Civile

Tuesday 16 December 2003

Spese sanitarie: il rimborso spetta solo se il servizio pubblico non dispone di tecniche terapeutiche idonee. Cassazione – Sezione lavoro – sentenza 23 giugno-22 novembre 2003, n. 17791

Spese sanitarie: il rimborso spetta solo se il servizio pubblico non dispone di tecniche terapeutiche idonee.

Cassazione Sezione lavoro sentenza 23 giugno-22 novembre 2003, n. 17791

Presidente Ravagnani relatore Lamorgese

Pm Fuzio conforme ricorrente Zinna

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Palermo, confermando le statuizioni del locale Pretore, ha, con la sentenza impugnata presso questa Corte, accertato linesistenza del diritto dellodierna parte ricorrente al rimborso, a carico dellAssessorato alla sanità della Regione Sicilia, delle spese sostenute per sottoporsi, presso struttura privata non convenzionata col Servizio sanitario pubblico, a trattamento di litotrissia extracorporea ad onde durto, finalizzato alla cura della calcolosi dalla quale era affetto.

Il giudice dappello, interpretando le norme regionali che disciplinano la materia, ha ritenuto che esse escludono lassistenza indiretta quando il servizio pubblico dispone di tecniche terapeutiche idonee al conseguimento della guarigione del paziente, senza trovare controindicazioni nelle particolari condizioni di questultimo e senza che rilevi la loro caratterizzazione in senso tradizionale, rispetto ad altre tecniche che, sebbene scientificamente più avanzate, consentono, tuttavia, di ottenere identici risultati clinici.

La parte privata affida il suo ricorso ‑ ritualmente notificato allAssessorato suddetto presso lAvvocatura generale dello Stato ‑ a due motivi.

Il primo censura vizi di motivazione, sul rilievo: a) dellomessa valutazione del certificato medico recante la prescrizione di trattamento con Eswl, nonché dei pareri pro veritate resi dal prof. G. Carmignani della Clinica urologica dellUniversità di Genova e del prof. M. Gallucci dellUniversità cattolica del Sacro Cuore di Roma; b) della mancata ammissione di consulenza tecnica, pur ripetutamente sollecitata, per accertare la compatibilità di un intervento chirurgico con le condizioni cliniche del soggetto assistito.

Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dellarticolo 14 della legge della Regione Sicilia 27/1975, nonché dellarticolo 32 Costituzione, sul rilievo che unesegesi costituzionalmente orientata della norma regionale di previsione del diritto allassistenza indiretta porta ad intendere il requisito, ivi posto, del «modo adeguato» nel senso che tale diritto sussiste quante volte attraverso la tecnica terapeutica non ottenibile dal Servizio pubblico il risultato della guarigione presenti più sicuri presidi di stabilità e sia conseguibile in modo meno traumatico per il paziente, riuscendo ad evitare gli inconvenienti tipici di un intervento chirurgico di tipo tradizionale.

Queste utilità addizionali, infatti, non rappresentano aspetti voluttuari o comodità indifferenti rispetto al fine primario del recupero di buone condizioni di salute, ma costituiscono «completamento esaustivo della tutela dovuta», si da porsi come presidio indefettibile del bene protetto dal precetto fondamentale di cui allarticolo 32 Costituzione.

Motivi della decisione

Le esposte censure non hanno fondamento.

Logicamente pregiudiziale è lesame del secondo motivo di ricorso, che pone la questione interpretativa dei limiti in cui le norme regionali consentono laccesso allassistenza indiretta.

La disciplina della Regione Sicilia in materia di assistenza sanitaria indiretta, applicabile nella specie ratione temporis, prevede «casi eccezionali» in cui «per comprovate esigenze diagnostico-terapeutiche che non potrebbero altrimenti essere soddisfatte in modo o tempo adeguati nei luoghi di cura convenzionati ubicati nel territorio nazionale», «lAssessore regionale per la sanità … può assumere, a carico del Fondo regionale ospedaliero, la spesa necessaria per il ricovero … presso luoghi di cura non convenzionati, altamente specializzati, in atto esistenti nel territorio nazionale» (articolo 14bis della legge 27/1975, come aggiunto dalla successiva legge 66/1977).

Laccertamento delle suddette condizioni legittimanti questa forma di ricovero era rimessa (articolo 14ter della citata legge 27/1975) ad unapposita Commissione, sulla base del cui parere favorevole veniva, poi, rilasciata allutente la «lettera contenente limpegno della Regione di assumere a proprio carico la spesa del ricovero», risultante dal preventivo prodotto dallutente stesso (articolo 14quater).

La legge regionale 3/1991 ha parzialmente modificato la disciplina ora illustrata, relativa ai suddetti «casi eccezionali», senza, tuttavia, incidere sulla configurazione dei medesimi e semplicemente disponendo, da una parte, il trasferimento allunità sanitaria locale di appartenenza dellassistito delle «competenze inerenti allistruttoria, alla liquidazione ed al pagamento delle provvidenze relative a prestazioni sanitarie fruite nel territorio nazionale e disciplinate dagli articoli 14bis, 14ter, 14quater e 14quinquies della legge regionale 27/1975, e successive integrazioni e modifiche» (articolo 2, primo comma) e, dallaltra parte (articolo 2, comma quarto) che «con decreto dellassessore regionale per la sanità, sentita la competente commissione legislativa dellassemblea regionale siciliana, sono fissati i limiti massimi di rimborso, determinati in relazione alle patologie riscontrate, alle terapie praticate ed al reddito dellassistito».

