Tributario e Fiscale

Wednesday 30 April 2003

Condoni fiscali: i chiarimenti per società di persone, associazioni professionali, imprese familiari e aziende coniugali. Agenzia delle Entrate CIRCOLARE N. 23 del 29.04.2003

Condoni fiscali: i chiarimenti per società di persone, associazioni professionali, imprese familiari e aziende coniugali.

Agenzia delle Entrate CIRCOLARE N. 23 del 29.04.2003

INDICE

1     Premessa

2     Definizione automatica del reddito di impresa e di lavoro autonomo (articolo 7)

2.1  Anno 1997

2.2  Anni successivi al 1997

3     Dichiarazione integrativa semplice (articolo 8)

4     Definizione automatica (articolo 9)

4.1  Definizione da parte delle società

4.2  Definizione ai sensi del comma 3 -bis

4.3  Definizione da parte del socio

4.4  Irrilevanza delle perdite di partecipazione

5     Definizione dei processi verbali di constatazione (articolo 15)

5.1  Società che non definisce il verbale

5.2  Definizione dei rilievi, contenuti in un PVC elevato nei confronti della società, riguardanti l’IRPEF dovuta dai soci

6     Impresa familiare (articolo 230 – bis c.c.)

1 Premessa

     Il tema dei rapporti tra la definizione delle società di persone e quella dei propri soci è tra i più ricorrenti nei quesiti che i contribuenti, anche per il tramite del Dipartimento per le politiche fiscali del Ministero dell’Economia e delle Finanze e delle Direzioni regionali dell’Agenzia delle Entrate, hanno fatto pervenire. Benché tali quesiti, il più delle volte, trovino risposta nei chiarimenti forniti con la circolare n. 12/E del 21 febbraio 2003, con la presente circolare si intende riprendere e prospettare sistematicamente i diversi argomenti, anche allo scopo di esplicitare le motivazioni delle scelte operate.

     Le disposizioni sulle sanatorie fiscali di cui alla legge n. 289 del 2002, valutate dal punto di vista delle società o associazioni di cui all’articolo 5 del TUIR, dei titolari dell’azienda coniugale non gestita in forma societaria, nonchè delle imprese familiari (di seguito, società), vanno esaminate in comparazione con le norme del TUIR e le disposizioni sull’accertamento dei redditi riguardanti i predetti soggetti.

     A tal fine occorre tener conto delle disposizioni recate:

       – dall’articolo 4 del TUIR, secondo cui “i redditi che formano oggetto della comunione legale di cui agli articoli 177 e seguenti del codice civile (tra i quali rientrano le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio) sono imputati a ciascuno dei coniugi per metà del loro ammontare o per la diversa quota stabilita ai sensi dell’articolo 210 dello stesso codice”;

       – dall’articolo 5, commi da 1 a 3 del TUIR, in cui si dispone che i redditi delle società di persone “sono imputati a ciascun socio, indipendentemente dalla percezione, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili”;

       – dall’articolo 5, comma 4 del TUIR, che relativamente alle imprese familiari dispone che i redditi “limitatamente al 49 per cento dell’ammontare risultante dalla dichiarazione dei redditi dell’imprenditore sono imputati a ciascun familiare, che abbia prestato in modo continuativo e prevalente la sua attività di lavoro nell’impresa”;

       – dall’articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, che al comma 1 precisa che la dichiarazione presentata dalle società di persone di cui all’articolo 5 TUIR rileva “agli effetti dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e dell’imposta sul reddito delle persone giuridiche dovute dai soci o dagli associati”.

       – dall’articolo 40, secondo comma del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, in virtù del quale la rettifica delle dichiarazioni presentate dalle società ed associazioni di cui all’articolo 5 TUIR rileva anche “ai fini delle imposte sul reddito delle persone fisiche o delle persone giuridiche dovute dai singoli soci o associati”.

     Dall’esame delle predette norme si evince che:

       – la società non è autonomo soggetto passivo ai fini dell’imposta personale sul reddito;

       – essa è soggetto di riferimento ai fini dell’obbligo di dichiarazione e ai fini dell’accertamento;

       – in virtù del principio di trasparenza, enunciato all’articolo 5 del TUIR, il reddito, così come dichiarato in capo alla società, è automaticamente imputato ai soci, associati o collaboratori (di seguito, soci), prescindendo dalla circostanza che il relativo utile sia stato o meno distribuito. Fanno eccezione le imprese familiari perché eventuali accertamenti hanno effetto esclusivamente nei confronti del titolare dell’impresa familiare. La società assolve agli obblighi formali ma non al tributo personale, il quale è dovuto dai soci sulla base del reddito commisurato alla quota di partecipazione agli utili.

