Enti pubblici

Friday 17 October 2008

“Decreto ministeriale 18 gennaio 2008, n. 40, concernente “Modalità di attuazione dell’articolo 48-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, recante disposizioni in materia di pagamenti da parte delle Pubbliche Ammin

Decreto ministeriale 18 gennaio
2008, n. 40, concernente “Modalità di attuazione dell’articolo 48-bis del
decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, recante
disposizioni in materia di pagamenti da parte delle Pubbliche Amministrazioni"
– Chiarimenti.

Ministero dell’Economia e delle
Finanze, Circolare 29 luglio 2008, n. 22

PREMESSA

Con il decreto del Ministro
dell’Economia e delle Finanze 18 gennaio 2008, n. 40 (pubblicato il 14 marzo
2008 sulla Gazzetta Ufficiale – Serie generale, n. 63), è stato adottato il
regolamento volto a disciplinare le modalità di attuazione dell’articolo 48-bis
del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, recante
disposizioni in materia di pagamenti da parte delle Pubbliche Amministrazioni e
delle società a partecipazione pubblica.

Trascorso l’ordinario periodo di
vacatio legis di quindici giorni dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale,
il predetto regolamento è entrato in vigore il 29 marzo 2008.

Nella consapevolezza della
importanza e delicatezza sottese all’applicazione della disciplina in
argomento, allo scopo di fornire in merito un concreto contributo a codesti
uffici appartenenti al sistema delle ragionerie del Dipartimento della
Ragioneria Generale dello Stato e revisori dei conti in rappresentanza del
Ministero dell’Economia e delle Finanze – MEF presso Enti ed Organismi
pubblici, con la presente circolare si forniscono, sulle questioni ritenute di
maggior rilievo, talune precisazioni e chiarimenti, anche di natura esegetica,
sostanzialmente concordati con gli uffici dell’area Finanze del MEF.

QUADRO NORMATIVO

Preliminarmente, si appalesa
necessario ripercorrere, seppure in modo sintetico, i riferimenti salienti
della normativa de qua.

L’articolo 48-bis del decreto del
Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, è stato introdotto
dall’articolo 2, comma 9, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito,
con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286.

Ancorché la disposizione citata
prevedesse (e prevede) al comma 2 l’adozione di un regolamento
ministeriale di attuazione, la normativa introdotta era stata ritenuta
lo stesso immediatamente applicabile, stante il sufficiente delineamento della
fattispecie prevista dalla legge (in tal senso: Corte dei Conti, Sezione
regionale di controllo per la
Basilicata, Deliberazione n. 10/2007 del 14 maggio 2007, e,
seppure in maniera più sfumata, Corte dei Conti, Sezione regionale di controllo
per la Sardegna,
Deliberazione n. 11/2007 dell’11 luglio 2007).

Sull’orientamento emerso, poi,
sono intervenute la circolare 6 agosto 2007, n. 28, e la circolare 4 settembre
2007, n. 29, dirette ad illustrare, rispettivamente, le prime modalità e le
ulteriori istruzioni applicative della disposizione sopra citata.

In seguito, l’articolo 19 del
decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, nell’apportare talune modifiche al testo
dell’articolo 48-bis, ne ha espressamente subordinato l’operatività all’entrata
in vigore del previsto regolamento ministeriale di attuazione.

Con la legge 29 novembre 2007, n.
222, di conversione, con modifiche, del citato decreto-legge, si è giunti
all’attuale testo dell’articolo 48-bis del DPR n. 602/1973 che, per una pronta
consultazione, si riporta:

“1. A decorrere dalla data di
entrata in vigore del regolamento di cui al comma 2,
le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e le società a prevalente partecipazione
pubblica, prima di effettuare, a qualunque titolo, il pagamento di un importo
superiore a diecimila euro, verificano, anche in via telematica, se il
beneficiario è inadempiente all’obbligo di versamento derivante dalla notifica
di una o più cartelle di pagamento per un ammontare complessivo pari almeno a
tale importo e, in caso affermativo, non procedono al pagamento e segnalano la
circostanza all’agente della riscossione competente per territorio, ai fini
dell’esercizio dell’attività di riscossione delle somme iscritte a ruolo.

2. Con regolamento del Ministro
dell’economia e delle finanze, da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma 3,
della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono stabilite le modalità di attuazione
delle disposizioni di cui al comma 1.

