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Friday 25 July 2003

Vittoria delle case farmaceutiche alla Corte di Giustizia Europea. Sostanzialmente liberalizzata la vendita dei farmaci anti obesità . SENTENZA DELLA CORTE 24 luglio 2003

Vittoria delle case farmaceutiche alla Corte di Giustizia Europea. Sostanzialmente liberalizzata la vendita dei farmaci anti obesità

SENTENZA DELLA CORTE 24 luglio 2003 «Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado – Direttive 65/65/CEE e 75/319/CEE – Medicinali per uso umano – Anoressizzanti: amfepramone, clobenzorex, fenproporex, norpseudoefedrina, fentermina – Revoca di un’autorizzazione all’immissione in commercio – Competenza della Commissione – Condizioni di revoca»

Nel procedimento C-39/03 P,

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. R. B. Wainwright e H. Støvlbæk, in qualità di agenti, assistiti dall’avv. B. Wägenbaur, Rechtsanwalt, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

avente ad oggetto il ricorso diretto all’annullamento della sentenza pronunciata dal Tribunale di primo grado delle Comunità europee (Seconda Sezione ampliata) il 26 novembre 2002, cause riunite T-74/00, T-76/00, da T-83/00 a T-85/00, T-132/00, T-137/00 e T-141/00, Artegodan e a./Commissione (Racc. pag. II-4945),

procedimento in cui le altre parti sono:

Artegodan GmbH, con sede in Lüchow (Germania), rappresentata dall’avv. U. Doepner, Rechtsanwalt, con domicilio eletto in Lussemburgo,

Bruno Farmaceutici SpA, con sede in Roma (Italia),

Essential Nutrition Ltd, con sede in Brough (Regno Unito),

Hoechst Marion Roussel Ltd, con sede in Denham (Regno Unito),

Hoechst Marion Roussel SA, con sede in Bruxelles (Belgio),

Marion Merell SA, con sede in Puteaux (Francia),

Marion Merell SA, con sede in Barcellona (Spagna),

Sanova Pharma GmbH, con sede in Vienna (Austria),

Temmler Pharma GmbH & Co. KG, con sede in Marburg (Germania),

Schuck GmbH, con sede in Schwaig (Germania),

Laboratórios Roussel Lda, con sede in Mem Martins (Portogallo),

Laboratoires Roussel Diamant SARL, con sede in Puteaux,

Roussel Iberica SA, con sede in Barcellona,

rappresentate dagli avv.ti B. Sträter e M. Ambrosius, Rechtsanwälte, con domicilio eletto in Lussemburgo,

Gerot Pharmazeutika GmbH, con sede in Vienna, rappresentata dall’avv. K. Grigkar, Rechtsanwalt, con domicilio eletto in Lussemburgo,

Cambridge Healthcare Supplies Ltd, con sede in Rackheath (Regno Unito), rappresentata dal sig. D. Vaughan, QC, dalla sig.ra K. Bacon, barrister, e dal sig. S. Davis, solicitor, con domicilio eletto in Lussemburgo,

e

Laboratoires pharmaceutiques Trenker SA, con sede in Bruxelles, rappresentata da gli avv.ti L. Defalque e X. Leurquin, avocats, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenute in primo grado,

LA CORTE (in seduta plenaria),

composta dal sig. G.C. Rodríguez Iglesias, presidente, dai sigg. J.-P. Puissochet, M. Wathelet, R. Schintgen e C.W.A. Timmermans, presidenti di sezione, dai sigg. C. Gulmann, D.A.O. Edward, A. La Pergola, P. Jann (relatore) e V. Skouris, dalle sigg.re F. Macken e N. Colneric, dai sigg. S. von Bahr, J.N. Cunha Rodrigues e A. Rosas, giudici,

avvocato generale: sig. S. Alber

cancelliere: sig.ra M. Múgica Arzamendi, amministratore principale

vista la decisione del presidente della Corte di sottoporre l’impugnazione ad un procedimento accelerato ai sensi dell’art. 62 bis del regolamento di procedura,

sentite le difese orali svolte dalle parti all’udienza del 10 giugno 2003,

sentito l’avvocato generale,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

