Penale

Wednesday 17 December 2003

Per la Cassazione è stato corretto il comportamento dei PM Bocassini e Colombo nel processo Sme conclusosi davanti al Tribunale di Milano con la condanna a cinque anni di reclusione per l’ ex ministro della Difesa Cesare Previti. Bocciate le

Per la Cassazione è stato corretto il comportamento dei PM Bocassini e Colombo nel processo Sme – conclusosi davanti al Tribunale di Milano con la condanna a cinque anni di reclusione per l’ex ministro della Difesa Cesare Previti. Bocciate le conclusioni degli ispettori inviati dal Ministro della Giustizia Castelli (Cassazione  ordinanza 47805/03 sesta sezione penale).

Cassazione – Sezione sesta penale (cc) – ordinanza 17 novembre-15 dicembre 2003, n. 47805
Presidente Fulgenzi – relatore Deriu
Pm Veneziano
– ricorrente Previti

Osserva

Con istanza in data 17 ottobre 2002 l’onorevole Cesare Previti chiedeva la rimessione ad altra sede giudiziaria, ex articolo 45 ss. Cpp del processo 879/00 Rg, pendente nei confronti suoi e di altri dinanzi alla prima sezione penale del Tribunale di Milano.
Altra precedente istanza di rimessione – si precisava nella richiesta – era stata rigettata dalle Sezioni unite della Cassazione (con ordinanza 27 gennaio-26 marzo 2003), ma erano poi emersi “elementi nuovi” che giustificavano una ulteriore richiesta.
La menzionata ordinanza, infatti, aveva innovativamente sottolineato come anche «gli atti e i comportamenti del Pm, quando censurabili, (fossero) idonei a costituire presupposto per la rimessione del processo a condizione che essi (avessero) pregiudicato la libera determinazione delle persone che (partecipavano) al processo, ovvero (avessero) dato origine a motivi di legittimo sospetto».
Orbene, negli ultimi mesi erano emerse «numerosissime anomalie comportamentali e procedimentali dei Pm del processo, dottor Colombo e dottor Boccassini», che avevano trovato «riscontro in analoghi comportamenti della Procura, della Procura generale e del Tribunale e il loro fulcro nella anomala gestione del fascicolo procedimentale 9520/95 Rgnr, anche in rapporto alle produzioni documentali nel processo dibattimentale in corso».
Il tutto in presenza di una situazione, esterna al processo, che condizionava pesantemente detti comportamenti, e cioè l’essere i due Pm in questione indagati presso la Procura di Brescia nonché sottoposti a inchiesta disciplinare da parte del ministero della Giustizia, proprio per gli stessi fatti che si censurano nell’ambito del processo in corso.
E invero: 1) la relazione 590/In/03 dell’Ispettorato generale del Ministero, tra l’altro, aveva ritenuto «opposto in modo illegittimo il segreto investigativo (in relazione al proc. n. 9520/95/21) in quanto le indagini (erano) da un lato svolte nell’ambito di un procedimento a carico di ignoti per reati estinti per intervenuta prescrizione, e dall’altro svolte senza autorizzazione, mai richiesta, per la identificazione di eventuali concorrenti in reati già a giudizio del Tribunale»; sempre secondo la relazione «i predetti magistrati (erano) venuti meno al dovere di correttezza e di leale collaborazione, compromettendo, anche per aver assunto il fatto una grande rilevanza esterna, il prestigio dell’ordine giudiziario; 2) per gli stessi fatti oggetto dell’indagine ministeriale, a seguito di un esposto presentato il 4 luglio 2003 da un “Comitato di cittadini”, pendevano indagini nei confronti del Colombo e della Boccassini presso la Procura di Brescia – Esso Previti (il 23 luglio 2003) aveva presentato al Pm di Brescia “un’articolata memoria a sostegno dell’accusa” – ulteriore memoria era stata presentata dai suoi difensori (il 5 agosto 2003) alla Procura di Brescia.
La descritta “situazione anomala” concerneva l’intero ufficio giudiziario milanese (la richiesta di provvedimenti disciplinari, avanzata dagli ispettori ministeriali, era stata archiviata dal sostituito procuratore generale presso la Corte di appello di Milano, dottor Santamaria Amato, il 30 luglio 2003; una nuova istanza di avocazione d’indagini era stata dichiarata inammissibile, il 1° ottobre 2003, dal Procuratore generale; all’udienza del 3 ottobre 2003 la difesa Previsti aveva “inoppugnabilmente dimostrato” che i Pm Colombo e Boccassini avevano “sempre occultato atti di indagini favorevoli alla difesa” e inutilmente chiesto che essi Pm si astenessero; le successive “istanze di sostituzione” proposte dai difensori erano state respinte, prima dal Procuratore capo e poi dal Procuratore generale); “l’atteggiamento di aprioristica ostilità, da parte dell’intero ufficio della Procura”, e l’essersi il Tribunale “adeguato acriticamente e supinamente all’atteggiamento di blocco tenuto dagli uffici della Procura”, avevano determinato “un radicamento della grave situazione nell’ambiente esterno al processo, sicuramente produttivo di una situazione di condizionamento della libertà dei soggetti partecipanti al processo, nonché di un legittimo sospetto di non imparzialità dei magistrati del Foro milanese”, “un vero e proprio corto circuito istituzionale all’interno della magistratura penale milanese”, “una situazione non eliminabile altrimenti che con la rimessione” (essendosi dimostrati “non praticabili e/o inefficaci” tutti gli altri meccanismi istituzionali attivati).
