
rimessione in servizio

Tribunale Amministrativo Regionale
del Lazio, Sezione I quater ,
sentenza n. 7609/2005

Il Tribunale Amministrativo regionale
per il Lazio

Sez. I Quater

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 13999/02 proposto dal
signor C. C., rappresentato e difeso dall’Avv. R. Gozzi ed elettivamente
domiciliato presso lo stesso in Roma, via Simone de
Saint Bon, 61;

contro

IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, rappresentato
e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato e presso la
medesima domiciliato ex lege in Roma, via dei
Portoghesi, 12;

per l’annullamento

dell’atto comunicato con fax n.
0294484/35914 del 14.10.2002, col quale si nega la riammissione in servizio del
ricorrente nel ruolo della polizia penitenziaria, su istanza del medesimo, dopo
una intervenuta dispensa dal servizio stesso per infermità, con successivo
passaggio nel ruolo civile dell’amministrazione;

Visto il ricorso con i relativi
allegati;

Visto l’atto di costituzione in
giudizio dell’Amministrazione intimata;

Viste le memorie depositate dalle
medesime parti;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore, alla pubblica udienza del
20 giugno 2005, il Consigliere G. De Michele e uditi i difensori delle parti
come da verbale di udienza in data odierna;

Ritenuto e considerato in fatto e in
diritto quanto segue:

FATTO

Attraverso il ricorso in esame,
notificato il 10.12.2002, si contesta il diniego opposto dall’Amministrazione –
con atto comunicato tramite fax n. 0294484/35914 del 14.10.2002 – ad una istanza di riammissione in servizio nel corpo di polizia
penitenziaria, presentata il 3.6.2002 dopo la cessazione delle ragioni di
inidoneità fisica, che avevano determinato il passaggio del dipendente in
questione nel ruolo civile dell’Amministrazione.

Nell’atto sopra citato si rappresenta
testualmente quanto segue: "ai sensi degli
articoli 42 e 80 del D.Lgs. 30.10.1992, n. 443 non
può essere riammesso il personale dispensato dal servizio per infermità e il
personale trasferito ad altri ruoli dell’Amministrazione penitenziaria non può
essere riammesso nel ruolo di provenienza".

Avverso tale atto, nell’impugnativa vengono prospettati i seguenti motivi di gravame:

-violazione degli articoli 132 del D.P.R.
n. 3/1957 e 42 del D.Lgs. n. 443/1992; illegittimità costituzionale dell’art. 80 del D.Lgs. n. 443/1992; eccesso di
potere per travisamento ed erronea valutazione dei fatti, illogicità e
contraddittorietà manifeste, nonché carenza di motivazione, essendo applicabile
nella fattispecie la norma del T.U. sul pubblico impiego – richiamata dall’art.
42 del D.Lgs. n. 443/1992 –
che prevede la riammissione del personale "cessato dal servizio per
dimissioni, collocamento a riposo o decadenza dall’impiego nei casi previsti
dalle lettere b) e c) dell’art. 127" e che è stato dichiarato illegittimo
con sentenza n. 3 del 26.1.1994 della Corte Costituzionale "nella parte in
cui non comprende, tra le fattispecie di cessazione del rapporto di pubblico
impiego, in ordine alle quali è possibile la riammissione in servizio, la
dispensa dal servizio per motivi di salute"; non potrebbe non essere
ritenuto costituzionalmente illegittimo, pertanto, l’art. 80 del D.Lgs. n. 443/92, secondo cui
"il personale di cui ai commi 1, 3 e 5 dell’art. 75, trasferito ad altri
ruoli dell’Amministrazione penitenziaria o ad altre Amministrazioni dello
Stato, non può essere riammesso nel ruolo di provenienza".

L’Amministrazione intimata,
costituitasi in giudizio, sottolinea l’impossibilità
di riammissione per il personale di polizia penitenziaria, per le specifiche
disposizioni contenute negli articoli 42, 75 e 80 del D.Lgs.
n. 443/1992; quanto sopra, in corrispondenza
dell’interesse pubblico allo svolgimento del peculiare servizio di polizia penitenziaria
da parte di soggetti pienamente idonei sul piano fisico; una volta accertato,
come nel caso di specie, una assoluta e permanente inidoneità fisica, pertanto,
il rientro nel Corpo sarebbe stato giustificatamene escluso dal legislatore.

