Lavoro e Previdenza

Wednesday 21 April 2004

Sì al cumulo tra pensione e redditi di lavoro autonomo per chi è andato in pensione prima del 1995

Sì al cumulo tra pensione e redditi di lavoro autonomo per chi è andato in pensione prima del 1995

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Paolino DELL’ANNO – Presidente –

Dott. Guido VIDIRI – consigliere –

Dott. Alessandro DE RENZIS – Consigliere –

Dott. Camillo FILADORO – Consigliere –

Dott. Saverio TOFFOLI – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

INPDAI – ISTITUTO NAZIONALE DI PREVIDENZA PER I DIRIGENTI DI AZIENDE INDUSTRIALI, in persona del legale rappresentante prò tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DI DONNA OLIMPIA 134, rappresentato e difeso dall’avvocato NUNZIO IZZO, giusta delega in atti;

– ricorrente – contro

S. R., V. R., elettivamente domiciliati in ROMA VLE MEDAGLIE D’ORO 419/G, presso lo studio dell’avvocato GIORGIO MARTELLINO, rappresentati e difesi dall’avvocato MARCO GIANNINI,

giusta delega in atti;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 219/00 della Corte d’Appello di GENOVA, depositata il 27/10/00 – R.G.N. 147/2000;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/10/03 dal Consigliere Dott. Saverio TOFFOLI;

udito l’Avvocato IZZO;

udito l’Avvocato GIANNINI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Carlo DESTRO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’appello di Genova, riformando l’appellata sentenza del Tribunale di La Spezia, accoglieva le domande proposte da R. S. e da R. V. contro l’Inpdai, dirette all’accertamento della intera cumulabilità delle loro pensioni con i redditi da lavoro autonomo (e alla conseguente restituzione delle somme trattenute dall’ente sui ratei di pensione), domande basate sull’affermata applicabilità dell’art. 10, comma 8, del d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 503, nel testo posto dall’art. 11, comma 10, l. 24 dicembre 1993 n. 537, secondo cui trova applicazione la normativa previgente in materia di cumulabilità di pensione e redditi da lavoro dipendente ed autonomo, se più favorevole, nei confronti dei lavoratori “che alla data del 31 dicembre 1994 sono titolari di pensione, ovvero hanno raggiunto i requisiti contributivi minimi per la liquidazione della pensione di vecchiaia o di anzianità”.

Il giudice di secondo grado, ricordato che i ricorrenti avevano usufruito del prepensionamento ai sensi dell’art. 5 del d.l. 29 agosto 1994 n. 516, convcrtito dalla legge 27 ottobre 1994 n. 598, riteneva non fondata la tesi, sostenuta dai medesimi, secondo cui la decorrenza della loro pensione avrebbe dovuto essere collocata all’epoca della presentazione della domanda, avvenuta in data 19.9.1994, in quanto tale presentazione non aveva fatto sorgere alcun diritto, rappresentando essa solo il primo degli adempimenti di un procedimento complesso, al termine del quale soltanto – in caso di intervento di una decisione favorevole – sorge il diritto al prepensionamento. Riteneva invece fondata l’altra prospettazione, secondo cui, decorrendo nella specie la pensione dall’1.1.1995, la maturazione del diritto alla pensione era intervenuta il 31.12.1994. Al riguardo sosteneva che costituisce principio generale del nostro ordinamento pensionistico quello per cui la pensione decorre dal primo giorno successivo a quello della presentazione della domanda, oppure dal primo giorno del mese successivo al compimento dell’età pensionabile, o infine, dal primo giorno del mese successivo a quello in cui vengono perfezionati i requisiti.

Osservava anche che il prepensionamento si risolve in un’anticipazione del requisito contributivo della pensione di anzianità o di vecchiaia e che la disciplina ed.

anticumulo è dettata con riferimento alle pensioni di anzianità e di vecchiaia (oltre che di invalidità), cosicché dovrebbe escludersi in radice la sua applicabilità, se si accogliesse la tesi che il prepensionamento ha natura diversa da quello ordinario.

L’Inpdai proponeva ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi. Il S. e il Vagliai resistono con controricorso. Ambedue le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo denuncia violazione dell’art. 10 del d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 503, come sostituito parzialmente dall’art. 11 della l. 24 dicembre 1993 n. 537; degli artt 4 e 5 del d.l. 29 agosto 1994 n. 516, convertito in 1. 27 ottobre 1994 n. 598; dell’art. 22, lett. b), 1. 30 aprile 1969 n. 157.