  1. Con atto introduttivo depositato nella cancelleria della Corte il 3 febbraio 2003, la Commissione delle Comunità europee ha proposto, in conformità agli artt. 225 CE e 56, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia, un ricorso contro la sentenza del Tribunale di primo grado 26 novembre 2002, cause riunite T-74/00, T-76/00, da T-83/00 a T-85/00, T-132/00, T-137/00 e T-141/00, Artegodan e.a./Commissione (Racc. pag. II-4945; in prosieguo: la “sentenza impugnata”), con cui il Tribunale ha annullato, nella parte in cui riguardavano i medicinali messi in commercio dalle ricorrenti in primo grado, le decisioni della Commissione 9 marzo 2000, C (2000) 452, C (2000) 453 e C (2000) 608, concernenti la revoca delle autorizzazioni all’immissione in commercio dei medicinali per uso umano che contengono, rispettivamente, fentermina [decisione C (2000) 452], amfepramone [decisione C (2000) 453] e altre sostanze anoressizzanti “anfetaminiche”, in particolare norpseudoefedrina, clobenzorex e fenproporex [decisione C (2000) 608] (in prosieguo: le “decisioni controverse”). Sfondo normativo La direttiva 65/65/CEE

L’art. 3 della direttiva del Consiglio 26 gennaio 1965, 65/65/CEE, per il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alle specialità medicinali (GU 1965, n. 22, pag. 369), quale modificata dalla direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/39/CEE (GU L 214, pag. 32; in prosieguo: la “direttiva 65/65”), enuncia il principio secondo cui nessun medicinale può essere immesso in commercio in uno Stato membro senza autorizzazione preventiva rilasciata dall’autorità competente di tale Stato membro ai sensi della detta direttiva o senza che sia stata rilasciata un’autorizzazione conformemente al regolamento (CEE) del Consiglio 22 luglio 1993, n. 2309, che stabilisce le procedure comunitarie per l’autorizzazione e la vigilanza dei medicinali per uso umano e veterinario e che istituisce un’Agenzia europea di valutazione dei medicinali (GU L 214, pag. 1).

L’art. 4, primo comma, della direttiva 65/65 stabilisce che, ai fini del rilascio dell’autorizzazione all’immissione in commercio (in prosieguo: l’”AIC”) prevista all’art. 3, il responsabile della detta immissione deve presentare una domanda all’autorità competente dello Stato membro. Il terzo comma della stessa disposizione elenca le informazioni e i documenti che debbono essere allegati a tale domanda. Tra questi ultimi figura, al punto 9, un riassunto delle caratteristiche del prodotto.

Ai sensi dell’art. 4 bis della direttiva 65/65, “Il riassunto delle caratteristiche del prodotto, di cui all’articolo 4, [terzo] comma, punto 9, contiene le seguenti informazioni: 1. denominazione della specialità; 2. composizione qualitativa e quantitativa in principi attivi, in costituenti dell’eccipiente la cui conoscenza è necessaria per una buona somministrazione del medicinale (…); 3. forma farmaceutica; 4. proprietà farmacologiche e, qualora queste informazioni siano necessarie per l’impiego terapeutico, elementi di farmacocinetica; 5 informazioni cliniche: 5.1 indicazioni terapeutiche, 5.2 controindicazioni, 5.3 effetti indesiderati (frequenza e gravità), 5.4 speciali precauzioni per l’uso, 5.5 uso in caso di gravidanza e di allattamento, 5.6 interazioni medicamentose e altre, 5.7 posologie e modo di somministrazione per adulti e, qualora necessario, per bambini, 5.8 sovraddosaggio (sintomi, soccorsi d’urgenza, antidoti), 5.9 avvertenze speciali, 5.10 effetti sulla capacità di guidare e sull’uso di macchine; 6. informazioni farmaceutiche: 6.1 incompatibilità (gravi), 6.2 durata di stabilità, se necessario previa ricostituzione del prodotto o dopo che il recipiente sia stato aperto per la prima volta, 6.3 speciali precauzioni per la conservazione, 6.4 natura e contenuto del recipiente, 6.5 nome o ragione sociale e domicilio, oppure sede sociale del titolare dell’autorizzazione all’immissione sul mercato; 6.6 se necessario, particolari precauzioni per l’eliminazione dei prodotti inutilizzati o degli scarti derivanti dai suddetti prodotti”.

