Civile

Friday 13 May 2005

Ammissibile la richiesta di decreto ingiuntivo per ottenere copia della polizza assicurativa Tribunale di Torre Annunziata – Sezione Distaccata di Castellammare di Stabia – Sentenza 2 maggio 2005

Ammissibile la richiesta di decreto ingiuntivo per ottenere copia della
polizza assicurativa

Tribunale di Torre Annunziata –
Sezione Distaccata di Castellammare di Stabia – Sentenza
2 maggio 2005

121/2005 – Giudice Dott. Giovanni Caparco

Con ricorso per decreto ingiuntivo
depositato in data 07.02.2003 presso la cancelleria dell’Ufficio del Giudice di
Pace di Castellammare di Stabia, il Tizio chiedeva
che fosse ingiunto alla Compagnia S.p.a. di
consegnare la documentazione relativa alle polizze
concernenti il contratto di assicurazione avente ad oggetto la r.c.a. per l’autovettura tg. _______, attesa l’inottemperanza della medesima compagnia
assicuratrice alla richiesta formulata con raccomandata del 18.12.2002.

Con decreto ingiuntivo n. 86/03 il
Giudice di Pace di Castellammare di Stabia ingiungeva alla Compagnia S.p.a.
di consegnare al ricorrente copia delle polizze assicurative per la r.c.a. contratte a decorrere dal 1994 fino al 2002 dal
medesimo ricorrente per l’autovettura predetta e copie delle quietanze
attestanti i premi corrisposti, oltre al pagamento delle spese della procedura monitoria.

Con atto di citazione notificato in
data 20.03.2003, la
Compagnia S.p.a.
spiegava opposizione avverso il predetto decreto
ingiuntivo, deducendo la nullità di quest’ultimo e
l’inammissibilità del ricorso al procedimento monitorio giacchè
il provvedimento opposto esorbitava dai limiti di cui all’art. 633 c.p.c. e si
risolveva in un aggiramento dei limiti previsti per l’ordine di esibizione di
documenti, oltre al fatto di essere stato emesso in difetto di prova scritta.

In via subordinata eccepiva
l’inesistenza e comunque la prescrizione del diritto
del ricorrente all’esibizione dei documenti richiesti ex art. 2952 c.c., nonché la illegittimità della condanna alle spese
disposta con il medesimo decreto, giacchè la consegna
delle polizze era comunque subordinata dall’art. 1888 c.c. al pagamento delle
spese necessarie da parte del richiedente.

Chiedeva che fosse dichiarata la inammissibilità dell’azione monitoria ovvero la nullità
del decreto opposto; che, in subordine, fosse accertata l’insussistenza del
diritto del ricorrente; che, in ulteriore subordine, fosse revocato il decreto
opposto nella parte relativa alla condanna alla spese.

Si costituiva in giudizio il Tizio il
quale contestava le avverse deduzioni, osservando come il ricorso introduttivo
era volto ad ottenere la consegna di una cosa mobile determinata ex art. 633
c.p.c. e tale doveva sicuramente considerarsi la
polizza.

Deduceva, inoltre, che essa opponente
era tenuta a consegnare copia delle polizze o delle quietanze ex art. 1888 c.c., laddove nel caso di specie
aveva ignorato completamente la richiesta fatta da esso ricorrente e non aveva
affatto condizionato la consegna al pagamento delle spese.

Chiedeva in via preliminare la
concessione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto e nel
merito il rigetto della spiegata opposizione.

Con sentenza n. 295/04 il Giudice di
Pace rigettava l’opposizione e per l’effetto confermava il decreto ingiuntivo
opposto, condannando l’opponente al pagamento delle spese di lite.

Avverso tale ultima sentenza ha
proposto appello la
Compagnia S.p.a., la quale in via preliminare ha dedotto la nullità del
gravato provvedimento per omessa o insufficiente motivazione – giacchè dalla lettura della parte motiva della sentenza non
sarebbe possibile dedurre l’iter argomentativo seguito dal giudice onde
pervenire alla adottata decisione – e ha eccepito l’incompetenza territoriale
del Giudice di Pace adito.