Orbene, le Sezioni unite della Corte, esaminando queste disposizioni con sentenza 4647/02, hanno ritenuto che esse consentano lammissione allassistenza indiretta con esclusivo riguardo a casi in cui siano richiesti «idonei e tempestivi interventi curativi non ottenibili presso le strutture pubbliche o convenzionate, con la conseguenza che il difetto di intervento anche della struttura privata non convenzionata si porrebbe come fonte di pericolo di vita o di aggravamento della malattia o di non adeguata guarigione» (così testualmente la sentenza appena menzionata, nella parte recante i «motivi della decisione»).

Esplicitando il risultato ermeneutico in tali termini attinto, è agevole constatare che, alla stregua di esso: a) la condizione fondamentale del diritto allassistenza indiretta sta nella non ottenibilità dal servizio pubblico di interventi curativi idonei e tempestivi; b) a prescindere dal requisito temporale, che non è qui in discussione, quello dellidoneità dellintervento curativo offerto da tale servizio deve ritenersi sussistente, con effetto preclusivo del ricorso allassistenza privata, quante volte la sua fruizione non comporti pericolo di vita ovvero rischio di aggravamento della malattia o di imperfetta guarigione.

Ne resta smentita la tesi di fondo sostenuta dal ricorrente, ossia che laccesso allassistenza indiretta debba ritenersi consentito quante volte solo le strutture private non convenzionate dispongano di metodiche che consentano di affrontare la malattia secondo modalità più umane e meno traumatiche.

La nozione di indispensabilità del trattamento di cui trattasi deve, invece, commisurarsi ai riferiti parametri del rischio di morte, di aggravamento della malattia o di incompletezza del processo di guarigione, la cui assenza non legittima il rifiuto delle tecniche terapeutiche in atto presso il servizio pubblico ed il conseguente onere del medesimo per il rimborso della spesa sostenuta presso strutture private.

Ladeguatezza del trattamento offerto dal Servizio pubblico, con conseguente preclusione dellassistenza indiretta, è, pertanto, da commisurare esclusivamente al risultato terapeutico della guarigione, non anche ai modi in cui esso viene ottenuto.

Non vè luogo a discostarsi da questo orientamento.

Esso è del tutto consono al «diritto vivente» che, nel bilanciamento del diritto individuale assoluto e dei limiti di tutelabilità dellinteresse collettivo alla salute, assicura la prevalenza del primo, non come strumento di indiscriminata traslazione sul Servizio pubblico dei costi delle esigenze terapeutiche comunque soddisfatte al di fuori dellorganizzazione che lordinamento appresta a precipuo scopo di presidio del bene protetto dalla norma fondamentale di cui allarticolo 32, ma come rimedio per i casi eccezionali in cui lorganizzazione stessa si dimostri strutturalmente inadeguata a tale scopo e, quindi, senza escluderne la possibilità di limitazioni con leggi, regolamenti o atti amministrativi di carattere generale, a fini di necessario contemperamento con altri interessi anchessi costituzionalmente protetti (Cassazione, Sezioni unite, 10964/01; Id., 194/01; Id., 837/99; Id., 117/99; Id., 85/1999; Id., 4977/97 ecc.).

Del resto, anche la Corte costituzionale si è ripetutamente richiamata ad identici principi e, pur quando ha emesso decisioni caducatorie di norme che non consentivano di assumere a carico del servizio sanitario nazionale la spesa per prestazioni di alta specializzazione ottenibili soltanto presso strutture private non convenzionate, a tanto non si è affatto determinata postulando che il diritto alla salute possa ritenersi esaustivamente tutelato solo attraverso le tecnologie più avanzate, ancorché distinguibili da quelle tradizionali esclusivamente per modalità operative, ma non per più sicura affidabilità di risultati, bensì presupponendo l«indispensabilità» delle prestazioni considerate, intesa come idoneità delle medesime a produrre effetti diagnostici o terapeutici più certi e completi di quelli riferibili alle metodiche in uso presso il servizio pubblico. In questo senso si è espressa quella stessa sentenza 992/88 che il ricorrente cita in modo incompleto, trascurando il pur espresso rilievo attribuito allelemento dellindispensabilità.

E, tuttavia, di segno conforme sono anche ulteriori decisioni che pongono in luce come il diritto alla salute, considerato nella dimensione ‑ che viene in rilievo nel caso di specie ‑ di pretesa dei trattamenti sanitari necessari per la sua tutela (dimensione rispetto alla quale è priva di ogni pertinenza la nutrita giurisprudenza costituzionale, ricordata del ricorrente, in tema di diritto alla salute assunto come fondamento della risarcibilità del cosiddetto danno biologico) è un diritto costituzionalmente condizionato allattuazione che ne dà il legislatore ordinario (statale e regionale) attraverso il bilanciamento con gli altri interessi protetti e che, quindi, legittimamente sì realizza con la gradualità imposta, fra laltro, dalle disponibilità di risorse organizzative e finanziarie (v. Corte costituzionale, 455/90; Id., 40/1991; Id., 247/92; Id. 267/98).