     Le disposizioni sulle sanatorie fiscali recate dalla legge n. 289 del 2002 in più parti si occupano dei rapporti intercorrenti tra la posizione fiscale della società di riferimento e quella dei soci.

     Esse vanno esaminate, avendo presente che:

       – gli interventi della società tendono a regolarizzare esclusivamente le obbligazioni relative ai propri tributi (di norma IRAP, IVA, imposta sul patrimonio netto ed imposte sostitutive) e non anche il reddito di partecipazione e l’IRPEF dovuta dai soci;

       – l’integrazione (articolo 8) e la definizione automatica (articoli 7 e 9) della società si perfeziona con il versamento delle imposte di propria spettanza.

     L’accesso da parte delle società alle sanatorie previste dagli articoli 7 ed 8 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 costituisce titolo per l’accertamento ai sensi dell’articolo 41-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 nei confronti dei soci che non abbiano – in parallelo – definito ovvero integrato il proprio reddito di partecipazione.

     La definizione automatica perfezionata dalla società ai sensi dell’articolo 9, invece, non comporta un analogo effetto automatico sulla posizione dei singoli soci.

     In particolare, relativamente alle sanatorie di cui agli articoli 7 e 8, è previsto un automatismo che garantisce la tassazione in capo ai soci del maggior reddito oggetto di definizione o integrazione della società: gli articoli 7, comma 10 e 8, comma 11, fanno obbligo ai soci – ciascuno per la propria quota – di assoggettare a tassazione IRPEF il reddito comunicato dalla società.

     E’ così ripristinato lo schema tipico della dichiarazione annuale con un reddito dichiarato dalla società ed attribuito pro – quota ai soci.

     Al fine di consentire il riallineamento dei redditi di partecipazione, imputati per trasparenza ai soci, con il reddito unitario determinato in capo alla società, quest’ultima è tenuta a comunicare ai soci il reddito desumibile dai dati posti a base della propria sanatoria entro il 20 luglio (16 giugno per l’integrativa); il socio che, in adesione alla comunicazione della società, non provveda alla sanatoria entro il 16 ottobre, sarà assoggettato a controllo parziale ai sensi dell’articolo 41-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973.

2 Definizione automatica del reddito di impresa e di lavoro autonomo (articolo 7)

2.1 Anno 1997

     Ai sensi del comma 5 dell’articolo 7, la definizione della società si perfeziona con il versamento, entro il 20 giugno 2003, dell’importo forfetario di 300 euro. Per effetto di tale versamento, la definizione rileva ai fini di tutte le imposte di cui all’articolo 7, comma 1, ivi compresa l’imposta personale sui redditi dovuta dai soci.

     Resta conseguentemente definito, nei termini indicati dall’articolo 7, anche il reddito di partecipazione del socio, senza che questi debba assumere alcuna iniziativa.

2.2 Anni successivi al 1997

     Il richiamato comma 5 dell’articolo 7, relativamente alla definizione dei periodi di imposta successivi al 1997, dispone che la definizione della società si perfeziona mediante il versamento – entro il 20 giugno 2003 – delle maggiori imposte dovute dalla società (IVA ed IRAP) commisurate ai maggiori ricavi determinati ai sensi del comma 1 (si ricorda che la maggiore imposta che eccede 5.000 euro per le persone fisiche e 10.000 euro per gli altri soggetti è ridotta al 50 per cento).

     L’importo così determinato è aumentato di 300 euro e, per le società soggette agli studi di settore, di 600 se sussistono anomalie negli indici di coerenza economica.

     A seguito della definizione operata dalla società, il socio definisce il reddito derivante dalla partecipazione:

       – sulla base della quota – parte di ricavi determinati dalla società (gli stessi presi a riferimento per liquidare le maggiori imposte IRAP e IVA della società);

       – con il versamento della maggiore IRPEF dovuta sulla base del maggior reddito di partecipazione;

       – senza applicare le maggiorazioni di 300 o 600 euro corrisposti dalla società in aggiunta agli importi dovuti a titolo di maggiori imposte ai sensi dell’articolo 7, comma 10.

     Nel caso in cui la società abbia dichiarato ricavi di ammontare non inferiore a quelli determinabili in base ai parametri o agli studi di settore, essa potrà perfezionare la definizione con il versamento di un importo forfetario pari a 300 euro per ciascuna annualità, elevato a 600 in presenza di anomalie negli indici di coerenza economica.