2-bis. Con decreto di natura non
regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze, l’importo di cui al
comma 1 può essere aumentato, in misura comunque non superiore al doppio,
ovvero diminuito.”

Da ultimo, con il richiamato
decreto ministeriale n. 40/2008 è stato emanato il Regolamento di attuazione
della disposizione testé citata (di seguito Regolamento), limitatamente, però,
alle Amministrazioni Pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ed alle società a totale partecipazione
pubblica. Infatti, l’articolo 6, comma 1, del medesimo decreto ministeriale n.
40/2008 rinvia ad un successivo regolamento del Ministro dell’Economia e delle
Finanze la disciplina per l’attuazione del citato articolo 48-bis nei confronti
delle società a prevalente partecipazione pubblica.

Ciò posto, con la pubblicazione
del citato Regolamento e, soprattutto, dopo la sua entrata in vigore, sono
pervenute innumerevoli richieste di chiarimenti, specialmente in ordine alla
corretta individuazione delle fattispecie da sottoporre all’obbligo di
preventiva verifica.

Con la presente circolare, si
fornisce una prima lettura interpretativa in merito alle problematiche apparse
di maggiore importanza e di più generale interesse, appresso partitamente
trattate.

Avendo tale lettura
interpretativa anche una valenza sistematica, conseguentemente devono ritenersi
superate le istruzioni diramate in materia con le precedenti circolari.

RAPPORTI NELL’AMBITO DELLA
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

In base alla lettera
dell’articolo 48-bis, non sembrano potersi configurare, prima facie, ipotesi di
esenzione esclusivamente fondate su criteri soggettivi, attesa l’ampia e
generica definizione di ’beneficiario’ contenuta nella disposizione de qua e
nel relativo regolamento di attuazione.

Tuttavia, appare opportuno
considerare che taluni soggetti ricompresi nell’ambito della Pubblica
Amministrazione, indipendentemente dal loro regime giuridico e seppure titolari
di specifiche funzioni, di proprie risorse umane e finanziarie ed anche di una
propria legittimazione, sostanziale e processuale, nei confronti dei terzi,
concorrono, in base al Sistema Europeo dei Conti (SEC 95), alla formazione del
conto economico consolidato delle Amministrazioni Pubbliche.

Le disposizioni legislative in
materia di finanza pubblica nonché tutte le norme – come, in definitiva, l’articolo 48-bis in esame – atte a produrre comunque
effetti sul gettito erariale, sono destinate, in ultima analisi, ad un
miglioramento del menzionato conto economico consolidato, anche al fine del
conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica stabiliti in sede di Unione
europea e, in particolare, al rispetto del “Patto di stabilità e crescita”
previsto dalla risoluzione del Consiglio europeo di Amsterdam del 17 giugno
1997 (pubblicata sulla G.U.C.E. n. C 236 del 2 agosto 1997).

Ciò posto, si reputa che la norma
di cui al citato articolo 48-bis non trovi applicazione per i pagamenti
disposti a favore delle Amministrazioni Pubbliche ricomprese nell’elenco
predisposto annualmente dall’ISTAT ai sensi dell’articolo 1, comma 5, della
legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005).

Inoltre, si è dell’avviso che,
più in generale, tra le diverse Amministrazioni Pubbliche – a prescindere dal
livello legislativo, ordinario o costituzionale, di riconoscimento giuridico ed
essendo a ben vedere tutte riconducibili, in modo più o meno diretto, all’unico
soggetto pubblico originario e sovrano sul territorio, cioè lo Stato – non
sussistono quegli obblighi di garanzia e cautela in materia di adempimento delle cartelle di pagamento sottesi alla ratio dell’articolo
48-bis.

Quest’ultima considerazione
milita a ritenere, in effetti, non necessario l’espletamento della
verifica prevista all’articolo 2 del Regolamento, nelle ipotesi di
pagamenti e, a fortiori, di trasferimenti a vario titolo di somme tra soggetti
pubblici o a favore di società a totale partecipazione pubblica.

Per completezza, si ritiene
opportuno specificare che, sulla base di quanto disposto dal Regolamento, le
società tenute a dare applicazione alla disciplina in discorso sono
esclusivamente quelle a totale partecipazione pubblica diretta.

