Famiglia

Wednesday 21 March 2007

Autorità garante per le telecomunicazioni – Delibera n. 23/07/CSP: Atto di indirizzo sul rispetto dei diritti fondamentali della persona, della dignità personale e del corretto sviluppo fisico, psichico e morale dei minori nei programmi di intrattenimen

Autorità garante per le
telecomunicazioni – Delibera n. 23/07/CSP: Atto di indirizzo sul rispetto dei
diritti fondamentali della persona, della dignità personale e del corretto
sviluppo fisico, psichico e morale dei minori nei programmi di intrattenimento

L’Autorità

NELLA riunione della Commissione
per i servizi ed i prodotti del 22 febbraio 2007;

VISTA la legge 31 luglio 1997, n.
249, pubblicata nel Supplemento Ordinario n. 154/L alla Gazzetta Ufficiale
della Repubblica italiana n. 177 del 31 luglio 1997, ed in
particolare gli articoli 1, comma 6, lettera b), nn. 1
e 14, e 3-bis;

VISTA la Convenzione europea
sulla televisione transfrontaliera, firmata a Strasburgo il 5 maggio 1989 dagli
Stati membri del Consiglio d’Europa e dagli altri Stati parti della Convenzione
culturale europea e resa esecutiva in Italia con la legge 5 ottobre 1991, n.
527, pubblicata nel Supplemento Ordinario n. 253 alla Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana del 28 ottobre 1991, e in particolare l’articolo 7;

VISTA la Direttiva del Consiglio
delle Comunità Europee del 3 ottobre 1989, n. 552, relativa
al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e
amministrative degli Stati membri concernenti l’esercizio delle attività
televisive (89/552/CEE), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità
Europee n. L/298 del 17 ottobre 1989, e modificata con la Direttiva del Parlamento
Europeo e del Consiglio dell’Unione Europea del 30 giugno 1997 (97/36/CE),
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee n. L/202 del 30
luglio 1997, e in particolare l’articolo 22, comma 1;

VISTO il decreto legislativo 31
luglio 2005, n. 177, recante "Testo unico della radiotelevisione",
pubblicato nel Supplemento Ordinario n. 150/L alla Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana n. 208 del 7 settembre 2006, ed in particolare gli articoli 3 e 4, comma 1, lettera b)

VISTA la
delibera n. 127/00/CONS recante il regolamento concernente la diffusione
via satellite di programmi televisivi, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica Italiana n. 86 del 12 aprile 2000 e, in particolare,
l’articolo 15;

VISTA la delibera n. 278/04/CSP
del 10 dicembre 2004 recante la direttiva in materia di carte dei servizi e
qualità dei servizi di televisione a pagamento, pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica Italiana n. 15 del 20 gennaio 2005 e, in particolare,
l’articolo 16;

CONSIDERATO che, alla luce delle
disposizioni normative e regolamentari vigenti, i principi fondamentali del
sistema radiotelevisivo rappresentati dalla libertà di espressione, di opinione
e di ricevere e comunicare informazioni, applicabili alle emittenti
radiotelevisive e ai fornitori di contenuti radiotelevisivi, devono conciliarsi
con il rispetto dei diritti fondamentali della persona, essendo esplicitamente
stabilito il divieto di trasmissioni che presentano scene pornografiche, con la
sola esclusione delle trasmissioni ad accesso condizionato che prevedano
l’adozione di un sistema di controllo specifico e selettivo (articolo
4, comma 1, lettera b), testo unico della radiotelevisione);

CONSIDERATO che alla luce delle
predette disposizioni comunitarie e nazionali il rispetto dei diritti
fondamentali della persona deve costituire principio cardine del sistema
radiotelevisivo, non derogabile da parte delle emittenti, né con riferimento
agli orari di trasmissione né ai sistemi ed alle modalità di programmazione;

