Enti pubblici

Friday 19 September 2003

Telecomunicazioni. Non spetta allo Stato decidere le tasse che le imprese di TLC devono pagare. SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione) 18 settembre 2003

Telecomunicazioni. Non spetta allo Stato decidere le tasse che le imprese di TLC devono pagare.

SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione) «Servizi di telecomunicazione – Autorizzazioni generali e licenze individuali . Direttiva 97/13/CE – Diritti e oneri sulle licenze individuali», 18 settembre 2003

Nei procedimenti riuniti C-292/01 e C-293/01,

aventi ad oggetto le domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, a norma dell’art. 234 CE, dal Consiglio di Stato (Italia), nelle cause dinanzi ad esso pendenti tra

Albacom SpA (C-292/01),

Infostrada SpA (C-293/01)

e

Ministero del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica,

Ministero delle Comunicazioni,

domanda vertente sull’interpretazione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 10 aprile 1997, 97/13/CE, relativa ad una disciplina comune in materia di autorizzazioni generali e di licenze individuali nel settore dei servizi di telecomunicazione (GU L 117, pag. 15),

LA CORTE (Quinta Sezione),

composta dai sigg. M. Wathelet, presidente di sezione, C.W.A. Timmermans, A. La Pergola, P. Jann e S. von Bahr (relatore), giudici,

avvocato generale: sig. D. Ruiz-Jarabo Colomer

cancelliere: sig. R. Grass

viste le osservazioni scritte presentate:

– per la Albacom SpA, dagli avv.ti R. Caiazzo e G. Pesce;

– per la Infostrada SpA, dagli avv.ti F.G. Scoca, M. Clarich, G. Pizzonia e F. Macaluso;

– per il governo italiano, dal sig. I.M. Braguglia, in qualità di agente, assistito dal sig. M. Fiorilli, avvocato dello Stato;

– per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. H. van Lier e E. Traversa, in qualità di agenti,

vista la relazione d’udienza,

sentite le osservazioni orali della Albacom SpA, rappresentata dagli avv.ti R. Caiazzo e A. Santa Maria, della Infostrada SpA, rappresentata dagli avv.ti F.G. Scoca e G. Pizzonia, del governo italiano, rappresentato dal sig. M. Fiorilli, e della Commissione, rappresentata dal sig. E. Traversa, all’udienza del 21 novembre 2002,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 12 dicembre 2002,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1. Con due ordinanze in data 12 giugno 2001, pervenute alla cancelleria della Corte il 23 luglio seguente, il Consiglio di Stato ha proposto, ai sensi dell’art. 234 CE, la medesima questione pregiudiziale concernente l’interpretazione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 10 aprile 1997, 97/13/CE, relativa ad una disciplina comune in materia di autorizzazioni generali e di licenze individuali [1] nel settore dei servizi di telecomunicazione (GU L 117, pag. 15).

2. Tali questioni sono state sollevate nell’ambito di due ricorsi proposti dalla Albacom SpA (in prosieguo: la “Albacom”) e dalla Infostrada SpA (in prosieguo: la “Infostrada”), titolari di licenze per lo sfruttamento di reti di telecomunicazioni ad uso pubblico, contro un decreto interministeriale che assoggettava le società titolari di tali licenze al pagamento di un contributo calcolato in base ad una percentuale del loro fatturato.

Normativa comunitaria

3. Il dodicesimo considerando della direttiva 97/13 così recita:

“(…) la corresponsione di diritti o oneri imposta alle imprese nell’ambito dei procedimenti di autorizzazione deve basarsi su criteri obiettivi, non discriminatori e trasparenti”.

4. L’art. 6 della direttiva 97/13, relativo ai “Diritti e oneri per le procedure di autorizzazione generali” dispone quanto segue:

“Fatti salvi i contributi finanziari per la prestazione del servizio universale secondo l’allegato, gli Stati membri fanno sì che i diritti richiesti alle imprese per le procedure di autorizzazione siano intesi a coprire esclusivamente i costi amministrativi connessi al rilascio, alla gestione, al controllo e all’attuazione del relativo sistema di autorizzazione generale. Tali diritti sono pubblicati in maniera opportuna e dettagliata, affinché si possa accedere agevolmente a tali informazioni”.