Con “memoria difensiva”, il legale dell’avvocato Attilio Pacifico riprendeva le tesi e le argomentazioni proposte dall’onorevole Previti, concludendo per la rimessione del processo ad altra sede giudiziaria.
L’avvocato Giuliano Pisapia, difensore della parte civile Cir Spa, chiedeva invece la reiezione dell’istanza di rimessione (per insussistenza della “grave situazione locale, presupposto indefettibile per l’applicabilità dell’istituto della rimessione ex articolo 45 Cpp”; per insussistenza del nesso ambientale tra gli atti del Pm e i provvedimenti dei giudici milanesi e assenza di elementi fondanti un legittimo sospetto; per irrilevanza degli elementi indicati dal richiedente al fine di dimostrare la grave situazione locale e/o la sussistenza di motivi di legittimo sospetto, ex articolo 45 Cpp).
Con “memoria” in data 11 novembre 2003, i difensori dell’onorevole Previti (avvocati Sammarco e Perroni) ricorrendo le argomentazioni della richiesta di rimessione ponevano in particolare evidenza: come l’interesse allo svolgimento della pubblica accusa sereno, asettico, non condizionato da fattori esterni) non potesse “coincidere con l’interesse, peraltro legittimo, alla difesa in un altro procedimento penale” (stante l’evidente “conflitto” riverberatesi sullo svolgimento del pubblico ufficio); come, nel caso di specie, l’intervento risolutore del predetto conflitto di interessi (e cioè la sostituzione dei Pm Colombo e Boccassini) non fosse stato adottato, con conseguente “ineliminabilità della situazione che giustificava la rimessione” (non essendo i Pm in questione “in grado di esercitare la propria funzione determinandosi liberamente e senza turbamenti psicologici”); come il procedimento pendente a Brescia determinasse “in concreto, un condizionamento fortissimo sulla condotta dei due sostituiti procuratori” (personalmente interessati alla “tutela della delicatissima posizione di persone sottoposte a indagine”, nonché a “evitare l’emersione di ulteriori elementi di convincimento a loro carico”); come «ben tre faldoni di documentazione acquisita “fossero stati” indebitamente sottratti alla conoscenza dell’imputato e dei suoi difensori» (con inattendibile insufficienza della tesi della “semplice dimenticanza”, prospettata dalla Boccassini all’udienza del 3 ottobre 2003, in ordine al mancato deposito della documentazione relativa alle indagini compiute dal dottor Ielo); come il Colombo e la Boccassini si fossero guardati dal “depositare a disposizione della difese, l’originale del nastro contenente la registrazione del colloquio avvenuto il 2 marzo 1996 presso il bar Mandara di Roma, o, quantomeno, indicare alle difese il luogo dove tale nastro viene tutt’ora conservato”; come un ulteriore elemento, sempre collegato alla vicenda del fascicolo 9520/95, riguardasse “ la gestione manipolatrice del teste Ariosto preparato e orientato al fine di rendere deposizioni concertate” come il procedimento pendente a Brescia, fosse “per sua natura …in grado di condizionare pesantemente non solo l’operato dei due sostituiti procuratori di udienza, ma l’intero ambiente giudiziario milanese” (stante anche la “capillare e diffusa attività di indagine posta in essere dagli inquirenti bresciani”).
All’odierna udienza, il Presidente Fulgenzi ha dato notizia dell’avvenuta trasmissione all’ufficio – da parte della Pg – della richiesta di archiviazione (da parte dei Pm inquirenti di Brescia) del procedimento a carico del dottor Colombo e della dottoressa Boccassini.
L’avvocato Sammarco ha chiesto termine “per poter controdedurre” e nel contempo ha chiesto l’acquisizione di alcuni documenti (con rinvio ad altra udienza: v. veb. dib. in data odierna).
L’avvocato Perroni, a sua volta, ha chiesto rinvio per l’acquisizione di alcuni documenti relativi alle indagini svolte dal dottor Ielo presso gli uffici giudiziari romani (v. veb. dib. in data odierna).
L’avvocato Patané (difensore di Attilio Pacifico) ha chiesto rinvio, per poter esaminare la detta richiesta di archiviazione (procedimento di Brescia), interloquire e controdedurre (avendo saputo solo dai mass media della richiesta di archiviazione in oggetto).
L’avvocato Pisapia (per la parte civile Cir spa) si è opposto a tutte le acquisizione richieste.
Il Pg si è opposto al rinvio, specificando e precisando che la “richiesta di archiviazione” (nel procedimento di Brescia) era stata “meramente tramessa e non depositata” (v. veb. dib. in data odierna).
La Corte (ordinanza in data odierna) sottolineava: di essere “chiamata a decidere sulla richiesta di rimessione, in base alla documentazione trasmessa a norma dell’articolo 46/3 Cpp”; di riservare all’esito della discussione, ex articolo 48/1 Cpp, “ogni valutazione sull’acquisizione di ulteriore documentazione, di cui alle istanze e richieste delle parti” (v. provv. allegato al verbale di udienza).
Il Pg, il difensore della parte civile Cir spa, i difensori dell’onorevole Cesare Previti, il difensore di Attilio Pacifico, hanno – quindi – illustrato le conclusioni già rispettivamente proposte e sintetizzate in epigrafe.