      In tal caso la definizione della società rileva ai fini di tutti i tributi e quindi anche ai fini dell’IRPEF dovuta dal socio sul proprio

reddito di partecipazione.

     La definizione da parte della società infatti vale ad attribuire una speciale qualificazione al reddito dichiarato, che conseguentemente comporta l’automatica definizione anche del reddito di partecipazione. In tal caso, il reddito di partecipazione non può essere oggetto di accertamento da parte dell’Amministrazione finanziaria. L’esercizio dell’attività istruttoria è tuttavia inibito con esclusivo riferimento ai redditi d’impresa o di lavoro autonomo oggetto di definizione.

3 Dichiarazione integrativa semplice (articolo 8)

     Ai fini della integrazione dei redditi per gli anni pregressi, si evidenzia che la dichiarazione della società è finalizzata a regolarizzare esclusivamente i tributi dalla stessa dovuti, con effetti preclusivi dell’accertamento “limitatamente ai maggiori imponibili… risultanti dalle dichiarazioni integrative aumentati del 100 per cento” ai sensi dell’articolo 8, comma 6.

     Affinché i soci possano integrare in modo corrispondente il proprio reddito di partecipazione, la società dovrà desumere dai dati esposti nella propria dichiarazione integrativa gli elementi utili per determinare il maggior reddito da comunicare ai soci ai sensi dell’articolo 8, comma 11.

     Come si è detto, i soci sono vincolati all’iniziativa della società: avuta comunicazione del maggior reddito, determinato dalla società sulla base dei dati utilizzati per integrare l’IVA o l’IRAP, il socio deve assoggettare a tassazione integralmente la quota – parte di propria spettanza, senza poter beneficiare della franchigia di cui al comma 6 dell’articolo 8.

     Resta fermo che il socio potrà far valere la franchigia relativamente agli altri redditi integrati, diversi da quelli di partecipazione.

     Da quanto sostenuto deriva che l’accertamento parziale di cui all’articolo 41-bis è comunque attivabile nei confronti del socio che nella propria dichiarazione integrativa abbia evidenziato un reddito di partecipazione inferiore alla quota-parte del reddito societario corrispondente alla sua quota di partecipazione agli utili, così come risulta dalla comunicazione che la società è tenuta a rendere entro il 16 maggio 2003.

4 Definizione automatica (articolo 9)

     A differenza di quanto stabilito agli articoli 7 e 8, l’articolo 9, comma 4, nulla dispone in merito ai rapporti tra la definizione perfezionata dalla società e la posizione dei soci. Ciò in quanto tale modalità di definizione opera sulla base di importi determinati in modo forfetario e non implica l’integrazione della base imponibile rilevante ai fini dell’IRPEF.

     Anche ai fini della sanatoria in esame tuttavia, benché l’iniziativa dei soci non sia correlata automaticamente a quella della società, occorre tener conto dei principi generali in materia di trattamento del reddito delle società enunciati al precedente paragrafo 1.1.

4.1 Definizione da parte delle società

     Ai sensi dell’articolo 9, comma 2, la definizione da parte della società si perfeziona mediante il versamento di un importo determinato secondo le modalità indicate nell’articolo 9, comma 2, avendo riguardo alle risultanze emergenti dalle dichiarazioni originarie.

     Tale importo non può risultare comunque inferiore ai minimi di cui all’articolo 9, comma 3, dovuti anche per i periodi di imposta chiusi in perdita o in pareggio.

     Si è già detto che all’iniziativa della società che definisca le “proprie” imposte (IRAP, imposta sostitutiva, imposta sul patrimonio netto delle imprese) mediante applicazione delle percentuali previste al comma 2 sulle imposte lorde emergenti dalle dichiarazioni originarie, la legge non riconnette effetti automatici nei confronti dei soci.

     Allo stesso modo, neppure la definizione del socio condiziona le iniziative della società, posto che le due definizioni procedono autonomamente.

     Attesa l’autonomia delle posizioni della società e dei soci, è evidente come l’amministrazione finanziaria, nel caso che soltanto la società si sia avvalsa della definizione automatica, possa attivare controlli sostanziali in capo alla stessa al solo scopo di accertare il reddito di partecipazione imputabile ai soci.

