Tributario e Fiscale

Monday 29 September 2003

Corte di Giustizia UE. Ancora una condanna per l’ Italia: questa volta ha mantenuto delle imposte oltre le scadenze previste. SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione) 25 settembre 2003. «Inadempimento di uno Stato – Direttive 92/12/CEE e 92/81/CEE – Imposta s

Corte di Giustizia UE. Ancora una condanna per lItalia: questa volta ha mantenuto delle imposte oltre le scadenze previste

SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione) 25 settembre 2003. «Inadempimento di uno Stato – Direttive 92/12/CEE e 92/81/CEE – Imposta sugli oli lubrificanti – Accisa sugli oli minerali»

Nella causa C-437/01,

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. E. Traversa e K. Gross, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Repubblica italiana, rappresentata dal sig. I.M. Braguglia, in qualità di agente, assistito dal sig. G. Aiello, avvocato dello Stato, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta,

avente ad oggetto il ricorso diretto a far dichiarare che la Repubblica italiana, mantenendo in vigore un’imposta sugli oli lubrificanti, ha violato gli obblighi ad essa imposti dall’art. 3, n. 2, della direttiva del Consiglio 25 febbraio 1992, 92/12/CEE, relativa al regime generale, alla detenzione, alla circolazione ed ai controlli dei prodotti soggetti ad accisa (GU L 76, pag. 1), e dall’art. 8, n. 1, lett. a), della direttiva del Consiglio 19 ottobre 1992, 92/81/CEE, relativa all’armonizzazione delle strutture delle accise sugli oli minerali (GU L 316, pag. 12), come modificata dalla direttiva del Consiglio 22 dicembre 1994, 94/74/CE (GU L 365, pag. 46),

LA CORTE (Prima Sezione),

composta dal sig. M. Wathelet (relatore), presidente di sezione, e dai sigg. P. Jann e A. Rosas, giudici,

avvocato generale: sig. S. Alber

cancelliere: sig. R. Grass

vista la relazione del giudice relatore,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di trattare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

  1. Con atto introduttivo depositato nella cancelleria della Corte il 12 novembre 2001, la Commissione delle Comunità europee ha proposto, ai sensi dell’art. 226 CE, un ricorso diretto a far dichiarare che la Repubblica italiana, mantenendo in vigore un’imposta sugli oli lubrificanti, ha violato gli obblighi ad essa imposti dall’art. 3, n. 2, della direttiva del Consiglio 25 febbraio 1992, 92/12/CEE, relativa al regime generale, alla detenzione, alla circolazione ed ai controlli dei prodotti soggetti ad accisa (GU L 76, pag. 1) e dall’art. 8, n. 1, lett. a), della direttiva del Consiglio 19 ottobre 1992, 92/81/CEE, relativa all’armonizzazione delle strutture delle accise sugli oli minerali (GU L 316, pag. 12), come modificata dalla direttiva del Consiglio 22 dicembre 1994, 94/74/CE (GU L 365, pag. 46; in prosieguo: la “direttiva 92/81”).

Contesto normativo Normativa comunitaria

  1. L’art. 8, n. 1, lett. a), della direttiva 92/81 dispone quanto segue: “Oltre alle disposizioni generali relative alle esenzioni per un uso determinato dei prodotti soggetti ad accisa, contenute nella direttiva 92/12/CEE e fatte salve altre disposizioni comunitarie, gli Stati membri esentano dall’accisa armonizzata i prodotti elencati in appresso alle condizioni da essi stabilite, allo scopo di garantire un’agevole e corretta applicazione di tali esenzioni ed evitare frodi, evasioni o abusi: a) gli oli minerali non utilizzati come carburanti o come combustibili per riscaldamento”.

Ai sensi dell’art. 2, n. 1, lett. d), della direttiva 92/81, i prodotti del codice NC 2710, vale a dire in particolare gli oli lubrificanti, costituiscono oli minerali ai fini dell’applicazione di tale direttiva.

L’art. 2, n. 2, della direttiva 92/81 dispone che “[g]li oli minerali, diversi da quelli per cui la direttiva 92/82/CEE prescrive un livello di accisa, sono assoggettati all’accisa se sono destinati ad essere utilizzati, se sono messi in vendita o se sono utilizzati come combustibili o carburanti”.

5. La direttiva del Consiglio 19 ottobre 1992, 92/82/CEE, relativa al ravvicinamento delle aliquote di accisa sugli oli minerali (GU L 316, pag. 19), come modificata dalla direttiva 94/74 (in prosieguo: la “direttiva 92/82”), fissa un’aliquota minima d’accisa per taluni oli minerali. L’art. 2 della stessa enumera gli oli minerali che ne sono oggetto, fra i quali non figurano gli oli lubrificanti.

