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Wednesday 07 January 2004

Ricorso avverso sanzioni amministrative e obbligo di cauzione. Per il Giudice di Pace di Asiago sussiste addirittura infrazione ai diritti inviolabili dell’ uomo

Ricorso avverso sanzioni amministrative e obbligo di cauzione. Per il Giudice di Pace di Asiago sussiste addirittura infrazione ai diritti inviolabili dell’uomo

N.   1109   ORDINANZA (Atto di promovimento) 6 ottobre 2003. 

  Ordinanza emessa il 6 ottobre 2003 dal giudice di pace di Asiago nel procedimento civile vertente tra Rigoni Urbano e Polizia provinciale di Vicenza Circolazione stradale – Infrazioni al codice della strada – Ricorso al giudice di pace avverso il verbale di accertamento – Condizioni di ammissibilita’ – Onere per il ricorrente di versare presso la cancelleria una somma pari alla meta’ del massimo edittale della sanzione inflitta dall’organo accertatore – Incidenza sui diritti inviolabili dell’uomo – Contrasto con il principio di uguaglianza – Irragionevole previsione di un deposito cautelare infruttifero di importo addirittura superiore alla sanzione massima edittale – Disparita’ di trattamento in base alle condizioni economiche – Limitazione del diritto di azione e difesa dei cittadini (segnatamente di quelli meno abbienti). – Codice della strada (decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285), art. 204-bis, comma 3, introdotto dall’art. 4 [comma 1-septies] del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151, convertito, con modifiche, nella legge 1° agosto 2003, n. 214. – Costituzione, artt. 2, 3 e 24 [commi primo, secondo e terzo]. (GU n. 52 del 31-12-2003) 

IL GIUDICE DI PACE

    Ha pronunciato la seguente ordinanza.

    Nella causa civile iscritta al n. R.G. 90/03 promossa con ricorso

depositato  nella  cancelleria  dell’ufficio  del  giudice di pace di

Asiago  il  29 settembre  2003  da  Rigoni  Urbano,  nato  ad  Asiago

(Vicenza)  il 14 novembre 1956 ed ivi residente in via Pennar n. 221,

rappresentato  e difeso dall’avv. Giampaolo Bau’ con domicilio eletto

in Asiago (Vicenza), via IV Novembre n. 16, opponente.

    Contro:  Provincia  di  Vicenza,  Polizia  provinciale Comando di

Vicenza, amministrazione opposta.

    In  punto:  ricorso  in opposizione ex art. 22, legge n. 689/1981

avverso  il   verbale n. 0002087 del 9 agosto 2003 del Comando Polizia

provinciale della Provincia di Vicenza.

                              Premesso

    Con  ricorso  depositato  in cancelleria il 29 settembre 2003, il

sig.  Rigoni  Urbano,  come  sopra  rappresentato e difeso, proponeva

opposizione  avverso  il verbale n. 002087 elevato nei suoi confronti

dalla Polizia provinciale della Provincia di Vicenza in data 9 agosto

2003 per violazione dell’art. 153, comma 11, del vigente c.d.s.

    La  violazione  contestata  al ricorrente veniva sanzionata anche

con  la  decurtazione  di  1  (uno)  punto dalla patente di guida del

trasgressore.

    Con il citato ricorso parte opponente chiedeva:

        in  via  preliminare la sospensione del verbale impugnato per

gravi motivi;

        in   via   pregiudiziale   l’accoglimento   di  eccezione  di

incostituzionalita’  dell’art. 204-bis  c.d.s.  cosi’ come introdotto

dall’art. 4  del  decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151, convertito in

legge 1° agosto 2003, n. 214;

        nel  merito la pronuncia di nullita’ del predetto verbale per

i motivi esposti in ricorso.

    Contestualmente  al  deposito del suddetto ricorso, il ricorrente

ometteva  di  versare  presso la cancelleria del giudice, a titolo di

deposito  cauzionale,  una  somma  pari  alla meta’ del massimo della

sanzione  prevista  per  quel  tipo di infrazione elevata dall’organo

accertatore, il cui mancato versamento, peraltro, la richiamata norma

(art. 204-bis  c.d.s.)  sanziona  con la inammissibilita’ del ricorso

stesso da dichiararsi dal giudice.