Motivi della decisione

Gli elementi risultanti dagli atti consentono alla Corte di ritenere che la “richiesta di rimessione” avanzata dall’onorevole Cesare Previti possa o debba essere rigettata, senza necessità alcuna di acquisire l’ulteriore documentazione (richiesta di archiviazione del procedimento pendente a Brescia; altri atti e/o documenti vari) menzionata dalle parti (v. verbale udienza e ordinanza di questa Corte, entrambi richiamati in parte narrativa di questo stesso provvedimento).
Le ragioni che il Collegio pone a fondamento delle predette conclusioni, possono sintetizzarsi nel modo che segue:

a) nel respingere una precedente richiesta di rimessione dell’onorevole Previti (in relazione al medesimo procedimento), le Sezioni unite di questa Corte avevano – opportunamente e convincentemente – sottolineato, in generale, sul tema della “rimessine” ex articolo 45 ss. Cpp (v. ordinanza 1/2003): come l’eccezionalità dell’istituto (che non poteva che essere “l’effetto di una causa eccezionale” e cioè “di una grave – eccezionale – situazione locale”) avesse quale indefettibile corollario “il principio della interpretazione restrittiva” delle norme regolatrici (pp. 66 ss.); come “per grave situazione locale” (presupposto essenziale per la translatio iudici) dovesse intendersi “un fenomeno esterno alla dialettica processuale, riguardante l’ambiente territoriale nel quale il processo si svolge”, e connotato da tale abnormità e consistenza da non poter essere interpretato se non nel senso di un pericolo concreto per la non imparzialità del giudice