CONSIDERATO, altresì, con
specifico riferimento alle trasmissioni che contengono scene pornografiche , che la stessa normativa prevede come unica eccezione che
la trasmissione sia realizzata mediante sistemi ad accesso condizionato che
prevedano l’adozione di un sistema di controllo specifico e selettivo;

RILEVATO che la Corte di Cassazione (sez. I civile, sentenze nn. 6759 e 6760 del 6 aprile 2004) ha
statuito che << il divieto "assoluto" di trasmissione di
programmi che contengano (anche o esclusivamente) "scene [..] pornografiche">> è
volto <<ad escludere tout court la trasmissione di programmi che, in
quanto immediatamente collidenti con principi e valori riconosciuti e garantiti
(anche) dalla Costituzione in relazione (non soltanto al singolo individuo, ma)
a tutta la collettività nazionale, sono considerati nocivi per l’intera
collettività>>, precisando altresì che <<il legislatore, in questi
casi, tenendo conto della natura e delle caratteristiche del mezzo radiotelevisivo
e dei possibili effetti dei suoi "messaggi" sul pubblico
indeterminato ed indeterminabile dei destinatari, ha scelto, mediante il
divieto assoluto di trasmissione di programmi radiotelevisivi aventi i
contenuti vietati, di tutelare "incondizionatamente" — vale a dire,
senza prevedere eccezioni — principi, valori ed interessi ritenuti primari per
la stessa convivenza sociale e civile, quali […] il
buon costume […1, e di sacrificare perciò, previo bilanciamento dei valori in
gioco, la libertà di informazione radiotelevisiva>>, non rilevando
<<né il mezzo di comunicazione (radio o televisione), né il mezzo
espressivo utilizzati per confezionare un programma vietato, sia esso
costituito da parole e/o suoni — propri della comunicazione radiofonica —
ovvero da immagini e/o parole e/o suoni, propri del medium televisivo>>,
giacché i divieti in questione <<si riferiscono, in mancanza di precise
specificazioni legislative, a qualsivoglia programma, qualunque sia il
"genere" cui lo stesso sia riconducibile secondo le classificazioni
correnti (informazione, svago, intrattenimento, sport, cultura, fiction,
etc.)>>

RILEVATO che nella stessa
pronuncia la Corte
di Cassazione rinvia all’esito di specifica valutazione caso per caso <<
l’interpretazione ed applicazione delle corrispondenti fattispecie nei casi
concreti: vale a dire [..] l’esistenza,
nel programma, di "scene" che possano qualificarsi [..]
"pornografiche ">>

RITENUTO, pertanto, necessario
fornire linee interpretative e di indirizzo per meglio specificare la natura
delle scene e dei programmi che, potendosi qualificare come pornografici,
rientrano nei divieti previsti dalla predetta normativa;

RITENUTO che a tal fine utili
indirizzi e principi possono essere desunti dalla costante giurisprudenza della
Corte di Cassazione in materia di offesa al sentimento del pudore;

CONSIDERATO che in base alla
giurisprudenza in materia:

a) per pornografia si intende
<<la descrizione o illustrazione di soggetti erotici, mediante scritti,
disegni, discorsi, fotografie, etc., che siano idonei
a far venir meno il senso della continenza sessuale e offendano il pudore per
la loro manifesta licenziosità>> (Cass., sez. III penale, 9 febbraio
1971, n. 1197);

b) il pudore è definibile come
<<reazione emotiva, immediata ed irriflessa, di disagio, turbamento e
repulsione in ordine a organi del corpo o comportamenti sessuali che, per
ancestrale istintività, continuità pedagogica, stratificazione di costumi ed
esigenze morali, tendono a svolgersi nell’intimità e nel riserbo>> (Cass., sez. III penale, 3 febbraio 1977, n. 1809);