Nella situazione in esame, peraltro, risulta che il ricorrente abbia firmato per accettazione il
giudizio medico della CMO, che lo dichiarava inidoneo in modo assoluto e
permanente al servizio svolto ed aveva consapevolmente presentato istanza di
transito nei ruoli civili dell’Amministrazione, assumendo poi regolare servizio
in qualità di collaboratore amministrativo, con conseguente insussistenza di
qualsiasi obbligo per l’Amministrazione di procedere ad ulteriori accertamenti
medico-legali.

DIRITTO

In base alla motivazione dell’atto
impugnato, il Collegio è chiamato ad affrontare la seguente, duplice questione:

a) preclusività,
o meno, dell’art. 42 del D.Lgs.
30.10.1992, n. 443, in ordine alla
possibilità di riammissione in servizio – ex art. 132 del D.P.R. 10.1.1957, n.
3– del personale di polizia penitenziaria, che sia stato dispensato dal
servizio stesso per ragioni di salute;

b) in caso di risposta affermativa al
quesito, di cui al precedente punto a), applicabilità dell’istituto della
riammissione in servizio ai casi in cui sia intervenuto passaggio ad altri
ruoli dell’Amministrazione, ai sensi dell’art. 75 del medesimo D.P.R. n. 443/1992, nonostante la preclusione enunciata nel successivo art.
80.

Per quanta riguarda il primo problema
proposto, in effetti, il Collegio stesso ritiene che possa ritenersi
fondata la censura di violazione delle norme richiamate (art. 132 D.P.R. n.
3/1957 e art. 42 D.Lgs. n. 443/1992), la prima delle quali è stata dichiarata
incostituzionale, con pronuncia della Suprema Corte 26.1.1994, n. 3, nella
parte in cui non prevede che il dipendente dispensato dal servizio per motivi
di salute possa chiedere di essere riammesso in caso di guarigione, tale da
consentire il regolare svolgimento del lavoro di istituto.

Detta pronuncia, di natura cosiddetta
additiva, è stata ritenuta sufficiente per consentire ai pubblici dipendenti,
che si trovino nella situazione sopra indicata, di avvalersi dell’istituto di
cui al citato articolo n. 132 delD.P.R.
n. 3/1957 (cfr. in tal senso Cons.
St., sez. VI, 4.7.1994, n. 1129, nonché
– per quanto riguarda la natura ampiamente discrezionale del potere
dell’Amministrazione di decidere sull’istanza, secondo le esigenze
organizzative della medesima – sez. IV, 25.5.1989, n. 343; sez. II, 29.1.1990,
parere n. 225 e successiva giurisprudenza pacifica).

Il medesimo principio, ad avviso del
Collegio, deve essere riconosciuto applicabile agli agenti di polizia
penitenziaria, anche se l’art. 42, secondo comma, del D.Lgs. n. 443/1992 dispone
formalmente che non possa "essere riammesso il personale dispensato dal
servizio per infermità": tale disposizione, infatti, segue l’enunciazione
– contenuta nel primo comma della norma – della applicabilità dell’art. 132 del
D.P.R. n. 3/1957 per la riammissione in servizio del personale del corpo di polizia penitenziaria, di modo che – secondo
un’interpretazione adeguatrice rispetto ai principi
costituzionali e, quindi, senza che occorra sollevare questione di
costituzionalità rispetto alla lex specialis – la preclusione di cui trattasi non può che
ritenersi esclusa, quando sia venuta meno l’infermità che aveva determinato la
cessazione del rapporto di lavoro (cfr. in tal senso
TAR Toscana, 20.12.1999, n. 1102).

Quanto sopra, in considerazione delle
ragioni fatte proprie dalla Suprema Corte, che ha rilevato come la dispensa dal
servizio per ragioni di salute si fondi su una situazione (lo stato di infermità) "ovviamente indipendente dalla volontà
dell’interessato" e che "non può considerarsi in assoluto
irreversibile, tanto più alla luce delle odierne cognizioni della scienza
medica", tanto da dover ritenere che "l’avere precluso in radice,
sulla base evidentemente di una presunzione assoluta di irreversibilità dello
stato di infermità, la possibilità di riammissione di chi sia stato dispensato
dal servizio per motivi di salute integri la violazione del principio di
eguaglianza", implicando un trattamento "irrazionalmente
deteriore", rispetto ai soggetti ammessi alla reintegrazione del rapporto
di lavoro, interrotto per altre cause.