Nel merito ha censurato la gravata
sentenza nella parte in cui il giudice ha disatteso l’eccezione di prescrizione
del diritto fatto valere dell’appellato in virtù del
combinato disposto degli artt. 1888 e 2952 c.c.

Ha dedotto poi in
ordine alla inammissibilità del ricorso alla procedura monitoria nel
caso di specie e ha sottolineato nuovamente come in ogni caso il decreto
ingiuntivo opposto sarebbe stato emesso in mancanza di prova scritta del
diritto fatto valere dal ricorrente, laddove lo stesso giudice dell’opposizione
avrebbe poi ritenuto sufficiente la prova indiziaria posta a base del
provvedimento monitorio anche nella successiva fase di merito.

Ha sottolineato
la specialità del contratto di assicurazione che richiede la forma scritta ad probationem ex art. 1888 c.c. e che deve essere provato
necessariamente attraverso l’esibizione della polizza.

Ha concluso
chiedendo preliminarmente la declaratoria di incompetenza territoriale del
Giudice di Pace di Castellammare di Stabia per essere
competente il Giudice di Pace di Roma.

Nel merito ha chiesto la declaratoria
della erroneità e dell’ingiustizia della sentenza
impugnata, attesa la inammissibilità dell’azione monitoria posta in essere, con
conseguente illegittimità del decreto ingiuntivo opposto.

In via subordinata ha chiesto la
declaratoria di prescrizione del diritto fatto valere, con conseguente revoca
del decreto ingiuntivo opposto.

Si è costituito in giudizio il Tizio
il quale ha controdedotto in ordine
a tutte le cesure sollevate dell’appellante avverso la gravata sentenza
e ha eccepito l’inammissibilità dell’appello per essere stato proposto avverso
sentenza del Giudice di Pace pronunciata secondo equità.

Ha concluso
chiedendo il rigetto dell’appello.

Su richiesta di parte appellante,
all’udienza del 21.02.2005, veniva disposto rinvio della causa ai sensi
dell’art. 352, comma 5, c.p.c. con la concessione del termine di giorni trenta
per il deposito delle comparse conclusionali.

All’udienza del 18.04.2005, all’esito
della discussione orale, la causa veniva riservata in
decisione sulle conclusioni in epigrafe trascritte.

Motivi della decisione

In via preliminare va osservato che
la presente controversia, essendo stata instaurata con atto di citazione in
primo grado notificato in data 20.03.2003, ricade sotto la disciplina dall’art.
113 c.p.c. così come modificato dal D.L. 08.02.03 n. 18, convertito in legge
07.04.03 n. 63, il quale espressamente prevede che, per le controversie
instaurate dopo il 10.02.2003 (art. 1 bis D.L. cit.), il Giudice di Pace decide
secondo equità le cause il cui valore non ecceda millecento euro, con
esclusione di quelle derivanti da rapporti giuridici relativi a contratti
conclusi secondo le modalità di cui all’art. 1342 c.c.

Nel caso di specie, rientrando
indubitabilmente tra questi ultimi il rapporto giuridico per
cui è causa, deve ritenersi che correttamente il Giudice di Pace adito
in prime cure ha deciso la controversia in oggetto secondo diritto e che
ritualmente avverso la relativa decisione è stato proposto appello dinanzi al
Tribunale, ai sensi del combinato disposto degli artt. 339, commi 1 e 3, e 341
c.p.c.

A parere del Tribunale priva di
pregio si palesa la denuncia della nullità della gravata sentenza per omessa o
insufficiente motivazione, atteso che dalla lettura della parte motiva del
provvedimento impugnato è perfettamente comprensibile quale sia
stato l’iter logico posto dal giudice di prime cure a fondamento della
sua decisione in ordine a tutte le contestazioni sollevate dall’opponente.

La correttezza o meno delle
argomentazioni medesime, poi, è questione afferente al
merito del presente giudizio e non già al lamentato vizio procedurale.

Sempre in limine litis
va dichiarata la inammissibilità dell’eccezione di
incompetenza territoriale del Giudice di Pace adito in prime cure proposta per
la prima volta in appello.