5. L’art. 11 della stessa direttiva, intitolato “Diritti e oneri per le licenze individuali”, è formulato nel modo seguente:

“1. Gli Stati membri fanno sì che i diritti richiesti alle imprese per le procedure di autorizzazione siano esclusivamente intesi a coprire i costi amministrativi sostenuti per il rilascio, la gestione, il controllo e l’esecuzione delle relative licenze individuali. I diritti per le licenze individuali sono proporzionati al lavoro che esse comportano e sono pubblicati in maniera appropriata e sufficientemente dettagliata perché possano essere facilmente accessibili.

2. In deroga al paragrafo 1, quando siano utilizzate risorse rare, gli Stati membri possono permettere all’autorità di regolamentazione nazionale di imporre diritti che riflettono la necessità di assicurare l’uso ottimale di tali risorse. I diritti devono essere non discriminatori e tener particolare conto della necessità di incoraggiare lo sviluppo di servizi innovativi e la concorrenza”.

Normativa nazionale

6. Il decreto del presidente della Repubblica 19 settembre 1997, n. 318 (Supplemento ordinario alla GURI n. 221 del 22 settembre 1997, pag. 5; in prosieguo: il “decreto n. 318”), e il decreto 5 febbraio 1998 (GURI n. 63 del 17 marzo 1998, pag. 27), adottato per dare attuazione all’art. 6 del decreto n. 318, riguardano i contributi finanziari imposti alle imprese di telecomunicazioni ai fini delle procedure relative all’autorizzazione.

7. L’art. 6, comma 5, del decreto n. 318 dispone che “il contributo richiesto alle imprese per la procedura relativa all’autorizzazione generale copre esclusivamente i costi amministrativi connessi all’istruttoria [del fascicolo], al controllo della gestione del servizio e del mantenimento delle condizioni previste per l’autorizzazione stessa”.

8. L’art. 6, comma 20, del medesimo decreto contiene una disposizione analoga riguardante il contributo relativo alle licenze individuali. Il comma 21 dello stesso articolo prevede peraltro un contributo in caso di utilizzo di risorse scarse.

9. Il summenzionato decreto 5 febbraio 1998 precisa che il titolare di licenza è tenuto al versamento di un contributo per: a) i costi dell’istruttoria e rilascio licenza, da corrispondere al momento della domanda; b) i controlli e le verifiche, da corrispondere annualmente; c) l’uso di risorse scarse, da corrispondere annualmente, e d) l’attribuzione di numerazione, da corrispondere annualmente.

10. I provvedimenti all’origine dei ricorsi nelle cause principali sono la legge 23 dicembre 1998, n. 448, recante misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo (legge finanziaria 1999) (Supplemento ordinario alla GURI n. 302 del 29 dicembre 1998, pag. 5; in prosieguo: la “legge n. 448”), e il decreto interministeriale 21 marzo 2000 adottato dal Ministro del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione economica, di concerto con il Ministro delle Comunicazioni (GURI n. 92 del 19 aprile 2000, pag. 12; in prosieguo: il “decreto 21 marzo 2000”).

11. L’art. 20, comma 2, della legge n. 448 prevede quanto segue:

“E’ istituito un contributo sulle attività di installazione e fornitura di reti di telecomunicazioni pubbliche, di fornitura al pubblico di servizi di telefonia vocale e di servizi di comunicazioni mobili e personali; il contributo è dovuto dai titolari di concessioni di servizi di telecomunicazioni pubbliche, ovvero di licenze per l’installazione e la fornitura di reti di telecomunicazioni pubbliche, per servizi al pubblico di telefonia vocale o di comunicazioni mobili e personali.

Tale contributo è determinato per il 1999 nella misura del 3 per cento, per il 2000 nella misura del 2,7 per cento, per il 2001 nella misura del 2,5 per cento, per il 2002 nella misura del 2 per cento e per il 2003 nella misura dell’1,5 per cento, calcolata sul fatturato relativo a tutti i servizi e prestazioni di telecomunicazioni dell’anno precedente.

Per i soggetti con fatturato inferiore a 200 miliardi di lire nell’anno di riferimento per il computo del contributo, le predette aliquote sono fissate al 2 per cento fino al 2002 ed all’1,5 per cento nel 2003. Per questi ultimi il contributo non è dovuto in caso di perdite di esercizio.