Sostiene che il giudice di merito ha errato ad assimilare il trattamento pensionistico derivante da prepensionamento al pensionamento di anzianità o di vecchiaia, trascurando che in relazione allo specifico tipo di prepensionamento il datore di lavoro è tenuto a corrispondere, oltre alla normale contribuzione in riferimento al periodo effettivamente lavorato, anche una somma pari alla all’importo mensile della pensione anticipata, e che quindi il beneficio del prepensionamento è assimilabile alle indennità di disoccupazione e complessivamente ha una natura giuridica promiscua di trattamento pensionistico e di indennità di disoccupazione. Poiché l’evento protetto è la mancanza di reddito, il diritto al trattamento anticipato (prepensionamento) sorge solo al verificarsi del medesimo, che nella specie è collocato temporalmente il giorno 1.1.1995.

Né consente l’assimilazione del prepensionamento alle pensioni ordinarie la previsione da parte dell’art. 5 del d.l. n. 516/1994 del possesso di una anzianità contributiva e assicurativa di 30 anni, poiché questo è solo uno dei molteplici requisiti. In realtà è prevista una fattispecie a formazione progressiva, implicante la preventiva cessazione del rapporto di lavoro e la maggiorazione dell’anzianità assicurativa a decorrere dall’1.1.1995.

Inoltre – osserva il ricorrente – mentre la disciplina anticumulo ha carattere generale e tale da comprendere tutti i trattamenti anticipati di anzianità, nel testo dell’art. 10, comma 8, del d.lgs. n. 503/1993 significativamente è stato sostituita la locuzione “hanno maturato il diritto al pensionamento”, con quella più restrittiva “hanno raggiunto i requisiti minimi per la liquidazione della pensione di vecchiaia o di anzianità”, cosi come sono analogamente esonerati dall’applicazione della nuova disciplina anticumulo coloro che “alla data del 31.12.1994 sono titolari di pensione”, cioè coloro che hanno concretamente ottenuto la pensione con decorrenza da tale data. In altre parole, la speciale ed eccezionale norma transitoria si applica solo alle due fattispecie appartenenti alla generale disciplina della pensione normale: non può riguardare una situazione di generico diritto al pensionamento

Il ricorrente ribadisce anche la tesi della insussistenza alla data del 31.12.1994 sia della titolarità della pensione, sia dei requisiti minimi contributivi per la pensione di anzianità, situazione negativa peraltro costituente presupposto per l’applicabilità delle norme sul prepensionamento e comportante l’obbligo per il datore di lavoro di versare l’importo pari alla pensione di anzianità per il periodo di anticipazione, fatto che conferma il permanente mancato perfezionamento del requisito minimo dei 35 anni di anzianità contributiva. In ogni caso la collocazione temporale dell’anzianità convenzionale è collocabile oltre e non entro il 31.12.1994, come confermato dall’accollo al datore di lavoro di somma pari all’importo della pensione.

Rileva anche che la ratio della norma eccezionale transitoria si collega all’introdotto progressivo innalzamento dei limiti minimi delle pensioni di vecchiaia e di anzianità, e mira a far considerare come acquisite determinate situazioni di diritto soggettivo totalmente previdenziale; sarebbe quindi abnorme farvi rientrare farvi rientrare i prepensionamenti, che si risolvono nella concessione di un beneficio in presenza della contraria ed opposta situazione di insussistenza di detti requisiti ordinali, e irragionevolmente si concederebbe un ulteriore benefìcio in deroga alla generale disciplina della pensione normale. Del resto, le norme sul prepensionamento EFIM sono formulate sul presupposto della applicabilità della vigente regola della incumulabilità parziale (se non della incumulabilità totale per incompatibilità), e ciò ha giustificato la mancata enunciazione, come in passato di una specifica regola di incumulabilità.

Osserva poi, che, rispetto alla spiccata connotazione assistenziale del prepensionamento, la natura previdenziale della prestazione si evidenzia solo quanto al riconoscimento della periodica perequazione automatica.

Con il secondo motivo denuncia violazione delle regole sull’interpretazione della legge (art. 12 preleggi), dell’art. 5 del d.l. n. 516/1994, cit. dell’art. 7 della 1. 15 marzo 1973 n. 44, dell’art. 3 del d.P.R. 8 gennaio 1976 n. 58.