                            O s s e r v a

  t o      L’art. 4 della legge 1° agosto 2003, n. 214, di conversione

del  decreto-legge  27 giugno  2003, n. 151, recante modificazioni ed

integrazioni  al codice della strada ha introdotto l’art. 204-bis che

al  terzo comma cosi’ stabilisce: «All’atto del deposito del ricorso,

il ricorrente deve versare presso la cancelleria del giudice di pace,

a pena di inammissibilita’ del ricorso, una somma pari alla meta’ del

massimo  edittale  della  sanzione  inflitta dall’organo accertatore.

Detta  somma,  in  caso di accoglimento del ricorso, e’ restituita al

ricorrente».

    Tale  norma,  tuttavia,  appare  in  contrasto con l’art. 2 della

Costituzione   «La   Repubblica  riconosce  e  garantisce  i  diritti

inviolabili  dell’uomo  …»  e  con  il  successivo  art. 3 «Tutti i

cittadini  hanno  pari  dignita’  sociale  e sono eguali davanti alla

legge …».

    L’introduzione   dell’obbligo   di   versamento   di  una  somma,

costituente  un  vero  e  proprio  deposito  cauzionale e per di piu’

infruttifero, a carico del trasgressore che intende agire in giudizio

per  contestare  un  verbale di contravvenzione appare manifestamente

iniqua  e  altresi’  irragionevole  anche  in  considerazione  che il

preteso deposito cauzionale va di gran lunga ad esorbitare nella gran

parte  dei  casi la misura ridotta di cui viene concesso il pagamento

nei  sessanta  giorni  dalla contestazione e, in ogni caso, lo stesso

minimo edittale.

    Ove  si  consideri, poi, che l’ammontare della cauzione richiesto

non  e’  certamente  di  poco  conto,  la  norma  di fatto verrebbe a

consentire  l’accesso  alla  giustizia  solo  ai cittadini facoltosi,

rimanendo  cosi’  esso  un  mezzo  di difesa riservato solo ad alcuni

cittadini e, cioe’, a quelli abbienti.

    Ne’  e’ sostenibile la tesi che ai cittadini non abbienti sarebbe

comunque  possibile presentare ricorso al prefetto, ricorso che, come

previsto  dalla legge, e’ indenne da versamenti cauzionali, perche’ a

maggior   ragione  e  in  modo  macroscopico  si  evidenzierebbe  una

sostanziale  ingiustizia  e discriminazione trasformandosi il ricorso

al  giudice  di  pace in un mezzo di tutela piuttosto elitario e solo

per ricchi.

    L’art. 204-bis   del   c.d.s.,    nell’imporre   al  cittadino  il

versamento  di  una  cauzione  per accedere alla giustizia, per altro

verso,   pone   dei  gravi  dubbi  di  incostituzionalita’  anche  in

riferimento  al  diritto  di  difesa  per  tutti  i cittadini sancito

dall’art. 24 della Costituzione, ponendosi di fatto come un autentico

ostacolo,  come  una  barriera  inaccettabile  –  soprattutto  per  i

cittadini meno abbienti – per il libero accesso alla giustizia.

    In  effetti  l’art. 24  della  Costituzione se ai primi due commi

assicura  che  «tutti  possono  agire  in  giudizio per la tutela dei

propri  diritti  e  interessi  legittimi» e che «la difesa e’ diritto

inviolabile  in  ogni stato e grado del procedimento», al terzo comma

garantisce  che  «sono  assicurati  ai  non  abbienti,  con  appositi

istituti,   i   mezzi   per   agire  e  difendersi  davanti  ad  ogni

giurisdizione».

    E,  a tal riguardo, val la pena ricordare tra gli istituti atti a

garantire  il  diritto  di  giustizia  ai  meno  abbienti il gratuito

patrocinio  regolamentato con il d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 e, non

ultima, la possibilita’ di stare in giudizio personalmente – e quindi

senza  esborsi superflui e gravosi – nelle cause di fronte al giudice

di  pace  il cui valore non eccede Euro 516,46 prevista dall’art. 82,

primo comma c.p.c.

    La  stessa  Corte  costituzionale,  con  la  sentenza  n. 67  del

29 novembre   1960,   aveva   gia’  dichiarato  l’incostituzionalita’

dell’art. 98  c.p.c.  nella  parte  in  cui  prevedeva  il potere del

giudice di imporre una cauzione alla parte con conseguente estinzione

del giudizio in caso di mancato versamento.