Il contributo è versato entro trenta giorni dalla data di approvazione del bilancio dell’esercizio a cui il fatturato si riferisce. Entro il 15 dicembre di ciascun anno è versato un acconto sul contributo dovuto per l’anno successivo pari per il 1999 al 70 per cento, per il 2000 all’85 per cento e per il 2001 e gli anni successivi al 95 per cento del contributo dovuto per l’anno precedente. Per il 1999 l’acconto è determinato in relazione alle previsioni di fatturato per lo stesso anno, in misura, comunque, non inferiore al fatturato 1998.

(…)”.

12. Il decreto 21 marzo 2000 ha stabilito le modalità di attuazione del versamento del contributo istituito dall’art. 20, comma 2, della legge n. 448.

Causa principale e questione pregiudiziale

13. La Albacom e la Infostrada hanno dovuto versare una somma a titolo di acconto sul contributo previsto all’art. 20, comma 2, della legge n. 448 e dal decreto 21 marzo 2000 (in prosieguo: il “contributo controverso”). Il giudice del rinvio precisa che nel caso della Albacom tale somma raggiunge l’importo di ITL 5 300 000 000. Le due società sopracitate ritengono che la legge n. 448, con l’introduzione del contributo controverso, abbia di fatto ripristinato il canone di concessione che veniva applicato in Italia in passato, quando i servizi di telecomunicazione erano assoggettati ad un regime di monopolio, e che essa violi la normativa comunitaria.

14. Ciascuna delle società in parola ha quindi proposto un ricorso straordinario dinanzi al Presidente della Repubblica diretto all’annullamento del decreto 21 marzo 2000. Il Ministro del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione economica ha allora chiesto al Consiglio di Stato di emettere un parere in merito alla validità del detto decreto.

15. Secondo il detto Ministro, il contributo controverso non costituisce né un prolungamento in vita del canone di concessione né una nuova tassa, ma una forma di partecipazione delle imprese alle spese sostenute direttamente e indirettamente dallo Stato per la predisposizione degli strumenti necessari alla liberalizzazione del settore delle telecomunicazioni.

16. Il Consiglio di Stato precisa che i servizi di telecomunicazione erano compresi in precedenza nel monopolio dello Stato e che la legge prevedeva allora l’obbligo per tutti i concessionari di pagare allo Stato stesso un canone annuo di importo predeterminato.

17. Il giudice del rinvio aggiunge che il sistema è stato profondamente modificato dalla normativa comunitaria, segnatamente dalla direttiva della Commissione 13 marzo 1996, 96/19/CE, che ha modificato la direttiva 90/388/CEE al fine della completa apertura alla concorrenza dei mercati delle telecomunicazioni (GU L 74, pag. 13), nonché dalla direttiva 97/13.

18. Un primo provvedimento di trasposizione, adottato nel 1996, avrebbe subordinato ad un’autorizzazione amministrativa il diritto di ciascuna impresa di svolgere servizi e di installare reti di telecomunicazione, salve le concessioni previste dalla legge.

19. La Repubblica italiana avrebbe adottato in seguito altri provvedimenti, tra cui il decreto n. 318 e il decreto 5 febbraio 1998, prevedendo in particolare lo sfruttamento delle reti di telecomunicazione da parte di imprese titolari di autorizzazioni generali e di licenze individuali nel settore dei servizi di telecomunicazione.

20. Il Consiglio di Stato menziona infine la legge n. 448. Il medesimo sottolinea che, se è vero che tale legge ha ribadito la non applicabilità ai gestori di servizi di telecomunicazioni pubbliche del canone annuale precedentemente imposto ai concessionari, cionondimeno l’art. 20, comma 2, di tale legge ha introdotto una nuova forma di contributo.

21. Il giudice del rinvio, nutrendo dubbi circa la conformità alla normativa comunitaria del citato art. 20, comma 2, e del decreto 21 marzo 2000, ha deciso di sospendere il procedimento nelle due cause e di proporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

“Può la direttiva 97/13/CE consentire agli Stati membri di imporre, a carico delle imprese titolari di licenza o autorizzazione per l’esercizio di attività di telecomunicazioni, prestazioni patrimoniali in qualsiasi modo denominate, diverse e supplementari rispetto a quelle consentite da tale direttiva?”

22. Con ordinanza del presidente della Corte 12 settembre 2001, i procedimenti C-292/01 e C-293/01 sono stati riuniti ai fini delle fasi scritta e orale nonché della sentenza.