Osserva che incongruamente il giudice di merito ha richiamato le regole sul rapporto cronologico tra il perfezionamento dei requisiti del diritto alla pensione e la decorrenza di quest’ultima, poiché ha trascurato la peculiarità del prepensionamento, quale anticipazione del perfezionamento del futuro diritto alla pensione, per il fatto che in esso i requisiti non precedono ma seguono il momento erogativo. Così nella specie la maggiorazione dell’anzianità contributiva decorre dall’1.1.1995, come confermato dall’accollo, nel frattempo, al datore di lavoro delle rate di pensione.

Con il terzo motivo si denunciano vizi di motivazione su un punto decisivo.

La censura di contraddittorietà di motivazione si riferisce all’affermazione, da un lato, che requisito di ammissione al prepensionamento è l’anzianità contributiva di 30 anni e che la pensione decorre dal primo giorno del mese successivo a quello della presentazione della domanda, e, dall’altro, che la presentazione della domanda fa sorgere solo un’aspettativa.

Analogamente si censura sia l’affermazione che il prepensionamento si risolve in un’anticipazione del requisito contributivo, sia quella che nella specie la maturazione dei requisiti era antecedente all’acquisizione del diritto.

In realtà, sostiene il ricorrente, il diritto al prepensionamento sorge nel giorno successivo alla cessazione del rapporto di lavoro, allorquando si realizza la causa concreta (carenza di retribuzione e contribuzione) di quello che è un beneficio e non un diritto e che è incompatibile con il rapporto di lavoro.

Sotto il profilo dell’omissione di motivazione, si censura la obliterazione della circostanza del totale accollo al datore di lavoro di somma pari all’importo mensile della pensione anticipata e il mancato esame della particolare ratio e natura del prepensionamento, le cui erogazioni fino alla maturazione del requisito dei 35 anni si giustifica nella specie solo con i versamenti accollati al datore di lavoro.

Con il quarto motivo si rileva che un’interpretazione difforme da quella proposta condurrebbe ad una disparità di trattamento tra i lavoratori fruenti di prepensionamento collegabile alla medesima causa (dissesto aziendale), a seconda della maturazione del requisito entro il 1994 o successivamente. Si osserva anche che la sopravvenienza di un reddito di lavoro, anche se autonomo, priva di ragionevolezza la persistenza di quella che la legge stessa qualifica come beneficio e non diritto.

Si prospetta comunque la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale, per contrasto con gli artt. 3, 4, comma secondo, e 38 Cost, dell’art. 10, comma 8, d.l. n. 503/1992, nella parte in cui non esclude espressamente dalla deroga i prepensionamenti, ovvero dell’art. 5, comma 5, d.l. n. 516/1994, nella parte in cui non prevede espressamente l’incumulabilità totale del prepensionamento con i redditi da lavoro autonomo.

I primi tre motivi vengono esaminati congiuntamente stante la loro stretta connessione. Gli stessi non possono ritenersi fondati, in base alle considerazioni che seguono.

E’ opportuno preliminarmente osservare che gli attuali controricorrenti hanno fruito di un prepensionamento in base alla disciplina dettata dagli artt. 4 e 5 del d.l. 29 agosto 1994 n. 516, convertito dalla legge 27 ottobre 1994 n. 598, in riferimento alle esigenze di ristrutturazione, riorganizzazione e conversione aziendale delle società del gruppo EFIM. Più precisamente l’art. 4, comma 1, di detto decreto legge prevede che il commissario liquidatore dell’EFIM “può predisporre un programma di prepensionamenti di anzianità e di vecchiaia che andrà a scadere il 30 giugno 1996 per il personale delle società controllate dall’EFIM (…)”, mentre l’art. 5, comma 3, prevede che le domande di prepensionamento devono essere presentate irrevocabilmente, entro