Per quanto riguarda il rilascio di un’AIC, l’art. 5, primo comma, della direttiva 65/65 dispone: “L’autorizzazione prevista dall’articolo 3 sarà rifiutata quando dopo verifica delle informazioni e dei documenti elencati dall’articolo 4 risulti che la specialità è nociva nelle normali condizioni d’impiego, oppure che l’effetto terapeutico della specialità manca o è stato insufficientemente giustificato dal richiedente, oppure che la specialità non presenta la composizione qualitativa e quantitativa dichiarata”. 6. Per quanto riguarda la sospensione o la revoca di un’AIC, l’art. 11, primo comma, della direttiva 65/65 prevede: “Le autorità competenti degli Stati membri sospendono o revocano l’autorizzazione all’immissione in commercio della specialità medicinale, allorché risulti che la specialità medicinale è nociva nelle normali condizioni d’impiego, allorché manchi l’effetto terapeutico, o allorché la specialità non abbia la composizione qualitativa e quantitativa dichiarata. (…)”. La seconda direttiva 75/319/CEE

La seconda direttiva del Consiglio 20 maggio 1975, 75/319/CEE, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alle specialità medicinali (GU L 147, pag. 13), quale modificata dalla direttiva 93/39 (in prosieguo: la “direttiva 75/319”), contiene un capitolo III, intitolato “Comitato per le specialità medicinali” (Committee for Proprietary Medicinal Products; in prosieguo: il “CPMP”) e costituito dagli artt. 8-15 quater, che è stato interamente riformulato dalla direttiva 93/39.

L’art. 9 della direttiva 75/319 istituisce una procedura di mutuo riconoscimento delle AIC nazionali. Esso dispone: “1. Affinché un’autorizzazione rilasciata da uno Stato membro ai sensi dell’articolo 3 della direttiva 65/65/CEE sia riconosciuta da uno o più Stati membri in base alla procedura prevista dal presente capitolo, il titolare dell’autorizzazione presenta domanda alle autorità competenti dello o degli Stati membri interessati, allegandovi le informazioni e i documenti di cui agli articoli 4, 4 bis e 4 ter della direttiva 65/65/CEE. (…) 4. Tranne nel caso eccezionale previsto all’articolo 10, paragrafo 1, ciascuno Stato membro riconosce l’autorizzazione all’immissione in commercio rilasciata dal primo Stato membro entro novanta giorni (…)”.

  L’art. 10, nn. 1 e 2, della direttiva 75/319 recita: “1. In deroga all’articolo 9, paragrafo 4, quando uno Stato membro ritenga che vi siano fondati motivi di presumere che l’autorizzazione del medicinale interessato presenti un rischio per la sanità pubblica (…), esso ne informa immediatamente il richiedente, lo Stato membro che ha rilasciato l’autorizzazione iniziale, gli altri Stati membri interessati alla domanda e il [CPMP]. (…) 2. Tutti gli Stati membri interessati si adoperano il più possibile per giungere ad un accordo sulle misure da prendere in merito alla domanda. (…) Tuttavia, se entro il termine di cui all’articolo 9, paragrafo 4, non hanno raggiunto un accordo, gli Stati membri sottopongono la questione al [CPMP] ai fini dell’applicazione della procedura di cui all’articolo 13”. 10. L’art. 11 della direttiva 75/319 dispone che, quando uno stesso medicinale è stato oggetto di varie domande di AIC nazionali e gli Stati membri hanno emesso decisioni divergenti, uno Stato membro, la Commissione o il responsabile dell’immissione in commercio del medicinale possono adire il CPMP ai fini dell’applicazione della procedura prevista all’art. 13 della stessa direttiva.

  11. L’art. 12, primo comma, della direttiva 75/319 prevede: “In casi particolari aventi interesse comunitario, gli Stati membri o la Comunità oppure il richiedente o il titolare dell’autorizzazione possono adire il [CPMP] ai fini dell’applicazione della procedura di cui all’articolo 13 prima che sia stata presa una decisione su una domanda di autorizzazione all’immissione in commercio, sulla sospensione o revoca di un’autorizzazione, oppure su qualsiasi altra modifica delle condizioni di autorizzazione rivelatasi necessaria in particolare per tener conto delle informazioni raccolte conformemente al capitolo V bis”.

