Civile

Tuesday 22 April 2008

Quando scatta il diritto del mediatore alla provvigione.

Quando scatta il diritto del mediatore
alla provvigione.

Cassazione – Sezione terza –
sentenza 6 marzo – 15 aprile 2008, n. 9884

Presidente Fantacchiotti –
Relatore Spirito

Pm Sgroi – difforme – Ricorrente
Gonizzi – Controricorrente Paciotti

Svolgimento del processo

Il Gonizzi citò in giudizio il
Paciotti ed il Di Rosa per il pagamento in suo favore di una somma di danaro a
titolo di provvigione per
attività di mediazione svolta in relazione alla compravendita
immobiliare stipulata tra i convenuti. Il Paciotti propose, a sua volta,
domanda riconvenzionale contro il Gonizzi, per essere risarcito dei danni
derivatogli dal fatto che la controparte aveva promosso la vendita del suo
immobile ad un prezzo inferiore a quello stabilito.

Il Tribunale di Roma respinse la
domanda del Gonizzi, ritenendo che questo non avesse diritto alla provvigione
in quanto non iscritto all’albo dei mediatori; respinse anche quella
riconvenzionale del Paciotti, siccome collegata ad un’attività di mediazione
affetta da nullità.

L’appello del Gonizzi fu poi
rigettato dalla Corte di Roma, la quale, premesso che il Gonizzi risultava
regolarmente iscritto all’albo dei mediatori, ritenne che non v’era prova circa il fatto che la vendita fosse stata
realmente conclusa per effetto di un suo intervento qualificabile come attività
di mediazione, e ciò in quanto: il Paciotti aveva conferito al Gonizzi un
mandato irrevocabile ed esclusivo a promuovere la vendita dell’immobile
(mandato, dunque, incompatibile con la caratteristica terzietà del mediatore);
nulla il Gonizzi aveva dedotto in merito all’eccezione del Panizzi di essersi
rifiutato di pagargli il compenso, sia perché il mandato conferitogli aveva
durata limitata nel tempo, sia perché il Gonizzi aveva pubblicizzato l’immobile
ad un prezzo inferiore a quello pattuito; la documentazione in atti confortava
l’assunto del Paciotti, secondo cui l’incarico era stato revocato al Gonizzi
proprio in ragione di quelle inadempienze e l’acquirente era stato
autonomamente reperito da sé venditore; la mera circostanza che l’immobile fu
mostrato all’acquirente dall’agenzia del Gonizzi è irrilevante quanto al
diritto di quest’ultimo al compenso. La Corte romana ha anche respinto l’appello
incidentale del Paciotti relativo alla sua originaria domanda ri-convenzionale
di risarcimento del danno.

Il Gonizzi propone ricorso per la
cassazione della sentenza della Corte d’appello di Roma a
mezzo di due motivi. Risponde con controricorso il Paciotti, il qua­le
propone anche ricorso incidentale condizionato. Il Paciotti ha depositato
memoria per l’udienza.

Motivi della decisione

Con il primo motivo – violazione
art. 1754 c.c., vizi della motivazione – il ricorrente
sostiene di avere dato prova sia dell’incarico affidatogli, sia dell’attività
svolta alla ricerca dell’acquirente, sia dell’avvenuta visita dell’immobile da
parte del Di Rosa in costanza di mandato, sia dell’incontro delle volontà
dell’acquirente e del venditore dell’immobile stesso. Lamenta, dunque, che,
benché sia stata allegata la prova del compimento dell’attività mediatoria da
sé svolta, la sentenza abbia negato il suo diritto al compenso.

Il secondo motivo – vizi della
motivazione – censura il punto della sentenza laddove s’afferma la carenza di
prova circa il fatto che la compravendita sia stata realmente conclusa per
effetto di un intervento del Paciotti qualificabile come attività di mediazione
e insiste sul valore probatorio della dichiarazione "confessoria" con
la quale il Di Rosa ammise che il primo contatto per l’acquisto
dell’appartamento avvenne per il tramite del Gonizzi.

I motivi, che possono essere
congiuntamente esaminati, sono fondati.