novanta giorni dell’enfiata in vigore del decreto, alle società di appartenenza, dai lavoratori in possesso dei requisiti previsti di precedenti commi. Il precedente comma 1 di detto art. 5 regola il pensionamento anticipato di anzianità, ponendo come condizione il possesso di un’anzianità contributiva di almeno 30 anni tra la data in vigore del decreto e il 30 giugno 1996 e assicurando ai beneficiari “il trattamento pensionistico di anzianità, erogato con una maggiorazione dell’anzianità contributiva ed assicurativa pari al periodo necessario per la maturazione del requisito dei 35 anni (…)”. Secondo il comma 4 , “le società, sulla base del programma di cui all’art. 4, comma 1, e delle domande presentate dai lavoratori, provvederanno a selezionare le stesse. Le domande accolte saranno trasmesse all’Inps e all’Inpdai dalle società per i propri dipendenti, al maturarsi dei requisiti soggettivi. Il rapporto di lavoro dei dipendenti, le cui domande sono trasmesse all’Inps e all’Inpdai, si considera estinto, senza diritto al preavviso per entrambe le parti, nell’ultimo giorno del mese in cui le società effettuano la trasmissione delle domande stesse.”

L’espressa previsione dell’attribuzione di un “trattamento pensionistico di anzianità” comporta indubbiamente l’applicabilità di tutta la relativa disciplina normativa, in difetto di disposizioni in senso contrario o di effettiva incompatibilità. Devono quindi ritenersi applicabili anche le disposizioni in materia di cumulo tra pensione e redditi da lavoro dipendente o autonomo, in mancanza di disposizioni in senso contrario o di incompatibilità tra le stesse e i prepensionamenti di anzianità disciplinati come quelli in esame, che dal punto di vista sostanziale indubbiamente appartengono alla categoria dei pensionamenti anticipati e non possono qualificarsi come trattamenti di disoccupazione. Al riguardo può ricordarsi anche che, come rilevato da Cass., S.U. 12 marzo 1999 n. 121, mentre un carattere assistenziale era ravvisatale nei prepensionamenti disciplinati dalla legge 23 aprile 1981 n. 155, i prepensionamenti previsti ai fini dell’attuazione di ristrutturazione aziendali, con uno specifico onere economico addossato all’impresa interessata (secondo l’impostazione dell’art. 27 1. 23 luglio 1991 n. 223, che il d.l. 516/1994 ha seguito per il gruppo EFIM, portando il contributo a carico dell’azienda al cento per cento dei contributi pensionistici che sarebbero maturati fini alla data normale del pensionamento e delle rate di pensione in maturazione fino alla medesima data), sono ascrivibili a una diversa categoria di prepensionamenti, definiti di tipo gestionale, appunto perché previsti al fine di facilitare le operazioni di ristrutturazione aziendale.

D’altra parte, se non fossero applicabili le disposizioni sul cumulo,tra pensione e altri redditi previste per le altre pensioni, non vi sarebbero altre norme che potrebbero trovare applicazione. Al riguardo deve in particolare rilevarsi che il divieto parziale di cumulabilità della pensione con i redditi da lavoro autonomo è stato introdotto per le pensioni di anzianità, in base al criterio direttivo di cui all’art. 3, comma 1, leti m), della legge dì delega 23 ottobre 1992 n. 421, dall’art. 10, comma 6, del medesimo d.lgs. n. 503/1992, che fa appunto riferimento specifico alle “pensioni di anzianità a carico dell’assicurazione generale dei lavoratori dipendenti e delle forme di esse sostitutive”, nonché ai “trattamenti anticipati di anzianità delle forme esclusive (…)”.

Passando all’interpretazione dell’art. 10, comma 8, del d.lgs. n. 503/1992, può ricordarsi che il testo originario della norma transitoria in questione recitava “Ai lavoratori, che alla data del 31 dicembre 1993 risultano già pensionati ovvero hanno maturato il diritto a pensionamento entro tale data e ne ottengano il trattamento nel corso del 1994, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui alla previgente normativa”, mentre il testo introdotto dall’art. 11, comma 9, della 1. n. 537/1993 recita: “Ai lavoratori, che alla data del 31 dicembre 1994 sono titolari di pensione, ovvero hanno raggiunto i requisiti contributivi minimi per la liquidazione della pensione di vecchiaia e di anzianità, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui alla previgente normativa, se più favorevole”.

La modifica della disposizione ha avuto evidentemente lo scopo di ampliare la sfera di operatività della norma transitoria, con un’attuazione piuttosto estensiva del principio di tutela dei diritti quesiti, già enunciato nelle premesse della norma di delega già citata.

