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Tuesday 09 May 2006

Al procedimento per l’ irrogazione delle sanzioni amministrative non si applica la scansione dei termini previsti dalla l. 241/90 sull’ azione amministrativa. Lo hanno stabilito le Sezioni Unite della Cassazione Cassazione – Sezioni unite civili – sentenz

Al procedimento per l’irrogazione delle sanzioni
amministrative non si applica la scansione dei termini previsti dalla l. 241/90
sull’azione amministrativa. Lo hanno stabilito le Sezioni Unite della
Cassazione

Cassazione – Sezioni unite civili
– sentenza 16 marzo-27 aprile 2006, n. 9591

Presidente Carbone – Relatore Luccicante

Solgimento del processo

Con la sentenza indicata in epigrafe il
Tribunale di Ascoli Piceno in funzione di giudice del lavoro ‑ adito da
Alessandro Giacomozzi e dalla Sas
Chalet La Siesta
di Giacomozzi Alessandro & C., in opposizione
all’ordinanza ingiunzione del 28 dicembre 1999, con cui la locale
Direzione provinciale del lavoro aveva irrogato loro una sanzione pecuniaria,
per la violazione di norme in materia di tutela del lavoro dipendente ‑
ha accolto il ricorso, rilevando che il provvedimento era stato emesso, in
violazione dell’articolo 2 – comma 3 della legge 241/90, «a
distanza di oltre trenta giorni dalla presentazione alla autorità
amministrativa di scritti difensivi relativi alle infrazioni contestate (difese
del 20/01/1999, audizione del 29/6/1999)».

La
Direzione provinciale del lavoro di Ascoli
Piceno ha proposto ricorso per cassazione, in base a un motivo, poi illustrato
anche con memoria. Alessandro Giacomozzi e la Sas Chalet La Siesta di Giacomozzi Alessandro & C. non hanno svolto
attività difensive nel giudizio di legittimità.

Motivi della decisione

Con il motivo addotto a sostegno del ricorso
la Direzione
provinciale del lavoro di Ascoli Piceno lamenta che erroneamente il
giudice a quo ha ritenuto che il termine stabilito dall’articolo 2
– comma 3 legge 241/90, per la conclusione dei procedimenti
amministrativi, si applichi anche all’emissione delle ordinanze
ingiunzioni irrogative di sanzioni amministrative, e
che comunque il suo mancato rispetto comporti l’invalidità del
provvedimento.

In materia, nella giurisprudenza di legittimità, si
è verificato un contrasto, per la cui composizione la causa è
stata assegnata alle sezioni unite.

In grande prevalenza questa Corte
si è orientata nel senso propugnato dalla ricorrente, sulla scorta
soprattutto di dati di natura testuale, rivelatori
dell’inconciliabilità della norma di cui si tratta con la
disciplina delle sanzioni amministrative, contenuta nella legge 689/81: v., tra
le più recenti, Cassazione 6014/03, 9357/03, 9680/03, 10920/03,
17779/03, 19617/03, 874/04, 21961/02, 6337, 6762/04, 6769/04, 21406/04,
24053/04, 17386/05.

Con alcune altre pronunce è stata
però adottata la soluzione opposta, in considerazione del
carattere generale della legge 241/90, che si riferisce indistintamente a tutti
i procedimenti amministrativi: v. Cassazione 5936/99, 4042/01, 11390/01,
11434/03, 4616/04.

Ritiene il collegio che debba essere
seguito l’indirizzo giurisprudenziale maggioritario.

Non impedisce di pervenire a questa conclusione la
“universalità” della legge citata, che per la prima volta ha
regolamentato in maniera uniforme i procedimenti amministrativi. Per il
principio di specialità, che prescinde dalla successione cronologica
delle norme, quelle posteriori non comportano la caducazione
delle precedenti, che disciplinano diversamente la stessa materia in un campo
particolare. E appunto in questo rapporto si pongono
la legge 241/90 e la legge 689/81, riguardanti l’una i procedimenti
amministrativi in genere, l’altra in ispecie
quelli finalizzati all’irrogazione delle sanzioni amministrative,
caratterizzati da questa loro funzione del tutto peculiare, che richiede una
distinta disciplina.

D’altra parte, le disposizioni della legge 689/81
costituiscono un sistema organico e compiuto, nel quale non occorrono
inserimenti dall’esterno: necessità che infatti
è stata costantemente esclusa, con riferimento ad altre norme della
legge generale sul procedimento amministrativo, come quelle relative alla
“partecipazione dell’interessato” (v., tra le altre,
Cassazione 18114/03) e al diritto di accesso ai documenti (v., per tutte. Cassazione 27681/05).

