Enti pubblici

Monday 10 May 2004

Per la Consulta nel campo della sicurezza non è esclusa la potestà legislativa regionale. SENTENZA della Corte costituzionale N. 134 dell’ ANNO 2004

Per la Consulta nel campo della sicurezza non è esclusa la potestà legislativa regionale

SENTENZA della Corte costituzionale N. 134 dell’ANNO 2004

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

– Gustavo ZAGREBELSKY Presidente

– Valerio ONIDA Giudice

– Carlo MEZZANOTTE “

– Fernanda CONTRI “

– Guido NEPPI MODONA “

– Piero Alberto CAPOTOSTI “

– Annibale MARINI “

– Franco BILE “

– Giovanni Maria FLICK “

– Francesco AMIRANTE “

– Ugo DE SIERVO “

– Romano VACCARELLA “

– Paolo MADDALENA “

Alfonso QUARANTA “

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge della Regione Marche 24 luglio 2002, n. 11 (Sistema integrato per le politiche di sicurezza e di educazione alla legalità), con esclusione dell’art. 6, promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 30 settembre 2002, depositato in cancelleria in data 8 ottobre 2002 ed iscritto al n. 66 del registro ricorsi 2002.

Visto l’atto di costituzione della Regione Marche;

udito nell’udienza pubblica del 9 marzo 2004 il Giudice relatore Guido Neppi Modona;

uditi l’avvocato dello Stato Franco Favara per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Stefano Grassi per la Regione Marche.

Ritenuto in fatto

1. – Con ricorso notificato il 30 settembre 2002 e depositato il giorno 8 ottobre 2002, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha sollevato, in riferimento agli artt. 117, secondo comma, lettere f), g), h), l), 81 e 119, quarto comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale della legge della Regione Marche 24 luglio 2002, n. 11 (Sistema integrato per le politiche di sicurezza e di educazione alla legalità), con esclusione dell’art. 6.

Ad avviso del ricorrente “con la legge in esame la regione in sostanza si autoraffigura come coattributaria con lo Stato di una materia – ‘ordine pubblico e sicurezza’ – riservata alla legislazione esclusiva dello Stato; e, a tal fine, istituisce un complesso apparato amministrativo ‘parallelo’ a quello statale in esso coinvolgendo […] persino organi della giurisdizione”.

La legge contrasterebbe perciò palesemente con l’art. 117, secondo comma, lettera h), Cost. nonché, “per qualche disposizione”, con le lettere f), g), l) del medesimo art. 117 Cost., oltre che con l’art. 160, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, non potendosi ammettere, alla luce dei parametri evocati, che un legislatore regionale produca di sua iniziativa leggi invasive della competenza esclusiva dello Stato.

Passando all’esame delle singole disposizioni, il ricorrente sottolinea che l’art. 1 della legge, enunciando che “le politiche di contrasto della criminalità, di competenza degli organi statali” si integrano con “le politiche sociali e territoriali, di competenza della Regione […] e degli enti locali”, contiene un’affermazione di principio la cui ‘proclamazione’ non spetta al legislatore regionale.

L’art. 2, comma 1, prosegue il ricorrente, prevede “iniziative di rilievo regionale nei settori della sicurezza, ivi comprese la sicurezza sul lavoro, la sicurezza ambientale e la sicurezza alimentare” (lettera b), e la “creazione di specifiche professionalità” (lettera g), che potrebbero intendersi riferite alla formazione di strutture regionali di pubblica sicurezza. Nella lettera i) è poi “addirittura” previsto che la Giunta assicuri la partecipazione della Regione “ad organismi nazionali ed internazionali operanti nel campo di attività della presente legge”.

I commi 2 e 3 dell’art. 2 attribuiscono quindi al Consiglio regionale il compito di definire, sentita una conferenza regionale sulla sicurezza, il “piano (annuale) delle priorità” senza chiarire come tale previsione si coordini con l’art. 5, comma 1, della legge.

L’intero art. 2 si presterebbe perciò ad “ingenerare conflittualità tra organi regionali ed organi statali”, e comunque invade l’ambito riservato alla legislazione esclusiva dello Stato.

Parimenti viziati da illegittimità costituzionale sarebbero gli artt. 3 e 4, che contengono disposizioni “organizzatorie e strumentali”.

