Penale
Altri dubbi sulla legittimità costituzionale del procedimento penale avanti il Giudice di Pace. 410 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 marzo 2003. (GU n. 27 del 9-7-2003)
Altri dubbi sulla legittimità costituzionale del procedimento penale avanti il Giudice di Pace
. 410 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 marzo 2003.
Ordinanza emessa il 27 marzo 2003 dal giudice di pace di Bari nel procedimento penale a carico di Mineccia Angela Processo penale – Procedimento davanti al giudice di pace – Chiusura delle indagini preliminari – Obbligo di notifica dell’avviso all’indagato – Mancata previsione – Disparita’ di trattamento rispetto al giudizio ordinario (in cui e’ previsto, ex art. 415-bis cod. proc. pen. l’avviso all’indagato della conclusione delle indagini preliminari) – Lesione del diritto di difesa. – Decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, art. 15. – Costituzione artt. 3, 24 e 111. (GU n. 27 del 9-7-2003)
IL GIUDICE DI PACE
Ha emesso la seguente ordinanza nel procedimento penale n. 108/03
r.g. g.d.p. e n. 273/02 r.g. proc. pen. a carico di Mineccia Angela,
nata a Bari il 12 febbraio 1976 radicato innanzi a questo giudice di
pace i difensori dell’imputata: avv. Andrea Casto e Giuseppina
Ligorio all’udienza dibattimentale del 27 febbraio 2003 eccepivano:
la nullita’ del decreto di citazione a giudizio per omessa notifica
dell’avviso all’indagato della conclusione delle indagini preliminari
in violazione dell’art. 415-bis c.p.p.;
Sollevava inoltre la difesa dell’imputata, questioni di
legittimita’ costituzionale della norma di cui all’art. 15 d.lgs. 28
agosto 2006 per violazione degli articoli 3; 24; 111 della carta
costituzionale sostenendo in primis che l’avviso di cui all’art.
415-bis c.p.p. sia da considerarsi fra gli istituti di «parte
generale» richiamati dall’art. 2 del d.lgs. n. 274/2000 quindi,
applicabile anche nel rito pendente innanzi al g.d.p., avendo il
legislatore al secondo comma del citato articolo elencato
tassativamente una serie di istituti non applicabili al procedimento
de quo, tra i quali non e’ compreso l’avviso all’indagato ex
art. 415-bis c.p.p., dovendo rientrare tale applicazione nella
previsione normativa del dettato di cui al primo comma del menzionato
art. 2 del d.lgs. n. 274 che testualmente recita: «nel procedimento
davanti al giudice di pace, per tutto cio’ che non e’ previsto dal
presente decreto si osservano, in quanto applicabili le norme
contenute nel codice di procedura penale.» …
In secundis, argomentavano parimenti i difensori della Mineccia
sulla disparita’ di trattamento riservata dal d.lgs. n. 274/2000
rispetto al giudizio ordinario, (e dunque la violazione dell’art. 3
della Costituzione) fra «l’indagato» innanzi al g.d.p. che, a
conclusione delle indagini preliminari rivestira’ ex abrupto ed a sua
insaputa la qualifica di imputato non potendo in alcun modo
interloquire preventivamente sulla ipotesi di reato contestatagli per
scongiurare l’esercizio dell’azione penale, ed l’indagato nel
processo ordinario che viceversa, beneficera’ dell’avviso di
conclusione delle indagini ex art. 415-bis c.p.p. si da poter
costruire un teorema difensivo supportato da idonei elementi di prova
finalizzato a compulsare la richiesta di archiviazione da parte del
p.m.
Parimenti violato, a giudizio degli avv. Casto e Ligorio
risulterebbe l’art. 24, comma 2 della Carta costituzionale giacche’
verrebbe di fatto, negata alla propria assistita la possibilita’ di
difendersi in ogni stato e grado del procedimento posto che
l’imputata e venuta a conoscenza del processo a suo carico soltanto
attraverso il decreto di citazione a giudizio con sostanziale
negazione del diritto di difesa nella fase preprocessuale.