6. L’art. 3, n. 2, della direttiva 92/12 prevede dal canto suo che “[i] prodotti di cui al paragrafo 1 [vale a dire, in particolare, gli oli minerali] possono formare oggetto di altre imposizioni indirette aventi finalità specifiche, nella misura in cui esse rispettino le regole di imposizione applicabili ai fini dell[e] accise o dell’IVA per la determinazione della base imponibile, il calcolo, l’esigibilità e il controllo dell’imposta”. Normativa nazionale

7. L’art. 21, secondo comma, del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, dal titolo “Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative” (GURI n. 279 del 29 novembre 1995, supplemento ordinario; in prosieguo: il “decreto legge n. 504”), sottopone i prodotti di cui al codice NC 2710 (oli lubrificanti) usati come carburante o combustibile ad un’accisa fissata alla stessa aliquota prevista per il carburante o il combustibile equivalente.

8. L’art. 62, primo comma, dello stesso decreto così dispone: “Gli oli lubrificanti (codice NC da 27 10 00 87 a 27 10 00 98), ferma restando la tassazione prevista dall’articolo 21, comma 2, sono sottoposti ad imposta di consumo anche quando sono destinati, messi in vendita o impiegati per usi diversi dalla combustione o carburazione”.

9. L’aliquota della detta imposta di consumo è diversa dall’aliquota dell’accisa di cui all’art. 21, secondo comma, del decreto legislativo n. 504.

Procedimento precontenzioso

10. Il 4 novembre 1998 la Commissione, ritenendo che la legislazione italiana, nella parte in cui applica un’imposta di consumo sugli oli lubrificanti non destinati alla combustione o alla carburazione, fosse in contrasto con gli artt. 8, n. 1, lett. a), della direttiva 92/81 e 3, n. 2, della direttiva 92/12, i quali, secondo la Commissione, escludono qualsiasi imposizione nazionale di tale natura, trasmetteva alla Repubblica italiana una lettera di diffida.

11. Il governo italiano contestava in un primo tempo l’esistenza delle violazioni così addebitate alla Repubblica italiana.

12. Il 12 novembre 1999 la Commissione inviava al detto Stato membro un parere motivato, cui il governo italiano rispondeva riconoscendo “la obiettiva fondatezza dei rilievi formulati dall’Esecutivo comunitario (il tributo in questione non può in effetti collocarsi, in virtù della sua specifica struttura, tra i residui spazi di imponibilità – concessi dalla disciplina comunitaria – degli oli non utilizzati per la combustione o la carburazione)”.

13. Di conseguenza, la Repubblica italiana comunicava alla Commissione la sua intenzione di conformarsi quanto prima al parere motivato.

14. La Commissione, non essendo stata successivamente informata di alcuna modifica della legislazione italiana a tale proposito, decideva di proporre il presente ricorso. Sull’inadempimento Argomenti delle parti

15. Secondo la Commissione, il combinato disposto degli artt. 8, n. 1, lett. a), e 2, n. 2, della direttiva 92/81 e dell’art. 2 della direttiva 92/82 implica che gli oli lubrificanti sono soggetti ad accisa solo se sono destinati ad essere usati come carburanti o combustibili. Negli altri casi, essi sono obbligatoriamente esenti dall’accisa armonizzata.

16. Su questa base, la Commissione ritiene che la Repubblica italiana abbia violato gli artt. 8, n. 1, lett. a), della direttiva 92/81 e 3, n. 2, della direttiva 92/12, gravando con un’imposta di consumo gli oli lubrificanti che sono destinati, messi in vendita o impiegati per usi diversi dalla combustione o carburazione.

17. La Commissione ricorda che, nella sentenza 10 giugno 1999, causa C-346/97, Braathens (Racc. pag. I-3419), la Corte ha dichiarato che una tassa ecologica che colpisce le emissioni inquinanti dovute al traffico aereo commerciale interno in Svezia era incompatibile con l’art. 8, n. 1, lett. b), della direttiva 92/81, il quale prevede l’esenzione obbligatoria dall’accisa armonizzata per quanto riguarda oli minerali utilizzati come carburanti per la navigazione aerea diversa dall’aviazione privata da diporto. La Corte ha stabilito, al punto 24 di tale sentenza, che consentire agli Stati membri di colpire con un’altra imposta indiretta i prodotti che, come nella specie, debbono essere esentati dall’accisa armonizzata conformemente all’art. 8, n. 1, lett. b), della direttiva 92/81 toglierebbe a tale disposizione ogni effetto utile. Essa ha inoltre dichiarato, al punto 25 della stessa sentenza, che uno Stato membro che abbia istituito una siffatta imposizione non può pertanto avvalersi della facoltà prevista dall’art. 3, n. 2, della direttiva 92/12 di mantenere o di istituire imposte nazionali che perseguono fini specifici per i prodotti assoggettati all’accisa armonizzata.