Ed invero, sebbene parte appellante
affermi di aver formulato riserva di impugnazione
avverso la sentenza non definitiva pronunciata dal Giudice di Pace, da quanto è
dato rilevare dagli atti di causa nessuna decisione in tal senso è stata resa
dall’organo giudicante in primo grado, né l’eccezione de qua risulta essere
stata sollevata in quella sede.

Orbene, è noto che l’art. 345, comma
2, c.p.c., nel vietare in
appello la proposizione di nuove eccezioni che non siano rilevabili anche
d’ufficio, configura una schema procedimentale
improntato al principio della revisio prioris istantiae: ne consegue
che la violazione di tale regola va rilevata anche d’ufficio, senza che possa
spiegare alcuna rilevanza l’accettazione del contraddittorio, proprio come
verificatosi in realtà nel caso di specie (ex plurimis
Cass. 01/4190).

Quanto al merito, a parere del
Tribunale, ai fini della corretta intelligenza di tutti i profili afferenti
alla vicenda per causa, va in primo luogo esaminato l’aspetto relativo alla ammissibilità del ricorso alla procedura
monitoria onde ottenere attraverso quest’ultima la
consegna di determinati documenti.

Sotto tale profilo parte appellante
espressamente deduce che il decreto ingiuntivo opposto sia
<<inammissibile ed abnorme perché emesso fuori delle ipotesi previste
dall’art. 633 c.p.c.>>.

La censura è infondata e va pertanto
disattesa.

A tal uopo appare appena il caso di
evidenziare come il diritto alla consegna di una cosa mobile determinata
menzionato dall’art. 633, comma 1, c.p.c. non ha natura diversa, se non per
l’oggetto della prestazione, dal diritto di credito ad una somma di denaro ed è
quindi parte della categoria generale del credito quale unica situazione
giuridica soggettiva tutelabile in sede monitoria.

In virtù di tali considerazioni,
infatti, la più attenta dottrina e la giurisprudenza sono concordi
nell’escludere che il termine "consegna" possa estendersi fino a
ricomprendere l’azione di rivendicazione o altra azione
restitutoria conseguente alla violazione di un
diritto reale di godimento, poiché per tali pretese appare più appropriato il
termine "restituzione".

Inoltre, l’esercizio dell’azione di
rivendicazione sarebbe estraneo alla struttura e alla natura stessa del
procedimento per ingiunzione, soprattutto per quanto concerne la prova scritta
del diritto fatto valere.

Invece, per quanto riguarda
precipuamente l’ammissibilità del ricorso alla procedura monitoria onde
ottenere la consegna di documenti determinati, osserva
questo Giudice come già da tempo parte della giurisprudenza di merito abbia
fornito a tale interrogativo risposta positiva.

Ed invero, in materia è ormai nota la
pronuncia del Tribunale di Milano alla stregua della quale l’ordine impartito
ad una banca diretto a far ottenere ad un curatore fallimentare copia degli
estratti conto relativi ai rapporti intrattenuti con
l’istituto di credito dall’impresa fallita può essere oggetto di decreto
ingiuntivo (Trib. Milano, 21.06.1996, F.it., 96, I, 3200).

Ed ancora prima la Pretura di Bari aveva
ritenuto che è ammissibile, in caso di inerzia
dell’ente, il decreto ingiuntivo emesso nei confronti dell’Inps
al fine di ottenere il rilascio di un estratto conto attestante i dati
contributivi e retributivi ai fini del calcolo pensionistico (Pret. Bari, 27.11.1990, F. it. 91, I, 958).

Ritiene il Tribunale che tale opzione ermeneutica meriti di essere condivisa, specie nel
caso in cui la pretesa volta ad ottenere la consegna di un documento si ponga
quale atto di esercizio di un diritto di credito rinveniente la sua fonte in un
contratto o in una norma di legge applicabile a quest’ultimo.

Orbene, per quanto concerne
specificamente il contratto di assicurazione, l’art.
1888 c.c., dopo aver previsto al suo secondo comma
che l’assicuratore è obbligato a rilasciare al contraente la polizza o altro
documento da lui sottoscritto, al terzo comma espressamente prevede che il
medesimo assicuratore è anche tenuto a rilasciare, a richiesta e spese del
contraente, duplicati o copie della polizza.