c) poiché la libertà di
espressione costituzionalmente garantita trova un limite <<nelle esigenze
di tutela del pudore e del buon costume>> (Cass.,
sez. III penale, 10 agosto 1966, n. 1218), risulta fondamentale la definizione
dell’offesa al buon costume, che si distingue dalla indecenza in quanto
quest’ultima si realizza nell’offesa del <<sentimento collettivo della
costumatezza e della compostezza>>, mentre l’offesa al buon costume – che
assume penalisticamente i connotati dell’oscenità – afferisce piuttosto alla
lesione della verecondia sessuale, ossia alla riservatezza relativamente ad
atti e fatti pertinenti alla intimità sessuale (Cass.,
sez. III penale, 11 giugno 2004, n. 26388);

d) il comune sentimento del
pudore è ravvisabile nel <<senso di quella naturale riservatezza che
nella normalità dei casi circonda tutte le manifestazioni riguardanti la vita
sessuale>> (Cass., sez. III penale, 30 ottobre
2001);

e) la concreta determinazione del
"comune senso del pudore" è rimessa a una valutazione caso per caso
(Cass., sez. III penale, 15 gennaio 1979, n. 484), nel
senso <<della verifica e dell’aggiornamento … nella sua mutevolezza con
il divenire dei costumi e con l’evoluzione del pensiero medio dei consociati
nel momento storico in cui avviene il fatto incriminato (cosiddetto criterio
storico-evolutivo)>> (Cass., sez. III penale, 7
giugno 1984, n. 5308), precisandosi tuttavia che <<non possono essere
poste a fondamento di un giudizio di valore quelle manifestazioni che,
riferendosi apertamente ad atti della vita sessuale, tendono esclusivamente
all’eccitamento erotico. Queste infatti devono essere
tuttora considerate come fenomeni di degenerazione del costume>> (Cass.,
sez. VI penale, 8 giugno 1971 n. 22, e 10 febbraio 1972, n. 878);

f) al fine di individuare le
potenzialità offensive del pudore è necessario valutare gli atti e le
rappresentazioni rispetto <<al contesto ed alle modalità in cui gli atti
o gli oggetti sono compiuti o esposti. […] Ne consegue che il nudo integrale
— considerando il sentimento medio della comunità ed i valori della coscienza
sociale e le reazioni dell’uomo medio normale — assume differenti valenze
[…1. L’esibizione degli organi genitali (diversamente da quella del seno
nudo, che non integra più alcuna ipotesi di reato) — al di fuori delle
eccezioni ricordate — configura il delitto di atti osceni, perché mira al
soddisfacimento della "libido">> (Cass.,
sez. III penale, 3 ottobre 1997, n. 8959);

g) la rappresentazione, o più
precisamente l’esibizione, degli organi genitali, dunque —salvo che nell’ambito
di un nudo artistico — tende ad essere qualificata
come erotizzante e dunque offensiva del pudore, e ciò con riferimento agli
organi dell’uno o dell’altro sesso; più in particolare, si ha offesa al pudore
<<quando si rappresentano nude, con la palese funzione di eccitare
l’istinto sessuale attraverso atteggiamenti e particolari posizioni, quelle
parti del corpo femminile che hanno riferimento alla sfera sessuale e si
risolvono nella sollecitazione psichica dell ’erotismo>> (Cass., sez. III
penale, 28 novembre 1974, n. 9191); alla stessa stregua è valutata la
rappresentazione degli <<oggetti cosiddetti "coadiuvanti", che
hanno la funzione di risvegliare e stimolare l’istinto sessuale, rappresentando
organi genitali>> (Cass., sez. III penale, 15
aprile 1985 n. 3494), con la sola eccezione di quegli oggetti il cui
<<contenuto palesemente ironico e canzonatorio […]
ne escluda il carattere di oscenità>> (Cass.,
sez. III penale, ordinanza 21 ottobre 1995, n. 3027);

h) viene in considerazione non
soltanto la manifestazione, ma anche la sua finalità e la sua motivazione: non
soltanto la <<inequivoca attinenza sessuale del gesto compiuto>>
(Cass., sez. III penale, 22 novembre 2001, n. 41735) è
sintomatica del carattere osceno della rappresentazione, ma anche il suo essere
concreta espressione dell’istinto sessuale: <<il contenuto osceno
penalmente rilevante non può restringersi alla sola rappresentazione estrema di
un rapporto sessuale, ma comprende anche l’oscenità insita in atti e
comportamenti che richiamano il congresso carnale, come esposizione di nudità,
atteggiamenti con chiaro contenuto erotizzante, manifestamente
licenziosi>> (Cass., sez. III penale, 5 dicembre
2002, n. 41055).