Occorre esordire con
l’affermazione del principio, ormai consolidato nella giurisprudenza di
legittimità, secondo cui il diritto del mediatore alla provvigione sorge tutte
le volte in cui la conclusione dell’affare sia in rapporto causale con
l’attività intermediatrice, pur non richiedendosi che, tra l’attività del
mediatore e la conclusione dell’affare, sussista un
nesso eziologico diretto ed esclusivo, ed essendo, viceversa, sufficiente che,
anche in presenza di un processo di formazione della volontà delle parti
complesso ed articolato nel tempo, la "messa in relazione" delle
stesse costituisca l’antecedente indispensabile per pervenire, attraverso fasi e
vicende successive, alla conclusione del contratto; sicché, la prestazione del
mediatore ben può esaurirsi nel ritrovamento e nell’indicazione di uno dei
contraenti, indipendentemente dal suo intervento nelle varie fasi delle
trattative sino alla stipula del negozio, sempre che la prestazione stessa
possa legittimamente ritenersi conseguenza prossima o remota della sua opera,
tale, cioè, che, senza di essa, il negozio stesso non sarebbe stato concluso,
secondo i principi della causalità adeguata.

Tra le varie, cfr. Cass. 11
aprile 2003, n. 5762, 8 marzo 2002, n. 3438, entrambe le quali hanno
riconosciuto il diritto del mediatore alla provvigione per avere egli fatto
visitare l’immobile alla persona che, dopo un lungo lasso temporale e la
scadenza del mandato d’agenzia, s’era determinata ad acquistare attraverso il
contatto diretto con il venditore.

La sentenza impugnata, mediante
una motivazione in parte perplessa ed in parte contraddittoria, non ha fatto
corretta applicazione dell’enunciato principio. Essa, infatti, riconosce:
l’esistenza agli atti della prova dell’avvenuto conferimento, da parte del
Paciotti ed in favore del Gonizzi, di un "mandato irrevocabile ed
esclusivo … di compiere tutti gli atti … necessari a promuovere la vendita dell’ immobile …" (cfr. pag.
4 della sentenza); l’individuazione diretta, da parte del Paciotti,
dell’acquirente, nella persona di tal Chiodi, il quale, nello stesso giorno,
prima sottoscrisse un contratto preliminare di compravendita "per sé o per
persona da nominare" e poi indicò il promissario acquirente nella persona
del Di Rosa; la pretesa della provvigione, da parte del Gonizzi, fondata sulla
circostanza che l’immobile fu "mostrato" al Di Rosa da personale
della sua agenzia.,

Ciononostante, con il riferimento
ad una risalente giurisprudenza, il provvedimento impugnato nega al Gonizzi il
diritto alla provvigione, senza svolgere alcuna valutazione circa l’esistenza o
meno di tutti gli elementi sintomatici della mediazione (come sopra descritti)
ed, in particolare dell’apporto causale (pure evidenziato dal precedente citato
nella sentenza stessa) da lui fornito al buon fine dell’affare; piuttosto
valorizzando alcuni elementi assolutamente irrilevanti rispetto alla pretesa,
quali il fatto che il mandato non si concilia con il tipico rapporto di
mediazione (si tratta di un obiter assolutamente impertinente rispetto alla
fattispecie trattata) , che esso era stato conferito
con validità limitata nel tempo e che il mediatore aveva pubblicizzato
l’immobile ad un prezzo in­feriore a quello indicato nell’atto di conferimento
del mandato.

Altrettanto priva di valutazione
è la dichiarazione in atti del Di Rosa (alla quale fa
specifico riferimento il ricorrente) circa il primo contatto per l’acquisto
dell’immobile avvenuto per il tramite dell’agenzia del Gonizzi, come pure la
particolare circostanza che il preliminare fu stipulato da un estraneo (il
Chiodi) per poi riverberare gli effetti, in uno strettissimo arco temporale,
sul Di Rosa.

In accoglimento del ricorso
principale la sentenza deve essere, dunque, cassata perché il giudice del rinvio
riesamini la fattispecie alla luce dell’enunciato principio e delle
considerazioni sopra svolte.

Quanto al ricorso incidentale del
Paciotti, esso è rivolto verso il punto della sentenza che gli nega il
risarcimento del danno per avere il Gonizzi posto in vendita l’immobile ad un
prezzo inferiore a quello stabilito nel mandato. Il gravame si manifesta
assolutamente generico e privo di una concreta censura
avverso l’affermazione contenuta in sentenza, secondo cui manca agli
atti la dimostrazione dell’effettivo nocumento sofferto dal Paciotti, nella
considerazione che l’attività promozionale svolta dal Gonizzi, in quanto
limitata nel tempo, è inidonea a determinare un’effettiva, irreversibile
svalutazione del valore commerciale del bene che si assume essere stato
impropriamente pubblicizzato.

Il giudice del rinvio provvedere
anche sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi,
rigetta l’incidentale accoglie il principale, cassa la sentenza impugnata e
rinvia alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, anche perché
provveda sulle spese del giudizio di cassazione.