Come sostenuto da autorevole
dottrina, gli obblighi di cui all’art. 1888, commi 2 e 3, c.c. trovano il loro
fondamento nella buona fede di cui all’art. 1375 c.c. e legittimano
l’assicurato, in caso di inadempimento, ad agire in
giudizio per l’emissione e la consegna del documento, nonché per il
risarcimento del danno ai sensi dell’art. 1218 c.c.

Tanto osservato, in virtù di tutte le
considerazioni che precedono, a parere del Tribunale
non sussistono ostacoli di sorta a concludere nel senso dell’ammissibilità
dell’attuazione del diritto di credito del contraente di cui all’art. 1888 cit.
attraverso il ricorso alla procedura monitoria.

Giova ribadire
ancora che il diritto in questione trova il suo fondamento nel contratto di
assicurazione, atteso che, come chiarito più volte dalla giurisprudenza della
S.C. di legittimità, per diritti derivanti dal contratto di assicurazione
devono intendersi non solo quelli fondati su una clausola contrattuale, ma
anche quelli fatti valere in virtù di una norma di legge che regola il rapporto
contrattuale (cfr. in motivazione Cass. 84/5683).

Tali considerazioni privano di pregio
anche l’argomentazione svolta da parte appellante secondo la quale con il
ricorso alla procedura monitoria il ricorrente avrebbe
aggirato le norme processuali sulla formazione della prova e sulla sua
acquisizione in giudizio.

Ed invero, ritiene questo Giudice che
il problema vada affrontato sotto il diverso profilo
della sussistenza o meno dell’interesse ad agire quale condizione dell’azione e
non già nella prospettiva della sindacabilità della scelta del mezzo attraverso
il quale un soggetto decida di ottenere un determinato risultato giuridicamente
apprezzabile, indipendentemente poi dalle finalità di ordine pratico che il
medesimo soggetto intenda perseguire attraverso la soddisfazione del suo
diritto.

Orbene, come chiarito dalla costante
giurisprudenza della S. C. di legittimità, l’interesse ad agire non può in
nessun caso ritenersi legittimamente escluso dalla possibilità dell’esperimento
di azioni e di rimedi alternativi tesi alla tutela
della medesima situazione giuridica ovvero al conseguimento del medesimo
risultato giuridicamente apprezzabile (ex plurimis
Cass. 98/486).

A tutto concedere, alla stregua delle
motivazioni espresse dal ricorrente nell’atto introduttivo del procedimento
monitorio, per quanto le stesse possano ritenersi
rilevanti nel caso di specie, non v’è chi non veda come l’interesse ad ottenere
copie o duplicati delle polizze tendeva a soddisfare un’esigenza prodromica all’instaurazione del successivo giudizio inteso
ad ottenere il risarcimento del danno patito in conseguenza dalla
partecipazione della compagnia assicuratrice all’accordo vietato dalla legge
287/90 e sanzionato dall’AGCM, esigenza consistente nella necessità di valutare
preliminarmente all’instaurazione della lite l’effettiva sussistenza del danno
asseritamente concretizzato dall’illecito aumento dei premi praticati
dall’assicuratore e pagati dal contraente.

A parere di questo Giudice, parimenti
infondata e non meritevole di essere condivisa si palesa l’argomentazione
svolta da parte appellante alla stregua della quale nel caso di specie,
ordinando in via monitoria alla compagnia assicuratrice di consegnare copie o
duplicati delle polizze, si sarebbe imposto alla
medesima Compagnia S.p.a. non l’adempimento di un
obbligo di dare, bensì un facere.

Ed invero, è noto ed indiscutibile che
l’obbligazione avente come precipuo contenuto la consegna di un bene
rappresenti senza dubbio un’obbligazione di dare.

Infatti, se è vero che le obbligazioni di
dare sono comunemente distinte rispetto alle obbligazioni di fare, è
altrettanto vero che non sempre il dare ed il fare costituiscono contenuto
esclusivo dell’obbligazione.

E’ frequente, anzi, che
l’attribuzione di un bene implichi un’attività creativa e, viceversa, che la
prestazione di fare implichi l’alienazione di un bene prodotto: in questi casi
il criterio distintivo tra le due categorie va ricercato nella prevalenza
dell’attribuzione della res ovvero dell’attività
creativa.