i) pertanto, il pudore risulta
leso in generale dalla rappresentazione prodotta di <<atteggiamenti che
rievocano esplicitamente e brutalmente gli atti della riproduzione>>
(Cass., sez. VI penale, 1 ottobre 1968, n. 1085),
avendo <<attitudine a svegliare la sensualità o a suscitare la
concupiscenza richiamando direttamente o indirettamente sensazioni o
manifestazioni della vita sessuale che devono rimanere opportunamente
celate>> (Cass., sez. I penale, 30 giugno 1969,
n. 267), sia più in generale <<quelle manifestazioni che apertamente
tendono all’eccitamento erotico>> (Cass., sez.
VI penale, 4 febbraio 1971, n. 1465);

j) nello specifico, a titolo
esemplificativo, si ha offesa al pudore <<sia quando
si riproducono brutalmente "atti della generazione", sia quando si
rappresentino scene ed atteggiamenti che chiaramente richiamino il rapporto
sessuale>> (Cass., sez. III penale, 15 gennaio 1979, n. 484); ancora,
quando si ha <<rappresentazioni di immagini che chiaramente richiamano il
rapporto sessuale o equivalente abnormi, nonché atti
di libidine, attraverso esposizioni di nudità invereconde, pose e atteggiamenti
aventi chiaro significato erotizzante>> (Cass., sez. III penale, 28
novembre 1974, n. 9191); ovvero, la esibizione di
corpi parzialmente o totalmente nudi, accompagnati a pose e atteggiamenti dei
personaggi che richiamano o simulano, anche in maniera provocatoria, atti o
attività sessuale, vale a configurare come pornografica la rappresentazione in
quanto contraria al comune senso del pudore (Cass., sez. I penale, 14 gennaio
2005, n. 17285);

k) con specifico riguardo al
contesto cinematografico, <<un’opera, il cui contenuto è caratterizzato
da un esasperato o quasi ossessivo pansessualismo fine a se stesso, in quanto
diretto a sollecitare deteriori istinti della libidine con rappresentazioni
crudamente veristiche di amplessi, con descrizioni, scene ed esposizioni di
nudità, non può non essere considerata oscena, in quanto gravemente offensiva
del comune sentimento del pudore di quella particolare sensibilità e
riservatezza che, ancor oggi, nonostante l’evoluzione dei costumi, circonda
cose od atti attinenti alla vita sessuale. Ed è indubbio che anche nell ’attuale momento storico la grande maggioranza dei
consociati, cui bisogna far riferimento per determinare il modo di pensare e di
sentire del cosiddetto "uomo medio", non ritiene tollerabile e non
accetta un’opera cinematografica, teatrale o letteraria, il cui tessuto
connettivo sia esclusivamente, o quasi, costituito dalla brutale riproduzione
di atti della generazione e dalla rappresentazione di scene ed atteggiamenti
che chiaramente richiamino il rapporto sessuale>> (Cass., sez. III
penale, 28 gennaio 1981, n. 520); e ancora, <<un’opera cinematografica
riveste carattere di oscenità non solo per la sua attitudine ad eccitare la
concupiscenza, ma anche quando, rappresentando scoperte carnalità e violenze
sessuali riposte nel fondo degenerativo degli istinti primordiali della specie,
violi il pudore, e cioè la verecondia attraverso la quale l’uomo, nel suo lungo
cammino di civiltà, ha sempre cercato di nascondere i suoi istinti sessuali
oltreché le turpitudini della propria ed altrui lussuria. Tutto ciò, invero,
mettendo in particolare evidenza fatti censurati dal riserbo e dalla pudicizia
che circondano gli strati elevati della coscienza umana, può indurre anche un
profondo disgusto, tale da prevalere sulle pulsioni erotizzanti e
annullarle.>> (Cass., sez. III penale, 7 giugno
1984 n. 5308);