Invero, l’esclusione dal novero
dei soggetti pubblici di cui all’articolo 1, comma 1,
lettera a), del Regolamento, delle società indirettamente partecipate dallo
Stato appare rispettosa di una corretta lettura dell’articolo 48-bis, che fa
genericamente riferimento alle società a totale partecipazione pubblica, senza
nulla specificare in ordine alle partecipazioni indirette. Infatti, il
legislatore, laddove ha voluto espressamente includere le partecipazioni
indirette nell’ambito di applicazione delle disposizioni introdotte
nell’ordinamento, si è pronunciato in modo esplicito e chiaro (ad esempio:
articolo 1 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con
modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, e, con riferimento alle
società partecipate da enti locali, articolo 1, comma 729, della legge 27
dicembre 2006, n. 296 – Finanziaria 2007).

DEFINIZIONE DI PAGAMENTO

Ulteriori fattispecie in cui
l’articolo 48-bis non risulta applicabile, al di là delle ipotesi di esclusione
già delineate, possono essere tratte dall’analisi del termine ’pagamento’
utilizzato dal legislatore nella disposizione in esame.

Infatti, considerando che il
legislatore ha riferito tale termine tanto alle Amministrazioni Pubbliche
quanto alle società partecipate – per le quali ultime
vale la disciplina civilistica e non già quella giuscontabile – si ritiene che
’pagamento’ si riferisca elettivamente all’adempimento di un obbligo
contrattuale e, comunque, non possa che avere natura privatistica.

Ciò posto, si reputa che la norma
in argomento non debba applicarsi al semplice trasferimento di somme che, pur
transitando per la
Pubblica Amministrazione, non costituisce, tuttavia, un vero
e proprio pagamento nel senso poc’anzi illustrato.

A titolo esemplificativo e non
esaustivo, è possibile individuare tra le ipotesi di ’trasferimento di somme’
non soggette all’applicazione dell’articolo 48-bis i trasferimenti effettuati
in base a specifiche disposizioni di legge o per dare esecuzione a progetti
co-finanziati dall’Unione Europea o, ancora, a clausole di accordi
internazionali.

Inoltre, si è dell’opinione che in presenza di un chiaro interesse pubblico alla erogazione
di provvidenze economiche, onde non compromettere il conseguimento degli
obiettivi affidati alla Pubblica Amministrazione, non possa trovare
applicazione l’articolo 48-bis, norma a carattere generale, dunque, cedevole di
fronte a norme connotate da specialità.

Come è possibile ricavare
dall’articolo 3, comma 4, secondo periodo, del Regolamento stesso, laddove
richiama l’articolo 545 del codice di procedura civile avente ad oggetto i
crediti impignorabili, nonché in linea anche con quanto prospettato dal
Consiglio di Stato – Sezione

consultiva
per gli atti normativi nel parere n. 2834/2007 reso nell’adunanza del 22
ottobre 2007, la sospensione del pagamento, potenzialmente derivante dalla
verifica ex articolo 48-bis dell’esistenza di un inadempimento del
beneficiario, non può esplicarsi sulle erogazioni per le quali la normativa di
rango primario esclude la possibilità di procedere al loro pignoramento.

In realtà, l’impossibilità di
effettuare il pignoramento sui crediti vantati dal beneficiario rende inutile
procedere alla verifica di cui all’articolo 48-bis.

In aggiunta, va considerato che in presenza di diritti fondamentali della persona –
costituzionalmente protetti, come il diritto alla salute (articolo 32 della
Costituzione) – mal si concilierebbe una loro subordinazione ’di fatto’ alla
disciplina prevista dall’articolo 48-bis.

Ciò precisato, in virtù della
definizione di pagamenti testé delineata nonché per evidenti ragioni di
preminente pubblico interesse o di tutela di diritti fondamentali della
persona, tra gli ’esborsi’ esclusi dall’obbligo di verifica, si ritiene possano
essere sicuramente annoverati, senza alcuna pretesa di tassatività, i seguenti:

versamento
di tributi o contributi assistenziali e previdenziali;

rimborsi
di spese sanitarie relative a cure rivolte alla persona (trattamenti
emodialitici, terapie radianti, trapianti, ecc.);