In particolare, l’art. 3 (Osservatorio regionale per le politiche integrate di sicurezza) istituisce un organismo, denominato Comitato di indirizzo, incardinato presso la Presidenza della Giunta regionale, che appare il duplicato di organi di raccordo tra le funzioni locali e quelle degli organi statali in materia di sicurezza, da tempo esistenti e collocati in ambito statale.

Quanto alla composizione di detto Comitato (art. 3, comma 3), la partecipazione di figure istituzionali statali (a cominciare dai Prefetti) e di esponenti di organi giudiziari (Procuratore generale della Corte d’appello di Ancona, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Ancona e Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Ancona), “oltre ad essere possibile fonte di incomprensioni anche sul piano del cerimoniale”, contrasterebbe con l’art. 117, secondo comma, lettere f), g), l), Cost., consentendo, tra l’altro, l’immissione di un elevato numero di persone “nel circuito delle informazioni riservate rilevanti per la pubblica sicurezza”.

L’art. 5, comma 2, contrasterebbe, a sua volta, con gli artt. 81 e 119, comma quarto, Cost., “laddove lascia a carico degli enti locali spese ‘coordinate’, anche quanto a priorità, dalla Regione”.

2. – Si è costituita la Regione Marche, in persona del Presidente della Giunta, chiedendo che il ricorso sia rigettato.

La Regione osserva che la legge impugnata, come si evince proprio dall’art. 1, non interviene affatto nella materia “ordine pubblico e sicurezza”, bensì in quella delle politiche sociali e territoriali.

Per quanto concerne le prime, la competenza regionale trova fondamento, “oltre che in alcune materie attribuite alla sua competenza concorrente (come quelle della tutela e della sicurezza del lavoro, dell’istruzione, dell’alimentazione, della protezione civile) anche direttamente nell’art. 2 Cost., che attribuisce alla Repubblica il compito di riconoscere e garantire i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singoli sia nelle formazioni sociali dove si svolge la loro personalità”, dal momento che a norma del nuovo art. 114 Cost. in seno alla Repubblica devono ritenersi equiparati allo Stato tutti gli enti territoriali, comprese le regioni.

Per quel che riguarda le politiche territoriali, la competenza legislativa della Regione trova diretto fondamento nella materia “governo del territorio”, “come anche nelle altre materie (‘porti, aeroporti civili’, ‘grandi reti di trasporto e di navigazione’, ‘ordinamento della comunicazione’)” che il terzo comma dell’art. 117 Cost. affida alla competenza concorrente delle regioni.

Quanto alle censure relative a specifiche previsioni del comma 1 dell’art. 2, la difesa della Regione osserva che la lettera b) fa riferimento alla sicurezza sul lavoro, alla sicurezza ambientale e alla sicurezza alimentare, sicuramente riconducibili a materie per le quali le regioni hanno competenza concorrente, e che la lettera g) concerne la creazione di specifiche professionalità che, in quanto riferibile alla formazione e all’aggiornamento del personale regionale e degli enti locali, non incide in alcun modo sulla competenza statale.

In particolare, in relazione all’art. 3, comma 3, la Regione afferma che la partecipazione di figure istituzionali statali al Comitato di indirizzo non determina affatto lesione delle sfere di competenza attribuite allo Stato dalle lettere f), g), l) dell’art. 117, secondo comma, Cost. La riserva statale di cui alla lettera f) è infatti relativa alla composizione e al funzionamento degli organi statali e quella della lettera g) concerne l’ordinamento e l’organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali, mentre quello in discussione è organo della Regione. Infine la competenza statale di cui alla lettera l), relativa alla materia “giurisdizione e norme processuali”, non sarebbe “minimamente incisa dall’istituzione dell’Osservatorio regionale per le politiche integrate di sicurezza”, dal momento che tale organismo altro non è che “una sede di raccordo tra organi statali, regionali, locali, autonomie funzionali, categorie interessate, finalizzata a costituire una semplice opportunità per la realizzazione di forme e strumenti di leale collaborazione in vista del migliore perseguimento dei fini istituzionali di ciascuno dei soggetti coinvolti”. Inoltre, tali soggetti non sono obbligati a partecipare all’Osservatorio, così che la loro autonomia nell’esercizio delle proprie funzioni istituzionali non è in alcun modo intaccata.