Sulla questione pregiudiziale

23. Occorre constatare, a titolo preliminare, che la causa principale riguarda due società titolari di licenze individuali ai sensi della direttiva 97/13 e che le osservazioni presentate alla Corte si sono concentrate sulle disposizioni dell’art. 11 di tale direttiva, relative ai diritti e oneri applicabili alle imprese titolari di licenze individuali. Si deve quindi considerare che il Consiglio di Stato chiede, in sostanza, se le disposizioni della detta direttiva, in particolare l’art. 11 della medesima, vietino agli Stati membri di imporre alle imprese titolari di licenze individuali nel settore delle telecomunicazioni, per il solo fatto che detengono tali licenze, prestazioni pecuniarie come il contributo controverso.

24. A tale riguardo, occorre anzitutto verificare se l’art. 11 della direttiva 97/13, o qualsiasi altra disposizione della medesima, autorizzi espressamente gli Stati membri ad imporre alle summenzionate imprese un onere pecuniario come il contributo controverso.

25. L’art. 11, n. 1, della direttiva 97/13 prevede che i diritti richiesti dagli Stati membri alle imprese titolari di licenze individuali sono esclusivamente intesi a coprire i costi amministrativi sostenuti per l’attuazione di tali licenze. Il n. 2 della stessa disposizione permette tuttavia alle autorità di regolamentazione nazionali di imporre diritti per l’utilizzazione di risorse rare.

26. Ad eccezione dei diritti e oneri menzionati all’art. 11 e dei diritti destinati a coprire i costi amministrativi collegati alle procedure di autorizzazione generali, previsti all’art. 6, la direttiva riconosce espressamente solo un altro tipo di oneri pecuniari, e cioè i contributi finanziari per la prestazione del servizio universale, previsti al summenzionato art. 6 e al punto 3.2 dell’allegato a tale direttiva.

27. Orbene, non viene contestato il fatto che il contributo controverso non sia diretto né a coprire i costi amministrativi collegati a una procedura di autorizzazione né ad assicurare l’utilizzazione di una risorsa rara. Infatti, le disposizioni del decreto n. 318 e del decreto 5 febbraio 1998 hanno istituito altri contributi a tale scopo. D’altronde, non è stato neppure sostenuto che il contributo controverso abbia lo scopo di finanziare il servizio universale.

28. Si deve constatare che un onere simile al contributo controverso non rientra in una delle ipotesi espressamente menzionate agli artt. 6 e 11 della direttiva 97/13.

29. Occorre esaminare, in secondo luogo, se un simile onere non sia pur tuttavia vietato.

30. A tale proposito, è necessario fare riferimento all’obiettivo della direttiva 97/13 e al contesto giuridico in cui è stata adottata.

31. Il governo italiano sostiene che un onere pecuniario quale il contributo controverso non è contrario all’obiettivo della direttiva 97/13 e che deve persino considerarsi consentito, in relazione alla formulazione dell’art. 11, n. 2, di tale direttiva. Secondo il citato governo, dal momento che tale disposizione permette agli Stati membri di imporre oneri supplementari nel caso di risorse rare, come la scarsa quantità di numeri disponibili o di radiofrequenze, al fine di assicurare un’utilizzazione ottimale di tali risorse, deve essere loro altresì consentito di imporre oneri supplementari destinati a contribuire agli investimenti intrapresi per assicurare la liberalizzazione in generale del settore delle telecomunicazioni.

32. Nella fattispecie, il contributo controverso rappresenterebbe una partecipazione agli investimenti intrapresi dallo Stato allo scopo di liberalizzare le telecomunicazioni e di consentire l’emergere di servizi innovativi. Inoltre, esso non si applicherebbe che durante un periodo limitato e rispetterebbe i criteri di obiettività, di non discriminazione e di trasparenza, menzionati al dodicesimo considerando di tale direttiva.

33. A tale riguardo, occorre tuttavia rilevare che l’art. 11, n. 1, della direttiva 97/13 prevede espressamente che gli Stati membri fanno sì che i diritti richiesti alle imprese per le procedure di autorizzazione siano esclusivamente intesi a coprire i costi amministrativi connessi al volume di lavoro generato dal sistema delle licenze. Il n. 2 di tale articolo introduce, rispetto alla disposizione generale contenuta nel n. 1, un’eccezione limitata al caso delle risorse rare.