corresponsione
di indennità connesse allo stato di salute della persona (per esempio,
l’indennità post-sanatoriale disposta dall’articolo 5 della legge 14 dicembre
1970, n. 1088, per i cittadini colpiti da tubercolosi) o al ristoro di un danno
biologico subito (ad esempio, l’indennità a soggetti danneggiati a seguito di
trasfusioni o vaccinazioni prevista dalla legge 25 febbraio 1992, n. 210);

pagamento
di spese concernenti esigenze di difesa nazionale o missioni di peacekeeping;

pagamento
di spese concernenti interventi di ordine pubblico nonché per fronteggiare
situazioni di calamità;

pagamenti
a titolo di assegno alimentare;

sussidi
e provvidenze per maternità, per malattie e per sostentamento;

indennità
per inabilità temporanea al lavoro (come previsto dall’articolo 110 del decreto
del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124);

finanziamenti
di progetti aventi scopi umanitari.

PAGAMENTO DI STIPENDI

Con la circolare n. 28/2007, in
sede di definizione delle prime modalità applicative della disciplina
introdotta dall’articolo 48-bis, si era ritenuto di escludere dell’obbligo di
verifica i pagamenti delle somme erogate a titolo di stipendi, salari, pensioni
e altri emolumenti connessi a prestazioni di lavoro dipendente o assimilate.
Infatti, da un lato, tali erogazioni si configurano per le Pubbliche
Amministrazioni quali spese fisse ed obbligatorie, per cui
appaiono inderogabili e indilazionabili, dall’altro, non emergono in modo così
pressante quelle esigenze di tutela della riscossione, atteso che si tratta di
rapporti giuridici continuativi, connotati da un certo grado di stabilità, in
relazione ai quali la soddisfazione del credito esposto in una cartella di
pagamento può avvenire abbastanza agevolmente, applicando la vigente normativa
speciale (D.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180), senza necessità di procedere
all’espletamento della previa verifica di cui al più volte indicato articolo
48-bis.

Il Regolamento, invece, ha di
fatto incluso nell’obbligo della cennata verifica anche le somme erogate per
stipendi e pensioni. In effetti, l’articolo 3, comma 4, esplicita che il
soggetto pubblico, in caso di riscontrato inadempimento, è tenuto a sospendere
il pagamento delle somme dovute al beneficiario sino a concorrenza del debito
comunicato da Equitalia Servizi S.p.A., specificando
che per i pagamenti relativi ai crediti di cui all’articolo 545, terzo comma,
del codice di procedura civile, nella sospensione si deve tener conto dei
limiti fissati dal quarto comma del medesimo articolo e dall’articolo 2 del
D.P.R. n. 180/1950. Gli anzidetti crediti, a norma dell’articolo
2 ora citato, sono, appunto, “gli stipendi, i salari e le retribuzioni
equivalenti, nonché le pensioni, le indennità che tengono luogo di pensione e
gli altri assegni di quiescenza”.

Ciò precisato, sempre al fine di
ottimizzare le operazioni di verifica prescritte dal Regolamento, si reputa che
la soglia di diecimila euro sia da riferirsi al netto delle ritenute
previdenziali, assistenziali ed erariali. La delineata interpretazione, invero,
poggia su ragioni sistematiche e di corretta esegesi della disciplina
richiamata, fondate sulla constatazione che i diversi limiti previsti per il
pignoramento sulle suddette somme sono valutati sempre al netto delle ritenute.

A margine, appare opportuno
soggiungere che, in ogni caso, non devono essere soggetti a verifica ex
articolo 48-bis i trasferimenti di somme da destinare successivamente al
pagamento di stipendi, salari e retribuzioni equivalenti. Infatti, il
legislatore, in più occasioni, ha posto particolari attenzioni e tutele nel
garantire l’integrità di tali somme costituenti la provvista finanziaria per
l’erogazione delle retribuzioni al personale, sottraendole, ab origine, dalla
sottoposizione a procedure esecutive. Ad esempio, l’articolo 159 del decreto
legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e l’articolo 1 del decreto-legge 18 gennaio
1993, n. 9, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 marzo 1993, n. 67,
prevedono che non possono essere sottoposte a esecuzione forzata le somme di
competenza, rispettivamente, degli enti locali e delle aziende sanitarie
locali, destinate al pagamento delle retribuzioni del personale dipendente.

PAGAMENTO DI SOMME SOGGETTE A
RITENUTA ALLA FONTE

In taluni casi il pagamento può
avere ad oggetto delle somme assoggettate per legge a ritenuta fiscale alla
fonte (ad esempio correlate a prestazioni di lavoro autonomo).