Da ultimo, quanto alle censure relative all’art. 5, la Regione sostiene che esso non lede la sfera di autonomia finanziaria degli enti locali, garantita dalla Costituzione con riferimento alle funzioni istituzionali proprie dei Comuni, in quanto l’attività disciplinata dalla legge impugnata, avendo “carattere meramente promozionale nel campo sociale e della sicurezza”, presuppone l’accordo con gli enti interessati.

3. – Con memoria depositata il 29 aprile 2003, l’Avvocatura dello Stato, preso atto degli argomenti esposti nell’atto di costituzione della Regione Marche in ordine all’art. 1 della legge impugnata, ha dichiarato di rinunciare “a sottoporre a scrutinio di legittimità costituzionale detto articolo ed anche il riferimento ad esso contenuto nel successivo art. 2, comma 1”.

Dopo avere svolto specifiche considerazioni in ordine agli artt. 2, commi 1, 2, 3, e 5, comma 2, l’Avvocatura rileva che le censure rivolte all’art. 3, comma 3, hanno piena autonomia ed anzi sarebbero state determinanti ai fini dell’impugnazione dell’intera legge regionale, sulla scorta della decisiva considerazione “che un legislatore regionale non può attribuire nuovi ed aggiuntivi compiti o funzioni ad organi dello Stato e/o a coloro che tali organi impersonano”, in quanto soltanto il legislatore statale può disciplinare “l’organizzazione amministrativa dello Stato e l’attività dei propri funzionari, nonché l’organizzazione degli apparati giudiziari e l’attività dei magistrati”.

In conclusione, l’Avvocatura chiede, così modificando le conclusioni formulate nel ricorso, che “sia dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 2 (nei limiti indicati) e dell’art. 3, comma 3, della legge in esame”.

4. – Con memoria depositata il 17 giugno 2003, la Regione Marche, preso atto della memoria dell’Avvocatura dello Stato, rileva che, eliminato ogni dubbio di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 2 della legge, verrebbe meno ogni censura anche in relazione agli artt. 3 e 4, aventi ad oggetto disposizioni meramente strumentali.

In particolare, in ordine alla composizione del Comitato di indirizzo, non sarebbe violata la competenza esclusiva dello Stato con riferimento alle materie di cui alle lettere f), g), l) dell’art. 117 Cost., per la ragione che la legge in esame istituisce un organismo regionale per il quale non è previsto alcun obbligo di partecipazione a carico dei soggetti individuati, che, per altro verso, conservano piena autonomia nell’esercizio delle rispettive funzioni.

5. – All’udienza pubblica del 1° luglio 2003 le parti hanno concluso come da verbale.

6. – La Corte, con ordinanza istruttoria in data 11 luglio 2003, ha disposto l’acquisizione dell’estratto del processo verbale della delibera del Consiglio dei ministri del 29 settembre 2002, con cui è stata approvata la determinazione di impugnare la legge della Regione Marche, completo in ogni sua parte, compresa la relazione del Ministro per gli affari regionali, richiamata nella predetta delibera e non depositata agli atti del giudizio, al fine di individuare le specifiche disposizioni della legge regionale oggetto di impugnazione. Dopo il deposito di tale documentazione, il giudizio è stato nuovamente fissato per la discussione all’udienza pubblica del 9 marzo 2004.

7. – Con memoria depositata in prossimità dell’udienza la Regione Marche, oltre a riproporre le considerazioni già espresse nei precedenti atti, ha eccepito la sopravvenuta cessazione della materia del contendere, essendo stato sottoscritto in data 18 ottobre 2003 dal Ministro dell’interno e dalla Regione Marche un “Protocollo d’intesa in materia di sicurezza locale e di politiche integrate per la sicurezza”, depositato agli atti del giudizio il 23 dicembre 2003. Secondo la Regione sarebbe infatti evidente che lo Stato, sottoscrivendo l’intesa, ha preso atto della piena legittimità costituzionale della legge impugnata, rinunciando, di fatto, al ricorso.

La rinuncia sarebbe peraltro coerente con la limitata portata dell’impugnativa statale, posto che dalla relazione del Ministro per gli affari regionali risulta che la censura alla legge regionale è circoscritta alla partecipazione di alcuni organi dello Stato al Comitato di indirizzo dell’Osservatorio regionale; profilo anche questo ormai superato in quanto, mediante il richiamato protocollo d’intesa, lo Stato si sarebbe impegnato ad attivare “forme di partecipazione di propri organi ad iniziative e sedi collaborative con la Regione”, tra le quali rientra certamente l’Osservatorio regionale.

