Lavoro e Previdenza

Tuesday 09 January 2007

Presidenza del Consiglio dei ministri: «Integrazioni e modifiche alle disposizioni sul rapporto tra procedimento penale e procedimento disciplinare». Disegno di legge approvato durante la seduta del Consiglio dei ministri del 22 dicembre

Presidenza del Consiglio dei
ministri: «Integrazioni e modifiche alle disposizioni sul rapporto tra
procedimento penale e procedimento disciplinare». Disegno di legge approvato
durante la seduta del Consiglio dei ministri del 22 dicembre

Articolo 1

(Modifiche
all’articolo 32quinquies codice penale)

1. All’articolo 32-quinquies c.p.
dopo le parole: “tre anni” sono inserite le seguenti:
“, ovvero a due anni ove irrogata all’esito dei
giudizi di cui agli articoli 438 e 444 del codice di procedura penale,”.

Articolo 2

(Modifiche
all’art. 445 codice di procedura penale)

1. All’articolo 445, comma 1, del
codice di procedura penale, dopo le parole: “pene
accessorie” sono inserite le seguenti: “, salvo quanto previsto dall’articolo
32-quinquies del codice penale,”.

Articolo 3

(Modifiche
ed integrazioni alla legge 27 marzo 2001, n. 97)

1. All’articolo 5 della legge 27
marzo 2001, n. 97, comma 4, secondo periodo, le parole: “dalla
comunicazione della sentenza all’amministrazione o all’ente competente per”
sono così sostituite: “dalla ricezione della sentenza da parte dell’ufficio
competente ad avviare”.

2. All’articolo
5 della legge 27 marzo 2001, n. 97, dopo il comma 4, è aggiunto il
seguente comma:

“5. Fatte comunque salve le
ipotesi di responsabilità penale e disciplinare, la mancata applicazione della
sanzione disciplinare per decadenza dai termini o per altri motivi attinenti
alla regolarità del procedimento, comporta la responsabilità del soggetto
preposto all’istruttoria del procedimento ovvero del soggetto titolare del
relativo ufficio, nonché, ove diversi, degli organi competenti ad adottare o deliberare la sanzione disciplinare, per il
danno cagionato all’amministrazione. Gli organi di controllo interno sono
tenuti alle necessarie verifiche e segnalazioni agli organi competenti in
materia di accertamento della responsabilità disciplinare o dirigenziale.”.

Articolo 4

(Comunicazione
della sentenza di condanna o di applicazione della pena)

1, Dopo l’articolo 154-bis del
decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, è aggiunto il seguente articolo:

“154-ter Comunicazione della
sentenza di condanna o di applicazione della pena.

1. La cancelleria del giudice che
ha emesso una sentenza di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti ai sensi dell’art. 444 c.p.p., nei
confronti di un dipendente di un’amministrazione od ente pubblico, ovvero di
ente a prevalente partecipazione pubblica, ne comunica l’estratto,
preferibilmente con modalità di trasmissione telematica, all’amministrazione o
ente da cui il soggetto dipende.

2. Nei casi di condanna o di applicazione di
pena ai sensi dell’art. 444 c.p.p. alla reclusione per un tempo non inferiore
ad un anno, nonché in tutti i casi di condanna o di applicazione di pena ai
sensi dell’art. 444 c.p.p. per i reati di cui all’articolo 32-quinquies del
codice penale, l’estratto della sentenza deve essere comunicato, con le modalità
di cui al comma 1, anche al Dipartimento della funzione pubblica – Ispettorato
per la funzione pubblica, per gli adempimenti di competenza, ivi compresa la
verifica dell’attivazione del procedimento disciplinare.”.

Relazione illustrativa

Il provvedimento intende
intervenire sul rapporto tra procedimento penale e procedimento disciplinare,
al fine di evitare che istituti e procedure finalizzate a semplificare ed
accelerare la definizione dei giudizi penali possano
determinare dei benefici indiretti sul rapporto di lavoro con
l’amministrazione, pregiudicando l’esercizio dell’azione disciplinare.