inteso come l’intero ufficio giudiziario della sede in cui si svolge il processo di merito) o di un pregiudizio alla libertà di determinazione delle persone che partecipano al processo medesimo; e, dall’altro, che i motivi di legittimo sospetto potessero configurarsi solo in presenza di questa grave situazione locale e in conseguenza di essa (pp. 73 e ss.; pag. 92); come la stessa legge imponesse alla Cassazine “di disporre il trasferimento del processo solo se le gravi situazioni locali non siano altrimenti eliminabili”, e come il correlativo giudizio (sulla eliminabilità o non eliminabilità ) non fosse “necessariamente un giudizio di certezza, potendo ben essere un motivato giudizio di alta probabilità” (pag. 146);
b) la stessa ordinanza 1/2003 delle Sezioni unite, d’altronde, con specifico riferimento alla posizione e/o agli atti e comportamenti del Pm, non aveva mancato di porre – altrettanto correttamente e convincentemente – in evidenza: come la difesa Previti avesse sostenuto che la Procura di Milano era “assunta negli anni al rango di organismo politico, in grado di condizionare, in alcuni momenti drammatici, le stesse istituzioni repubblicane”, che “nella sede giudiziaria milanese si (era) instaurata una giustizia politica”, che la Procura di Milano aveva “fondato il proprio operato sulla prevaricante azione di disturbo processuale, principalmente alla ricerca del consenso mediatico e politico” (pp. 13-17); come, pertanto (sempre secondo l’onorevole Previti), l’imparzialità del giudizio non potesse essere tutelata “se non con la rimessione ex articolo 45 Cpp” (pag. 17); come, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, “la temuta parzialità dell’ufficio del Pm (rimanesse) estranea alle possibili turbative al corretto esercizio della giurisdizione, perché l’organo della pubblica accusa nel vigente sistema processuale rivesta pur sempre la qualità di parte, con tutte le implicazioni che ciò comporta anche in ordine alle strategie processuali alle quali la sua condotta può essere preordinata, la quale non si sottrae, comunque, al controllo del giudice nel processo; sicché il suo eventuale accanimento nei confronti dell’imputato non ha alcun rilievo; e ciò anche quando (la temuta parzialità del Pm) si manifesti in comportamenti ispirati a conflittualità preconcetta e abnorme” (pp. 89-90); come tali orientamenti, pur condivisibili “in linea di massima”, non valessero a escludere che “atti e comportamenti del Pm, quando censurabili (fossero) idonei a costituire presupposto per la rimessione del processo se aventi le caratteristiche di una grave situazione territoriale estranea alla dialettica processuale tale da rappresentare un concreto pericolo di non imparzialità del giudice” (pag. 92); come dunque, “solo una volta accertata autonomamente la grave situazione locale, solo una volta accertata – per restare al caso di specie – la trasformazione del ruolo della Procura (nel senso paventato dall’onorevole Previti e del quale si è già detto supra, in questo stesso provvedimento) o, al di fuori del caso in esame, solo una volta accertato un evento in loco, sul territorio, altrettanto abnorme, al quale abbiano dato causa comportamenti o atti del Pm”; detti atti o comportamenti potessero assumere rilevanza ai fini della rimessione (pag. 92); come, sempre nel caso di specie, la prova della paventata “trasformazione del ruolo della Procura di Milano” dovesse ritenersi insussistente (per le ragioni diffusamente illustrate alle pagine da 93 a 152, in relazione a tutta una serie di questioni e/o problematiche specifiche: dichiarazioni e comportamenti del dottor Francesco Saverio Borrelli; asserita concertazione contra reum; riunioni tra magistrati “a sfondo parapolitico e metagiudiziario”; pretesi attacchi al Governo Berlusconi”; legge sulle rogatorie; manifestazioni indette dall’Anm; relazione Pg Milano per l’inaugurazione dell’anno giudiziario 2002; pressione dei mass media e/o dell’opinione pubblica, anche attraverso specifiche manifestazioni; intervista rilasciata dal dottor Gerardo D’Ambrosio a un quotidiano).