Nel merito, la Regione resistente insiste comunque nel sostenere che la partecipazione di organi statali al Comitato di indirizzo è meramente facoltativa, tale da non determinare alcuna lesione delle competenze e funzioni dei medesimi organi; in particolare, la partecipazione del Procuratore generale e del Procuratore della Repubblica risponde a esigenze di coordinamento e di raccordo delle forze di polizia che, ai sensi dell’art. 109 Cost. e dell’art. 55 cod. proc. pen., dipendono direttamente dall’autorità giudiziaria.

Considerato in diritto

1. – Il ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri ha per oggetto l’intera legge (ad eccezione dell’art. 6) della Regione Marche 24 luglio 2002, n. 11 (Sistema integrato per le politiche di sicurezza e di educazione alla legalità), in riferimento agli artt. 117, secondo comma, lettere f), g), h), l), 81 e 119, quarto comma, della Costituzione.

Peraltro, mentre la delibera del Consiglio dei ministri del 29 settembre 2002 contiene la generica determinazione di impugnare la “legge della Regione Marche 24 luglio 2002, n. 11”, composta di nove articoli, la relazione del Ministro per gli affari regionali, alla cui proposta fa espresso rinvio la delibera e che questa Corte ha acquisito agli atti del giudizio con ordinanza istruttoria depositata in data 11 luglio 2003, fa menzione di un’unica disposizione censurabile per contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost., e cioè l’art. 3, comma 3, lettere d), e), f), g), che prevede, tra i componenti del Comitato di indirizzo dell’istituendo Osservatorio regionale per le politiche integrate di sicurezza, i Prefetti della Regione, il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Ancona, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Ancona, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Ancona.

Ne deriva, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (v. da ultimo sentenze n. 43 del 2004, n. 338 e n. 315 del 2003), che solo la questione sollevata nei confronti di quest’ultima disposizione è ammissibile. A prescindere dalla rilevanza della parziale rinuncia ai motivi di ricorso prospettata dall’Avvocatura dello Stato nella memoria depositata il 29 aprile 2003, tutte le altre questioni oggetto del ricorso sono inammissibili, non potendo essere ritenute validamente comprese nella generica determinazione di impugnare l’intera legge; determinazione che deve invece essere circoscritta, alla stregua dell’espresso rinvio alla relazione del Ministro per gli affari regionali contenuto nella delibera del Consiglio dei ministri, all’art. 3, comma 3, lettere d), e), f), g), della legge regionale.

2. – Nella memoria depositata il 25 febbraio 2004 la difesa della Regione resistente ha sostenuto che la materia del contendere sarebbe cessata a seguito della sottoscrizione in data 18 ottobre 2003 del Protocollo d’intesa tra il Ministro dell’interno e la Regione Marche in materia di sicurezza locale e di politiche integrate per la sicurezza. Ad avviso della Regione, dai contenuti del Protocollo emergerebbe che tra lo Stato e l’amministrazione regionale si è “attivato un circolo virtuoso di collaborazione”, mediante “forme di partecipazione degli organi dello Stato ad iniziative e sedi collaborative con la Regione, tra le quali non può non ritenersi incluso anche l’Osservatorio” istituito dalla legge regionale n. 11 del 2002. La sottoscrizione del Protocollo d’intesa esprimerebbe appunto un atteggiamento incompatibile con la volontà di coltivare il ricorso e si tradurrebbe in una rinuncia tacita.

L’eccezione non può essere accolta. Il ricorso ha per oggetto esclusivo lo specifico e circoscritto profilo della partecipazione dei titolari di alcuni organi dello Stato al Comitato di indirizzo, aspetto del tutto estraneo ai contenuti del Protocollo d’intesa; inoltre, il potere di rinunciare, esplicitamente o implicitamente, al ricorso non è attribuito al Ministro dell’interno, che ha sottoscritto il Protocollo d’intesa, bensì al Presidente del Consiglio dei ministri.

3. – Nel merito, la questione è fondata.

L’art. 3, comma 3, lettere d), e), f), g), della legge della Regione Marche n. 11 del 2002 stabilisce che, tra numerosi altri soggetti, sono chiamati a fare parte del Comitato di indirizzo – organo dell’Osservatorio regionale per le politiche integrate di sicurezza istituito presso la Presidenza della Giunta regionale – i Prefetti della Regione o loro delegati, il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Ancona, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Ancona, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Ancona.

