Ambiente

Monday 03 April 2006

Gestione abusiva di rifiuti. La Cassazione indica gli elementi costitutivi del reato

Gestione abusiva di rifiuti. La Cassazione indica gli elementi
costitutivi del reato

Cassazione – Sezione terza penale
(cc) – sentenza 16 dicembre 2005-3 febbraio 2006, n. 4503

Presidente Vitalone – Relatore Postiglione

Pm Di Popolo – Ricorrente
Samarati

Fatto e diritto

Il Tribunale di Milano, con
ordinanza in data 22 luglio 2005, nell’ambito di un procedimento penale che
vede coinvolte più persone in relazione al reato di
cui agli articoli 81 cpv Cp, 110 Cp e 53bis Dl 22/1997 per gestione abusiva di
rifiuti, applicava a Samarati Luca, nella vesti di amministratore delegato
della ditta Compostaggio Cremonese Srl e socio della Ditta Compostaggio
lodigiano Srl, la misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla Polizia
Giudiziaria nei giorni di lunedì e giovedì di ogni settimana, al posto della
misura precedentemente emessa degli arresti domiciliari.

Riteneva il Tribunale:

a) che il Samarati, nella qualità
sopra indicata, aveva contribuito alla gestione illecita di rifiuti costituiti
da “terre di spazzamento strade”: tali rifiuti aventi il codice CER 200303, venivano ricevuti con falsi codici (CER 191212) negli
impianti di compostaggio dell’indagato Samarati, “tal quali”, senza previa
vagliatura;

b) che il Samarati era
consapevole della natura di “rifiuti” dei materiali ricevuti dalla ditta
Pulieco Srl e sapeva di non poter accogliere tali rifiuti, senza
autorizzazione, nei suoi impianti, perché le “terre di spazzamento strade”,
aventi la natura formale di rifiuto urbano, con codice CER 200303, non potevano
essere destinate al compostaggio, senza un preventivo trattamento, comprendente
lo stoccaggio in un’apposita area e la vagliatura
(c.d. sopravaglio e c.d. sottovaglio) , destinata a separare la parte più
grossolana (come bottiglie di plastica, lattine, ecc.) e le parti più fini come
sabbia e terra, aventi una diversa finalità e destinazione (discarica o
ripristino ambientale); c) che la movimentazione illecita dei rifiuti era stata
accertata dal NOE attraverso l’esame dei documenti di carico e scarico e varie
intercettazioni telefoniche; d) che il Samarati aveva parzialmente ammesso la
ricezione di materiali dalla Pulieco come provenienti non solo da giardini e
parchi, ma anche dalla spazzatura delle strade; e) che, sotto il profilo
giuridico, il reato contestato ex articolo 53bis D.Lgs 22/1997 è configurabile ‑
come nel caso in esame, allorché l’abusiva gestione riguardi una ingente
quantità di rifiuti e sia caratterizzata da una attività di tipo
imprenditoriale e svolta con continuità, a nulla rilevando che risulti la prova
della messa in pericolo della pubblica incolumità.

Contro questa ordinanza
ha proposto ricorso per Cassazione il Samarati, deducendo erronea
interpretazione dell’articolo 53bis D.Lgs 22/1997, posto che la norma
presuppone la messa in pericolo della pubblica incolumità e 4 comunque, un
pericolo per l’ambiente nel caso in esame da escludere.

Il ricorso è infondato.

La questione sollevata
dall’articolo 53bis D.Lgs 22/1997 merita di essere
attentamente esaminata anche alla luce della genesi parlamentare della norma ma
soprattutto nel suo tenore letterale, logico e sistematico.

L’articolo 53bis del D.Lgs 22/1997 è praticamente il primo delitto “ambientale”
previsto nel nostro ordinamento ed è stato introdotto riproducendo, anche se
con alcune modifiche, la fattispecie contenuta nel progetto governativo che
prevedeva l’introduzione nel Cp dell’articolo 452quater; questa disposizione si
era resa necessaria perché la
Commissione Ecomafia del ministero dell’Ambiente aveva
ritenuto che l’ipotesi contravvenzionale dell’articolo 53 D.Lgs 22/1997 si
fosse dimostrata di scarsa efficacia general ‑ preventiva rispetto alla
invece notevole gravità dell’illecito che si è inteso poi perseguire appunto
con l’articolo 53bis citato. Detto delitto si sostanzia nella condotta di
«chiunque, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più operazioni e
attraverso l’allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, cede,
riceve, trasporta, esporta, importa, o comunque
gestisce abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti…». Per la sussistenza
del reato di cui all’articolo 53bis D.Lgs 22/1997 è
quindi necessario: a) l’autore del reato può essere “chiunque”: la pluralità di
agenti non è richiesta come elemento costitutivo della fattispecie. Trattasi di
una fattispecie monosoggettiva e non di concorso necessario, anche se nella
pratica può assumere di fatto carattere associativo e
di criminalità organizzata; b) l’elemento soggettivo richiesto dalla norma è il
dolo specifico, ossia il fine di conseguire un ingiusto profitto (ricavi o
risparmi nei costi); c) l’elemento oggettivo consiste in una attività di
gestione dei rifiuti “organizzata”, con allestimento dei mezzi necessari, ossia
in una attività “imprenditoriale”;