Per analoghe ragioni a parere dei citati difensori non puo’
neppure tacersi la violazione dell’art. 111 della Costituzione che,
in particolare al comma terzo, prevede che «… nel processo penale
la legge assicura che la persona accusata di un reato sia, nel piu’
breve tempo possibile, informata riservatamente della natura e dei
motivi dell’accusa elevata a suo carico; disponga del tempo e delle
condizioni necessarie per preparare la sua difesa …», il tutto in
condizioni paritetiche con l’accusa.
A parere di questo giudice le carenze dogliate dai difensori di
fiducia della imputata Angela Mineccia offrono il fianco a rilievi di
legittimita’ costituzionale sia quanto alla effettivita’ del diritto
della conoscenza da parte dell’indagato della conclusione delle
indagini preliminari sia, quanto alla carenza della norma di cui
all’art. 15, d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274 che, appunto, non prevede
l’avviso all’indagato della conclusione delle indagini preliminari.
Al di la’ delle suggestive argomentazioni, i rilievi eccepiti dai
difensori della Mineccia nel processo a quo appaiono sostenuti da
autorevole dottrina (Marzaduri in Consogrevi – comp.PP.A44) che
prefigura, nel giudizi innanzi al g.d.p. l’applicabilita’ dell’art.
415-bis c.p.p. e nel caso di inosservanza la conseguente nullita’
della vocatio in ius in virtu’ del rinvio generale alle norme del
codice di rito contenute nell’art. 2 del d.lgs. n. 274/2000.
L’orientamento dottrinario citato puo’ ritenersi condivisibile in
ossequio alla regola ermeneutica ispirata alle esigenze di
riconoscere la coerenza del sistema, (informato ancor prima che a
logiche di celerita’ e speditezza processuale, particolarmente
sviluppate nel microsistema processuale disciplinato dal d.lgs.
n. 274/2000), alle esigenze di garantire il diritto di difesa che,
viceversa, verrebbe frustrato e seriamente compromesso da una
normativa che non consenta all’indagato di sollecitare al p.m. una
richiesta abortiva nel procedimento penale anteriore alla fase
processuale.
Il profilo da ultimo trattato, introduce la questione di
legittimita’ Costituzionale della norma di cui all’art. 15, d.lgs.
n. 274/2000 per presunta violazione degli art. 3, 24, 111 della Carta
Costituzionale.
La disparita’ di trattamento riservato dal giudizio disciplinato
dal d.lgs. n. 274/2000 rispetto al giudizio ordinario, appare non
manifestamente infondata, giacche’ la filosofia attesa aIl’avviso di
cui all’art. 415-bis c.p.p. consiste nella garanzia offerta, nel rito
ordinario, all’indagato, di contrastare l’ipotesi accusatoria, anche
attraverso investigazioni difensive, cosi’ da sollecitare una
anticipata definizione del procedimento, che scongiuri la fase
processuale, tanto senza che cio’ comporti riduzione delle esigenze
di celerita’ e di contrazione processuale che caratterizzano il
procedimento innanzi al g.d.p.
Viceversa l’applicazione della norma prevista dall’art. 415-bis
al procedimento davanti al g.d.p. oltre che ad assicurare una
maggiore coerenza al sistema ne migliorerebbe l’economia complessiva
del procedimento, in virtu’ del gran numero di processi che non
verrebbero celebrati innanzi al detto giudice, avendo l’indagato, in
presenza di contestazione palesemente infondata, la possibilita’ di
presentare memorie, documenti e scritti difensivi che, con il
supporto dell’attivita’ investigativa difensiva, scongiurerebbe
l’azione penale preventivamente con la richiesta di proscioglimento
da parte dello stesso p.m., che altro non potrebbe fare, trovandosi
di fronte ad un impianto accusatorio provatamente infondato.
Senza dire del danno grave che viene prodotto dal decreto di
citazione a giudizio previsto, con il quale il cittadino anche il
piu’ «immacolato assume», ex abrupto, la condizione di imputato, con
tutti quei pregiudizi che tale condizione comporta sino alla
conclusione del processo che, ancorche’ celere, ha i suoi tempi
tecnici.