Tin tale innesto non è comunque
praticabile, in particolare, relativamente all’articolo 2 – comma 3
legge 241/90, che stabilisce il termine entro il quale il procedimento
amministrativo deve essere concluso, ove non ne sia fissato uno diverso per
legge o regolamento. Sia quello di novanta giorni, ora previsto dalla norma
come modificata da ultimo dall’articolo 36bis Dl 35/2005, convertito con
legge 80/2005, sia quello di trenta giorni, indicato nel testo originario,
applicabile nella specie ratione temporis,
sono incompatibili con le disposizioni della legge 689/81, che delineano un procedimento di carattere sostanzialmente
contenzioso, scandito in fasi i cui tempi sono regolati, nell’interesse
dell’incolpato, in modo da non consentire il rispetto di termini tanto
brevi da parte dell’amministrazione: la contestazione, se non è
stata effettuata immediatamente, può avvenire fino a novanta giorni
dall’accertamento per i residenti in Italia e fino a trecentosessanta per
i residenti all’estero (articolo 14); se ne viene fatta richiesta entro
ulteriori quindici giorni, deve poi provvedersi alla revisione delle analisi
eventualmente compiute (articolo 15); nei successivi sessanta giorni è
ammesso il pagamento in misura ridotta (articolo 16); se questo non avviene,
viene trasmesso il rapporto all’autorità competente (articolo 17);
ad essa gli interessati possono far pervenire scritti difensivi e documenti,
nonché prospettare argomenti, dei quali si deve tenere conto nel
provvedere (articolo 18).

Né l’ostacolo può essere superato, come
si é opinato con la sentenza impugnata, applicando il termine in
questione alle singole fasi in cui il procedimento è articolato, o comunque a quella conclusiva. In tal modo verrebbe
operata 21961/02 un’arbitraria manipolazione della norma, la quale
considera unitariamente il procedimento amministrativo e dispone che il termine
per la sua conclusione decorre non dall’esaurimento di ognuno dei vari
segmenti che eventualmente lo compongono, bensì «dall’inizio
di ufficio del procedimento o dal ricevimento della domanda se il procedimento
è ad iniziativa di parte».

Peraltro. nell’ambito in cui
la disposizione è operante, l’inosservanza del termine da essa
stabilito, secondo la prevalente giurisprudenza amministrativa (v. CdS, Sezione quinta, 621/99, 4844/00, Sezione sesta,
2533/03, Sezione quarta, 3741/04; contra: CdS, Sezione sesta, 1869/97), non è causa di
invalidità del provvedimento che sia stato emesso tardivamente,
poiché anche dopo la scadenza non viene meno il potere e dovere del 1
amministrazione di attivarsi comunque, per il soddisfacimento degli interessi
pubblici affidati alla sua cura.

Resta naturalmente salva la necessità che la pretesa sanzionatoria venga fatta valere
entro il termine di prescrizione di cinque anni dalla commissione della
violazione, stabilito dall’articolo 28 legge 689/81: termine che non ha
tuttavia natura procedimentale, ma sostanziale,
poiché il suo inutile decorso comporta l’estinzione del diritto
alla riscossione.

Rimane altresì fermo che invece, per le violazioni di
norme sulla circolazione stradale, la validità dell’ordinanza
ingiunzione è subordinata al rispetto dei termini stabiliti per la sua
emissione dall’articolo 204 – comma 1 D.Lgs
285/92: termini che il successivo comma 1bis, introdotto dall’articolo 4 Dl 151/03, convertito con legge 214/03, definisce espressamente come
«perentori», disponendo altresì che il ricorso al prefetto,
in mancanza della tempestiva adozione del provvedimento sanzionatorio,
deve intendersi accolto. In questo senso si è costantemente pronunciata questa Corte (v., tra le più recenti, Cassazione
5813/05) anche con riferimento al testo originario della norma, in
considerazione della natura a sua volta speciale che la caratterizza, rispetto
a quelle dettate dalla legge 689/81 per il generale ambito delle sanzioni amministrative.

Il ricorso deve essere pertanto accolto, con conseguente
cassazione della sentenza impugnata.

La causa, poiché gli attori avevano fatto valere
anche altre ragioni di opposizione, che il Tribunale
di Ascoli Piceno ha considerato assorbite, non può essere decisa nel
merito in questa sede, sicché va rinviata ad altro giudice, che si
designa nel Tribunale di Macerata, cui viene anche rimessa la pronuncia sulle
spese del giudizio di legittimità.

Il giudice di rinvio, nel riesaminare la questione decisa
dal Tribunale di Ascoli Piceno, si uniformerá
al seguente principio di diritto: «Il termine stabilito
dall’articolo 2 – comma 3 legge 241/90, non è applicabile
nei procedimenti di irrogazione di sanzioni
amministrative».

PQM

La Corte accoglie il
ricorso; cassa la sentenza impugnata; rinvia la causa al Tribunale di Macerata,
cui rimette anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.