Come ritenuto in dottrina e
giurisprudenza, la prevalente importanza dell’uno o dell’altro elemento va
accertata in base al contenuto dell’impegno debitorio,
dovendosi reputare prevalente il fare o il dare a seconda che l’obbligazione
sia determinata dal titolo principalmente in relazione all’attività
del debitore ovvero in relazione all’alienazione del prodotto finito.

Inoltre, il criterio della prevalenza
ha riguardo al contenuto dell’obbligazione come determinato dal titolo ed è
quindi un criterio oggettivo, dovendosi escludere che la prevalenza del dare o
del fare dipenda dal giudizio soggettivo delle parti, così come non dipende
dall’opinione di queste ultime la qualificazione giuridica del loro rapporto.

Alla stregua delle considerazioni che
precedono, dunque, non v’è chi non veda come il
contenuto dell’obbligo posto a carico dell’assicuratore dall’art. 1888, comma
3, c.c. sia tutto incentrato dalla norma – titolo dell’obbligo medesimo – sulla
consegna delle copie o dei duplicati della polizza, sicchè
lo stesso non può che essere qualificato quale obbligo di dare fondato sulla
indiscutibile prevalenza della traditio rei,
indipendentemente dal fatto che la consegna del documento implichi logicamente
la previa formazione del documento medesimo.

Per quanto concerne il profilo
afferente alla prova scritta del diritto che il ricorrente deve fornire onde avere accesso alla tutela monitoria, nella fattispecie
in esame non v’è chi non veda come la prova scritta del diritto non ridondi in
altro che nella prova scritta del contratto da cui il medesimo diritto
scaturisce.

A tal proposito è d’uopo evidenziare
come, sebbene normalmente il contenuto del contratto de quo sia provato
mediante la polizza, la dottrina e la giurisprudenza abbiano da tempo affermato
la possibilità che la prova del contratto di assicurazione
possa essere data mediante altri documenti aventi lo stesso valore della
polizza.

In particolare è stato ritenuto che
il certificato di assicurazione, quale atto
sottoscritto dall’assicuratore e rilasciato alla controparte fornisce prova
documentale del contratto di assicurazione, al pari della polizza, con riguardo
alle parti di essa che espressamente riproduca (Cass. 90/2322).

Autorevole dottrina ha ritenuto la
sufficienza anche di scambi di lettere sottoscritte, purchè
da esse risulti il contenuto del contratto, ovvero di
telegrammi o di fax in quanto ad essi si riconosca il valore di scrittura
privata.

In tema di assicurazione
r.c.a., dottrina specialistica, mostrandosi critica
rispetto a quanto sostenuto da Cass. 85/4077, ha addirittura sostenuto la
valenza probatoria, oltre che del certificato di assicurazione, anche del c.d.
contrassegno.

A parere del Tribunale, tale opzione ermeneutica merita di essere condivisa, atteso che è
noto come in tema di contratti per i quali è prevista la forma scritta ad probationem la mancata osservanza dell’onere formale non
impedisce comunque che il contratto sia validamente stipulato e soprattutto che
dello stesso possa essere data prova mediante documenti ricognitivi
o mediante confessione.

Nel caso di specie va in primo luogo
osservato come il ricorrente abbia posto a fondamento del richiesto d.i. copia del certificato di assicurazione
relativo alla polizza n. 0024 00371791 indicante quale data di scadenza del
periodo assicurato il 17.12.2001.

Inoltre, ha prodotto quietanza n.
016052 del 17.09.2001 attestante l’avvenuto pagamento per scadenza rata del
17.09.2001.

A tali documenti ben può riconoscersi
efficacia probatoria del contratto di assicurazione,
atteso che di quest’ultimo richiamano gli elementi
essenziali e soprattutto perché risultano sottoscritti dall’assicuratore: per
mera completezza è appena il caso di evidenziare come i medesimi documenti non
siano stati oggetto di specifico disconoscimento ad opera della odierna appellante
in fase di opposizione a decreto ingiuntivo.