18. L’obiettivo di armonizzazione fiscale risulterebbe così totalmente vanificato.

19. La Commissione rileva altresì che, secondo la giurisprudenza della Corte, l’art. 3, n. 2, della direttiva 92/12 non richiede che gli Stati membri rispettino tutte le regole relative alle accise o all’imposta sul valore aggiunto in materia di determinazione della base imponibile, di calcolo, di esigibilità e di controllo dell’imposta. E’ sufficiente che le imposizioni indirette aventi finalità specifiche siano conformi, su tali punti, all’economia generale dell’una o dell’altra di queste tecniche d’imposizione così come sono organizzate dalla normativa comunitaria (sentenze 24 febbraio 2000, causa C-434/97, Commissione/Francia, Racc. pag. I-1129, punto 27, e 9 marzo 2000, causa C-437/97, EKW e Wein & Co., Racc. pag. I-1157, punto 47).

  20. La Commissione osserva che l’imposta controversa non può essere considerata conforme all’economia generale delle direttive relative alle accise armonizzate sugli oli minerali. Tale imposta sarebbe in contrasto con l’art. 8, n. 1, della direttiva 92/81, in quanto colpirebbe una categoria di prodotti che gli Stati membri sarebbero tenuti incondizionatamente ad esentare dall’accisa armonizzata. L’imposta sarebbe altresì incompatibile con l’art. 3, n. 2, della direttiva 92/12, in quanto essa non rispetterebbe l’economia generale delle norme relative alle accise sugli oli minerali dal punto di vista delle modalità di calcolo e della base imponibile. Laddove, infatti, l’applicazione dell’aliquota dell’accisa armonizzata (modalità di calcolo) ad una materia imponibile sottratta a tassazione (base imponibile) dovrebbe dare come risultato un’imposta pari a zero, l’imposta italiana di consumo comporterebbe una forte tassazione. 21. Il governo italiano eccepisce nel controricorso di aver conformato il diritto interno a quello comunitario.

22. L’art. 6 del decreto legge n. 452, intitolato “Disposizioni urgenti in tema di accise, di gasolio per autotrazione, di smaltimento di oli usati, di giochi e scommesse, nonché sui rimborsi IVA” (GURI n. 301 del 29 dicembre 2001, pag. 9; in prosieguo: il “decreto legge n. 452”), avrebbe soppresso l’imposta di consumo sugli oli lubrificanti prevista dall’art. 62, primo comma, del decreto legislativo n. 504.

23. A tale proposito, la Commissione non contesta che l’imposta di consumo che gravava sugli oli lubrificanti sia stata abrogata dal decreto legge n. 452.

24. Cionondimeno, essa considera che l’art. 7 di tale decreto legge ha istituito una nuova imposta, denominata “contributo di riciclaggio e di risanamento ambientale”, che ha ad oggetto gli stessi oli lubrificanti precedentemente gravati dall’imposta di consumo e che costituirebbe il “prolungamento”, sotto altra forma, della soppressa imposta di consumo.

25. Infatti, secondo la Commissione, il contributo istituito dall’art. 7 del decreto legge n. 452 grava sugli stessi prodotti che erano soggetti a tale imposta di consumo. Inoltre, la relativa aliquota sarebbe fissata allo stesso modo di quella stabilita in precedenza per la detta imposta.

26. Il fatto che l’importo da versare per questo nuovo contributo sia fissato in modo forfettario dal decreto legge n. 452 escluderebbe che esso possa qualificarsi come remunerazione di un servizio reso dalle imprese di raccolta, di rigenerazione o di eliminazione degli oli lubrificanti usati alle imprese che utilizzano questo tipo di oli. Inoltre, il contributo verrebbe percepito ad un tasso fisso unico per gli oli usati riciclabili e per quelli che non lo sono.

27. La Commissione rileva altresì che la destinazione di tale contributo alle imprese di riciclaggio o di eliminazione non è affatto precisata. Di conseguenza, i suoi proventi sarebbero necessariamente destinati alle entrate del bilancio dello Stato italiano.