  12. L’art. 15 bis della direttiva 75/319 è così formulato: “1. Se uno Stato membro ritiene necessario, per la tutela della sanità pubblica, modificare le condizioni di un’autorizzazione all’immissione in commercio rilasciata conformemente alle disposizioni del presente capitolo, oppure sospendere o revocare l’autorizzazione, esso ne informa immediatamente il [CPMP] ai fini dell’applicazione delle procedure di cui agli articoli 13 e 14. 2. Fatto salvo il disposto dell’articolo 12, in casi eccezionali, quando è indispensabile un provvedimento urgente a tutela della sanità pubblica, e fino a quando non sia stata presa una decisione definitiva, uno Stato membro può sospendere l’immissione in commercio e l’uso della specialità medicinale interessata nel suo territorio. Esso informa la Commissione e gli altri Stati membri, non oltre il giorno feriale successivo, dei motivi che lo hanno indotto a prendere tale decisione”. 13. Quanto agli aspetti procedurali, l’art. 13 della direttiva 75/319, che disciplina la procedura dinanzi al CPMP, dispone che, al termine di quest’ultima, il CPMP emette un parere motivato. Il n. 5 di tale articolo dispone che l’Agenzia europea per la valutazione dei medicinali (in prosieguo: l’”Agenzia”) trasmette il parere definitivo del CPMP agli Stati membri, alla Commissione e al responsabile dell’immissione in commercio, unitamente ad una relazione contenente la valutazione del medicinale e la motivazione delle conclusioni raggiunte.

14. L’art. 14 della direttiva 75/319 istituisce la procedura da seguire dopo la ricezione da parte della Commissione del parere del CPMP. Ai sensi del n. 1, primo comma, di tale disposizione, la Commissione elabora, entro 30 giorni dalla ricezione di tale parere, un progetto di decisione riguardante la domanda. Nel terzo comma si precisa che “[q]ualora eccezionalmente il progetto di decisione si discosti dal parere dell’Agenzia, la Commissione allega le precise motivazioni delle differenze”.

Fatti

15. La Artegodan GmbH, la Bruno Farmaceutici Spa, la Essential Nutrition Ltd, la Hoechst Marion Roussel Ltd, la Hoechst Marion Roussel SA, la Marion Merrell SA (France), la Marion Merrell SA (Spagna), la Sanova Pharma GmbH, la Temmler Pharma GmbH & Co. KG, la Schuck GmbH, la Laboratórios Roussel Lda, la Laboratoires Roussel Diamant SARL, la Roussel Iberica SA, la Gerot Pharmazeutika GmbH, la Cambridge Healthcare Supplies Ltd e la Laboratoires pharmaceutiques Trenker SA sono titolari di AIC, inizialmente rilasciate dalle autorità nazionali competenti, di medicinali contenenti sostanze anoressizzanti “anfetaminiche”, ossia, a seconda dei casi, fentermina, amfepramone, clobenzorex, fenproporex o norpseudoefedrina. La decisione C(96) 3608 def./1 della Commissione

16. Adito dalla Repubblica federale di Germania in base all’art. 12 della direttiva 75/319, il CPMP ha avviato la procedura di cui all’art. 13 della detta direttiva, ai sensi della quale esso ha emanato, il 17 luglio 1996, tre pareri definitivi relativi a diversi anoressizzanti “anfetaminici”.

17. Tale procedura ha portato all’adozione della decisione della Commissione 9 dicembre 1996, C(96) 3608 def./1, relativa all’AIC dei medicinali per uso umano contenenti le sostanze seguenti: clobenzorex, norpseudoefedrina, fentermina, fenproporex, mazindolo, amfepramone, fendimetrazina, fenmetrazina, mefenorex (in prosieguo: la “decisione del 1996”).

18. Con tale decisione, espressamente fondata sull’art. 14 della direttiva 75/319, la Commissione, conformemente ai pareri del CPMP del 17 luglio 1996, ha ingiunto agli Stati membri interessati di modificare determinati dati clinici figuranti nei riassunti delle caratteristiche del prodotto approvati al momento del rilascio delle AIC dei medicinali di cui trattasi. Essa ha prescritto di menzionare una serie di dati clinici relativi alle indicazioni terapeutiche, alla posologia, al metodo di somministrazione, alle controindicazioni, alle avvertenze e alle precauzioni particolari nell’uso nonché agli effetti non desiderati dei detti medicinali. Le decisioni controverse

19. A seguito di informazioni trasmesse dai governi belga e austriaco, il CPMP ha avviato la procedura di cui all’art. 13 della direttiva 75/319 per quanto riguarda rispettivamente la fentermina, l’amfepramone e altre sostanze anoressizzanti “anfetaminiche”, in particolare il clobenzorex, il fenproporex e la norpseudoefedrina. Il 31 agosto 1999 esso ha emanato tre pareri definitivi.