In queste ipotesi, la soglia di
diecimila euro di cui all’articolo 48-bis va intesa riferita all’importo da
pagare al netto delle ritenute effettuate, trattandosi di somme in realtà
trattenute in ossequio a puntuali disposizioni legislative (cfr. Titolo III del
decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600).

DIVIETO DI ARTIFICIOSO
FRAZIONAMENTO

Al fine di riscontrare la
corretta applicazione della disciplina contenuta nell’articolo 48-bis e nel
relativo Regolamento, dovrà essere controllato che non siano stati posti in
essere artificiosi frazionamenti di un unico pagamento, idonei ad eludere
l’obbligo di verifica.

Facendo leva sulla ripetuta
definizione del termine pagamento, diventa agevole inquadrare i casi di
artificioso frazionamento. Infatti, nell’ambito del diritto privato, il
pagamento è l’esatto adempimento di un’obbligazione pecuniaria. Cosicché, per
individuare il presupposto a cui legare l’obbligo di
verifica, occorre avere riguardo alle pattuizioni contrattuali ed alle
correlative scadenze stabilite, dovendosi, dunque, non necessariamente fare
riferimento all’intero valore del contratto e, al contempo, non potendosi fare
riferimento a scadenze diverse da quelle minime positivamente stabilite dal
contratto stesso.

Ad esempio, nell’ipotesi di
appalto di lavori, il pagamento coinciderà con gli stati di avanzamento lavori
(SAL) e con il saldo finale, mentre nei contratti di fornitura di beni o
servizi con cadenza periodica varrà il criterio del pagamento dei beni o
servizi di volta in volta forniti.

NATURA DEL CREDITO ESPOSTO NELLA
CARTELLA DI PAGAMENTO

Tra i quesiti posti, è stato
anche chiesto di conoscere se, ai fini in discorso, ha una qualche rilevanza la
natura del credito indicato nella cartella di pagamento. Più nello specifico, è
stato domandato, se si debba aver riguardo alle sole cartelle contenenti
esclusivamente crediti tributari erariali ovvero se la norma recata
dall’articolo 48-bis abbia una portata più ampia, comprendendo qualunque somma
iscritta a ruolo.

In proposito giova rammentare che,
malgrado il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, sia
titolato “Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito”, nel tempo,
la disciplina recata dal predetto decreto è divenuta progressivamente lo
strumento generale per eseguire la riscossione coattiva dei crediti, anche non
tributari, vantati dallo Stato e da molti Enti pubblici. In particolare,
l’articolo 17 del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, ha posto il principio
generale secondo cui, salvo specifiche eccezioni, si effettua mediante ruolo la
riscossione coattiva delle entrate dello Stato, anche diverse dalle imposte sui
redditi, e di quelle degli altri enti pubblici, anche previdenziali, esclusi
quelli economici. Perciò, appare riduttivo immaginare che la disposizione
introdotta dal D.L. n. 262/2006 abbia una portata circoscritta ai soli crediti
erariali aventi natura tributaria.

Si è dell’avviso, dunque, che
qualsiasi credito, indipendentemente dalla sua natura e dall’Ente creditore,
esposto in una cartella di pagamento emessa ai sensi del cennato D.P.R. n.
602/1973, rientri nell’ambito operativo dell’articolo 48-bis.

La conclusione ora esposta vale
anche in ordine al titolo, definitivo o provvisorio, su cui si fonda
l’iscrizione a ruolo. Infatti, non sussistono solide ragioni giuridiche che
conducono ad operare una differenziazione, per quanto attiene all’applicazione
dell’articolo 48-bis, tra una cartella di pagamento basata su un’iscrizione a
ruolo definitiva con una cartella emessa a seguito di iscrizione operata sulla
scorta di accertamenti non definitivi (rispettivamente articolo 14 e articolo
15 del D.P.R. n. 602/1973). Di talché, in entrambi i casi, dal punto di vista
strettamente giuridico, l’agente della riscossione, in assenza di un
provvedimento di sospensione, può legittimamente procedere coattivamente nei
confronti del debitore.