28. Considerata la sostanziale identità di oggetto e di disciplina dei due prelievi obbligatori, la Commissione conferma nella replica le conclusioni formulate nel ricorso. Essa precisa tuttavia che, ad ogni modo, da una costante giurisprudenza della Corte risulta che il momento al quale si deve fare riferimento per valutare l’esistenza di un inadempimento è la scadenza del termine stabilito nel parere motivato. Nella fattispecie, tale termine è scaduto il 12 gennaio 2000. Giudizio della Corte

29. E’ pacifico che l’art. 62, primo comma, del decreto legislativo n. 504 prevedeva che gli oli lubrificanti fossero sottoposti ad imposta di consumo quando erano destinati, messi in vendita o impiegati per usi diversi dalla combustione o carburazione.

30. Orbene, ai sensi degli artt. 8, n. 1, lett. a), e 2, n. 2, della direttiva 92/81, in combinato disposto con l’art. 2 della direttiva 92/82, gli oli lubrificanti possono essere assoggettati ad accisa solo se sono destinati ad essere utilizzati, se sono messi in vendita o se sono utilizzati come carburanti o combustibili. Negli altri casi, essi sono obbligatoriamente esenti dall’accisa armonizzata.

31. La Corte ha già dichiarato che consentire agli Stati membri di colpire con un’altra imposta indiretta i prodotti che debbono essere esonerati dall’accisa armonizzata conformemente all’art. 8, n. 1, lett. b), della direttiva 92/81 toglierebbe a tale disposizione ogni effetto utile (sentenza Braathens, cit., punto 24).

32. Lo stesso ragionamento può essere trasposto all’esenzione prevista dall’art. 8, n. 1, lett. a), della direttiva 92/81.

33. Per i prodotti obbligatoriamente esenti da accisa armonizzata, ai sensi dell’art. 8, n. 1, della direttiva 92/81, gli Stati membri non possono pertanto avvalersi della facoltà prevista dall’art. 3, n. 2, della direttiva 92/12 di mantenere o di istituire imposte nazionali che perseguono fini specifici (v., in tal senso, sentenza Braathens, cit., punto 25).

34. Pertanto, il ricorso proposto dalla Commissione dev’essere considerato fondato nella parte in cui concerne il decreto legislativo n. 504.

35. Per quanto riguarda il decreto legge n. 452, che secondo la Commissione non avrebbe posto fine all’inadempimento dato che, in sostanza, la Repubblica italiana si sarebbe limitata ad abrogare formalmente la disposizione che istituisce l’imposta controversa, reintroducendo la stessa imposta sotto un altro nome, è sufficiente rilevare che esso è stato adottato dopo la scadenza del termine stabilito nel parere motivato.

36. Orbene, da una giurisprudenza costante risulta che l’esistenza di un inadempimento dev’essere valutata in relazione alla situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato e che la Corte non può tenere conto dei mutamenti successivi (sentenze 15 marzo 2001, causa C-147/00, Commissione/Francia, Racc. pag. I-2387, punto 26; 4 luglio 2002, causa C-173/01, Commissione/Grecia, Racc. pag. I-6129, punto 7, e 10 aprile 2003, causa C-114/02, Commissione/Francia, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 9).

37. Di conseguenza, senza che occorra, ai fini del presente ricorso, verificare se il decreto legge n. 452 abbia posto fine all’inadempimento, è sufficiente rilevare che la Repubblica italiana, mantenendo in vigore, con l’art. 62, primo comma, del decreto legislativo n. 504, un’imposta sul consumo degli oli lubrificanti alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato, ha violato gli obblighi ad essa imposti dall’art. 3, n. 2, della direttiva 92/12 e dall’art. 8, n. 1, lett. a), della direttiva 92/81.

Sulle spese

38. Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica italiana, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.

Per questi motivi,

  LA CORTE (Prima Sezione) dichiara e statuisce:

La Repubblica italiana, mantenendo in vigore, con l’art. 62, primo comma, del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, dal titolo “Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative”, un’imposta sul consumo degli oli lubrificanti alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato, ha violato gli obblighi ad essa imposti dall’art. 3, n. 2, della direttiva del Consiglio 25 febbraio 1992, 92/12/CEE, relativa al regime generale, alla detenzione, alla circolazione ed ai controlli dei prodotti soggetti ad accisa e dall’art. 8, n. 1, lett. a), della direttiva del Consiglio 19 ottobre 1992, 92/81/CEE, relativa all’armonizzazione delle strutture delle accise sugli oli minerali, come modificata dalla direttiva del Consiglio 22 dicembre 1994, 94/74/CE.

La Repubblica italiana è condannata alle spese. (Firme) Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 25 settembre 2003.

  (Firme)