c) È proprio alla luce dei condivisibili principi giurisprudenziali appena menzionati, in buona parte ripresi e ribaditi anche da successive pronunce di questa Corte (v. per tutte: Cassazione, sezione settima, ordinanza 8151/03, Acampora), che l’istanza proposta dall’onorevole Previti dev’essere disattesa, posto che:
1. i comportamenti dei Pm Colombo e Boccassini (esaminati in sede di “ispezione del ministero della Giustizia; successivamente oggetto della denuncia in sede penale, in data 4 luglio 2003, da parte di un “Comitato di cittadini”) appaiono tutti riferibili al ruolo svolto dai medesimi magistrati quali Pm nel processo del quale si chiede la rimessione e alla conseguente “legittima scelta” delle correlative “strategie” da adottare.
Tanto più che – contrariamente a quanto sostenuto dal Previti e/o dai suoi difensori – può e deve osservarsi: a) che nessun procedimento disciplinare risulta esser stato iniziato o proposto (finora) dal ministro della Giustizia; e che è stata, se mai, formalmente disattesa la “segnalazione” rivolta in proposito dagli ispettori ministeriali al Pg presso la Corte d’appello di Milano (v. i provvedimenti di detto Pg, in atti); b) che le conclusioni degli ispettori ministeriali in questione (ritenuta illegittimità della opposizione del segreto investigativo in relazione al proc. 9520/95/21) appaiono quantomeno “opinabili”, e/o comunque tutt’altro che sicuramente corrette e condivisibili, giacché per un verso non conformi ai principi espressi in Circolari e/o Pareri del Csm sul tema (“… il magistrato del Pm che procede potrà certamente allo stato degli atti rifiutare, o ritardare, le informazioni e i dati richiesti ogniqualvolta sussistano concreti pericoli legali allo specifico momento processuale; né pensabile che in ordine a tali valutazioni possa esercitarsi un qualche sindacato di merito esterno da parte dell’organo ministeriale”; e ancora: “la decisione di mettere a disposizione dell’Ispettorato stesso gli atti dell’indagine, o la notizia del contenuto di essi, spetta esclusivamente al magistrato competente”: v. “Risposta Csm a quesito del 17 maggio 1995”, allegata alla “Memoria P. C. Cir spa”, in atti), e per altro relative a problematiche già affrontate e risolte (in senso tutt’affatto difforme da quello prospettato dall’odierno “richiedente”), sia dall’ordinanza 17 maggio 2002, emessa da altra sezione del Tribunale di Milano nel proc. 1600/00 Rg, “Lodo Mondatori” (v. in allegato alla Memoria P. C. Cir spa), sia da altra decisione di questa stessa Corte suprema (Cassazione, sezione settima, ordinanza 8151/03; Acampora); c) che la Procura della Repubblica di Brescia ha chiesto l’archiviazione del procedimento colà instauratosi contro Colombo e Boccassini (la mancata acquisizione del correlativo atto non esclude, ovviamente, l’assoluta “notorietà” del fatto, ampiamente commentato dai mass media a livello nazionale).
2. I predetti fatti (conclusioni raggiunte all’esito dell’ispezione disposta dal ministero della Giustizia; denuncia – esposto, da parte di un “Comitato di cittadini”, nei confronti del Pm Colombo e Boccassini), indubbiamente “nuovi” rispetto alla situazione esistente all’atto della emissione dell’ordinanza 1/2003 (giacché temporalmente successivi a questa), appaiono tuttavia “irrilevanti e/o in conferenti” ai fini dell’integrazione e/o della ravvisabilità di una “grave situazione locale in Milano” con le caratteristiche e nei termini delineati dalle Sezioni unite nell’ordinanza in questione sia perché entrambi sostanzialmente fondati su atti e comportamenti assunti dai Pm Colombo e Boccassini in ambito prettamente “endoprocessuale” (v. supra, sub C/1); sia perché entrambi del tutto inadeguati e insufficienti a modificare le conclusioni espresse dalle Sezioni unite (nella più volte citata ordinanza 1/2003) circa “l’insussistenza” della pretesa trasformazione della Procura di Milano “in vero e proprio organismo politico, in grado di condizionare le stesse istituzioni repubblicane” (secondo quanto ritenuto essenziale e indispensabile – dalle stesse Sezioni unite – per attribuire all’operato e/o al ruolo dei Pm di Milano una rilevanza decisiva ai fini della ravvisabilità di una “obiettiva e grave situazione locale”, idonea a determinare la “rimessione ad altra sede ex articolo 45 Cpp”).