SOSPENSIONE O RATEAZIONE DELLA
CARTELLA DI PAGAMENTO

E’ ben possibile che per una
cartella di pagamento sia stata richiesta e accordata una dilazione del
pagamento, a norma dell’articolo 19 del D.P.R. n.
602/1973 (recentemente modificato dall’articolo 36 del
decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazioni, dalla
legge 28 febbraio 2008, n. 31), oppure una sospensione amministrativa della
riscossione, ai sensi dell’articolo 19-bis o dell’articolo 39 del citato
decreto. Parimenti, il debitore potrebbe aver beneficiato di un provvedimento di
sospensione della riscossione ottenuto in via di autotutela (articolo 2-quater,
comma 1-bis, del decreto-legge 30 settembre 1994, n. 564, convertito, con
modificazioni, dalla legge 30 novembre 1994, n. 656) ovvero in via giudiziale
(articolo 47 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546).

In tutte le situazioni sopra
delineate, appare chiaro che non si è in presenza di
una cartella per la quale è ’scaduto’ il termine di pagamento, essendo stato
emesso un provvedimento che ha inciso proprio su detto termine: nel caso di
rateazione, il termine risulta ’frazionato’ in una serie di rate, ciascuna
rappresentante un adempimento per il debitore; nell’ipotesi di sospensione, la
scadenza originaria del pagamento risulta differita sino al verificarsi di una
data condizione (decisione in autotutela, pronuncia giurisdizionale, ecc.).

Ne consegue che nelle suddette
ipotesi non trova applicazione l’articolo 48-bis per carenza del presupposto
relativo all’inadempimento dell’obbligo di versamento scaturente da una cartella
di pagamento, come del resto è possibile desumere dall’articolo 3, comma 5, del
Regolamento.

CARTELLA DI PAGAMENTO IMPUGNATA
GIUDIZIALMENTE

Non di rado accade che la
cartella di pagamento formi oggetto di impugnazione in sede giurisdizionale, per cui può sorgere il dubbio circa l’obbligo di procedere
alla verifica imposta dall’articolo 48-bis. In tale ipotesi, è da rilevare che
l’articolo 39 del D.P.R. n. 602/1973 apertamente esclude che il ricorso
prodotto avanti il giudice tributario abbia un automatico effetto sospensivo.
Infatti, la sospensione deve essere appositamente richiesta al giudice che,
sussistendo i prescritti requisiti (periculum in mora e fumus boni iuris),
emetterà ordinanza (decreto in caso di eccezionale urgenza) di sospensione a norma dell’articolo 47 del D.Lgs. n.
546/1992.

Per quanto afferisce alla diversa
ipotesi di avvenuto deposito di una sentenza favorevole al contribuente, si
ritiene che, anche nelle more dell’emanazione del dovuto provvedimento di
sgravio, la circostanza sia idonea, sempreché adeguatamente dimostrata, a non
comportare la sospensione del pagamento, attesa l’infondatezza della pretesa
creditoria esposta nella impugnata cartella di pagamento. Né a tale riguardo,
si ritiene possa incidere l’eventuale sola proposizione da parte
dell’Amministrazione finanziaria di gravame alla sentenza favorevole al
contribuente.

MUTUI

Relativamente all’ammortamento
dei mutui concessi da società bancarie e dalla Cassa Depositi e Prestiti S.p.A., appare utile segnalare che da diverse disposizioni di
legge emerge una particolare tutela nei confronti di tali crediti.

In primo luogo, il riferimento è
all’articolo 20 della legge 30 luglio 1959, n. 623, in base al quale gli
istituti di credito non sono soggetti all’azione revocatoria fallimentare per
le operazioni dagli stessi effettuate con fondi
statali o con l’assistenza delle garanzie dello Stato.

La stessa azione revocatoria è
esclusa, ex articolo 40 della legge 25 luglio 1952, n. 949, per i prestiti
accordati alle imprese artigiane.

Un’ulteriore tutela è inoltre
prevista per i mutui fondiari dall’articolo 41, comma 2, del decreto
legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (Testo unico delle leggi in materia
bancaria e creditizia), in quanto l’azione esecutiva può essere iniziata o
proseguita dalla banca anche dopo la dichiarazione di fallimento del debitore.
Della somma ricavata dall’esecuzione solamente la parte eccedente la quota
spettante alla banca va, eventualmente, attribuita al fallimento.

Ciò posto, si è dell’avviso che
anche le restituzioni di somme relative a contratti di mutuo o ad altre
operazioni di indebitamento possono ritenersi escluse dall’applicazione della
norma in esame.