E, mentre il mutamento della dizione “risultano già pensionati” in quella “titolari di pensione” ha la finalità di escludere ogni dubbio circa la rilevanza dell’acquisizione del diritto alla pensione proprio nel corso del mese di dicembre, non appare condivisibile la tesi, enunciata con la recente sentenza di questa Corte 21 agosto 2003 n. 12323, secondo cui la previsione riguardo alla titolarità della pensione non avrebbe autonomia rispetto a quella del raggiungimento dei requisiti contributivi minimi e in quest’ultima rimarrebbe assorbita. Sono in questione, infatti, due presupposti che non necessariamente coincidono.

In particolare deve rilevarsi che il riferimento ai soggetti “titolari di pensione” (alla data del 31 dicembre 1994) riguarda, stante anche il suo inequivoco tenore letterale, un numero ampio di situazioni, relative, tra l’altro, sia ai lavoratori finenti di pensionamenti anticipati (tra i quali quelli ex art. 27 1. 23 luglio 1991 n. 223, che non contiene norme specifiche sul cumulo tra pensione e altri redditi), sia anche a lavoratori titolari di trattamenti di invalidità (i quali ultimi certo prescindono dai requisiti contributivi previsti per le pensioni di vecchiaia e di anzianità), dato che i limiti di carattere generale al cumulo tra pensione e redditi di lavoro autonomo sono stati introdotti per le pensioni di vecchiaia e di invalidità e per le pensioni di anzianità (o analoghe) proprio dallo stesso art. 10 del d.lgs. n. 503/1992, rispettivamente commi 1 e seguenti e comma 6. Né sembra potersi ipotizzare che il legislatore abbia inteso sottrarre all’operatività della norma transitoria tali categorie di pensionati, dato che, non solo, come si è già visto, la legge di delega (n. 421/1992) alla base del decreto in esame prevedeva la salvaguardia dei diritti quesiti, ma anche, più specificamente, l’art. 3, comma 1, lett. m.), nel prevedere la “armonizzazione ed estensione della disciplina di limitazioni al cumulo delle pensioni con i redditi da lavoro subordinato ed autonomo per tutti i lavoratori pubblici e privati”, ha impartito la ulteriore direttiva – evidentemente relativa alla medesima materia, stante la sua collocazione – secondo cui “i lavoratori che, al 31 dicembre 1992, risultano già pensionati, continuano a percepire, se più favorevoli, i trattamenti in atto”.

Deve anche osservarsi che alla tesi secondo cui la congiunzione “ovvero” sarebbe stata impiegata con valore esplicativo (alla stregua di un “cioè”) e non disgiuntivo (con il valore di un “oppure”) si oppone anche la circostanza che in ogni caso è ravvisabile una diversità di significati, e una non coincidenza delle situazioni di riferimento, nelle nozioni di titolare di pensione e di soggetto che ha raggiunto i requisiti minimi per la liquidazione delle pensioni di vecchiaia o di anzianità, poiché quest’ultima definizione abbraccia quanto meno anche i soggetti che avessero già maturato, alla data indicata dalla norma, tutti i requisiti per accedere a tali tipi di pensione ma concretamente avessero deciso di non avvalersene subito, rimandando anche di anni il momento del pensionamento; la ratio di tale estensione di portata della norma transitoria essendo quella di evitare che i medesimi assicurati fossero disincentivati dal loro orientamento, a causa della perdita della possibilità di usufruire della più favorevole disciplina previgente in materia di cumulo di pensione e redditi lavorativi.

Alla luce delle precedenti considerazioni sull’applicabilità anche ai lavoratori fruenti di un prepensionamento delle norme sul cumulo tra pensione e altri redditi da lavoro subordinato o autonomo e della disposizione transitoria in questione, deve ancora risolversi solo l’ulteriore specifico problema interpretativo relativo alla qualifìcabilità come titolare di pensione al 31 dicembre 1994 del lavoratore che si sia trovato, come nella specie, nella situazione di fatto caratterizzata dalla maturazione entro il 31 dicembre 1994 dei fatti giuridici costitutivi del diritto al prepensionamento, compresa la trasmissione della domanda all’istituto assicuratore e la risoluzione del rapporto di lavoro.