4.2 Definizione ai sensi del comma 3 -bis

     Il comma 3-bis dell’articolo 9 introduce una particolare forma di definizione, riservata ai soggetti esercenti attività di impresa, nonché agli esercenti arti e professioni soggetti agli studi di settore e ai parametri, mediante il versamento di euro 500, elevato a 700 in presenza di anomalie negli indici di coerenza economica.

     Al riguardo appare opportuno sottolineare che:

       – tale disposizione presuppone che la società abbia indicato nella dichiarazione originaria ricavi “congrui” rispetto ai parametri o agli studi di settore;

       – gli effetti di tale definizione rilevano “ai fini di tutti i tributi”, quindi si riflettono anche sull’IRPEF dovuta dai soci.

4.3 Definizione da parte del socio

     Il socio può optare per la modalità di definizione ritenuta più opportuna tra quelle previste dalla legge n. 289 del 2002, a prescindere dalla circostanza che la società abbia inteso avvalersi o meno della definizione automatica di cui all’articolo 9.

     Qualora intenda definire automaticamente la propria posizione ai sensi dell’articolo 9, dovrà:

       – inserire nella dichiarazione integrativa tutte le annualità definibili comprese quelle nelle quali la società risulta congrua;

       – versare una somma pari all’importo che si ottiene mediante applicazione all’imposta lorda (evidenziata nella dichiarazione originaria) delle percentuali indicate nel comma 2.

     Tale somma non potrà comunque risultare inferiore agli importi minimi di cui al comma 4 che variano in funzione dei ricavi dichiarati dalla società nonchè della quota di partecipazione agli utili. In nessun caso il costo della definizione può risultare però inferiore a 200 euro per ciascun periodo d’imposta, salvo quanto successivamente precisato in relazione alla partecipazione in una società congrua (ad esempio, il socio con una quota pari al 25% in una società che ha dichiarato ricavi non superiori a 50.000 euro, anziché il 25% di 400 euro, dovrà versare 200 euro).

     In presenza di più redditi di partecipazione, il socio deve comunque versare tanti minimi quante sono le partecipazioni.

     Se il socio, in aggiunta ai redditi di partecipazione, possiede anche un reddito di impresa (o di lavoro autonomo) dovrà confrontare il minimo determinato con riferimento ai ricavi dichiarati dalla società con quello commisurato ai ricavi (o ai compensi) del proprio reddito d’impresa (o di lavoro autonomo) e verserà quello di maggiore importo.

     Al riguardo si evidenzia che le riferite modalità di determinazione degli importi minimi non trovano applicazione nel caso in cui il contribuente sia titolare esclusivamente di redditi derivanti dalla partecipazione in società “congrua” che abbia effettuato la definizione ai sensi dell’articolo 9, comma 3-bis. In tal caso la circolare n. 12/2003 ha precisato che non si applicano i minimi previsti dal comma 4 (minimo 200 euro) ma quelli del comma 3 (100, 400, 500 o 600 euro).

     Pertanto, un socio persona fisica, in possesso di reddito derivante dalla partecipazione in società che abbia definito ai sensi dell’articolo 9, comma 3-bis, nonché di redditi diversi da quelli di impresa o di lavoro autonomo, perfezionerà la definizione con un versamento almeno pari a 100 euro.

     Identico versamento è richiesto se nella dichiarazione originaria sia stato indicato solo il reddito di partecipazione nella società “congrua”.

     Ai fini della compilazione del modello di dichiarazione integrativa, occorre indicare, in entrambi i casi appena richiamati, solo l’imposta versata e l’imposta da versare senza compilare i campi relativi ai redditi di partecipazione (campi 4, 5 e 6 dei righi C3 per il 1997, C18 per il 1998, C38 per il 1999, C59 per il 2000, C80 2001).

     In tal modo, il programma di calcolo, con riferimento all’annualità in questione, attribuirà il minimo di 100 euro.

     Al fine di evidenziare sistematicamente le diverse modalità di applicazione degli importi minimi si prospettano le seguenti ipotesi:

       – socio che possiede soltanto redditi di partecipazione in società che abbia definito ai sensi dell’articolo 9, comma 3-bis: > si applicano le percentuali del comma 2, con il minimo di 100 euro, previsto dall’articolo 9, comma 3, lettera a);

       – socio che, oltre al reddito di partecipazione in società che ha definito ai sensi dell’articolo 9, comma 3-bis, è in possesso anche di altri redditi, diversi da quelli di impresa e di lavoro autonomo: > si applicano le percentuali del comma 2, con il minimo di 100 euro previsto dall’articolo 9, comma 3, lettera a);