34. Il disposto di tale n. 2 richiede quindi un’interpretazione restrittiva e, comunque, non permette, di per sé, di evincere quanto auspicato dal governo italiano.

35. Dal primo, terzo e quinto considerando della direttiva 97/13 risulta che quest’ultima rientra nelle misure adottate per la liberalizzazione completa dei servizi e delle infrastrutture di telecomunicazione a partire dal 1° gennaio 1998, misure tra cui figura anche la direttiva 96/19 relativa all’introduzione della piena concorrenza sul mercato delle telecomunicazioni. La direttiva 97/13 stabilisce, a tal fine, un quadro comune applicabile ai regimi di autorizzazione destinato ad agevolare in modo significativo l’ingresso di nuovi operatori sul mercato.

36. Tale quadro prevede non solo regole relative in particolare alle procedure di rilascio delle autorizzazioni e al contenuto di queste ultime, ma anche alla natura e persino all’entità degli oneri pecuniari, collegati a tali procedure, che gli Stati membri possono imporre alle imprese nel settore dei servizi di telecomunicazione.

37. Come precisato al dodicesimo considerando della direttiva 97/13, tali oneri devono essere fondati su criteri oggettivi, non discriminatori e trasparenti. D’altronde, essi non devono essere tali da ostacolare l’obiettivo della totale liberalizzazione del mercato, il quale comporta la completa apertura di quest’ultimo alla concorrenza.

38. A tale riguardo, come rileva l’avvocato generale al paragrafo 52 delle sue conclusioni, la disciplina comune in materia di autorizzazioni generali e di licenze individuali nei servizi di telecomunicazione che la direttiva mira a introdurre sarebbe privata di ogni effetto utile se gli Stati membri fossero liberi di determinare gli oneri tributari a cui le imprese del settore devono far fronte.

39. E’ significativa inoltre la circostanza che la Repubblica italiana, nella prima fase di trasposizione delle direttive comunitarie in vista della liberalizzazione del mercato nazionale delle telecomunicazioni, avesse soppresso il contributo sul fatturato imposto in precedenza ai concessionari di servizi di telecomunicazione. Orbene, anche se il contributo precedentemente in vigore e quello controverso non sono identici, si deve rilevare che il contributo controverso impone, come il precedente, un onere calcolato sulla base del fatturato delle imprese titolari di licenze individuali e reintroduce in tal modo un ostacolo di natura patrimoniale alla procedura di liberalizzazione.

40. Occorre constatare che un tale onere pecuniario rende assai più gravosi i diritti e gli oneri che gli Stati membri sono espressamente autorizzati ad imporre in forza della direttiva 97/13 e crea un ostacolo significativo alla libera prestazione dei servizi di telecomunicazione.

41. Ne consegue che un tale onere pecuniario è contrario agli obiettivi perseguiti dal legislatore comunitario e non rientra nella disciplina comune istituita dalla direttiva 97/13.

42. Tenuto conto di quanto precede, occorre risolvere la questione proposta nel senso che le disposizioni della direttiva 97/13, in particolare l’art. 11 della medesima, vietano agli Stati membri di imporre alle imprese titolari di licenze individuali nel settore dei servizi di telecomunicazione, per il solo fatto che detengono tali licenze, prestazioni pecuniarie come quelle in esame nelle cause principali, diverse e supplementari rispetto a quelle consentite da tale direttiva.

Sulle spese

43. Le spese sostenute dal governo italiano e dalla Commissione, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nelle cause principali il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

Per questi motivi,

LA CORTE (Quinta Sezione),

pronunciandosi sulla questione sottopostale dal Consiglio di Stato con ordinanze 12 giugno 2001, dichiara:

Le disposizioni della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 10 aprile 1997, 97/13/CE, relativa ad una disciplina comune in materia di autorizzazioni generali e di licenze individuali nel settore dei servizi di telecomunicazione, in particolare l’art. 11 della medesima, vietano agli Stati membri di imporre alle imprese titolari di licenze individuali nel settore dei servizi di telecomunicazione, per il solo fatto che detengono tali licenze, prestazioni pecuniarie come quelle in esame nelle cause principali, diverse e supplementari rispetto a quelle consentite da tale direttiva.

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 18 settembre 2003.