Orbene, alla stregua delle
considerazioni che precedono, a parere del Tribunale
ben può ritenersi che il ricorrente abbia dato prova scritta dell’esistenza del
contratto di assicurazione quantomeno per l’anno 2001.

A fronte di tanto ben può ritenersi
quindi sussistente il diritto dell’assicurato di ottenere a sua richiesta copia
della polizza relativa a tale periodo.

Con i predetti documenti parte
ricorrente ha assolto, limitatamente al periodo suddetto, l’onere probatorio su
di lui gravante anche in sede di opposizione a decreto
ingiuntivo, giacchè è noto come la documentazione che
ha consentito l’emissione del decreto ingiuntivo non perda per il solo fatto
dell’opposizione proposta avverso lo stesso la propria attitudine probatoria
nel relativo procedimento ordinario (Cass. 86/3714).

Ed invero, l’opposto è tenuto a dare ulteriore prova del suo diritto in sede di opposizione
solo qualora quella alla stregua della quale è stato concesso il richiesto
provvedimento monitorio non sia idonea a rappresentare e costituire prova piena
del diritto azionato in un ordinario giudizio di cognizione.

Contrariamente a quanto ritenuto dal
primo giudice, tuttavia, nessuna prova è stata offerta nel caso di specie per
il periodo che va dal 1994 al 2000.

Ed invero, a prescindere dalla
considerazione secondo cui nel giudizio di opposizione
non è più sufficiente la prova meramente indiziaria che sia stata ritenuta
idonea alla concessione del decreto ingiuntivo, laddove l’opposto-attore in
senso sostanziale è tenuto a dare piena prova del diritto azionato, nel caso di
specie non sono stati offerti né in primo grado né in grado di appello elementi
dai quali desumere la richiesta prova scritta della sussistenza del contratto
di assicurazione- e quindi del diritto azionato- per il periodo antecedente
all’anno 2001.

Pertanto, il decreto ingiuntivo
opposto va parzialmente revocato e la domanda spiegata in giudizio
dall’originario ricorrente va solo parzialmente accolta.

Infondata, infine, si palesa
l’eccezione di prescrizione del diritto azionato in giudizio sollevata
dall’appellante, sia pure per considerazioni diverse da quelle poste dal primo
giudice a fondamento della decisione su tale punto, sicchè
la gravata sentenza va corretta nei termini che seguono.

Ed invero, parte appellante invoca la
prescrizione annuale del diritto fatto valere dal ricorrente in virtù del
combinato disposto degli artt. 1888 e 2952 c.c.: nulla deduce, tuttavia, in ordine alla individuazione del
dies a quo dal quale far decorrere il predetto
termine di prescrizione.

Orbene, a parere del Tribunale non è
revocabile in dubbio che il diritto per cui è causa –
in quanto indubbiamente derivante dal contratto di assicurazione- sia
assoggettato alla prescrizione annuale ex art. 2952, comma 2, c.c.

Tuttavia, in base al tenore letterale
di quest’ultima disposizione normativa, non può non
osservarsi come il termine annuale di prescrizione dalla
stessa previsto non possa essere fatto decorrere che dal giorno in cui
si è verificato il fatto su cui il diritto si fonda.

Tanto osservato, alla stregua della
previsione dell’art. 1888, comma 3, c.c., in base al quale l’assicuratore è anche tenuto a
rilasciare, a richiesta e a spese del contraente, copie o duplicati della
polizza, è giocoforza concludere nel senso che il fatto costitutivo del diritto
del richiedente-speculare all’obbligo dell’assicuratore di cui alla norma in
esame – non possa che essere individuato nella richiesta avanzata dallo stesso
contraente, sicchè non può che da tal momento farsi
decorrere il termine di prescrizione del diritto medesimo.

Ed infatti,
che il termine di prescrizione del diritto in esame non possa essere fatto
decorrere dal momento dell’emissione della polizza – considerando tale ultimo
evento quale fatto costitutivo, come implicitamente vorrebbe far intendere
parte appellante – è agevolmente evincibile dall’ultimo inciso dell’art. 1888,
comma 3, c.c., il quale prevede che in caso di
richiesta di duplicati o copie della polizza l’assicuratore può esigere la
esibizione o la restituzione dell’originale.