    Alla  luce di quanto finora osservato, la norma dell’art. 204-bis

introdotta  dall’art. 4  del  decreto-legge  27 giugno  2003, n. 151,

convertito nella legge 1° agosto 2003, n. 214, di modifica del c.d.s.

costitusce   di   fatto   una  sostanziale  –  e  per  certi  aspetti

irragionevole   –   limitazione   di  un  diritto  costituzionalmente

garantito  a  tutti  i cittadini, compresi i cittadini meno abbienti,

diritto   veramente   imprescindibile   nella   ratio   della  nostra

Costituzione  in  quanto  diritto riguardante i rapporti civili e dal

cui  travolgimento, nella fattispecie che ci riguardano, scaturirebbe

un incomprensibile eccessivo esborso di denaro, forse sostenibile dai

cittadini  facoltosi,  molto  meno  dai  cittadini  meno abbienti, da

qualificarsi  in  estrema  sintesi  unicamente  come  puro e semplice

dissuasore   perche’   i   cittadini  non  si  rivolgano  al  giudice

inducendoli cosi’ a rinunciare ad un diritto irrinunciabile.

    Da  quanto  osservato deriva, a parere di questo giudice di pace,

la   non  manifesta  infondatezza  della  questione  di  legittimita’

costituzionale  dell’art. 204-bis  del  c.d.s.  cosi’ come introdotto

dall’art. 4 del decreto-legge 27 giugno 2003 n. 151, convertito nella

legge   1° agosto  2003,  n. 214,  nella  parte  in  cui  prevede  il

versamento  di  una  somma pari alla meta’ del massimo edittale della

sanzione inflitta, pena l’inammissibilita’ del ricorso (art. 204-bis,

comma  3)  limitando  cosi’  il diritto di difesa dei cittadini e, in

modo  particolare,  dei  cittadini non abbienti, per violazione degli

artt. 2, 3 e 24, comma terzo, della Costituzione.

    Il   procedimento  de  quo  non  potendo  essere  proseguito  ne’

tantomeno   definito   indipendentemente   dalla   risoluzione  della

questione    di    legittimita’   costituzionale   che   non   appare

manifestamente  infondata,  deve  essere  sospeso  e  gli atti devono

essere  rimessi,  a  mente  dell’art. 23  della  legge 11 marzo 1953,

n. 87, alla Corte costituzionale.

    Sussistono,  a  parere di questo giudice, i gravi motivi previsti

dall’art. 22  della  legge  n. 689/1981, per concreta possibilita’ di

giudicati  contrastanti,  per  aderire  alla richiesta di provvisoria

sospensione del provvedimento impugnato.

P. Q. M.

    Visto l’art. 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689;

    Sospende  l’esecuzione  del  provvedimento  impugnato compresa la

decurtazione dei punti dalla patente di guida;

    Visti  gli artt. 134 della Costituzione e 23 della legge 11 marzo

1953, n. 87;

    Ritenuta  la  rilevanza  e  la non manifesta infondatezza solleva

questione  di legittimita’ costituzionale dell’art. 204-bis, comma 3,

del  codice della strada nella parte in cui prevede che «all’atto del

deposito   del   ricorso,   il  ricorrente  deve  versare  presso  la

cancelleria  del  giudice  di  pace,  a  pena di inammissibilita’ del

ricorso,  una  somma  pari  alla  meta’  del  massimo  edittale della

sanzione  inflitta  dall’organo  accertatore. Detta somma, in caso di

accoglimento del ricorso, e’ restituita al ricorrente»;

    Sospende  il presente giudizio ed ordina l’immediata trasmissione

degli atti alla Corte costituzionale.

    Dispone  che  a  cura  della  cancelleria  di  questo  ufficio la

presente  ordinanza  venga  comunicata all’autorita’ che ha emesso il

provvedimento impugnato e venga notificata alle parti e al Presidente

del  Consiglio  dei  ministri  e  comunicata ai Presidenti del Senato

della Repubblica e della Camera dei deputati.

        Asiago, addi’ 6 ottobre 2003

                     Il giudice di pace: Balsamo

03C1334