       – socio che, oltre al reddito di partecipazione in società che ha definito ai sensi dell’articolo 9, comma 3-bis, è in possesso di reddito di impresa o derivante dall’esercizio di arti e professioni: > si applicano le percentuali del comma 2, con gli importi minimi previsti dall’articolo 9, comma 3, lettera b) (400/500/600 euro);

       – socio che, in aggiunta al reddito di partecipazione in società “congrua”, possiede un reddito di impresa o di lavoro autonomo anch’esso “congruo” e un reddito di fabbricato: > perfeziona la definizione ai sensi dell’articolo 9, comma 3-bis, con il versamento di 500 euro (700 in presenza di anomalie negli indicatori di coerenza economica);

       – socio che, oltre al reddito di partecipazione in società che ha definito ai sensi dell’articolo 9, comma 3-bis, è in possesso anche di redditi derivanti dalla partecipazione in società che non ha effettuato la definizione ai sensi dell’articolo 9, comma 3-bis (ad esempio, perché non congrua o perché non soggetta agli studi di settore o ai parametri ovvero perché ha omesso la presentazione della dichiarazione o del modello degli studi di settore) > al socio, che non può avvalersi del regime più favorevole previsto del comma 3 bis, si applicano le percentuali del comma 2, con i minimi del comma 4 (il socio deve l’importo minimo determinato ai sensi del comma 3, lettera b) in ragione della propria quota di partecipazione, comunque non inferiore a 200 euro).

4.4 Irrilevanza delle perdite di partecipazione

     La richiesta di definizione ai sensi dell’articolo 9 effettuata da una società di persone e dagli altri soggetti ad essa assimilabili, non influenza il regime IRPEF delle perdite che si sono generate in esercizi oggetto di definizione: il trattamento di tali perdite, nei termini previsti al comma 7 del citato articolo 9, rileverà solo nell’ambito della definizione automatica eventualmente effettuata dai soci.

     Alla stregua di tali principi, può affermarsi che:

       – il socio che non abbia effettuato la definizione automatica potrà utilizzare le perdite derivanti dalla partecipazione originate in periodi definiti dalla società, anche tramite riporto in periodi successivi al 2001; in tal caso l’agenzia delle entrate per le annualità comprese nel periodo definibile 1997 – 2001 può ovviamente effettuare accertamenti e, ricorrendone i presupposti, recuperare la quota di perdita utilizzata;

       – se il socio definisce avvalendosi delle disposizioni contenute nell’articolo 9 la perdita si considera irrilevante ed egli sarà tenuto a rideterminare l’imposta lorda sulla quale applicare le percentuali previste dal comma 2 operando, con riferimento all’imposta personale lorda, con le modalità indicate nel paragrafo 1.4.1 della circolare 17/E del 21 marzo 2003;

       – qualora la società abbia perfezionato la definizione ai sensi dell’articolo 9, comma 3-bis, la definizione rileva “ai fini di tutti i tributi” e, in tal caso, ai fini della definizione automatica del socio la perdita di partecipazione in società “congrua” non comporta l’obbligo di ricalcolare l’imposta lorda ai fini dell’applicazione del predetto comma 2.

     Per gli anni in cui la società risulta congrua, conseguentemente:

       – la congruità si riflette sulla perdita di partecipazione del socio rendendola non suscettibile di rettifica in sede di accertamento.

       – ai fini della definizione automatica del socio la perdita di partecipazione in società “congrua” non comporta l’obbligo di rideterminare l’imposta lorda ai fini dell’applicazione del comma 2 dell’articolo 9.

     Anche nei confronti dei soci che intendono avvalersi della definizione di cui all’articolo 9 operano le eccezioni al principio di irrilevanza delle perdite illustrate nel paragrafo 1.4.3. della circolare 17/E del 21 marzo 2003.

     In particolare il socio che effettua la definizione in base all’articolo 9 potrà avvalersi della possibilità di affrancare autonomamente le perdite che gli sono state attribuite dalla società pagando una somma pari al 10 per cento. Base di commisurazione di tale somma è la parte di perdita che il socio intende liberamente utilizzare.

5 Definizione dei processi verbali di constatazione (articolo 15)

5.1 Società che non definisce il verbale

     Il paragrafo 10.3.3 della circolare n. 12/E precisa che è possibile definire il processo verbale di constatazione ai sensi dell’articolo 15 per singole annualità e/o singole imposte oggetto del processo verbale. Inoltre, in relazione ai verbali redatti nei confronti di società di persone, la stessa circolare spiega che è facoltà della società definire anche i tributi dovuti dalle persone fisiche titolari dei redditi di partecipazione.