Quanto al preteso vizio di motivazione, denunciato coi primo motivo di ricorso, la Corte osserva, in primo luogo, che il certificato medico recante la prescrizione del trattamento di litotrissia non esibisce alcun elemento che possa fame predicare la qualità di «punto decisivo», ai sensi e per gli effetti di cui allarticolo 360, n. 5, Cpc.

I termini in cui parte ricorrente riferisce il contenuto del documento: a) non riguardano in alcun modo laspetto comparativo fra la tecnica chirurgica tradizionale e siffatto trattamento, né esplicitano alcuna motivazione della preferenza accordata al secondo, sicché risultano assolutamente irrilevanti rispetto allipotesi, avanzata dallassistito, di individuabilità nella più moderna terapia di caratteri tali da assicurare una più compiuta tutela del diritto alla salute; b) dimostrano, per contro, come la menzione della «necessità», che il ricorrente assume trascurata dal giudice a quo, appaia chiaramente correlata non al trattamento con Eswl, bensì allesigenza terapeutica di non procrastinare una condizione morbosa suscettibile di aggravamento e di complicazioni.

Né decisività può riconoscersi ai richiamati pareri pro veritate.

Di essi, infatti, non si riporta, neanche per sommi capi, liter argomentativo, in contrasto coi consolidato principio secondo il quale la parte che denunci con ricorso per cassazione la mancata o inadeguata valutazione, da parte del giudice di merito, di prove documentali ha lonere di riprodurre nel ricorso il tenore esatto del documento il cui omesso o inadeguato esame è censurato, al fine di rendere possibile al giudice di legittimità (al quale è istituzionalmente vietato di ricercare direttamente le prove negli atti di causa o di compiere indagini integrative rispetto ai fatti prospettati dalla parte) di valutare, anzitutto, la pertinenza e la decisività dei fatti medesimi (v., fra le tante conformi, 13953/02; Id., 11052/02; Id., 9712/02; Id., 15124/01; Id., 11963/01; Id., 10484/01; Id., 9554/01; Id., 2602/01; Id., 10913/98 ecc.).

La lacunosa trama del motivo di ricorso in esame si percepisce ulteriormente con riguardo alla doglianza di mancata ammissione di consulenza tecnica intesa ad accertare «se, in relazione alle particolari condizioni del caso clinico del paziente, sussistevano controindicazioni alla sottoposizione del ricorrente al trattamento chirurgico» (così il ricorso a pag. 4).

Invero il ricorrente tace del tutto su queste «particolari condizioni», non ne indica le caratteristiche, non specifica in quali stati morbosi si concretino, omette di precisare in quali termini ed in quale atto processuale abbia svolto le relative allegazioni, né, infine, richiama le eventuali prove acquisite al riguardo.

Il ricorso, cioè, disvela, anche in questa parte, una inadeguata rispondenza alla regola, di cui allarticolo 366 Cpc, che nel prescrivere, sotto pena di ammissibilità, lesposizione dei fatti di causa, consente bensì che essa sia «sommaria», ma esclusivamente nel senso di negare la necessità di una pedissequa narrazione della vicenda litigiosa, non anche dellindicazione dei dati e degli elementi il cui apprezzamento è strettamente funzionale alla valutazione da parte del giudice di legittimità delleffettiva sussistenza del vizio denunciato.

Linosservanza di siffatta prescrizione non consente, nella specie, alla Corte di stabilire se lo strumento della consulenza tecnica fosse stato sollecitato, davanti al giudice del merito, in modo coerente con la sua specifica funzione che è esclusivamente quella di aiutare il giudice nella valutazione di elementi già acquisiti o nella soluzione di questioni che comportino specifiche conoscenze, non già di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume, con la conseguenza della legittimità della sua negazione qualora la parte tenda surrettiziamente a supplire alla deficienza delle proprie allegazioni o offerta di prove ovvero a compiere unattività esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati (Cassazione 11359/02; Id., 3343/01; Id., 2205/96).

La Corte ritiene, pertanto, che lesaminato motivo di ricorso non possa conseguire il risultato di infirmare lapprezzamento del giudice a quo circa la non riconoscibilità, nel caso di specie, di «controindicazioni, nascenti dalle particolari condizioni del paziente, allutilizzo della metodica disponibile presso il Ssn» (così la sentenza impugnata, a pag. 4), poiché, in sostanza, si risolve nella contrapposizione ad esso di un diverso apprezzamento, così da risultare estraneo al paradigma del controllo di logicità del giudizio ottenibile dal giudice di legittimità.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

La Corte, stante la natura assistenziale della controversia e considerate le peculiarità delle questioni dibattute, ritiene che difettino le condizioni alle quali larticolo 152 disp. att. Cpc subordina la possibilità di condanna dellassistito soccombente al rimborso di spese processuali.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.