Orbene, perché tale ultima previsione
abbia un senso, deve necessariamente ritenersi che il diritto in questione non
potrà che essere esercitato successivamente alla
emissione della polizza medesima e il fatto costitutivo dello stesso non possa
che individuarsi nella richiesta dell’assicurato.

D’altro canto, non v’è chi non veda come il diverso diritto del contraente ad ottenere
copia della polizza al momento della sua emissione sia oggetto della diversa
disposizione di cui all’art. 1888, comma 2, c.c.

Tanto osservato, nel caso di specie
il diritto azionato non può ritenersi prescritto, giacchè
la richiesta delle copie o duplicati per cui è causa è
datata 18.12.2002 e l’azione giudiziaria volta ad ottenere il soddisfacimento
della pretesa inevasa è stata esercitata in data 21.02.2003 (data della
consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario) mediante notifica del decreto
ingiuntivo poi opposto.

Per mera completezza, è appena il
caso di evidenziare come nessuna dimostrazione sia stata
data dalla Compagnia S.p.a. in ordine alla richiesta
stragiudiziale di pagamento delle spese da parte del richiedente per la
consegna del duplicato e della copia delle polizze richieste, sicchè allo stato il relativo obbligo può ritenersi mai
divenuto attuale e tale da giustificare l’inadempimento ad opera
dell’assicuratore.

Da tutte le considerazioni che
precedono consegue la necessità della parziale riforma della gravata sentenza
in conseguenza del parziale accoglimento dell’appello proposto dalla Compagnia S.p.a. Assicurazioni S.p.a.

Dunque, in parziale accoglimento
della domanda spiegata dal Tizio, la Compagnia S.p.a. Assicurazioni S.p.a. va
condannata alla consegna di copia o duplicato delle polizze emesse relative al
contratto di assicurazione avente ad oggetto la r.c. per l’autovettura tg.
_______ sottoscritto dal medesimo Tizio.

In ordine alla regolamentazione delle spese, la
fondatezza sia pur parziale della pretesa spiegata in giudizio dal ricorrente
in sede monitoria fa ritenere sussistenti giusti motivi per dichiarare non
ripetibili quelle afferenti a tale fase, ad onta della revoca del decreto
ingiuntivo opposto (cfr. Cass. 97/7354).

Per le spese relative
alla fase di merito, le medesime argomentazioni inducono a confermare la
gravata sentenza in ordine alla condanna alle spese relative al giudizio di
prime cure, ritenendo equa e congrua la liquidazione fattane dal primo giudice.

Infine, la riforma della sentenza di
primo grado in ordine ai motivi posti a fondamento
della decisione, la novità e la complessità della questione affrontata fanno
ritenere sussistenti giusti motivi per l’integrale compensazione tra le parti
delle spese relative al presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente
pronunciando sull’appello proposto dalla Compagnia S.p.a.
Assicurazioni S.p.a. con atto di citazione
ritualmente notificato nei confronti dell’appellato epigrafato
avverso la sentenza n. 295/04 del Giudice di Pace di
Castellammare di Stabia, in parziale riforma di quest’ultima, così provvede:

– accoglie parzialmente l’appello e
per l’effetto revoca il decreto ingiuntivo n. 86/03 reso dal Giudice di Pace di
Castellammare di Stabia;

– accoglie parzialmente la domanda
spiegata in giudizio dal Tizio e per l’effetto condanna l’Compagnia
S.p.a. – Le Assicurazioni d’Italia s.p.a., in persona del legale rapp.te p.t., alla consegna di copia o
duplicato delle polizze relative al
contratto di assicurazione avente ad oggetto la r.c.
per l’autovettura tg. _______ emesse in relazione a quest’ultimo per
l’anno 2001;

– dichiara le spese di lite relative alla fase monitoria non ripetibili;

– conferma la gravata sentenza per il
capo relativo alle spese del primo grado di giudizio;

– dichiara integralmente compensate
tra le parti le spese del giudizio di secondo grado.

Così deciso in Castellammare di Stabia il 02.05.2005

Il Giudice

Dott. Giovanni Caparco