CESSIONE DEL CREDITO

E’ stato chiesto quali effetti
produce la cessione del credito, come prevista dagli articoli 1260 e seguenti
del codice civile (e dalla legge 21 febbraio 1991, n. 52, per la cessione dei
crediti d’impresa), sulla normativa de qua.

Sul punto, si ritiene che la
verifica prevista dall’articolo 48-bis vada effettuata esclusivamente nei
confronti del creditore originario (cedente), a prescindere dalla circostanza
che la cessione del credito sia avvenuta con o senza il consenso del soggetto
pubblico debitore (ceduto). In altri termini, si è dell’avviso che nei
confronti del soggetto cui è stato trasferito il diritto di credito
(cessionario) – subentrato nel rapporto con la Pubblica amministrazione
in virtù di un contratto stipulato tra privati al quale la stessa è rimasta
estranea – non sussistano i presupposti per procedere alla verifica disciplinata
dal Regolamento.

Qualora l’esito della verifica
effettuata nei confronti del cedente evidenzi una situazione legittimante la
sospensione del pagamento, l’Amministrazione può comunque opporre al cessionario tutte le eccezioni che poteva far valere nei
confronti del creditore originario, ivi inclusa quella disciplinata
dall’articolo 48-bis.

FACTORING

Anche per quanto concerne alcune
operazioni di finanziamento, quali quelle scaturenti da contratti di factoring,
ancorché configurati come meccanismi più complessi della cessione del credito,
si ritiene possano essere effettuate analoghe considerazioni.

Infatti, è stato osservato che in
relazione al contratto di factoring “il debitore ceduto può opporre al
cessionario solo le eccezioni opponibili al cedente” (Corte di Cassazione,
sentenza 30 giugno 2005, n. 13957).

Pertanto, in ordine a tale tipo
di contratto valgono le indicazioni fornite in tema di cessione del credito.

Le suesposte considerazioni
nell’ambito del contratto in argomento fanno riferimento, evidentemente, alla
posizione dell’Amministrazione nella veste di debitore ceduto.

In ordine al corrispettivo
contrattuale dovuto al factor per il contratto, nella diversa ipotesi in cui
l’Amministrazione assume la veste di creditore cedente, non sussistono ragioni
per ritenere che l’adempimento sia sottratto agli obblighi disciplinati dal
Regolamento.

RAGGRUPPAMENTI TEMPORANEI DI
IMPRESE

Nell’ipotesi di associazione
temporanea di imprese e, ora, di raggruppamento temporaneo di imprese (articolo
37 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163), la verifica prevista
dall’articolo 48-bis andrà effettuata sia in capo all’impresa mandataria che
nei riguardi delle imprese mandanti.

In particolare, la verifica in
discorso, nel caso in cui le mandanti non emettano
fattura alla stazione appaltante, andrà effettuata, per ogni singola impresa,
con riguardo alla parte dell’importo in pagamento parametrato alla quota di
partecipazione al raggruppamento.

Invece, nel caso di pagamento
frazionato, l’impresa mandataria potrà, se del caso, individuare – anche per
ogni stato di avanzamento lavori (SAL) – importi di pertinenza delle varie
imprese sulla base dei lavori eseguiti da ciascuna, pure laddove ciò sia
avvenuto non in conformità alla quota di partecipazione.

PROCEDURE CONCORSUALI

Per quanto inerisce alla
possibilità che il beneficiario del pagamento risulti sottoposto ad una
procedura concorsuale (fallimento, concordato preventivo, liquidazione coatta
amministrativa e amministrazione straordinaria), si esprime l’avviso che la
disposizione di cui all’articolo 48-bis non operi, trovando, invece, applicazione le specifiche norme contenute nel Titolo II,
Capo IV, del D.P.R. n. 602/1973.

In particolare, nel caso di
fallimento o liquidazione coatta amministrativa “il concessionario chiede,
sulla base del ruolo, per conto dell’Agenzia delle entrate l’ammissione al passivo della procedura” (articolo 87 del D.P.R. n.
602/1973), mentre, similmente, nel caso di concordato preventivo “il
concessionario compie, sulla base del ruolo, ogni attività necessaria ai fini
dell’inserimento del credito da esso portato
nell’elenco dei crediti della procedura” (articolo 90 del D.P.R. n. 602/1973).