Al riguardo si ricorda che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, deve distinguersi tra il momento in cui sorge il diritto alla pensione, a seguito del perfezionarsi di tutti i relativi requisiti (ed eventualmente della presentazione della domanda) e quello della decorrenza del trattamento previdenziale, posticipato al primo giorno del mese successivo. In tal senso possono in particolare richiamarsi Cass. 15 maggio 1991 n. 5433 e Cass. 7 gennaio 2000 n. 93, pronuncia questa che, pur con riferimento ad altra disposizione transitoria del d.lgs. n. 503/1992, ha osservato anche che “in linea generale le disposizioni del decreto legislativo n. 503 del 1992, per le quali è prevista l’entrata in vigore successivamente al momento di maturazione del diritto, non incidono sul rapporto giurìdico pensionistico che si sia già perfezionato in precedenza”. Può richiamarsi anche Cass. 20 dicembre 2001 n. 16089, la quale ha analogamente osservato che non deve confondersi tra momento di perfezionamento del diritto alla pensione (per la maturazione dell’età e dell’anzianità contributiva) e momento, necessariamente posteriore di decorrenza del trattamento previdenziale.

Tali principi sono applicabili anche ai pensionamenti anticipati e deve quindi ribadirsi che, anche in caso di prepensionamento, il soggetto deve ritenersi titolare del diritto alla pensione nel momento in cui concorrono tutti i relativi elementi costitutivi, nel mese precedente a quello dell’inizio dell’erogazione (quanto alla cessazione dell’attività di lavorativa, può ricordarsi che anche secondo l’art. 27, comma 4, l. 23 luglio 1991 n. 223 il rapporto di lavoro si estingue nell’ultimo giorno del mese in cui l’impresa effettua la trasmissione della domanda).

Può aggiungersi che la stessa logica dell’art. 10, comma 8, in esame, che mira a salvaguardare posizioni in senso lato di diritto acquisito, è coerente, a ben vedere, con la ricostruzione operata dalla giurisprudenza secondo cui la titolarità della pensione si acquisisce nel momento del concorso di tutti i requisiti di legge, anche se il beneficio economico comincia a maturare il primo giorno del mese successo, nel momento in cui ha equiparato alla posizione del soggetto titolare di pensione entro il 1994 quella del lavoratore che ha maturato entro il 31 dicembre 1994 i requisiti contributivi minimi per la pensione di anzianità, poiché quest’ultimo, nell’ipotesi della maturazione di tali requisiti nel corso del dicembre 1994, in nessun caso, anche a prescindere dalla più recente normativa sullo scaglionamento delle pensioni di anzianità, avrebbe potuto fruire del trattamento economico con decorrenza anteriore al 1 gennaio 1995.

Può ancora osservarsi che appare arduo negare che nella disciplina dei prepensionamenti caratterizzati dalla risoluzione di diritto del rapporto di lavoro ad una certa data vi sia coincidenza logica e temporale tra la risoluzione del rapporto di lavoro e il passaggio alla condizione di pensionato.

Infine, deve escludersi qualsiasi rilievo, ai fini dell’acquisizione del diritto alla pensione anticipata di anzianità a norma del d.l. n. 516/1994 (applicato nella specie), dei termini previsti per il versamento da parte dell’ex datore di lavoro dello speciale contributo economico previsto a suo carico, rispetto al quale, peraltro, l’importo dei contributi pensionistici che sarebbero stati versati fino alla maturazione dei requisiti ordinali per il pensionamento rappresenta un mero criterio di quantificazione.

Passando all’esame del quarto motivo, si osserva che rientra ampiamente nell’ambito della discrezionalità del legislatore la modulazione delle discipline transitorie e che non è del tutto equiparabile la posizione dei lavoratori accedenti al prepensionamento in momenti diversi, anche se in relazione ad una stessa complessiva procedura di ristrutturazione aziendale, anche perché ciò generalmente dipende dalla diversa epoca di maturazione dei pur ridotti requisiti contributivi o di età. Appartiene analogamente all’area delle scelte discrezionali del legislatore ricondurre all’ambito della disciplina pensionistica, piuttosto che a quella delle prestazioni assistenziali, i trattamenti di prepensionamento, i quali sono comunque caratterizzati da una riduzione solo limitata dei requisiti necessari per il conseguimento della pensione e sono giustificati da complessive ragioni dì politica economica e sociale. Devono quindi ritenersi manifestamente infondate le prospettate questioni di legittimità costituzionale.

In conclusione il ricorso deve essere rigettato.

Si ravvisano giusti motivi per compensare le spese del giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio. Così deciso in Roma il 22 ottobre 2003.

Il Consigliere est. Il Presidente