Basti sol pensare che tale condizione di imputato gravante
sull’inconsapevole cittadino, produce sulla sfera etico-sociale e
professionale dello stesso.
E’ una lesione di tale entita’ che, addirittura lo porrebbe nella
condizione, (stante la mancata conoscenza della esistenza di un suo
carico pendente), di commettere in perfetta ed assoluta buona fede un
alto reato, quale quello di sottoscrivere un autocertificazione di
assenza di carichi pendenti, magari per partecipare ad un concorso
pubblico, mentre gia’ si trovava nella condizione di imputato prima
ancora che gli venisse notificato il decreto di rinvio a giudizio,
stante la differenza temporale fra la data di deposito della
relazione prevista dall’art. 11, d.lgs. n. 274/200 e la data di
notifica del decreto di citazione a giudizio.
Anche da questo punto di vista, fortemente lesivo dei diritti
soggettivi apparrebbe opportuno un rimedio legislativo.
Parimenti degna di valutazione si ritiene sia la presunta
violazione dell’art. 24 della Costituzione, il cui dato fattuale,
sulla negata possibilita’ di difendersi, … «in ogni stato e grado
del procedimento, …» atteso che l’imputato innanzi al g.d.p. verra’
a conoscenza del processo a suo carico, soltanto attraverso il
decreto di citazione a giudizio realizza una negazione del diritto di
difesa ante causam in contrasto con la norma costituzionale.
L’imputato infatti non avra’ la possibilita’ di verificare prima del
processo gli elementi di prova raccolti dal p.m. durante la fase
delle indagini preliminari.
Ma vi e’ di piu’, l’imputato innanzi al g.d.p. non avra’ la
possibilita’ di contrastare l’impianto accusatorio del p.m., cosi’
vedendosi negare anche la possibilita’ di avviare una strategia
difensiva nella fase pre-processuale.
E’ appena il caso di sottolineare che il legislatore non a caso
prevede nell’art. 24 della Cost. il diritto di difesa in ogni stato e
grado del procedimento!
Il procedimento nasce con l’avvio delle indagini preliminari, ed
e’ in quel momento che sorge il diritto di difesa costituzionalmente
previsto.
La mancata conoscenza della sussistenza di un procedimento sorto
a sito carico, impedisce in effetti al cittadino la possibilita’ di
avvalersi di tale diritto di difesa previsto alla radice dal
legislatore costituzionale. Qualche interrogativo e’ altresi’
prospettabile con riferimento all’art. 111 della Costituzione che, in
particolare nel terzo comma, prevede che «… nel processo penale, la
legge assicura che la persona accusata di un reato sia, nel piu’
breve tempo possibile, informata riservatamente della natura e dei
motivi dell’accusa elevata a suo carico; disponga del tempo e delle
condizioni necessarie per preparare la sua difesa …». Tanto da
realizzare una condizione paritetica fra accusa e difesa. Lo
svolgimento delle indagini preliminari, ai sensi dell’art. 11, d.lgs.
n. 274/2000 ha una durata di quattro mesi ed in tale arco temporale
nessun avviso o comunicazione e’ previsto venga inoltrato al
cittadino sottoposto ad indagine, deprivandolo cosi’ delle condizioni
necessarie per preparare la sua difesa, e sottoponendolo ad una
doppia condizione di disparita’ di trattamento, sia nei confronti
dell’accusa che opera liberamente senza alcuna forma di contrasto sul
piano difensivo, sia nei confronti del cittadino sottoposto a
giudizio ordinario che viceversa ricevera’ ai sensi del combinato
disposto dell’art. 369 e 369-bis c.p.p., tempestiva comunicazione che
si procede ad indagini sulla sua persona.
Appare quindi a questo giudice come il microsistema attuale, in
assenza dell’avviso di conclusioni delle indagini non assicuri, nel
piu’ breve tempo possibile l’indagato di venire a conoscenza della
natura e dei motivi dell’accusa e non gli consenta di disporre, nel
tempo e nelle condizioni necessarie la preparazione della sua difesa,
che risulta sproporzionata rispetto all’accusa.