L’art. 1 estende l’estinzione del
rapporto di lavoro ai casi in cui il lavoratore abbia
beneficiato di riduzioni nella commisurazione della sanzione, per essere
stato condannato al termine del giudizio abbreviato ovvero in virtù
dell’applicazione della pena su richiesta della parte. Perché si abbia
estinzione del rapporto, la pena deve comunque risultare non inferiore a due
anni, sia in caso giudizio abbreviato che in caso di applicazione della pena su richiesta di parte (in modo proporzionale alla rispettiva
riduzione prevista “di un terzo” o “fino a un terzo” della pena per tali
giudizi).

Il ricorso ad istituti
processuali deflattivi, se a pieno titolo può incidere sull’afflittività
penale, non può compromettere gli effetti estintivi del rapporto di lavoro
attribuiti dalla legge al giudicato. Invero è il fatto-reato in sé a minare il
carattere fiduciario del rapporto tra l’amministrazione datore di lavoro ed il
dipendente. La circostanza che la pena possa essere
decurtata per ragioni processuali non può, dunque, attenuare l’impatto del
fatto sul rapporto di lavoro. In ogni caso, poiché l’estinzione segue a
condanne superiori a due anni in caso di giudizio abbreviato o di applicazione
della pena a seguito di patteggiamento (fermo restando il limite di tre anni
ove la pena sia irrogata al termine del rito dibattimentale) deve ritenersi
rispettata l’interpretazione della Corte costituzionale, secondo cui l’automaticità
degli effetti sul rapporto di lavoro può collegarsi solo a vicende che rendano
comunque intollerabile la prosecuzione del rapporto di impiego.

L’articolo 2 modifica il comma 1
dell’articolo 445 del codice di procedura penale (“effetti dell’applicazione
della pena su richiesta”). La predetta norma prevede,
infatti, che, quando la pena irrogata ex art. 444, comma 2,
cpp, non superi i due anni, la relativa sentenza non comporta, tra l’altro,
l’applicazione di pene accessorie. La clausola di salvezza introdotta dall’art.
2 del disegno di legge in esame (“salvo quanto previsto dall’articolo
32-quinquies del codice penale”) consente, invero, di applicare l’art.
32-quinquies, oltre che alle ipotesi di condanna ad una pena superiore a due
anni, anche ai casi in cui la sentenza di cd. patteggiamento preveda
la condanna ad una pena detentiva di due anni.

L’art. 3 precisa, invece, che il
termine di estinzione entro cui deve concludersi il procedimento disciplinare
decorre dalla data di ricezione della sentenza da parte dell’ufficio competente
ad avviare il procedimento stesso (comma 1). Tale prescrizione intende
escludere dal computo del termine generale di conclusione del procedimento il
lasso temporale intercorrente fra la conoscenza dell’esito del giudizio da parte
dell’amministrazione e l’avvio del procedimento. Combinando questa prescrizione
con la disposizione introdotta nel comma 5 aggiunto
all’art. 5 della legge 27 marzo 2001, n. 97, si concentra nell’ufficio
competente ad avviare il procedimento disciplinare la responsabilità del
procedimento stesso.

Il secondo comma intesta – ferme
restando le ipotesi di responsabilità penale e disciplinare – la responsabilità
per l’inerzia nell’attivazione o prosecuzione del procedimento disciplinare in
capo al soggetto preposto all’istruttoria del procedimento ovvero al titolare
dell’ufficio a ciò deputato, nonché, ove diversi, in capo ai soggetti
competenti ad adottare o deliberare la sanzione
disciplinare (comma 5, aggiunto all’art. 5 della legge n. 97/2001). La conservazione
del rapporto di lavoro o la mancata sanzione disciplinare come conseguenza di
inadempiuta valutazione del comportamento del dipendente pubblico per vizio
procedimentale imputabile a tali soggetti predetermina la responsabilità di
questi ultimi per danno all’immagine dell’amministrazione, ferma restando la
valutazione dell’elemento soggettivo per dolo o colpa grave. Oltre ai profili
afferenti il danno, l’inerzia o tardività nell’attivazione dei procedimenti in
questione costituiscono elementi di valutazione ai fini della responsabilità
(disciplinare o dirigenziale) del soggetto al quale sia
imputabile il predetto comportamento. L’obbligo di istruttoria e trasmissione
degli accertamenti in tema di attivazione dei procedimenti disciplinari,
conferito agli organi di controllo interno, implica, infatti, come ulteriore
conseguenza, il necessario apprezzamento di tale elemento fra quelli sottesi al
sindacato sulle performance dirigenziali.