20. Il 9 marzo 2000 la Commissione ha adottato, sul fondamento dell’art. 15 bis della direttiva 75/319, le decisioni controverse concernenti la revoca delle AIC dei medicinali per uso umano contenenti rispettivamente fentermina [decisione C(2000) 425], amfepramone [decisione C(2000) 453], nonché le sostanze seguenti: clobenzorex, fenbutrazato, fenproporex, mazindolo, mefenorex, norpseudoefedrina, fenmetrazina, fendimetrazina o propilesedrina [decisione C (2000) 608].

21. All’art. 1 del dispositivo di ciascuna delle decisioni controverse, la Commissione ingiunge agli Stati membri di revocare “le autorizzazioni nazionali di immissione in commercio di cui all’articolo 3, primo comma, della direttiva 65/65, che si riferiscono ai medicinali [contenenti la sostanza o le sostanze in parola] elencati all’allegato I” della decisione. All’art. 2 di ciascuna delle decisioni controverse, essa motiva tale revoca rinviando alle conclusioni scientifiche dell’Agenzia riguardanti questa sostanza o queste sostanze, accluse all’allegato II della decisione. All’art. 3 di ciascuna delle decisioni controverse, essa impone agli Stati membri interessati di eseguire la decisione entro un termine di 30 giorni a decorrere dalla sua notifica. Sentenza impugnata

22. Con la sentenza impugnata, il Tribunale ha annullato le tre decisioni controverse nella parte in cui esse riguardano i medicinali commercializzati dalle ricorrenti in primo grado.

23. In primo luogo, il Tribunale ha accolto il motivo fondato dalle ricorrenti in primo grado sull’incompetenza della Commissione ad adottare le decisioni controverse.

24. Il Tribunale ha anzitutto affermato che era pacifico fra le parti che le AIC dei medicinali di cui alle decisioni controverse erano state rilasciate e, all’occorrenza, rinnovate, in base alle procedure nazionali rispettivamente applicabili nei vari Stati membri interessati, e non in base alla procedura di mutuo riconoscimento accompagnata da procedure arbitrali, prevista dal capitolo III della direttiva 75/319 (punto 113 della sentenza impugnata).

25. Il Tribunale ne ha dedotto che “[a] prescindere dalla decisione [del] 1996, tali autorizzazioni rivestivano quindi un carattere meramente nazionale” e che “la loro sospensione, modifica o revoca rientravano pertanto, all’epoca dell’adozione delle decisioni [controverse], nella competenza esclusiva degli Stati membri interessati, la quale, in linea di principio, ha carattere residuale dopo l’istituzione della procedura di mutuo riconoscimento ad opera della direttiva 93/39” (punto 114 della sentenza impugnata). Secondo l’interpretazione data dal Tribunale alla normativa comunitaria, tale competenza esclusiva degli Stati membri “si limita, dal 1° gennaio 1995, da una parte, al rilascio e alla gestione delle AIC di medicinali commercializzati unicamente in un solo Stato membro e, dall’altra, alla gestione delle autorizzazioni puramente nazionali rilasciate prima di tale data o durante il periodo transitorio compreso tra il 1° gennaio 1995 e il 31 dicembre 1997” (punto 116 della sentenza impugnata).

26. Il Tribunale ha poi esaminato la questione se, a seguito della loro modifica in conformità alla decisione del 1996, le AIC dei medicinali controversi rientrassero nel campo di applicazione dell’art. 15 bis, n. 1, della direttiva 75/319, che costituisce il fondamento normativo in base al quale la Commissione ha adottato le decisioni controverse. Constatando che questa disposizione concerne le AIC rilasciate conformemente alle disposizioni del capitolo III della direttiva, il Tribunale la ha interpretata nel senso che “la modifica, la sospensione o la revoca di tali autorizzazioni, su iniziativa di uno Stato membro al fine di assicurare la tutela della sanità pubblica, rientrano nella competenza esclusiva della Commissione, la quale decide previo parere del CPMP conformemente alle procedure disciplinate dagli artt. 13 e 14 della direttiva 75/319”, mentre, “[v]iceversa, la modifica, la sospensione e la revoca delle AIC che non rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 15 bis restano, in linea di principio, di esclusiva competenza degli Stati membri” (punto 121 della sentenza impugnata).