     La mancata definizione dei rilievi da parte della società non è tuttavia di ostacolo acchè i soci possano avvalersi delle sanatorie di cui agli articoli 7, 8 e 9: questi possono definire la propria posizione anche se la società non ha definito il processo verbale contenente rilievi utili ai fini della quantificazione del reddito della società.

     In particolare, i soci potranno procedere alla definizione ai sensi dell’articolo 9, tenuto conto che questa modalità non è direttamente collegata alla definizione operata dalla società, effettuando il versamento di un importo calcolato con riferimento all’imposta lorda risultante dalla propria dichiarazione originaria.

5.2 Definizione dei rilievi, contenuti in un PVC elevato nei confronti della società, riguardanti l’IRPEF dovuta dai soci

     Nel paragrafo 10.3 della circolare 12/E del 21 febbraio 2003 è stato precisato che: “Per i verbali elevati nei confronti di società di persone, di associazioni professionali o artistiche ovvero dei titolari di imprese coniugali o familiari, la definizione potrà interessare non solo i tributi dovuti da tali soggetti ma anche l’IRPEF dovuta dalle persone fisiche titolari dei relativi redditi di partecipazione”.

     La peculiare definizione dei processi verbali prevista per le imposte dirette, che si perfeziona con il pagamento di una somma pari al 18% delle componenti positive e negative di reddito risultanti dal processo verbale è, infatti, tecnicamente possibile perché opera indipendentemente da ogni riferimento alla posizione dei soci.

     Effetto della definizione facoltativamente effettuata dalla società è quello di rendere inefficace futuri accertamenti nei confronti dei soci basati sui rilievi emergenti dal processo verbale definito dalla società.

6 Impresa familiare (articolo 230 – bis c.c.)

     Ai fini della corretta applicazione delle norme sulle sanatorie da parte del titolare e dei collaboratori dell’impresa familiare, è opportuno tener conto del disposto dell’articolo 5, comma 4, del TUIR secondo cui “i redditi delle imprese familiari di cui all’articolo 230-bis del codice civile, limitatamente al 49 per cento dell’ammontare risultante dalla dichiarazione dei redditi dell’imprenditore, sono imputati a ciascun familiare, che abbia prestato in modo continuativo e prevalente la sua attività di lavoro nell’impresa”.

     Poiché solo il reddito oggetto di dichiarazione può essere attribuito (in misura non superiore al 49%) ai collaboratori, ne discende che l’eventuale maggiore reddito accertato nei confronti dell’impresa familiare è imputabile esclusivamente ed integralmente al suo titolare. Il collaboratore potrà avere interesse a definire la propria posizione reddituale ai sensi dell’articolo 9 al fine di precludere l’azione accertatrice in relazione a redditi diversi rispetto a quello di partecipazione.

     Qualora invece il titolare dell’impresa familiare abbia definito o integrato il reddito dell’impresa familiare ai sensi rispettivamente degli articoli 7 e 8, egli dovrà comunicare ai propri collaboratori la quota – parte di tale reddito determinato in misura corrispondente al rapporto tra l’ammontare del reddito dell’impresa familiare risultante dalla dichiarazione originaria e quello imputato ai collaboratori. In tal caso, sia la definizione automatica che la dichiarazione integrativa prevedono la redistribuzione tra i partecipanti all’impresa familiare del maggiore reddito oggetto di integrazione o definizione, secondo gli stessi criteri previsti per la ripartizione del reddito esposto nella dichiarazione originaria. A tal fine, nell’ambito delle sanatorie di cui agli articoli 7 e 8, l’accertamento ai sensi dell’articolo 41-bis, attivabile nelle ipotesi in cui il collaboratore nell’impresa familiare non provveda a definire o integrare il proprio reddito di partecipazione, risponde all’esigenza di riallineare le posizioni fiscali dei collaboratori con i dati dichiarati dal titolare dell’impresa familiare.

     Con particolare riferimento alla definizione prevista dall’articolo 7 si precisa che qualora la stessa sia effettuata dal titolare dell’impresa familiare o azienda coniugale, l’adeguamento del maggior ricavo all’importo minimo di 600 euro è operata esclusivamente da parte di tale soggetto, come precisato nelle istruzioni al modello di comunicazione previsto per la definizione in argomento.