d) l’attività di gestione mira al
traffico illecito, come si ricava dal titolo della norma, e ‑ può
riguardare una o più delle diverse fasi in cui si concreta ordinariamente la
gestione dei rifiuti nella fase dinamica (cessione; ricezione, trasporto,
esportazione ed importazione), sia interna, che internazionale [le condotte non
sono tassative come emerge dall’avverbio “comunque”];

e) l’attività di gestione deve
essere caratterizzata non dalla episodicità, ma da una
“pluralità di operazioni” e dalla “continuità” in senso temporale: il “traffico
illecito” ha senso se è caratterizzato da più operazioni e

se
presenta un elemento temporale adeguato;

f) il
quantitativo di rifiuti deve essere “ingente”: l’interprete dovrà
valutare caso per caso questo requisito, traendo elementi di comparazione anche
dalle previsioni di reati contravvenzionali in tema di rifiuti (es. articolo
51, 2 comma D.Lgs 22/1997; articolo 51, comma 3 stessa legge) e soprattutto
considerando la specificità ed autonomia delle singole figure (articolo 51bis,
52 e 53 D.Lgs 22/1997);

g) l’attività di gestione deve
essere “abusiva” (mancanza di autorizzazioni,
iscrizioni o comunicazioni previste dalla normativa od anche autorizzazioni
scadute o palesemente illegittime) con riferimento ad attività organizzate
clandestine ed anche apparentemente legittime;

h) l’offensività della condotta
non riguarda necessariamente la messa in pericolo della incolumità
pubblica (questo requisito non è citato nella norma, anzi ‑ come si è
detto ‑ non è stato recepito nella forma di un articolo 452quater Cp tra
i delitti contro l’incolumità pubblica, che toccano la integrità fisica delle
persone nel loro insieme e la sicurezza della vita), ma certamente attiene
‑ sia pure non ontologiacamente ed in modo indiretto ‑ al bene
giuridico dell’ambiente (la minaccia grave di un danno ambientale o lo stesso
danno ambientale non sono presenti in modo oggettivo ed assoluto, ma
eventualmente possono accedere alla attività del colpevole, sicché non
costituiscono condizioni di punibilità, dovendo essere (come conseguenze
eventuali del reato) accertati caso per caso: il fatto che il legislatore
preveda la riduzione in pristino e la eliminazione del danno o del pericolo per
l’ambiente nell’articolo 53bis, comma 4 D.Lgs 22/1997 non trasforma il reato in
reato di danno o pericolo concreto e non riduce le sanzioni amministrative in
un obbligo automatico per il giudice [opportunamente il legislatore introduce
la clausola “se possibile”].

Il traffico illecito di rifiuti,
anche quando organizzato ed abituale, con ingenti quantità di rifiuti
ordinariamente produce un reale pericolo per l’ambiente o di
fatto un danno ambientale, tuttavia, si ripete, il reato sussiste quando
ne ricorrano i presupposti formali e non è di per sé un reato di danno o di
pericolo concreto, pur dovendo questi aspetti essere valutati dal giudice quali
conseguenze eventuali del reato.

Nel caso in esame l’ordinanza
impugnata si è attenuta sostanzialmente a questi principi sicché la misura
cautelare va conservata.

Questo non esclude in sede di
merito la necessità di una prudente valutazione sulla esistenza
di atti amministrativi che regolano l’attività di compostaggio svolta
dall’imputato, sugli aspetti quantitativi e qualitativi (tipologia non
pericolosa dei rifiuti) del traffico illecito attribuiti al medesimo e sui
profili soggettivi (necessità della prova del dolo specifico).

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il
ricorrente al pagamento delle spese processuali.