27. Il Tribunale ha considerato che, poiché il dettato degli artt. 12 e 15 bis della direttiva 75/319 non forniva indicazioni precise, occorreva verificare se, nel sistema del capitolo III di tale direttiva, e alla luce degli obiettivi da essa perseguiti, l’art. 15 bis, n. 1, potesse essere interpretato in combinato disposto con l’art. 12 nel senso che esso concerne anche le AIC nazionali armonizzate nell’ambito dell’art. 12 (punto 125 della sentenza impugnata).

28. A tal fine, il Tribunale ha esaminato la questione di stabilire quale autorità sia competente per decidere previo parere del CPMP adito ai sensi dell’art. 12 della direttiva 75/319, articolo che si limiterebbe a prevedere espressamente l’applicazione della procedura consultiva disciplinata dall’art. 13 della stessa direttiva. Esso ha dichiarato al riguardo che l’art. 12 della direttiva 75/319, “è destinato ad applicarsi nell’ambito residuale della competenza esclusiva degli Stati membri, oppure in sede di rilascio dell’AIC iniziale di un medicinale da parte dello Stato membro di riferimento” (punto 142 della sentenza impugnata) e che “non può essere interpretato nel senso che esso autorizza implicitamente la Commissione ad adottare una decisione vincolante, ai sensi della procedura di cui all’art. 14” della stessa direttiva (punto 147 della sentenza impugnata), e ciò contrariamente all’art. 10, n. 2, il quale, pur rinviando anch’esso alla procedura consultiva prevista all’art. 13, s’inserisce tuttavia in un quadro diverso, quello della procedura di mutuo riconoscimento (punti 130-133 della sentenza impugnata). Il Tribunale giunge a queste conclusioni tramite un percorso interpretativo fondato in particolare sul sistema del capitolo III della direttiva 75/319 e sugli obiettivi di quest’ultima.

29. Prendendo atto del fatto che la decisione 9 dicembre 1996 era stata attuata dagli Stati membri, il Tribunale ha considerato, infine, che occorreva tuttavia verificare se, nel sistema del capitolo III della direttiva 75/319, le AIC armonizzate da questi ultimi, a seguito della consultazione del CPMP ai sensi dell’art. 12 della detta direttiva, potessero ugualmente essere assimilate alle AIC rilasciate ai sensi delle disposizioni del detto capitolo III (punto 148 della sentenza impugnata).

30. Al riguardo, il Tribunale ha considerato che “in mancanza di esplicite disposizioni, il principio sancito dall’art. 5, primo comma, CE, in forza del quale la Comunità agisce nei limiti delle competenze che le sono conferite, osta all’interpretazione dell’art. 15 bis, n. 1, della direttiva 75/319 nel senso che l’armonizzazione di determinate AIC, conformemente a un parere non vincolante del CPMP ai sensi dell’art. 12 di tale direttiva, possa avere l’effetto di privare gli Stati membri interessati della loro competenza, comportando l’applicazione della procedura arbitrale prevista dall’art. 15 bis ai fini dell’adozione di qualunque ulteriore decisione sulla sospensione o sulla revoca di tali autorizzazioni” (punto 150 della sentenza impugnata). Esso ha pertanto dichiarato che “nel sistema della direttiva 75/319, la nozione di AIC rilasciata ai sensi delle disposizioni del capitolo III di tale direttiva, di cui all’art. 15 bis, n. 1, non può essere interpretata nel senso che essa include anche le autorizzazioni armonizzate previa consultazione del CPMP ai sensi dell’art. 12” (punto 155 della sentenza impugnata). 31. Il Tribunale ne ha concluso che le decisioni controverse erano prive di fondamento normativo e che il motivo relativo all’incompetenza della Commissione era fondato.

