Lavoro e Previdenza

Thursday 16 June 2005

Prescrizione del diritto all’ inquadramento superiore (decennale) ed alle relative differenze retributive (quinquennale)

Prescrizione del diritto allinquadramento superiore (decennale) ed alle relative differenze retributive (quinquennale)

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO SENTENZA 06-04-2005, n. 7116

svolgimento del processo

Con ricorso del 9 marzo 1994 F.D., già dipendente dell’Enel dal 1° febbraio 1965 all’agosto 1991, assumendo di essere stato inquadrato nella categoria B2, dal 29 ottobre 1979 al 1° maggio 1983, ma di avere espletato le mansioni superiori di preposto al turno, cat. B1, in diversi periodi ciascuno di durata non eccedenti i giorni ventuno, chiedeva il riconoscimento del diritto all’inquadramento superiore, con condanna della società datrice di lavoro al pagamento delle relative differenze retributive.

Il Tribunale di Trapani, con sentenza non definitiva del 12 novembre 1999, affermava il diritto del D. alla qualifica B1 dal 28 dicembre 1980 e alle differenze retributive nei limiti della prescrizione quinquennale, disponendo la prosecuzione del giudizio per la determinazione delle somme spettanti all’attore.

La decisione, impugnata dall’Enel Distribuzione s.p.a., anche quale mandataria dell’Enel s.p.a., a cui era succeduta a titolo particolare, era riformata dalla Corte di appello di Palermo, che rigettava la domanda.

Il giudice del gravame riteneva fondata la eccezione di prescrizione del diritto alla qualifica, che tempestivamente sollevata in primo grado era stata reiterata dalla società in appello.

Avverso questa sentenza il D. ha proposto ricorso per Cassazione con un motivo, illustrato con memoria.

L’Enel Distribuzione s.p.a. ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione

L’unico motivo, nel denunciare violazione e falsa applicazione degli artt. 2103 e 2946, critica la sentenza impugnata per avere ritenuto la qualifica del lavoratore un diritto di credito soggetto alla prescrizione decennale, trattandosi invece, ad avviso del ricorrente, di un presupposto di talune situazioni giuridiche soggettive facenti capo al lavoratore, con la conseguente possibilità per costui di chiedere ed ottenere l’accertamento della propria qualifica, non come affermazione di un diritto ma come verifica dei risultati del processo d’inquadramento, domanda perciò imprescrittibile.

La censura è infondata alla stregua della costante giurisprudenza di questa Corte, che,salvo il precedente citato dal ricorrente, elaborato con la sentenza 29 ottobre 1998 n. 10832, è nel senso che il diritto del lavoratore subordinato alla qualifica superiore si prescrive nell’ordinario termine decennale di cui all’art. 2946 cod. civ., mentre quello per il credito derivante dalle differenze retributive spettanti per la superiore qualifica è soggetto alla prescrizione quinquennale ex art. 2948 cod. civ. (Cass. 17 luglio 2001 n. 9662, Cass. 23 agosto 1997 n. 7911, Cass. 6 luglio 1996 n. 6750, Cass. 18 maggio 1995 n. 5486, Cass. 19 gennaio 1993 n. 612, Cass. 28 aprile 1992 n. 5081, Cass. sez. unite 18 dicembre 1987 n. 9417, e v. pure Cass. 23 maggio 2003 n. 8228, Cass. 18 agosto 1999 n. 8710, Cass. 24 aprile 1998 n. 4245).

A tale indirizzo, condiviso da autorevole dottrina, presta adesione il Collegio, non essendo state prospettate valide ragioni che inducano a discostarsene, ed essendo esso preferibile rispetto alla tesi sostenuta da altra parte della dottrina e richiamata dal ricorrente, secondo cui la qualifica non è configurabile come bene giuridico protetto indipendentemente dal trattamento economico e normativo: si deve infatti considerare il diritto del lavoratore di rivendicare l’esatto inquadramento spettategli in base alle mansioni concretamente svolte.

La sentenza impugnata ha deciso conformemente al suesposto orientamento e deve andare quindi esente da censure.

Il ricorso deve, dunque, essere rigettato e il D., in quanto soccombente, è tenuto alla rifusione nei confronti della resistente delle spese del giudizio di Cassazione, determinate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in euro 10,00, oltre a euro 1.500,00= (millecinquecento/00) per onorari e oltre a spesegenerali iva e cpa.

Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2005.

Depositato in Cancelleria il 6 aprile 2005.