L’articolo 4 introduce, inoltre,
obblighi di comunicazione, da effettuarsi preferibilmente con modalità di
trasmissione telematica, fra uffici amministrativi.

In particolare, il comma 1
dell’art. 154-ter disp. att. c.p.p. (decreto
legislativo n. 271 del 1989), come introdotto dall’art. 4, comma 1, del disegno
di legge in esame, sana un vulnus del sistema vigente, nel quale la Procura della Repubblica
competente comunica all’Amministrazione l’avvio dell’azione penale, senza
tuttavia dare notizia dell’eventuale sentenza di condanna. Da qui l’incertezza
in cui versano le amministrazioni, costrette a dover richiedere,
periodicamente, agli uffici di supporto dell’autorità giudicante gli
aggiornamenti in merito all’esito del giudizio. Una volta
posto a carico della cancelleria dell’organo giudicante l’onere di
trasmettere l’estratto della sentenza di condanna, le amministrazioni sono
poste nelle condizioni di avviare più agevolmente i procedimenti di propria
competenza.

L’analogo obbligo per la
cancelleria dell’autorità giudicante di trasmettere all’Ispettorato del
Dipartimento della funzione pubblica gli estratti delle sentenze recanti
condanne (o applicazione della pena ai sensi dell’art. 444 c.p.p.) alla
reclusione per un tempo non inferiore ad un anno ovvero per i reati di cui
all’articolo 32-quinquies del codice penale (comma 2, art. 154-ter disp. att. c.p.p.) alimenta ulteriormente il circuito informativo
tra gli apparati pubblici, consentendo all’Ispettorato del Dipartimento della
funzione pubblica di monitorare i comportamenti degli uffici delle pubbliche
amministrazioni.

Relazione tecnica

La presente relazione tecnica è
volta a precisare che l’attuazione del presente disegno di legge non determina
ulteriori oneri a carico del bilancio dello Stato.

Si evidenzia, in particolare,
quanto segue.

Il comma 5 dell’art. 5 della legge n. 97 del
2001, aggiunto dall’art. 3, comma 2, del disegno di legge in esame, prevede la
responsabilità dei soggetti preposti all’istruttoria dei procedimenti
disciplinari ovvero titolari dei relativi uffici, nonché degli organi
competenti ad adottare o deliberare la sanzione
disciplinare, per il danno cagionato all’immagine dell’amministrazione nei casi
di mancata applicazione della predetta sanzione per decadenza dei termini o per
altri motivi attinenti alla regolarità del procedimento. Dall’applicazione di
tale disposizione – che è volta ad incidere su situazioni patologiche relative
all’esercizio della funzione amministrativa sanzionatoria – potranno derivare
maggiori introiti per la finanza pubblica, che non possono, però, essere
previamente quantificati, essendo il riconoscimento del danno all’immagine
della P.A. eventuale (in quanto è necessaria la violazione della norma) ed
essendo la sua entità rimessa alla valutazione equitativa dei singoli giudici
chiamati ad accertare l’eventuale responsabilità civile dei soggetti
contemplati dalla norma in questione.

I maggiori introiti derivanti
dall’entrata in vigore della disposizione sopra illustrata potranno in ogni
caso certamente compensare le eventuali maggiori spese derivanti dall’onere di
effettuare la comunicazione dell’estratto della sentenza di condanna ovvero di
applicazione della pena su richiesta delle parti ex
art. 444 c.p.p. alle amministrazioni ed enti pubblici (o a prevalente
partecipazione pubblica) di appartenenza dei singoli dipendenti ed
all’Ispettorato della funzione pubblica (nei casi di condanna alla reclusione
per un tempo inferiore ad un anno ed in tutti i casi di condanna per i reati di
cui all’art. 32-quinquies c.p.), previsto dai commi 1 e 2 dell’art. 154-ter
disp. att. c.p.p., come aggiunto dall’art. 4, comma 1,
del presente provvedimento, la quale, comunque, dovrà essere effettuata facendo
ricorso agli ordinari stanziamenti di bilancio.

Occorre, inoltre, sottolineare
che il predetto onere di comunicazione potrebbe essere assolto preferibilmente
utilizzando le modalità di trasmissione telematica, eliminando, quasi del
tutto, ogni onere a carico dell’amministrazione della giustizia.