Tenuto conto, dunque, delle
considerazioni sopra riportate, la disposizione
contenuta nell’art. 42 del D.Lgs. n.
443/1992 assume una diversa valenza, dovendosi intendere come preclusiva di
valutazioni di opportunità, circa la riammissione in servizio di un dipendente,
quando l’allontanamento del medesimo sia dipeso non da un atto volontario, ma
da ragioni oggettive discendenti da valutazioni tecnico-discrezionali,
superabili – queste ultime – solo in via eccezionale, in presenza di una
modifica della situazione di fatto presupposta.

Le considerazioni sopra enunciate,
d’altra parte, suggeriscono una chiave di lettura del citato art. 42 del D.Lgs. n.
443, che non può non estendersi al successivo art. 80, secondo il quale
"il personale di cui ai commi 1, 3 e 5 dell’art. 75, trasferito ad altri
ruoli dell’Amministrazione penitenziaria o ad altre Amministrazioni dello Stato
non può essere riammesso nel ruolo di provenienza".

Le norme cui il medesimo art. 80 fa
riferimento, infatti, riguardano appunto il personale giudicato non idoneo per
motivi di salute ad un determinato servizio nella amministrazione
penitenziaria, ma in grado di assolvere ad altre funzioni presso la medesima o
altre amministrazioni, con possibile passaggio, pertanto, ad altri ruoli.

Anche rispetto a tale personale non
può ammettersi un trattamento deteriore – in caso di guarigione, nonché di manifestata volontà di riprendere il servizio
originario – in rapporto a soggetti che, in quanto presumibilmente affetti da
patologie più gravi o non disponibili a svolgere altre funzioni, siano stati
del tutto dispensati dal servizio.

Per la medesima logica in precedenza
enunciata, pertanto, il Collegio ritiene che anche del predetto art. 80 sia
possibile una lettura adeguatrice, che escluda
l’incostituzionalità della norma, circoscrivendone la portata a fattispecie in
cui debba escludersi ogni apprezzamento discrezionale dell’Amministrazione –
nei casi di trasferimento per motivi di salute ad altro servizio – in rapporto
alla riammissione nel ruolo di provenienza: fattispecie, quelle appena
indicate, che debbono ritenersi limitate ai casi in
cui permangano oggettive ragioni di inidoneità fisica all’impiego, ferma
restando una possibilità di rivalutazione della situazione, ove i presupposti
del trasferimento siano successivamente venuti meno (dovendosi ritenere sempre
possibili, in tale situazione, nuovi accertamenti e nuove scelte organizzative
dell’Amministrazione stessa: quanto sopra, per una interpretazione conforme ai
già ricordati principi di rilevanza costituzionale, che si oppongono ad una
presunzione assoluta di irreversibilità dello stato di infermità e richiedono
pari trattamento del personale, intenzionato – su tale base – ad avvalersi
dell’istituto di cui al citato art. 132 D.P.R. n. 3/1957).

Anche in relazione
alla problematica, di cui al precedente punto b), il Collegio ritiene
dunque che possano condividersi le ragioni difensive ricondotte ad
irrazionalità della norma, ove interpretata come preclusione assoluta ad
operare le valutazioni anzidette, in presenza di sopravvenuta insussistenza di
qualsiasi ragione di inidoneità fisica (inidoneità che si poneva come unica
ragione giustificatrice – secondo la stessa Amministrazione resistente – della
esclusione operata dal legislatore, "in corrispondenza dell’interesse
pubblico allo svolgimento del peculiare servizio di polizia penitenziaria da
parte di soggetti pienamente idonei sul piano fisico" e che costituiva
l’unico presupposto del richiesto trasferimento ad altro ruolo).

Per le ragioni esposte, in
conclusione, il ricorso viene accolto, con
assorbimento delle altre censure prospettate e conseguente annullamento
dell’atto impugnato; quanto alle spese giudiziali, tuttavia, si ravvisano
giusti motivi per disporne la compensazione.

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale
per il Lazio, (Sez. I quater),
ACCOGLIE il ricorso n. 13999/02, specificato in epigrafe e,
per l’effetto, ANNULLA il diniego di riammissione in servizio del
ricorrente, comunicato con fax n. 0294484/35914 del 14.10.2002.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia
eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella Camera di
Consiglio del 20 giugno 2005, con l’intervento dei Magistrati:

Presidente Pio Guerrieri

Consigliere est. Gabriella De Michele

Consigliere Giancarlo Luttazi

Depositata in Segreteria il 28
settembre 2005