32. In secondo luogo, il Tribunale ha dichiarato che, anche supponendo che la Commissione sia stata competente ad adottare le decisioni controverse, queste sarebbero comunque viziate da illegittimità per violazione delle disposizioni dell’art. 11 della direttiva 65/65 (punti 156 e 170-221 della sentenza impugnata). Procedimento dinanzi alla Corte e conclusioni delle parti

33. Con atto separato, depositato nella cancelleria della Corte il 3 febbraio 2003, la Commissione, ai sensi dell’art. 62 bis del regolamento di procedura, ha chiesto alla Corte che la causa sia sottoposta a procedimento accelerato.

34. Con atto separato, anch’esso depositato nella cancelleria della Corte lo stesso giorno, la Commissione, in forza dell’art. 242 CE, ha chiesto alla Corte di ordinare la sospensione dell’esecuzione della sentenza impugnata.

35. Su proposta del giudice relatore, sentiti le altre parti del procedimento e l’avvocato generale, il presidente della Corte ha deciso, il 26 febbraio 2003, di sottoporre la causa a procedimento accelerato. 36. Con ordinanza 8 maggio 2003, causa C-39/03 P-R, Commissione/Artegodan e a. (Racc. pag. I-0000), il presidente della Corte ha respinto la domanda di sospensione dell’esecuzione della sentenza impugnata. 37. La Commissione conclude che la Corte voglia annullare la sentenza impugnata e condannare le altre parti del presente procedimento alle spese.

38. Le altre parti del presente procedimento chiedono alla Corte di respingere il ricorso in esame e di condannare la Commissione alle spese. Sul ricorso contro la sentenza del Tribunale di primo grado

39. A sostegno del proprio ricorso contro la sentenza del Tribunale di primo grado, la Commissione fa valere alcuni motivi relativi, da un lato, al ragionamento del Tribunale sulla mancanza di competenza della Commissione ad adottare le decisioni controverse e, dall’altro, all’interpretazione da parte del Tribunale delle condizioni – quali definite dall’art. 11, primo comma, della direttiva 65/65 – di revoca delle AIC.

40. Quanto alla sua competenza ad adottare le decisioni controverse, la Commissione fa valere, in via principale, che il Tribunale ha violato gli artt. 15 bis e 12 della direttiva 75/319 dichiarando che tali articoli non le attribuivano competenza ad adottare le decisioni controverse. In subordine, esso asserisce che il Tribunale ha violato questi stessi articoli omettendo di prendere in considerazione gli effetti dell’armonizzazione delle AIC dei medicinali di cui trattasi alla quale la decisione del 1996 aveva proceduto.

41. Con la prima parte del suo motivo principale, la Commissione sostiene che il Tribunale ha violato tanto la lettera quanto la finalità dell’art. 15 bis della direttiva 75/319. Quest’ultimo, riguardando l’AIC “rilasciata conformemente alle disposizioni del [capitolo III della direttiva 75/319]”, si riferirebbe all’insieme di tale capitolo, ed in particolare ai suoi artt. 10, 11 e 12. Come questi tre articoli, l’art. 15 bis della direttiva 75/319 avrebbe lo scopo di impedire che gli Stati membri adottino provvedimenti unilaterali divergenti rispetto all’AIC di un determinato medicinale, al fine di garantire un livello elevato di protezione della sanità pubblica nell’insieme degli Stati membri. Basandosi su un’interpretazione storica del capitolo III della direttiva 75/319, la Commissione fa valere che l’art. 15 bis dev’essere considerato come una “follow-up procedure” e deve applicarsi a tutte le procedure previste al detto capitolo III.

42. Secondo la Commissione, il Tribunale ha altresì violato la ripartizione delle competenze tra la Comunità e gli Stati membri prevista dalla direttiva 75/319. Contrariamente a quanto avrebbe dichiarato il Tribunale, in particolare ai punti 116 e 121 della sentenza impugnata, la detta direttiva non delimiterebbe competenze “esclusive” rispettive degli Stati membri e della Commissione. In realtà, le disposizioni del capitolo III della direttiva 75/319 si inserirebbero in una logica di competenze ripartite e complementari, poiché gli Stati membri sarebbero competenti in materia di AIC nazionali dei medicinali per uso umano e la Comunità sarebbe competente a salvaguardare la sanità pubblica e il mercato interno dei medicinali ogni qual volta ciò è richiesto nelle diverse situazioni di cui agli artt. 10, 11, 12 e 15 bis di tale direttiva. In tali situazioni, gli Stati membri sarebbero competenti ad avviare una procedura arbitrale informando il CPMP per applicazione delle procedure previste agli artt. 13 e 14 della detta direttiva. La Commissione sarebbe allora competente ad adottare una decisione, la cui esecuzione sarebbe a carico degli Stati membri.