RITENUTA la sussistenza di
elementi sufficienti alla individuazione dei criteri di determinazione della
natura pornografica degli atti, degli oggetti e delle rappresentazioni vietate
ai sensi dell’articolo 4, comma 1, lettera b), del
decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177;

RITENUTA, conseguentemente,
l’opportunità di esplicitare i predetti criteri cui devono conformarsi i
programmi predisposti e trasmessi dalle emittenti radiotelevisive pubbliche o
private nonché dai fornitori di contenuti radiotelevisivi, eccezion fatta per
quelli diffusi ad accesso condizionato con sistema di controllo specifico e
selettivo, al fine di rendere effettivo il divieto di trasmissione di programmi
contenenti scene pornografiche;

UDITA la relazione del
Commissario Michele Lauria, relatore ai sensi dell’articolo 29 del regolamento
concernente l’organizzazione ed il funzionamento dell’Autorità;

Delibera

Le emittenti radiotelevisive
pubbliche e private, nazionali e locali e i fornitori di contenuti
radiotelevisivi su frequenze terrestri, via satellite e via cavo , ai sensi e nei limiti di quanto stabilito dall’articolo
4, comma 1, lettera b), in combinato disposto con l’articolo 51, comma 1,
lettera i) del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, sono tenuti a
rispettare il divieto di trasmissione di programmi contenenti scene
pornografiche individuate in base ai criteri recati dalla presente delibera.

A tal fine, si intende per
pornografica la descrizione, l’illustrazione o la rappresentazione, visiva e/o
verbale, di soggetti erotici e di atti o attività attinenti alla sfera
sessuale, che risulti offensiva del pudore.

È offensiva del pudore la descrizione,
l’illustrazione o la rappresentazione, visiva e/o verbale, di atti o attività
attinenti alla sfera sessuale, o l’esibizione di organi genitali, esorbitante
dalla riservatezza tipica delle manifestazioni relative alla vita sessuale,
ovvero finalizzata alla eccitazione erotica o alla stimolazione dell’istinto
sessuale, ovvero connotata da gratuità rispetto al contesto narrativo e priva
di elementi redimenti che, alla luce dello stesso contesto, ne giustifichino la presenza.

Fatto salvo quanto previsto
dall’articolo 34, commi 1 e 2, del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177,
non rientra nel menzionato divieto di cui all’articolo 4, comma 1, lettera b)
del citato decreto legislativo, la rappresentazione che, pur ricadente nella
definizione di cui al precedente punto 2, sia parte di un contesto culturale o
di valore artistico e risulti non fine a sé stessa ma
funzionale all’economia dell’opera in cui è inserita.

Le emittenti e i fornitori di
contenuti sono richiamati ad adottare ogni cautela al
fine di uniformare le attività connesse alla messa in onda di programmi
radiotelevisivi ai predetti criteri ai fini dell’osservanza del divieto di cui
all’articolo 4, comma 1, lettera b) del decreto legislativo 31 luglio 2005, n.
177.

L’Autorità uniforma le proprie
attività di monitoraggio e sanzionatoria sul rispetto dei diritti fondamentali
della persona e del divieto di diffusione di programmi recanti scene
pornografiche ai predetti criteri, che pertanto assumono valore di indirizzo
interpretativo della relativa disposizione contenuta nell’articolo
4, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177,
munita del presidio sanzionatorio di cui all’articolo 51, comma 1, lett. i),
del citato decreto legislativo.