3. Quanto alle ulteriori censure proposte dall’onorevole Previti e/o dai suoi difensori, si osserva:
a) l’asserzione secondo la quale “l’intero ufficio della Procura “avrebbe assunto” un atteggiamento di aprioristica ostilità” è decisamente smentita dalle argomentazioni, formalmente e sostanzialmente ineccepibili, con le quali il Procuratore della Repubblica e il Pg rigettarono le istanze difensive tendenti a ottenere “la sostituzione dei Pm d’udienza, Colombo e Boccassini” (i provvedimenti in questioni sono allegati in parte alla richiesta di rimessione del processo ex articolo 45 Cpp e in parte alla “memoria” della parte civile Cir spa: v. in atti).
b) L’affermazione secondo la quale il Tribunale si sarebbe “adeguato acriticamente e supinamente all’atteggiamento di blocco tenuto della Procura” e anch’essa smentita da tutta una serie di provvedimenti acquisiti (si vedano in proposito: i provvedimenti di rinvio dell’esame dell’onorevole Previti in data 28 marzo 2003, 14 aprile 2003, 16 aprile 2003; il provvedimento di ammissione di nuove prove in data 16 maggio 2003; la concessione di termini in data 6 giugno 2003; l’acquisizione di documenti disposta il 3 ottobre 2003: tutti allegati o all’istanza di rimessione o alla memoria della parte civile Cir spa), di contenuto apertamente contrastante con i pareri volta a volta espressi dai Pm di udienza.
c) Del tutto infondate appaiono anche le doglianze dell’onorevole Previti e dei suoi difensori circa la mancata “astensione dal processo” dei Pm Colombo e Boccassini, in relazione al preteso “conflitto” fra il dovere di costoro di svolgere nel modo migliore il proprio compito di pubblici accusatori e la “necessità di difendersi” dalle accuse loro rivolte nel procedimento di Brescia: si tratta, all’evidenza, di decisioni rimesse alla specifica e autonoma valutazione dei diretti interessati, ma comunque del tutto irrilevanti ai fini della decisione sulle richieste di rimessione (tanto più che nei processo 879/00 pendente dinanzi alla prima sezione del Tribunale di Milano, risulta ormai del tutto esaurita anche la fase della “discussione”).
4. Del tutto irrilevanti, ai fini della decisione sulla richiesta di rimessione, appaiono anche le specifiche censure proposte dai difensori dell’onorevole Previti nella memoria 11 novembre 2003, con riferimento alla asserita “indebita sottrazione di ben tra faldoni di documentazione acquisita alla conoscenza dell’imputato e dei suo difensori”, al “mancato deposito dell’originale del nastro contenente la registrazione del colloquio avvenuto il 2 marzo 1996 presso il Bar Mandara di Roma”, alla “gestione manipolatrice dalla teste Ariosto” (v. “memoria” in atti); si tratta, infatti, di questioni e/o problemi in parte già esaminati e valutati dalla più volte citata ordinanza 1/2003 delle Sezioni unite (v. infatti: alle pp. 164-165, quanto alla “vicenda del Bar Mandara”; alle pp. 165-166, quanto alla “vicenda della gestione della teste Ariosto”), in parte già discussi nel corso dell’udienza 3 ottobre 2003 (v. il relativo verbale in ordine all’asserita mancata produzione di documenti relativi alle “indagini romane” del dottor Ielo).
Si tratto insomma di particolari e/o circostanze che dovranno essere valutati dal Tribunale (al momento della propria decisione nel merito delle varie questioni), ma che appaiono del tutto ininfluenti – per le considerazioni già svolte e le puntualizzazioni già operate – ai fini della richiesta di rimessione del processo.
Le argomentazioni fin qui proposte consentono, conclusivamente, di ritenere che richiesta di rimessione ad altra sede giudiziaria del procedimento 879/00 pendente dinanzi al Tribunale di Milano) debba essere rigettata e che il richiedente – onorevole Cesare Previti – debba essere condannato al pagamento delle spese processuali.

PQM

Rigetta la richiesta di rimessione e condanna il richiedente al pagamento delle spese del procedimento.