La norma censurata non si limita a prevedere l’utilizzazione di magistrati per lo svolgimento di incarichi extragiudiziari estranei ai loro compiti di istituto, suscettibili, quindi, di essere autorizzati sulla base dei presupposti e con le modalità previsti dalla disciplina sullo stato giuridico dei magistrati (v. sentenze n. 224 e n. 285 del 1999), ma attribuisce nuovi compiti ai titolari di uffici giudiziari in quanto tali, configurandoli ex lege come componenti necessari di un organo regionale, al quale essi dovrebbero pertanto partecipare obbligatoriamente.

Il tenore della norma esclude infatti che la partecipazione al Comitato di indirizzo sia rimessa alla libera volontà dei titolari degli uffici giudiziari indicati, come nelle ipotesi in cui è prevista la semplice possibilità di partecipare a riunioni di altri organi (v. ad esempio quanto disposto dall’art. 20 della legge 1° aprile 1981, n. 121, modificato, da ultimo, dal decreto legislativo 28 dicembre 2001, n. 472, per gli appartenenti all’ordine giudiziario, che possono essere invitati dal Prefetto, d’intesa con il Procuratore della Repubblica competente, a partecipare alle riunioni del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica).

In tal modo la norma invade però la potestà legislativa esclusiva dello Stato stabilita dall’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost. in tema di ordinamento degli organi e degli uffici dello Stato, e viola la riserva di legge statale prevista dall’art. 108, primo comma, Cost. in tema di ordinamento giudiziario (v. sentenza n. 43 del 1982).

Per le medesime ragioni, anche l’aver previsto la partecipazione dei Prefetti al Comitato di indirizzo, contemplata dall’art. 3, comma 3, lettera d), della legge impugnata, lede la competenza statale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost. Al riguardo, non rileva che in questo caso la legge stabilisca che i Prefetti della Regione possono farsi sostituire da loro delegati: anzi, tale circostanza suona come conferma che la norma attribuisce un nuovo compito all’ufficio statale, specificando che esso può esser svolto sia dal capo dell’ufficio, sia da un suo delegato.

Deve pertanto essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 3, lettere d), e), f), g), della legge della Regione Marche n. 11 del 2002, nella parte in cui prevede che del Comitato di indirizzo dell’Osservatorio regionale per le politiche integrate di sicurezza facciano parte i Prefetti della Regione o loro delegati, il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Ancona, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Ancona, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Ancona.

4. – Quanto ora rilevato ovviamente non esclude che si sviluppino auspicabili forme di collaborazione tra apparati statali, regionali e degli enti locali volti a migliorare le condizioni di sicurezza dei cittadini e del territorio, sulla falsariga di quanto ad esempio prevede il d.P.C.M. 12 settembre 2000, il cui art. 7, comma 3, in relazione al comma 1, dispone che il Ministro dell’interno promuove “le iniziative occorrenti per incrementare la reciproca collaborazione” tra organi dello Stato e regioni in tema di “sicurezza delle città e del territorio extraurbano e di tutela dei diritti di sicurezza dei cittadini”. Ma le forme di collaborazione e di coordinamento che coinvolgono compiti e attribuzioni di organi dello Stato non possono essere disciplinate unilateralmente e autoritativamente dalle regioni, nemmeno nell’esercizio della loro potestà legislativa: esse debbono trovare il loro fondamento o il loro presupposto in leggi statali che le prevedano o le consentano, o in accordi tra gli enti interessati.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

a) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 3, lettere d), e), f), g), della legge della Regione Marche 24 luglio 2002, n. 11 (Sistema integrato per le politiche di sicurezza e di educazione alla legalità);

b) dichiara inammissibili le altre questioni di legittimità costituzionale della predetta legge della Regione Marche 24 luglio 2002, n. 11, sollevate, in riferimento agli artt. 117, secondo comma, lettere f), g), h), l), 81 e 119, quarto comma, della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 29 aprile 2004.

F.to:

Gustavo ZAGREBELSKY, Presidente

Guido NEPPI MODONA, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 7 maggio 2004.

Il Direttore della Cancelleria

F.to: DI PAOLA