PAGAMENTI DI SOMME RELATIVE A
TRATTENUTE OPERATE

Le Amministrazioni pubbliche,
relativamente a talune somme dovute in pagamento, sono tenute ad operare
trattenute a diverso titolo, per norme di legge o in virtù di convenzione
(ritenute previdenziali, premi di polizze assicurative, ritenute sindacali,
rate di mutuo, ecc.), ed al loro successivo versamento a terzi in nome e per
conto dei soggetti ai quali le trattenute sono state compiute. In buona sostanza,
dal punto di vista contabile delle medesime Amministrazioni, le suddette
movimentazioni finanziarie rappresentano delle operazioni inquadrabili nelle
cosiddette “partite di giro”.

Nella fattispecie descritta,
sostenere l’operatività della disposizione recata dall’articolo 48-bis potrebbe
comportare la configurazione di un pregiudizio in danno del soggetto al quale è
stata operata la trattenuta, soggetto del tutto estraneo agli eventuali
rapporti del beneficiario, il quale, quindi, potrebbe risultare inadempiente
all’obbligo di versamento derivante da una o più cartelle di pagamento.

Al riguardo, si è dell’avviso
che, per evitare una potenziale improvvida legittimazione di un danno nei
confronti del soggetto che ha subito la trattenuta – con il rischio di essere
esposto, a sua volta, ad azioni esecutive da parte del beneficiario – detta
tipologia di pagamenti debba risultare esclusa dall’obbligo di verifica
previsto dalla disciplina in esame.

DETERMINAZIONE DELL’IMPORTO DEL
PAGAMENTO IN ORDINE ALL’IVA

Per il pagamento di prestazioni e
cessioni ricadenti nel campo dell’imposta sul valore aggiunto, la soglia di
diecimila euro, fissata dall’articolo 48-bis per far scattare l’obbligo di
verifica, deve ritenersi al lordo dell’IVA.

In effetti, il termine pagamento,
nell’accezione delineata, include necessariamente l’intero importo delle somme
da corrispondere al soggetto beneficiario per soddisfare l’obbligazione
assunta, giusta l’obbligo di addebitare in fattura l’intera IVA (articoli 18 e
21 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633).

Tra l’altro, per le
Amministrazioni Pubbliche, l’IVA addebitata in fattura rappresenta, nella
maggioranza dei casi, un costo, assumendo l’Amministrazione la veste di
consumatore finale.

PAGAMENTO A FAVORE DI SOGGETTI
ESTERI

Per quanto attiene ai pagamenti
che le Amministrazioni Pubbliche devono effettuare nei confronti di soggetti
residenti all’estero è indubbio che il controllo vada comunque effettuato,
laddove il creditore sia comunque in possesso di un codice fiscale in Italia
(perché presente con una sede secondaria ovvero, anche in assenza del requisito
della stabile organizzazione in Italia, avente un ufficio di rappresentanza nel
territorio nazionale).

Diversamente, nel caso in cui il
creditore estero non sia in possesso di codice fiscale italiano, la Pubblica Amministrazione
debitrice potrà procedere al pagamento senza alcun obbligo di verifica, atteso
che, la mancata attribuzione del predetto codice fiscale è sintomatica
dell’inesistenza di cartelle di pagamento. Difatti, tra i dati essenziali
all’emissione delle stesse figura il codice fiscale (articolo 1 del decreto
ministeriale 3 settembre 1999, n. 321).

FATTISPECIE ESCLUSE E
DOCUMENTAZIONE GIUSTIFICATIVA

Nelle sopra descritte fattispecie
in cui si è espresso l’avviso dell’esclusione dall’obbligo di effettuare la
verifica indicata all’articolo 48-bis, al fine di poter riscontrare la effettiva sussistenza di un’ipotesi di esclusione, si
rende necessario che l’Amministrazione Pubblica ordinante il pagamento ne dia
adeguata dimostrazione.

Al riguardo, è necessario che dal
mandato di pagamento emerga la natura del pagamento eseguito, dalla quale sia
agevolmente desumibile l’ipotesi di esclusione, ovvero lo stesso mandato dovrà
risultare corredato di idonea motivazione o documentazione giustificativa,
anche con un semplice rinvio per relationem ad altri atti già in possesso
dell’Amministrazione.