43. Le altre parti del procedimento contestano l’interpretazione della Commissione. Esse fanno valere in sostanza che la chiarezza della formulazione dell’art. 15 bis, n. 1, della direttiva 75/319 rende superfluo un esame dettagliato di tale disposizione. Quest’ultima avrebbe come sola finalità quella di garantire che le AIC non abbiano una sorte diversa nei vari Stati membri una volta rilasciate nell’ambito della procedura di mutuo riconoscimento. La decisione del 1996 non sarebbe sfociata in un’armonizzazione per la semplice ragione che tale decisione riguardava solo il riassunto delle caratteristiche dei medicinali di cui trattasi. Si sarebbe trattato di integrare le AIC nazionali in ordine alle sostanze attive dei medicinali di cui trattasi. Una modifica del genere non potrebbe essere equiparata ad una decisione nell’ambito di una procedura di mutuo riconoscimento, di modo che la competenza a modificare, sospendere o revocare le AIC dei medicinali di cui trattasi resterebbe agli Stati membri. Ogni altra interpretazione dell’art. 15 bis della direttiva 75/319 non sarebbe in alcun modo suffragata da un’interpretazione storica del capitolo III della direttiva, e non resisterebbe peraltro al principio di sussidiarietà sancito dall’art. 5 CE.

44. Al riguardo, occorre rilevare che le decisioni controverse sono state decise sul solo fondamento dell’art. 15 bis della direttiva 75/319.

45. Secondo la sua formulazione, l’art. 15 bis della direttiva 75/319 si applica alle AIC rilasciate conformemente alle disposizioni del capitolo III della detta direttiva.

  46. Ora, il Tribunale ha dichiarato, senza che la Commissione lo contesti, che le AIC la cui revoca è stata ordinata dalle decisioni controverse sono state inizialmente concesse nell’ambito di procedimenti puramente nazionali.

47. Supponendo che la finalità dell’art. 15 bis della direttiva 75/319 imponga un’interpretazione ampia che consenta di applicarla ad AIC non rilasciate nell’ambito del capitolo III ma che hanno formato oggetto di un’altra procedura di armonizzazione, diventa necessario nella fattispecie ricercare se la decisione del 1996 possa essere considerata all’origine di una siffatta armonizzazione.

48. Ora, è pacifico che la decisione del 1996 si è limitata ad ordinare la modifica di taluni termini delle AIC iniziali e cioè il contenuto delle informazioni cliniche che debbono figurare, tra gli altri dati, nel riassunto delle caratteristiche del prodotto, conformemente all’art. 4 bis, punto 5, della direttiva 65/65. 49. Una siffatta modifica parziale non può equivalere ad un’autorizzazione rilasciata conformemente alle disposizioni del capitolo III della direttiva 75/319.

50. Pertanto, poco importa che tale modifica parziale delle AIC dei medicinali di cui trattasi sia risultata dall’esecuzione di una decisione vincolante o da un’armonizzazione attuata in maniera volontaria dagli Stati membri.

51. Ne consegue che l’art. 15 bis della direttiva 75/319 non poteva servire di fondamento normativo alle decisioni controverse.

52. Pertanto, e senza che occorra pronunciarsi sugli altri motivi e argomenti addotti dalla Commissione, si deve constatare che con ragione il Tribunale ha dichiarato che la Commissione era incompetente ad adottare le decisioni controverse e che queste ultime dovevano pertanto essere annullate.

53. Da tutte le considerazioni che precedono risulta che il ricorso in esame dev’essere respinto. Sulle spese

54. Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’art. 118 di tale regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché le altre parti nel presente procedimento hanno concluso per la condanna della Commissione che è risultata soccombente, quest’ultima va condannata alle spese del presente procedimento e del procedimento sommario.

Per questi motivi, LA CORTE (in seduta plenaria)

  dichiara e statuisce: 1) Il ricorso è respinto. 2) La Commissione delle Comunità europee è condannata alle spese del presente procedimento e del procedimento sommario.

(Firme)

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 24 luglio 2003.

Il cancelliere I

l presidente R. Grass G.C. Rodríguez Iglesias

Lingua processuale: il tedesco, l’inglese e il francese.